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Autore: Oducchan    11/01/2013    0 recensioni
Neve.
Oceano di eburneo splendore, di gelido abbraccio che tutto avvolge nel suo candido manto facendo sprofondare ogni curva del paesaggio, ogni albero isolato, ogni cespuglio e ogni pianta sotto la sua soffice coltre. Effimera meraviglia che in un gioco di bianco ghiaccio richiude nel suo silente abbraccio la vita che raggiunge e il calore che da lei ingloba.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Miharu Rokujou, Yoite
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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horizons

NB Questa storia ha fin troppi anni. Direi che deve smettere di ammuffire.

-Titolo : Snow- Horizon of black silk
-Fandom/Squadra : Nabari
-Tema: contrasto bianco-nero
-Genere: flashfic, introspettivo, nonsense
-Rating: giallo
-Avvertimenti: probabile OOC

 

 

 

 

 

Snow- Horizon of black silk

 

 

Neve.

Oceano di eburneo splendore, di gelido abbraccio che tutto avvolge nel suo candido manto facendo sprofondare ogni curva del paesaggio, ogni albero isolato, ogni cespuglio e ogni pianta sotto la sua soffice coltre. Effimera meraviglia che in un gioco di bianco ghiaccio richiude nel suo silente abbraccio la vita che raggiunge e il calore che da lei ingloba.

 Dal cielo inerte e plumbeo, cadono silenziosi altri fiocchi, altri minuscoli batuffoli di raggelata ovatta che scivolano muti a sovrapporsi ai fratelli che hanno già raggiunto la terra; si depositano indistinti su tutto ciò che incontrano sul loro cammino, non curanti della forma e dell’aspetto di ciò che vanno ad accarezzare; che importa, infatti, se il suo tepore lascia che essi si sciolgano in delicate gocce, che importa se scompaiono dopo pochi istanti in una sottile e minuscola nube di vapore? Altri prenderanno il loro posto, altri scenderanno in file disordinate, finché il loro numero non soverchierà la natura e il loro gelo non ricoprirà il battito pulsante della vita.

Neve, e le dita sofficemente guantate si stirano fugaci nell’aere, ammaliate dal delicato movimento di quei frammenti di bianca bambagia fintamente innocente. E tra le mani aperte al cielo i fiocchi si posano, silenziosi, lasciando piccole impronte bagnate sempre più fitte man mano che passa il tempo; gli occhi vuoti e indolenti di Miharu li osservano, appena appena curiosi, appena appena intimiditi, accumularsi senza peso sulla pelle liscia e usurata dei guanti mentre, avvolte le mani a coppa, le avvicina al viso, accogliendo il freddo gelo come un dono gradito.

Neve. È una carezza gelida, un inganno dei sensi storditi dal bianco. È quel mondo che Miharu non capisce, che lo circonda ma da cui si sente sempre più minacciato, sempre più estraneo. È quel mondo che avvolge ogni cosa in una patina evanescente, quel mondo freddo che aggredisce con lame gelide e affilate, quel mondo che ti priva d’affetto lentamente, senza che tu nemmeno te ne accorga. È il mondo che lo ha intorpidito nelle profonde sfaccettature dei suoi sentimenti, è quel mondo che pian piano gli ha succhiato via la linfa vitale lasciandolo apatico ed indifferente. Nabari? Shinrabansho? Kairoshu? Sono soltanto nomi, sono soltanto parole che gli vengono ripetute ma subito spariscono inghiottite dal vento, sepolte dalla neve. Affogano nel bianco, cancellandosi pian piano, svanendo inglobate nel silenzio asettico della sua anima.

E le palpebre calano, inesorabili, estinguendo un altro piccolo frammento; un altro fiocco che si scioglie piano, assieme a quelli che, stretti tra le mani, si compattano tra loro, formando un informe ammasso brillante posato sul suo cuore. Freddo, dentro e fuori di lui, freddo nel cuore e freddo nel corpo. Bianco, come la neve.

-Miharu?-

La voce appena arrochita di Yoite lo fa sobbalzare, mentre gli occhi verdi si spalancano di colpo; e quel suono, giunto da poco distante ma attraverso anni luce di solitudine infrange il silenzio della vallata, lo frantuma, lo sbriciola in miriadi di piccole schegge. Con stupore s’accorge d’essersi fermato e di essere rimasto distaccato dal compagno di viaggio di almeno qualche metro, lungo la sottile strada dei binari che appena s’intravvede stendersi davanti a loro; confuso, e vagamente seccato dalla cosa, il suo sguardo si alza, scivolando leggiadro, sulla snella figura del ragazzo; ma il contrasto è troppo forte, brucia sulla retina facendogli socchiudere le palpebre, in un indistinto sobbalzo interiore.

È il nero dei capelli che incorniciano qual volto d’alabastro, a fargli male. È il nero di quel semplice cappotto che gli fascia il corpo sottile, facendolo risaltare nettamente nel turbinio della nevicata. È il nero che lo avvolge in una nuvola indistinta, pronto quasi a fagocitarlo nelle sue profondità.

- Yoite…- la voce quasi s’incastra, persa da qualche parte nella gola, seccata dal prolungato non utilizzamento. Trema appena, mentre la saliva riempie la cavità orale a più riprese, mentre allunga le gambe magre per accelerare il passo e rimettersi in pari con l’andatura del ragazzo. Yoite pare così fragile e così delicato, la maggior parte delle volte, che Miharu non s’è accorto che in realtà la sua debolezza ha una potenza inaudita: il rimbombo cupo creato dagli squarci presenti nella sua anima strappata e sanguinante ne hanno fatto un tenue involucro, un nucleo cupo e caliginoso totalmente opposto all’universo intero che lo circonda. Yoite si distingue dal resto del mondo, perché lui è nero, lui è la macchia corvina sul piano bianco e marmoreo che avvolge la realtà.

E Miharu vuol tendergli la mano, stringere le sue dita e assicurarsi che è lì, che è reale, che c’è davvero qualcuno capace nella sua effimera piccolezza di stagliarsi nettamente contro il nulla etereo e contro lo sfondo edulcorato in cui si sono avventurati.

 

Anime sperdute in una vastità senza forma e senza dimensione

Piccole macchie sperse su una landa priva di colore.

Corpi, membra, cuori che battono

Sangue, carne, pensieri che scorrono

Filamenti d’ebano che scorrono ignari verso l’ultima destinazione.

Su righe di neve, su righe di bianco

 

E tutto si confonde

Si perde sotto la gelida coperta di neve scesa ad accarezzare le terre.

E tutto si ritrova

Scorto appena tra rose nere appena sbocciate nel giardino dell’anima.

Il mondo s’è nascosto nel vuoto del bianco.

Eppure, se n’è appena aperto un altro affogato nel nero.

 

È il nero dei suoi capelli ondeggianti nel vento che infuria selvaggio.

È il nero di quel cappotto che pare immenso su quel corpo tanto striminzito.

È il nero che lo avvolge come unico compagno, è il nero che afferra nel prenderlo per mano.

 

 

-Yoite… non lasciarmi solo-

   
 
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