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Autore: Siyah    31/07/2007    7 recensioni
Uno scherzo del destino, un dissenso, un'idea folle.
Una lunga notte per affrontare maschere e miraggi.

[What if? dell'episodio 3.04 "Linee sulla sabbia"]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Greg House, James Wilson, Lisa Cuddy
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo I
Assedio con fragole e Champagne



You keep on building the lie
That you make up for all that you lack
It don’t make no difference
Escaping one last time


Sara McLachlan – Angel -


-Il suo è un bisogno.-
Lei rimase un attimo zitta, soppesando mentalmente quelle parole.
Le parole del migliore amico di House.
Jimmy era una persona ragionevole e quando diceva qualcosa e, soprattutto, la pronunciava con quell’espressione, sicuramente valeva la pena dargli ascolto.
Si rese conto che Lui era e sarebbe rimasto sempre un bambino, sotto questo punto di vista, quindi perché non smettere questo infantile girotondo?
Di colpo le tornarono in mente le parole sibilanti di House.
“Non dovresti fare minacce che non puoi attuare. Così perdi potere.”
Sbattè il pugno sul tavolo. Così improvvisamente che James ebbe un mezzo infarto, soprattutto ora che pensava di averla convinta.
Lei fissò lo guardo azzurro, gelido e sprezzante, in quello nocciola, spaurito e dolce, di lui.
-Sai una cosa?…No!-
Wilson capì al volo e cercò di far ragionare la donna.
-House non ti darà un attimo di tregua! Non la smetterà e alla fine solo tu ti ritroverai con un ulcera bella grossa! E cosa ci avrai guadagnato?!-
La Cuddy, probabilmente pensando alla risposta, assunse un’espressione seria e solenne, guardandolo di sottecchi. Wilson, frustrato dalla caparbietà di Lisa, portò le braccia davanti a sé in segno di resa, mentre con lo squardo le faceva intendere che ne aveva abbastanza e se ne sarebbe lavato le mani.
O almeno questa era l’intenzione.


Dopo l’uscita di Jimmy lei rimase sola nello studio.
“Perché?”
“E’ semplice, io sono il capo.” Si rispose da sola.
Era stufa ormai da anni del comportamento di House e si rese conto solo ora che negli ultimi tempi si era addolcita troppo; forse a causa del dispiacere per la gamba del diagnosta, molto più probabilmente per la cura della fertilità.
Ormoni…
Fatto stà che era arrivato il momento di tirare la corda del suo guinzaglio e fargli capire chi comanda.
Non che sentisse realmente minacciata la sua autorità ma tutto questo le dava molto fastidio.
Gregory House, un uomo grande e grosso (insomma…!) aveva sbattuto i piedi (il bastone in realtà) per riavere una moquette sporca di sangue.
Bloccando un intero ospedale.
Era ora di svezzare il bimbo.


Mentre camminava per arrivare al suo studio Wilson si sentiva come Alice che ruzzola nella tana del Bian Coniglio. Con l’unica differenza che non sapeva quale dei due fosse il Bian Coniglio e per la prima volta non riusciva a fare delle previsioni sull’esito della battaglia, soprattutto perché a scontrarsi erano sempre due titani ed ogni volta era guerra. Normalmente però, essendo Lisa più intelligente, ma soprattutto meno infantile, metteva finalmente la parola fine. Accontentando di malavoglia il medico.
Perdendo, a volte.
Oggi però qualcosa era andato storto e c’era solo una cosa, adesso, che il pacificatore-Wilson avrebbe potuto fare: lasciare che tutto scorresse. Sperando che i suoi due amici (perché nonostante tutto erano amici) non si ditruggessero a vicenda.


† † †



Due diversi suoni sul pavimento bastarono a farle capire chi era appena entrato nel suo ufficio, per l’ennesima volta.
-Allora…cedi o non cedi?-
Lisa Cuddy alzò lo sguardo dalle pratiche della giornata quel tanto che bastava per rispondergli.
-Dovresti saperlo.-
Gregory House si avvicinò alla scrivania illuminata dalla lampada da tavolo, e in un attimo la luce soffusa che irradiava il piano svanì.
“Maledetto egocentrico.”
Lei la riaccese mentre lui la sfidava con lo sguardo e pensava ad ogni possibile metodo coercitivo per farle sputare quell’indispensabile Sì.
-House, piantala ed abituati alla nuova moquette.-
Greg fece finta di pensarci e poi scattò verso la porta chiudendola a chiave.
-Vediamo chi dei due crolla per primo?-
Non era una domanda ma la Cuddy rimase così stupita da non riuscire a far niente.
Lo guardò con cipiglio mentre concludeva il suo lavoro tirando le persiane.
Provò a capire la situazione con del sarcasmo.
-Guarda che neanche tu puoi andare a casa se chiudi dall’interno.-
-Lo so.- fece lui tranquillamente.
-E non ti spaventa l’idea di passare una notte con me?-
Non fece in tempo a rendersi conto del doppio senso insito nella frase che House le aveva già risposto con un laconico –sopporterò-.
Freddo timore comiminciò a posarsi sulle spalle di Lisa.
-Bè, io non ho intenzione di passare la notte qui!-
Sollevò la cornetta del telefono per avvisare la sua segretaria ma il ricevitore rimase muto. Arrivò sbalordita alla conclusione mentre House la guardava compiaciuto ritirando nella tasca il bisturi.
-Ma sei impazzito?! Questo è sequestro di persona! Non stiamo giocando!-
Lui continuò a guardarla strafottente e poi fece spalluce.
-Sai, è un vantaggio non avere nessuno a casa che ti aspetta, e ti tradisci da sola se sei il tipo che che rimane oltre l’orario consueto, soprattutto se la tua segretaria se n’è andata da un pezzo.-
Si avvicinò un poco e si abbassò fingendo circospezione.
-Wilson invece l’ho fatto fuori!-
Lisa cercò di articolare un qualcosa che non fosse un’ imprecazione, ma non trovando niente richiuse la bocca. Prese un profondo respiro.
-Tu! Tu…! Tu non sei normale! Perché non te ne vai all’inferno invece di venire qui a combattere per un sudicio pezzo di stoffa o più semplicemente non torni a casa?!-
Si alzò dalla scrivania con l’intenzione di raggiungere la porta ma House la bloccò con il bastone senza realmente sfiorarla.
-Mi dispiace ma sono abituato a ottenere ciò che voglio, in ogni modo.-
Lei appoggiò le mani sui fianchi, inclinando di un poco la testa e rimproverandolo con occhi severi.
-Mi sembrava di averti già detto che non puoi ottenere, sempre, ciò che desideri!-
Inconsapevolmente, nella mente di entrambi apparve il ricordo offuscato di un giorno, quasi, come gli altri.
House corrugò la fronte mentre cominciava a scimmiottare la voce di un bambino polemico.
-No! La mamma mi ha detto che se uso la determinazione posso arrivare ai miei obbiettivi!-
Lei si ritrovò a sussurrare sotto voce.
-Quasi sempre…-
Si passò una mano stanca sul viso, rimettendosi a sedere, pensando a come poter fare per uscire da quella situazione che aveva dell’assurdo. Fece appello alla logica.
-Sentiamo…sono le otto e se avessimo fame o, più semplicemente, sete?!-
Lui fece spallucce.
-Non è mica colpa mia se nel tuo ufficio non tieni niente da mangiare e poi non è mica un mio problema! Io ho mangiato prima.-
Poi una scintilla si accese nei suoi occhi chiari.
-Oh già! Devi mangiare per due, quindi avresti dovuto tralasciare qualcosa a pranzo, probabilmente perché ti nauseava…-
Lisa roteò gli occhi.
-Non sono incinta! Come te lo devo far capire?! Maledetto testardo…- Eppure House sentì una nota di risentimento in quelle parole mentre si dirigeva sicuro in un unico posto: l’angolo tra la porta e l’attaccapanni.
Cuddy seguì lo sguardo di lui sapendo già quale commento avrebbe formulato la siddetta lingua biforcuta.
-…Già, ma non pensavo che ti saresti aggrappata all’alcool…-
Sospirò.
-Non è come pensi, ho avuto un cliente importante, uno snob, che ha cercato di “distrarmi” ordinando fragole e champagne…-
Mentre lei spiegava lui tornò alla scrivania appoggiando il vassoio su una pila di fogli.
-Ti sei concessa per il prestigio dell’ospedale?-
Lei lo incenerì con lo sguardo.
-No…non mi piacciono i vecchi allupati.-
-Strano, avresti potuto chiedergli l’anamnesi famigliare, magari si sarebbe rilevato un buon “candidato”… Anche se forse un figlio allupato potrebbe presentare dei problemi in futuro…-
Lisa si massaggiò forte le tempie.
-La vuoi piantare?! Non vado a letto con ogni essere umano di sesso maschile che mi capita sottomano!-
Greg corrugò la fronte guardando un punto imprecisato del soffitto.
-Hai ragione! Con le provette è più facile, nemmeno parlano!- Le mani della Cuddy passarono dalle tempie alla scrivania, stringendo forte il legno e rischiando di rompersi le belle unghie, mentre gli occhi individuarono la bottiglia di Champagne, soppesando l’idea di spaccargliela sulla testa.
-Senti, perché non vai a casa? Non cambierò idea e poi non avrai veramente intenzione di assediarmi per tutta la notte, vero?!- I suoi calcoli in effetti erano stati positivi, non pensava veramente che House fosse così infantile.
E aveva la sicurezza che con un altro duello verbale sarebbe riuscita a batterlo, e a risolvere questa assurda situazione.
Questa ipotesi si frantumò contro le iridi di House. In quel blu cristallino non c’era nè incertezza né tantomeno indecisione, solo astuzia, menefreghismo, sicurezza e perfidia all’ennesima potenza. Questo la spaventò non poco. I sospetti si fondarono nel momento in cui aprì bocca. -Non uscirai di qui finchè non mi ridarai la mia moquette.- Soppesò per un attimo la proposta. “In fondo si tratta solo di una moquette –sporca di sangue- ma che sarà mai? A parte un orrore, artisticamente parlando? Wilson potrebbe aver ragione.” Lo riguardò un’altra volta. Le sorrideva vincente. “No. No! Non posso permettergli anche questo. E’ ineccepibile! Dove andrà a finire il Princeton Plainsboro Teaching Hospital se comincio a permettergli un disgustoso rifiuto organico?! Dove andrò a finire io?!” Lo fissò, cercando di penetrare lo zaffiro dei suoi occhi, ricordandogli ancora una volta chi comanda.
-Va bene, ma non ti illudere. Non avrai ciò che vuoi.-
Gli rifilò un sorrisino strafottente. Lui non fece neanche una piega.
-Il mio istinto dice il cotrario. E tu dovresti conoscerlo bene…-
Bugia.
Non era vero, il suo istinto non gli aveva detto niente. Era rimasto muto dal momento in cui aveva architettato questo folle assedio.
“Nà… tanto vinco lo stesso!”
Allungò una mano verso la piccola coppa in ottone ricolma di fragole, ne prese una e se la lanciò in bocca.
Fece l’occhiolino alla Cuddy mentre il gusto fresco, acquoso e dolce del frutto gli invadeva i sensi.


Due ore dopo la Cuddy era sull’orlo di una crisi nervosa, si sentiva il fondoschiena quadrato, dato che non si era mossa dalla sedia ed in più il suo acerrimo nemico e suo –diavolo!- sottoposto continuava a giocare sulla sedia girevole roteando su se stesso, e ogni tentativo verbale di fuga era svanito son il susseguirsi dei minuti.
Così si era ritrovata senza più argomenti mentre il suo carceriere la guardava soddisfatto; in più stava cercando di nascondere il fatto che aveva una…
*Growl*
Come non detto.
Avvampò, rossa di vergogna mentre le labbra di lui si deformarono in qualcosa che sembrava un sorriso, no, correggere, un ghigno.
-Oh-oh! Cosa sentono le mie orecchie? Qualcuno qui ha…-
*Growl*
Ed anche lui fu tradito dal suo stesso stomaco, compiacendo molto la Cuddy.
“E’ anche lui un essere umano, nonostante tutto.”
Poi, tutti e due, notarono le fragole.
Rosse, lucenti e gonfie con uno strano luccichio stile manga tutt’ intorno.
Mentalmente ringraziarono il vecchio allupato.
I corpi si protesero lentamente in avanti, le mani scattarono verso le prede vegetali.
Sfortunatamente per Lisa, House era il più vicino e riuscì ad afferrare la coppetta laccata per primo.
Nella fretta però, almeno un terzo di queste venne sbalzato fuori, rotolando sulla scrivania dimodochè Cuddy ebbe tutto il tempo per raccoglierle.
Scoppiarono a ridere.
Perché la Cuddy aveva in braccio le fragole che cercavano di sfuggirle dalle mani, mentre House stringeva al petto la coppa, sulle facce di entrambi un’espressione beota.
Non avevano mai riso assieme.

† † †



Altri sessanta minuti erano passati, con l’unica differenza che ora non solo la coppa giaceva vuota, ma anche la bottiglia di Champagne al suo fianco, immersa in quello che una volta doveva essere un secchiello cromato ricolmo di ghiaccio.
Stessa sorte per i calici di cristallo.
Nessuno dei due però era abbastanza sazio, né abbastanza ubriaco; si può dire che era una situazione di stallo.
House stava seduto sulla sedia, immobile, roteava il bastone e ne guardava l’oscillare come ipnotizzato, lo sguardo fisso.
Gli occhi chiari della Cuddy riemersero dalle braccia incrociate sulla scrivania e dalla massa di riccioli color dell’ebano.
Non aveva più la forza né la voglia di lanciargli le solite occhiatacce ma solo di un’altra cosa era certa, non aveva più voglia di stare barricata lì dentro.
Il cervello si risvegliò dallo stato di torpore in cui era caduto e gli ingranaggi ricominciarono a funzionare, analizzando la situazione. Il nefrologo era rilassato e immerso nei suoi pensieri, se calcolava lo scatto e la distanza tra lei e la porta aveva ottime probabilità di fuggire.
Gli unici impicci che potevano sfumare l’effetto sorpresa erano la poltrona e i tacchi a spillo.
Perciò, lentamente, molto lentamente e pregando che nessun cigolio la tradisse, allontanò la sedia all’indietro mentre cercava di rimanere immobile con la parte superiore del corpo.
House imperterrito continuava a far ruotare il bastone, gli occhi immobili mentre Lisa spostava, coperta dal piano in legno, una gamba più avanti dell’altra.
Improvvisamente il diagnosta decise di stoppare il bastone e per puro caso sollevò lo sguardo verso Cuddy.
Osservandole –la sua specialità- gli occhi notò un luccichio sinistro che lei non gli diede il tempo di analizzare.
Scattò in avanti, House non riuscì a bloccarla, preso alla sprovvista e lei riuscì a superare con successo la scrivania, così, senza pensarci due volte Greg –o meglio, il suo corpo- agì d’impulso.
Usando la spinta per alzarsi dalla sedia, il braccio si stese e fece fare al bastone un ampio giro, esattamente attorno alla vita di Lisa Cuddy mentre bloccava automaticamente l’estremità di esso con l’altra mano.
Il piano per evadere avrebbe potuto funzionare… se Lisa avesse considerato anche il fattore alcool che le sfocava i contorni della stanza, che le rendeva pesanti le gambe ed il fatto che House lo reggeva meglio di lei.
Leggermente brilla ma sicurissima della vicinanza eccessiva di lui, talmente vicino da poter sentire il calore del suo corpo cominciare ad irradiare lentamente il proprio.
House si rese conto di aver fatto una sciocchezza.
Bèh, fin dall’inizio imprigionare il suo capo nel suo studio era stata una pensata degna del suo nome, se non di più, ma così vicina e così pericolosa, rischiava di passare un limite che neanche lui conosceva o che incosciamente sapeva e che quindi istintivamente evitava.
Era meglio lasciare che vincesse lei piuttosto che affrontare una paura recondita.
Ma la Cuddy rispose ingenuamente all’istinto di guardarlo in faccia e con un movimento fluido si girò in quell’ “abbraccio” forzato.
Cercarono di non avvicinarsi ulteriormente ma ogni sforzo fu vano.
I bacini si scontrarono, inevitabilmete.

***

Note dell'autrice: Subito dopo l'episodio, ho pensato "e se la Cuddy avesse detto no"? Poi, naturalmente, ho lavorato di fantasia e dopo tanti tentennamenti, mi sono decisa a pubblicare la prima ff su Dr. House. Ho impiegato tanto a organizzare le idee e a scrivere, per vari motivi ma soprattutto perchè non avevo idea di come far muovere i personaggi nella mia, inutile negarlo, strana ff.
Questa è la prima parte del risultato che ne è uscito fuori. Se lo ritenete un lavoro discreto fatemelo sapere che continuerò... beh, in ogni caso, a voi l'ardua sentenza!

  
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