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Autore: Johnlockistheway    12/01/2013    7 recensioni
Una Merthur scritta per il concorso "Merthur is the way".
Spero che vi piaccia.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Morgana, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Quella mattina, tutto sembrava preannunciare una giornata normale.

Ma, come ben sapevano Arthur e Merlin, la normalità a Camelot non era di casa.

Merlin, seduto nelle sue stanze, la testa appoggiata al muro, guardava fisso davanti a se, pensando.

Non poteva credere a quello che era successo.

Lui e Arthur erano insieme, nella radura vicino al lago, stesi sull'erba fresca.

Sopra di loro, il cielo era pieno di soffici nuvole bianche.

Sebbene il re avesse molti incarichi, ogni tanto gli piaceva prendersi del tempo per stare da solo con il suo Merlin, senza parlare, semplicemente stando insieme.

Il mago si stava divertendo ad osservarle e a cercarvi delle forme a lui famigliari, quando erano arrivati.

Dal nulla, erano sbucati dei sassoni.

Nessuno dei due se l'aspettava: in fondo erano vicinissimi a Camelot.

Per fortuna il re aveva i riflessi pronti dai mille allenamenti e subito si era alzato per combattere.

In pochi attimi, i cadaveri dei sassoni giacevano a terra, e l'ultimo di essi stava ormai soccombendo sotto i colpi di Arthur.

Peccato che quest'ultimo non avesse notato un nuovo avversario sbucato all'improvviso che aveva cercato di coglierlo alle spalle.

Quando se ne accorse, era troppo tardi.

E questo Merlin l'aveva compreso.

"NO!" aveva urlato il mago.

E poi, senza pensarci, aveva liberato la sua magia, facendo cadere il sassone, che venne prontamente trafitto dal re.

Re che, dopo quella mossa si voltò verso di lui, con una faccia sconvolta.

I loro occhi si incontrarono.

Fu solo un attimo, ma a Merlin sembrò un'eternità.

E in quel momento, il mago seppe con certezza che Arthur aveva visto.

Seppe che sapeva.

Il re si limitò a fissarlo per pochi secondi.

"Arthur..." cercò di dire lui, ma fu troppo tardi.

Lanciandogli uno sguardo ferito, l'uomo corse fuori dalla radura, lasciandolo in compagnia di un silenzio che pesava più di mille parole.

 

*

 

TOC! TOC!

Il rumore improvviso alla porta lo fece sobbalzare, distogliendolo all'improvviso dai suoi pensieri.

"Chi è?" chiese il mago, cercando di mantenere la voce salda.

"Merlin, sono Leon. Vieni, per piacere. Il re ti vuole parlare".

Senza una parola, il mago si alzò e aprì la porta.

L'uomo davanti a lui, i riccioli disordinati e gli occhi sgranati, lo fissò senza dire nulla.

Dall'altra parte della stanza, Gaius gli lanciò uno sguardo disperato.

Merlin si avviò verso la porta, dove lo attendeva Percival.

Appena il mago gli arrivò vicino, l'uomo lo fermo.

Il ragazzo lo fissò, smarrito.

Volevano o no che andasse dal re?

Ma allora perché gli impedivano di passare?

Percival lo guardò, quasi con compassione.

Poi, rivolse lo sguardo al suo compagno.

Leon si schiarì la voce.

"Mani dietro la schiena, per favore".

Merlin non capiva.

Ma che diavolo volevano da lui?

Ma Gaius invece capì.

"Vergogna!" urlò il cerusico, alzandosi in piedi di scatto.

"Leon, Percival. Dovreste vergognarvi! Merlin non vi ha mai fatto del male. Non ha mai fatto nulla per nuocervi. L'avete sempre considerato come un vostro amico. E adesso, solo perché sapete che è un mago, non conta più nulla tutto ciò. No! Lo venite a prendere come se fosse uno dei peggiori criminali. Vergognatevi!"

"Gaius..." fece Merlin, sconvolto.

"Merlin, ragazzo. Io..." il vecchio medico non riuscì più ad aggiungere altro, tanta era la rabbia e la disperazione.

Senza che nessuno lo fermasse, il mago attraversò di corsa la stanza, e gli gettò le braccia al collo.

"Non ti preoccupare Gaius. Andrà tutto bene. Sono solo venuti a fare il loro dovere. Tornerò presto".

Gaius lo strinse forte, incapace di dire qualsiasi cosa.

Lentamente, il suo protetto si sciolse dall'abbraccio, tornò verso il cavaliere e fece come gli era stato detto.

Con delicatezza, senza quasi sfiorarlo, Percival gli legò gli esili polsi.

Poi, Merlin uscì dalla stanza, seguito subito dopo dai due cavalieri, che lo accompagnavano senza toccarlo.

Gli camminavano semplicemente a fianco.

Non era per paura che facevano così.

Era quasi una forma di rispetto.

E fu prorpio con rispetto, che Gaius vide Merlin uscire dal suo studio, conscio che forse non sarebbe mai tornato.

Una lacrima scivolò sul viso dell'uomo, mentre quello che considerava come un figlio, andava ad affrontare il suo destino, l'altra faccia della medaglia, a testa alta.

 

*

 

Arthur, chiuso nelle sue stanze, aspettava.

Aspettava di vedere Merlin comparire dalla porta.

E, sebbene fosse stupido, sperava che tutto fosse un sogno.

Sperava che niente fosse come credeva, che avesse capito male.

Sperava di veder comparire Merlin sorridente, che gli diceva che era tutto un brutto sogno.

Ma, sebbene a volte la speranza sia la cura migliore, capita anche che sia essa, la distruttrice di un uomo.

 

*

 

Quando Merlin arrivò davanti alla camera del re, improvvisamente si immobilizzò.

Guardò prima Leon, poi Percival, e infine di nuovo la porta.

"Posso... avere un minuto?" chiese con voce flebile.

I due si scambiarono uno sguardo, prima di annuire e incamminarsi via.

Prima di andarsene però, Leon gli mise una mano sulla spalla, e Percival gli regalò uno dei suoi radi sorrisi: segni della loro fiducia e della loro preoccupazione, ma anche della loro speranza.

Merlin annuì solo, grato per quel conforto.

Pensò a quello che lo attendeva di là dalla porta.

Pensò all'uomo che amava, che ora sicuramente era arrabbiato.

Ma pensò anche che Arthur l'avrebbe perdonato.

Forse avrebbe tenuto il broncio, ma poi avrebbe lasciato perdere.

Perché era buono.

Perché sapeva che lui non gli avrebbe mai fatto del male.

Perché avrebbe capito.

Ma sopratutto perché anche lui lo amava.

Il mago prese un profondo respiro e poi entrò finalmente nelle stanze del re.

 

*

 

"Sei in ritardo".

Queste furono le prime parole che lo accolsero, insieme alla penombra e alla calura della stanza.

A quanto pareva, il re aveva serrato le finestre e chiuso le tende.

Merlin si bloccò, stupito.

C'era freddezza in quelle parole.

"Mi dispiace" disse soltanto.

Il re, seduto al tavolo, prese in mano un calice, e iniziò a muoverlo, facendo girare il liquido all'interno.

"Ti... dispiace. Dimmi, Merlin, saranno queste le stupide parole che userai quando affronteremo l'argomento per cui ti ho fatto arrestare?"
Quelle parole furono uno schiaffo in faccia: non solo Arthur gli aveva appena fatto capire che era furibondo, ma gli aveva anche esplicitamente detto che Merlin ora era ufficialmente un criminale per lui.

Male.

Molto male.

Male al cuore di Merlin, male perché la situazione si complicava.

"Senti, Arthur, io..."
"Non. Pronunciare. Il. Mio. Nome" sibilò il re, interrompendolo.

Merlin sgranò gli occhi stupito, osservando il suo interlocutore.

Se ne stava a capo chino, gli occhi fissi nella coppa, seduto in maniera scomposta sulla sedia.

"Ma... Arthur..." tentò di dire.

"Ho detto che non devi pronunciare il mio nome!" urlò di colpo l'altro, alzandosi in piedi e gettando il calice a terra con rabbia.

Merlin fece un passo indietro, intimorito: non l'aveva mai visto così arrabbiato.

"Perché?" riuscì a chiedere, con voce flebile.

Il re, a quella domanda, alzò gli occhi di scatto, puntandoli in quelli blu di colui che credeva molto più di un amico.

Merlin boccheggiò.

Erano freddi: non più due pezzi di cielo, ma due pezzi di ghiaccio.

Ed erano ricolmi d'odio.

Odio verso di lui.

Lo stesso, con il quale pronunciò le fatidiche parole, che distrussero il cuore di Merlin.

"Perché? Perché tu non sei degno di pronunciarlo. Ti odio. Sei solo un...un..." Arthur si interruppe, non riuscendo a continuare per la troppa rabbia.

La stessa che gli faceva stringere i pugni, e tremare.

Le parole dette, appena sussurrate, volarono per la stanza come lame affilate, colpendo Merlin ripetutamente.

Ma mancavano ancora le peggiori, che Merlin intuì.

"No..." sussurrò, con tono supplichevole "No, ti prego non dirlo... non farmi questo... ti prego...".

"Cosa? Cosa non dovrei dirti? Non dovrei dirti che ti odio? O forse nono dovrei dirti quello che penso? Beh, io sono il re. Posso dirlo. E quello che penso, è che tu sei un impostore. Sei solo una delle tante persone che mi hanno tradito. Uno dei tanti. Penso che tutto questo tempo per te non sia valso nulla. E che sono uno stupido ad averti creduto!".

Le parole uscivano come un fiume in piena.

Merlin arretrò sotto la forza di quelle frasi, che lo schiacciavano come macigni, mentre Arthur si avvicinava sempre di più.

"Penso che tu non provi niente per me! Penso a tutto quello che ho fatto per te, a tutti i momenti che abbiamo passato, e penso a come tutto sia stato solo un'illusione. Penso a quello che mi hai nascosto, nonostante dicessi di amarmi e di fidarti di me! Pensavo che fossi sincero! Invece mi sbagliavo!" urlò, bloccando il servo contro al muro.

"Non sei altro che un lurido stregone" sussurrò sulle sue labbra, guardandolo con rabbia e odio.

Si può sentire un rumore di un cuore che si frantuma?

Merlin pensava di no, ma in quel momento lo sentì forte e chiaro.

Crusch!

Era il suo cuore che si spezzava in mille pezzi.

Colpito, dalle parole più cattive che l'uomo che amava poteva rivolgergli.

Incapace di dire o di fare qualcosa, si limitò a lasciare che le lacrime gli inondassero il viso, mentre singhiozzi gli si bloccavano in gola, bloccandogli anche il respiro, facendolo rantolare.

"Arthur..."soffiò.

"Smettila" fece il re.

Una parte della testa di Merlin registrò che l'uomo di fronte a lui sapeva di vino.

"Arthur..." ripeté, tentando di farlo ragionare.

"Smettila!"

"Arthur ti prego. Sei ubriaco, ascolta..."

Non fece a tempo a finire di parlare.

Senza capire il come, si ritrovò a terra, la testa che pulsava dolorosamente, il respiro mozzato.

Sbattè le palpebre, incredulo, riuscendo a mettere a fuoco la figura del compagno che torneggiava su di lui.

"T'ho detto di smetterla di pronunciare il mio nome!" fece furibondo, il pugno ancora alzato.

E, alla vista di esso, Merlin realizzò: l'aveva colpito.

Arthur l'aveva colpito.

Il ragazzo si rimise in piedi e cercò di parlare: voleva capire, voleva sapere.

Come poteva dire cose del genere?

E glielo chiese.

"Come puoi dire questo? Io ti am..."
SCIAFF!

Un ceffone violento lo fece ricadere a terra.

"Non...osare. Non osare dire che mi ami" sibilò il re "Credimi, è meglio se stai zitto".

"Ma..." tentò lui.

Arthur lo colpì di nuovo.

E poi ancora.

E ancora.

Merlin rimase lì, incapace di fare qualunque cosa, se non piangere.

"Perché? Perché?" urlò il re "Perché mi fai questo? Perché non fai nulla? Avanti! Difenditi! Sei uno stregone no? Difenditi! MALEDIZIONE, DIFENDITI HO DETTO! SO CHE PUOI FARLO!"

Merlin non seppe mai se per caso, per fortuna o per destino, ma qualcuno dei tre probabilmente aveva deciso di avergliene fatte passare abbastanza.

La porta si aprì di colpo.

Gwen e Gwaine, attirati dalle urla, erano entrati per vedere cosa stesse succedendo.

Quello che si trovarono davanti, fu scioccante.

C'era Merlin, a terra, che piangeva, cercando di ripararsi il viso con le mani, mentre un Arthur fuori di se lo picchiava, urlando.

"Arthur!" urlò Gwen, sconvolta.

Il re sembrò accorgersi solo ora della loro presenza.

"Gwen" disse, puntando gli occhi da folle verso di lei "Gwaine. Che cosa fate qua?"

"Che cosa fai tu!" ribadì Gwaine, facendo rimbalzare gli occhi nocciola dal re all'amico accovacciato a terra.

"Niente che vi riguardi".

"Gwaine... Gwen... "

Un pigolio sommesso alle spalle di Arthur li fece voltare tutti.

"Andatevene..." pigolò il mago, cercando di mettersi seduto, cosa che non gli riuscì affatto.

Con un gemito di dolore, si riaccasciò sul pavimento.

"M-Merlin. O dei! Che cosa... che cosa sta succedendo?" sussurrò Gwen, sconvolta.

"Nulla... andatevene..." ripeté il mago.

"Anda..." le parole gli morirono i gola, mentre, stringendosi il fianco con una mano, il giovane iniziò a tossire sputando sangue.

Gwaine lo guardò stravolto.

"Certo che ce ne andiamo. Subito. E tu vieni con noi" disse, facendo un passo avanti.

Il sibilo di una spada lo fece fermare.

"Gwaine".

Il chiamato in causa si voltò, fissando il re che gli puntava contro l'arma.

"Vattene" disse il re con voce calma e fredda.

"No".

"Vattene ho detto!"urlò Arthur, infuriato.

"Me ne andrò solo se Merlin verrà con me!"

"Scordatelo. Lui rimane qua."
"Gwaine... per favore... ".

La voce del ragazzo lo fece voltare.

Lo stava implorando d i andarsene.

Ma, guardandolo negli occhi, Gwaine percepì un'altra supplica.

Aiuto!

Era quello che sembravano urlare gli enormi occhi blu pieni di lacrime del suo amico.

E Gwaine decise che di quello che diceva il re in quel momento non gliene importava nulla.

"NON TI AZZARDARE!" urlò Arthur.

"Al diavolo!" sbottò il cavaliere, incamminandosi verso di lui.

Gwen e Merlin, dopo essersi resi conto di quello che era successo, ringraziarono tutti gli dei che conoscevano per la prontezza del cavaliere.

Mezzo secondo di esitazione e Arthur l'avrebbe trafitto da parte a parte.

Per fortuna Gwaine sapeva il fatto suo.

Ora i due erano fermi al centro della stanza, con le spade premute una contro l'altra, che si studiavano.

"T'avevo ordinato di andartene. Il sono il tuo re! Come hai osato disubbidirmi?" tuonò.

"Io servo re Arthur. Non un folle come voi".

"Taci! Tu devi fare quello che dico!"
"Non ascolterò mai un tiranno!" e urlando questo il cavaliere si buttò in un combattimento con Arthur.

Merlin, che non sapeva che fare, rimase ad assistere al duello.

Entrambi i combattenti erano bravi.

Ed entrambi avevano intenzione di vincere.

"Gwen"urlò Gwaine "Prendi Merlin e vattene!"

"Non ci provare" ringhiò il re, alla ragazza.

"Gwen... fa come dico..."

"Non farlo!"

Le parole diventarono assordanti, così come i rumori delle spade che cozzavano.

A Merlin sembrava di impazzire.

Non ce la faceva più-

"BASTAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!" urlò a pieni polmoni, disperato.

Quell'urlo fece fermare il tempo per un secondo.

Il rumore di un vaso che si infrangeva.

E Arthur cadde a terra, svenuto, mentre dietro di lui faceva capolino Gwen, che reggeva ancora i cossi dell'arma appena usata.

La ragazza li scagliò via e si gettò praticamente su Merlin, abbracciandolo, mentre lui si abbandonava contro di lei, piangendo.

"Schhh. Tranquillo" sussurrò carezzandogli i capelli corvini "Schhh. Va tutto bene... è tutto finito adesso. Schhh".

Gwaine non riusciva a dire nulla.

Lentamente, si avvicinò e prese Merlin in braccio.

Poi guardò Gwen, che ancora gli stringeva la mano.

"Andiamo da Gaius" disse.

In un tacito accordo si chiusero la porta alle spalle, facendo finta di scordarsi il re che vi giaceva all'interno.

 

*

 

Quando il vecchio medico vide aprirsi la porta, per poco non svenne alla vista che gli si parò davanti agli occhi.

Un Gwaine tutto scarmigliato portava un in braccio un alquanto malmesso Merlin che aveva la mano rinchiusa in quella di Gwen, che piangeva come una fontana.

"Cosa è successo?" domandò, incredulo.

"Questo a dopo" disse il cavaliere, adagiando delicatamente l'amico sul letto.

"Giusto".

Gaius riprese la sua solita espressione da medico impassibile e, sotto lo sguardo attento di Gwaine e Gwen, iniziò a visitare Merlin.

Il giovane, del canto suo, non dava segni di nessun tipo.

Si limitava a guardare fisso davanti a sé con sguardo spento, senza parlare.

Gaius gli medicò attentamente i vari graffi, tagli e lividi, mettendo in ogni gesto dolcezza e delicatezza.

Quando ebbe finito, il medico si voltò verso i due ragazzi che erano rimasti accanto alla porta senza dire nulla.

"Allora?" chiese Gwaine "Come sta?".

Gaius scosse il capo.

"Non lo so. Fisicamente è messo abbastanza male, ma niente di troppo grave. È qualcos'altro che mi preoccupa".

Dicendo questo, il vecchio si voltò a guardare il suo protetto.

"E cosa?" chiese Gwaine.

Il medico sospirò.

"Sembra essere fortemente sotto shock".

Gwen lo guardò.

Poi, si avvicinò lentamente, fino a raggiungere il cerusico.

Piano piano, si sedette accanto al ragazzo, allungando una mano.

Merlin si ritrasse di scatto, facendo ritirare la mano a Gwen.

"Hey. Va tutto bene" sussurrò con tono dolce la ragazza, avvicinandosi di nuovo.

Lentamente, gli posò il palmo della mano sulla guancia.

Merlin sussultò, puntando i suoi occhi blu su di lei.

"G-Gwen..." sussurrò.

Lei gli sorrise, mentre una piccola lacrima le scendeva lungo il viso.

"Sì... sono io" sussurrò, facendogli una carezza.

"Merlin" disse poi "Che cosa è successo, eh?".

Lui alzò lo sguardo, ma non rispose.

Sospirando, la ragazza guardò Gaius.

"Già, che cosa è successo?" ripeté il cerusico.

"Beh..." fece Gwaine "Non lo sappiamo con esattezza. Stavamo passando davanti alle stanze del re e abbiamo sentito delle urla. Così siamo entrati. Noi..."
Il cavaliere si interruppe.

"Voi, cosa?" fece Gaius.

"Oh, Gaius" singhiozzò Gwen "Non puoi neanche immaginare come sia stato orribile".

"Gwen..."
"C'era Arthur che urlava come un ossesso. Non l'avevo mai visto così... infuriato. E... lo stava... lo stava picchiando, Gaius. Capisci? Arthur... Lui non picchierebbe mai nessuno se non fosse strettamente necessario. Figurarsi Merlin, poi. É stato... orribile. È ovvio che Merlin sia sconvolto... Però Arthur che agisce in quel modo... Capisco, Merlin gli ha tenuto nascosto una cosa importante, ma... Gaius, deve esserci qualcosa che non va. Non farebbe mai del male a Merlin, lo sai, e..."

"Non ci sono scuse per quello che ha fatto Gwen!" esclamò Gwiane di colpo, facendo sobbalzare il mago.

"Piano Gwaine" lo ammonì il cerusico.

"Scusa, Merlin".

All'improvviso, un singhiozzo sommesso li raggiunse, facendoli voltare.

Tutti guardarono Merlin.

"M-mi dispiace... è solo che... rivivere tutto un'altra volta... così..."

Il mago si interruppe, piangendo.

"Che cosa intendi dire?" gli chiese gentilmente Gwen.

Merlin prese un profondo respiro.

"Mi era già successa una cosa del genere. Durante la mia infanzia, a Ealdor".

"Cosa?!" chiesero i tre insieme, scioccati.

Lui annuì.

Poi, si asciugò le lacrime e iniziò a raccontare.

"Quando ero piccolo... non controllavo la mia... magia. Dai pochi bambini del villaggio, le cose strane che succedevano intorno a me, non erano viste di buon occhio. Ma mi lasciavano in pace. Finché un giorno un gruppetto di ragazzini mi ha visto fare una magia. Quando mi hanno chiesto come avevo fatto a far sollevare le pietre, e io non ho saputo rispondere, non si sono fermati due volte a pensare. Diciamo solo che non fu una rissa. Io ero solo, loro erano in cinque. In più, non controllando i miei poteri non potevo difendermi. Loro... mi hanno picchiato. Per molto tempo. E quando Will gli ha chiesto cosa stessero facendo, hanno risposto: "Cerchiamo di fermare il mostriciattolo". Lui si intromise. Picchiarono anche lui. Alla fine, per fortuna, è intervenuto un adulto che li ha fermati. Will... lui era più grosso di me, era riuscito a difendersi abbastanza. Io no. Nonostante tutto però si era fatto molto male anche lui. È per quello che vi ho chiesto di andare via. Non volevo che... vi faceste male anche voi per difendere me. Non avreste dovuto intervenire. Arthur ha ragione. Sono solo un bugiardo. Non merito degli amici come voi. Avreste dovuto lasciarlo fare. Lui... ha fatto bene ad agire così. Era quello che mi meritavo".

"Non dirlo. Non osare dire una cosa del genere".

Gwaine si inginocchiò davanti a lui.

"Merlin, guardami. Ti ricordi quando ci siamo conosciuti? Sai, dalla prima volta che ti ho visto, ho provato subito grande simpatia per te. E conoscendoti, ho capito molte cose. Quando ti guardo, penso che non sono io, o Leon, o Arthur il cavaliere perfetto. Dovresti essere tu un cavaliere. Io in te vedo bontà. Quando ti guardo vedo un ragazzo umile, capace di lottare per i prorpi ideali. Un ragazzo coraggioso, sempre pronto ad aiutare gli altri. Vedo una persona meravigliosa, che per quanto mi riguarda non si meriterebbe nulla di cattivo. O almeno, questo è il mio pensiero".

Quando ebbe finito di parlare, Gwaine si scostò, lasciando il posto a Gwen.

"Merlin" esordì "Sono pienamente d'accordo con quello che ha detto Gwaine. E non credo pensare nemmeno per un momento di essere un mostro, perché non lo sei. Tu non sei diverso Merlin. Sei speciale. Dalla prima volta che ti ho incontrato, ho capito che lo eri. Sei una persona buona, dolce, gentile. Una persona rara, anche senza la magia. E, per quanto mi riguarda, mago o no, tu rimarrai sempre il mio amico un po' pasticcione e dolcissimo. La magia può anche cambiare quello che sei, ma non chi sei. E tu... tu sei Merlin. Ed è quello che rimarrai sempre".

Merlin li guardò commosso.

"Grazie" disse "Io... io..."
Le parole gli morirono in gola.

Improvvisamente, Merlin sentì il respiro venirgli meno.

La testa gli girava, il sangue rombava nelle orecchie.

Il mago rantolò, cercando di respirare.

Delle immagini gli si pararono davanti agli occhi.

Arthur...

...la sala del trono...

 

Respirare, doveva respirare....

 

...una sagoma in piedi...

 

La testa girava...

 

...un pugnale che volava...

...Arthur che cadeva...

 

"No... Arthur..."

 

...la sagoma sogghiganva...

...era una donna...

 

"Arthur no..."

 

...una donna...

"NO...NO..."

Morgana.

 

"No... no..." ripeteva Merlin, reggendosi la testa tra le mani.

"Merlin... Merlin!"

Il ragazzo udì qualcuno chiamarlo.

Lentamente, aprì gli occhi, fissandoli sui tre che lo guardavano, stupiti.

"Arthur" disse solo.

Poi, si alzò di scatto, e corse verso la sala del trono.

 

*

 

Arthur, appoggiato al trono, pensva.

Pensava a Merlin.

Come stava?

Che cosa avrebbe pensato di lui?

Il re sospirò.

"Oh... pesa essere un re, vero?"

Arthur alzò lo sguardo, guardingo: davanti a lui, c'era una sogghignate Morgana.

"M... Morgana" sussurrò, incredulo "Come...?"

 

Correre.

Doveva correre.

Altrimenti non avrebbe fatto in tempo.

 

"Povero fratellino... dimentichi pur sempre che io sono una Grande Sacerdotessa..."

"Che cosa vuoi Morgana?"

Lei sogghignò.

 

Più veloce.

A destra.

Dritto.

Sinistra.

Più veloce.

"Che cosa voglio? Ma è semplice..."

 

Eccola...

No...Morgana...

 

"Io... voglio la tua morte!"

E, dicendo questo, la strega gettò un pugnale con un incantesimo. NO!

 

*

 

Arthur non seppe mai come.

Seppe solo che all'improvviso, mentre vedeva la morte avvicinarsi sempre di più, aveva chiuso gli occhi.

Ma non aveva sentito nulla.

E quando li aveva aperti, aveva trovato davanti a se una massa di capelli corvini.

Merlin era lì.

Lentamente, il ragazzo si voltò, e lo fissò con i suoi enormi occhi blu.

Le gambe gli cedettero, e rovinò addosso al re, che lo prese al volo.

"Oh no... Merlin no..."

Merlin si aggrappò debolmente alla sua maglia.

"Per...do..na...mi..."sussurò.

Poi, sotto lo sguardo inorridito del re, i suoi occhi si spensero, pionbando nell'oscurità più completa.

 

*

 

Arthur era in una radura.

Ma stavolta non c'era nessun Merlin con lui.

Era solo.

Il sole sembrava non splendere più adesso.

Il lago, che Merlin tanto amava, sembrava solo una cupa distesa d'acqua.

Il re appoggiò lentamente una rosa su un piccolo cumulo di pietra, su cui era incisa una sola parola "Perdonami".

Una sola parola.

Che sarebbe rimasta lì per sempre, a testimoniare quello che lui aveva distrutto.

 

Lì, sotto l'ombra di quelle nuvole che Merlin amava tanto guardare, sperando in un futuro migliore.

 

 

*il mio angoluccio*
Salve!
Mi spiace davvero per questa cosa depressa... non lo so... mi è uscita così.
Fatemi sapere che cosa ne pensate, mi raccomando.
Comunque...
Se volete qualcosa di Merthur ma un po' allegro, vi invito a passare da qui, se volete:   Friends (or maybe something more?)

Mi farebbe molto piacere.
Avviso per i fans della Mergana: Ve lo giuro! Scrivo!!!!
   
 
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