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Autore: Fefy_07    12/01/2013    14 recensioni
"Sono un’idiota" si dice Damon, allungando la bottiglia al posto accanto a lui, in un gesto tanto abituale e familiare quanto doloroso.
Perché, adesso, nessuno tenderà la mano per prenderla e la porterà alle labbra, lanciandogli un’occhiata rassegnata.

2° classificata al contest "TV Shows Addicted - Quando i telefilm diventano una droga", indetto da Deb e Ili91 sul forum di EFP
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alaric Saltzman, Damon Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nick: Fefy_07
Titolo: La solitudine della perdita
Fandom: The Vampire Diaries
Genere: Introspettivo, Malinconico
Rating: Verde
Pairing/personaggi: Alaric, Damon
Prompt scelto: Solitudine
Frase scelta: “L’amicizia è una cosa strana: non si può stabilire da che cosa nasce, ma quando c’è la si sente.”
Avvertimenti: //
Nda: Questa storia è stata scritta per il coontest "TV Show Addicted - Quando i telefilm diventano una droga" indetto da Deb e Ili91 sul forum di EFP, a cui si è classificata 2° su 13 partecipanti. Il contest consisteva nell'inserire una frase in maniera lineare all'interno della fic e usare un prompt come ruota portante di tutta la storia. Inoltre, partecipa alla challenge "Sfida dei duecento prompt" indetta da msp17 sul forum di EFP con il prompt 13: Solitudine. Il resto a fine fic. Buona lettura!

Dedico questa shot a meiousetsuna, la mia ispiratrice per il Dalaric. Cara Setsy, senza le tue fic questa non sarebbe mai nata e scusami se non è granché. Più avanti potrò dedicartene una sicuramente migliore, che si avvicini almeno un po' al tuo meraviglioso stile. Però ho pensato a te durante tutta la scrittura quindi, nel frattempo, spero che questa possa piacerti <3


 

La solitudine della perdita

 
Il camino è spento, fuori piove e Damon Salvatore, con la fedele bottiglia di bourbon accanto, fissa stanco un punto nel vuoto, con occhi vacui.
Elena si è trasformata per colpa di suo fratello che, da bravo martire, adesso è con lei, per insegnarle ad essere un buon vampiro, quando lui stesso non ne è capace. Chi non sa fare, insegna! pensa ironico il maggiore dei Salvatore, mentre un’immagine inquietante di Elena squartatrice gli si presenta alla mente, lasciandolo contemporaneamente inorridito e divertito.
Dopo un attimo, il bel vampiro sospira e manda giù un altro sorso di whiskey, tremendamente bruciante, sperando di spegnere tutti i pensieri che incombono e lo opprimono. Ha cercato, da quando ha visto l’alter ego di Alaric morirgli tra le braccia, di concentrarsi sulla doppelganger e per un certo periodo ­­­­­­— quello necessario a sapere tutta la storia, litigare col fratello e poi lasciarli soli, a casa di lei — la cosa ha anche funzionato.
Ma adesso che si ritrova completamente solo, con l’unica compagnia dell’alcol, la sensazione vaga e indefinita di una pesante perdita comincia a delinearsi più chiaramente nel suo cuore. Come se ci fosse un buco bisognoso di essere riempito, che lui prova a colmare bevendo, pur sapendo che non basterebbe tutto il bourbon del mondo per farlo sentire di nuovo bene.
Damon scuote la testa, sempre più confuso dall’andamento dei suoi pensieri, e preferisce incolpare l’alcol piuttosto che la sua umanità, rimasta tremendamente provata dall’esperienza sulla quale la mente del vampiro non riesce ancora, inconsciamente, a indugiare.
Manda giù ancora un sorso, desiderando immensamente di sgombrare la mente che ormai, traditrice e carnefice inconsapevole, gli proietta davanti agli occhi immagini fin troppo vivide dei momenti passati col suo migliore amico.
La prima volta che avevano combattuto fianco a fianco, per salvare Stefan dal desiderio di vendetta dei vampiri della cripta. La soffiata sulla “gita” alle Smoky Mountains. Le innumerevoli volte che si erano ubriacati insieme, al Grill. Il momento in cui aveva cercato di confortarlo, quando stava morendo per colpa del morso di Tyler Lockwood. E poi quando avevano parlato insieme di Isobel e Katherine, forse il vero inizio della loro amicizia.
Una sequela infinita di piccoli attimi, molti dei quali hanno suggellato il loro legame, così strano eppure così stretto. Damon stringe i denti quando, ai momenti piacevoli e leggeri, subentrano quelli più duri e difficili. Le due volte in cui l’ha ucciso. Il momento in cui sarebbe dovuto morire, nella cripta dei Salvatore. Il combattimento tra loro, non voluto e non cercato, ma inevitabile, una volta che l’incantesimo di Esther l’ha praticamente reso una macchina da guerra ammazza-vampiri.
Quando Damon, ormai inerme, si rassegna alle dolorose frustate che il suo subconscio continua a infliggergli, implacabile, tutto pare fermarsi e un’immagine più nitida delle altre gli si para davanti agli occhi, trasformandosi in una vera e propria scena, un ricordo che è costretto a rivivere e che gli toglie il fiato per un secondo.

Lui e Alaric, su quello stesso divano, a bere bourbon come se non ci fosse una ragione abbastanza valida per affrontare il domani. Ha appena finito di raccontargli quello che è successo a Rose e cos’ha fatto a Jessica, una povera ragazza la cui unica colpa è stata quella di incontrarlo proprio nella sera in cui aveva bisogno di sangue. Aveva telefonato a Ric appena rientrato e, al suo arrivo, l’aveva accolto ancora grondante di liquido scarlatto. Lui aveva storto la bocca ma non aveva commentato, né aveva giudicato a racconto finito. Si era limitato ad ascoltare e bere, facendogli compagnia nel loro modo speciale.
“Damon” lo chiama a un tratto l’uomo, fissandolo intensamente e lui quasi teme che, quella volta, l’alcol gli abbia fatto male più seriamente del solito. “Sai, quand’ero piccolo, mia madre mi diceva sempre una cosa.” Damon pensa che la sua ipotesi è decisamente confermata da quelle parole, ma preferisce rimanere in silenzio, rispettando i suoi sproloqui da ubriaco come ha fatto lui poco prima sulle sue crisi esistenziali. “Diceva che l’amicizia è una cosa strana: non si può stabilire da che cosa nasce, ma quando c’è la si sente.” Alaric fa una pausa e aggrotta la fronte, quasi per mettere insieme i pensieri e dare un filo logico a quello che, al vampiro, non sembra altro che un ricordo buttato lì a causa dei fumi dell’alcol. Perciò rimane molto sorpreso dalle parole successive, una conseguenza così sensata che gli fa quasi male. “Secondo me aveva ragione. Non so perché ho ascoltato del tuo ultimo assassinio senza battere ciglio, ma penso che sia per questo. Perché, nonostante tu sia il più grande stronzo approfittatore e menefreghista che abbia mai conosciuto, sei anche mio amico, Damon. Lo sei diventato in un momento imprecisato, tra i mille scatti di rabbia e tutte le follie che mi hai costretto a fare con te.”
Damon sbuffa a quelle parole, alzando gli occhi al cielo e ridacchiando sottovoce. “Sei proprio ubriaco, Ric” dice solo, ma non nasconde il sorriso soddisfatto e vagamente compiaciuto che quelle parole gli hanno stampato sul volto. Si sente anche un po’ in colpa, per un attimo, di tutte le cattiverie che ha fatto a quello che, a dispetto di tutto, è diventato il suo migliore amico. La notte passa così, senza più discorsi, perché quelli importanti sono già stati fatti.

La bottiglia è ormai semivuota tra le mani di Damon, che sorride ironico e si dà mentalmente del sentimentale e anche del masochista, a ricordare in quel momento una serata tanto tremenda. Eppure, nonostante il mezzo sorrisino non sia scomparso dalle sue labbra, il vampiro si lascia scappare una lacrima dall’occhio destro, che scende placida lungo la guancia pallida. Non tenta nemmeno di fermarla perché sa di potersi permettere un momento di dolore e di cedimento. Se si vedesse dall’esterno, troverebbe una copia di Alaric — il vero Alaric — durante i suoi ultimi momenti alla cripta, mentre ancora ridacchiava per merito, o per colpa, del suo stupido amico vampiro, nonostante la morte incombente e la lacrima che anche lui aveva lasciato scivolare fuori.
Sono un’idiota si dice Damon, allungando la bottiglia al posto accanto a lui, in un gesto tanto abituale e familiare quanto doloroso. Perché, adesso, nessuno tenderà la mano per prenderla e la porterà alle labbra, lanciandogli un’occhiata rassegnata. Perché, adesso, non c’è nessuno con cui condividere i suoi alcolici e con cui intraprendere strani discorsi al limite del sensato, troppo brilli per rendersi realmente conto dei loro argomenti di conversazione. Per un attimo, Damon spera quasi di sentire qualcuno, chiunque, prendere quella bottiglia e bere con lui, perché non riesce più a sopportare questa insopportabile sensazione di incompletezza e di assenza.
Ma non succede. Allora beve di nuovo, per l’ennesima volta, ascoltando gli ultimi strascichi dei ricordi che finalmente stanno sfumando, lasciandosi dietro poche frasi rimbombanti.
“Non siamo una squadra. Non siamo amici. Non mi piaci.” Dopo averlo ucciso la seconda volta, la loro amicizia sembrava davvero andata a rotoli, distrutta, finita. Quell’intesa così rassicurante era svanita, ancora una volta solo per colpa sua. Ma Ric non gli aveva tenuto il broncio per molto. Non c’era riuscito e nemmeno Damon era riuscito a reggere quella situazione. Aveva chiesto scusa. Nel suo modo contorto, ma l’aveva fatto, per la prima volta dopo un secolo. E avevano superato anche quella.
“Non incolpo te per Jenna, Damon.” È sempre stato l’unico, Alaric, a non incolparlo per tutto, a comprenderlo, ad accettarlo così com’è, coi suoi innumerevoli difetti; con gli scatti d’ira, l’impulsività, il sarcasmo pungente, Ric semplicemente lo prendeva come veniva, anche se lo faceva incazzare, perché lui era amico di Damon in tutte le sue sfaccettature.
“Sono tuo amico Damon e tu non hai amici!” Anche quella volta, Ric aveva avuto ragione. Damon non ha amici. Non ha neanche più l’unico che poteva definire tale.
Il vampiro sorride sarcastico, quando quest’ultima frase gli echeggia nella mente. Senza nemmeno essere realmente cosciente di farlo, sussurra “Bell’amico che sei, Ric. Mi hai lasciato da solo.” E per la sottile vena di disperazione e desolazione che si sente in quelle poche parole, per l’amarezza che traspare da quelle due brevi frasi, potrebbe benissimo essere un urlo straziato piuttosto che un mormorio sommesso. Viene direttamente dall’animo troppe volte calpestato di Damon Salvatore.
Finalmente l’oblio lo accoglie, distogliendo definitivamente la sua mente da quei ricordi troppo vividi e dolorosi e concedendogli un po’ di meritata pace, dopo il supplizio interiore che ha dovuto subire.
In un angolo della stanza, invisibile agli occhi, ma col cuore gonfio di dispiacere e l’espressione affranta, c’è il fantasma di Alaric, che ha assistito a tutto lo sfogo dell’amico senza poterlo aiutare in alcun modo. Adesso che finalmente lui dorme sereno, sollevato dal fardello della morte di un’altra delle poche persone a cui ha davvero tenuto, Ric può permettersi di allungare una mano verso la bottiglia vuota, rotolata sul pavimento. Sa che non può toccarla, ma si sente in dovere di rispondere un’ultima volta al loro gesto, seppure con un po’ di ritardo. Sorride nostalgico, guardando il vampiro per un attimo, poi sospira e scompare silenzioso.
Damon si sente lasciato da solo, ma non sa che Alaric, nell’altro lato, è solo esattamente come lui e un po’ si conforta nel constatare che, nonostante tutto, tra loro c’è ancora un ultimo legame: la solitudine derivata dalla perdita.

Angolino dell'autrice :)

Salve a tutti, lettori! Questa è la mia prima shot Dalaric e, contrariamente al solito, ne sono parecchio soddisfatta. Mi è piaciuto scriverla, ho cercato di curarla al massimo e mi sembra di essere riuscita a fare un buon lavoro. Pecca un po' di originalità, questo sì. In un certo senso ho mischiato un po' di 4x02 con la 4x01 però mi sembra di aver aggiunto anche un ricordo non troppo spesso trattato 
— mia personale convinzione che possa essere un credibilissimo momento post-2x12.
Bene, veniamo alla fic in generale.
La narrazione si colloca ipoteticamente nella 4x01. Non ho messo tra gli avvertimenti Missing Moment perché parlo di una giornata piovosa, mentre nella 4x01 c’è un evidente sole e anche la notte è limpida. I pezzi in corsivo, come immagino si sia notato, sono i pensieri di Damon. Tutta la scena del ricordo, in corsivo sempre perché non si sta effettivamente svolgendo ma è tutto nella testa di Damon, è scritta al presente perché, per lui, è come se la stesse rivivendo nel momento stesso in cui la sua mente gliela propone. Durante la shot si fanno diversi riferimenti agli episodi delle prime tre stagioni. Le frasi che Damon sente rimbombargli nella testa, quando ormai il vortice di immagini è terminato, sono riportate così come appaiono nelle puntate tradotte in italiano.
Non mi sembra che ci sia molto altro da dire. Mi auguro che vi sia piaciuta e che mi lascerete un commentino, per aiutarmi a migliorare :) Un bacione a tutti e alla prossima!
  
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