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Autore: avslimoncellow    12/01/2013    5 recensioni
Penny è una normalissima quattordicenne, che, trasfetitasi a Napanee, Canada, frequenta la Napanee School. Un giorno, nei corridoi, riesce a sventare un atto di bullismo nei confronti di una compagna. Successivamente si rende conto che quella ragazza aveva un dono, era diversa rispetto alle altre. E, questo incontro, la segna per sempre, perche la piccola biondina diventerà la sua migliore amica.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Penny, svegliati, devi andare a scuola!-
-Mmh mamma.. voglio dormire..- disse Penny, coprendosi la faccia con la coperta.
-Sono già le sette e un quarto-
‘CAVOLO, SONO LE SETTE E UN QUARTO!’
La ragazza, d’un tratto, si mise a sedere sul letto stropicciandosi gli occhi. Le pareti verdi della sua nuova camera le si stagliavano attorno. Verde, verde era il suo colore preferito. Verde Speranza, quel verde che ti mette il buonumore.
Oggi era il primo giorno nella scuola nuova, e non avrebbe lasciato che tutto andasse a rotoli, quell’anno avrebbe iniziato una nuova vita, e si sarebbe lasciata alle spalle gli anni passati. Le vecchie amicizie non erano granchè: la sua personalità un po’ schiva l’avevano tenuta a distanza dalla tipica tipologia di teenager, ossia la classica ragazza superficiale, che amava uscire, mettere lo smalto, tacchi alti e vestiti corti. Lei non era così. Lei era diversa, e per essere felice si accontentava di poco: un buon libro, cuffiette , musica prettamente punk rock e la sua gatta, Waffle. Ma, torniamo alla realtà.
Penny si risvegliò violentemente dai suoi pensieri, come se fosse stata colpita da un gavettone d’acqua gelida. Che ore erano? Erano le sette e mezza. ‘LE SETTE E MEZZA?’ ‘stupida, sbrigati’ pensò mentre si fiondava verso il bagno. Si guardò allo specchio : normale, come sempre. Soliti capelli rossi arruffati, solite lentiggini e soliti occhioni verdi, solito viso spruzzato di efelidi e soliti denti, piccoli e bianchi. Mentre si sciacquava il viso con metodo, si pettinava i capelli con foga. Lo ammetteva, era maniacale sotto questo aspetto: non riusciva ad uscire di casa se , a suo parere, non fosse stata presentabile, quindi doveva avere i capelli a posto, come diceva lei. In tutto il resto, era disordinatissima:  la sua camera sembrava più un campo minato che una camera di una quattordicenne, ma a lei non importava ‘il mio disordine è punk rock, la mia stanza è un casino perché io sono un casino, già.’ Dopo essersi lavata la faccia e pettinata i capelli, si fiondò in camera sua per scegliere  un outfit adeguato per la giornata. Avrebbe messo qualcosa di casual, non appariscente ma ben coordinato. Quindi optò per una maglietta nera, con dietro un teschio fatto di strass, un leggins dello stesso colore e le sue inseparabili All Star verdi speranza. Si infilò tutto in fretta e furia, poi tornò in bagno, stese un filo di eyeliner nero e di mascara e si precipitò nell’ampia cucina a vetri della casa, dalla quale si intravedeva un amabile prato inglese, che premurosamente suo padre curava. Suo padre, già. Per lei, meno ci parlava, meglio era. Non facevano che scontrarsi e litigare, quindi cosa c’è di meglio che una sana giornata senza parlarsi per levare l’occasione di litigare?
Mentre Penny era immersa nei suoi pensieri, scervellandosi sulla nuova classe, il nuovo impatto con i compagni e con la scuola –era spaventata, lo riconosceva- si ingozzava con un waffle, la sua colazione preferita. Finita la colazione, prese il suo eastpak –indovinate di che colore? Verde ovviamente-  si infilò il suo giubbotto di pelle nero, salutò a malapena sua madre con un ‘ciao mà, io vado’ e non le diede nemeno il tempo di sentire la sua risposta, ma, a occhi e croce, da fuori del portico di casa sua udì un ‘in bocca al lupo’ un po’ confuso.
 
 
 
Ore 8:00
‘c’è un casino di gente’ pensa Penny.  La Napanee Middle School si stagliava imponente di fronte ai suoi occhi. Non credeva fosse così grande. Su un enorme prato inglese estremamente curato, e pieno zeppo di ragazzi e ragazze di ogni età che, seduti sull’erba, chiacchieravano, ridevano e scherzavano. Un po’ di metri più avanti, un enorme edificio rettangolare, dalle grandi e moteplici finestre –sarà a circa quattro piani- pensò Penny, sorgeva imponente. Essere nuova lì, e con tutta quella gente.. la faceva sentire terribilmente a disagio. Era molto molto timida, e si sentiva fuori posto come un pesce fuor d’acqua. Era terribilmente nervosa, e cominciò a giocherellare con i suoi capelli ramati, attorcigliandoli e mettendoli continuamente in ordine. Poi si sedette sul prato, e , per non dare nell’occhio, tirò fuori dalla sua cartella uno dei suoi inseparabili libri. Quando leggeva, si sentiva al sicuro. Lesse per circa per una decina di minuti, poi la campanella suonò. Qual’era la classe nella quale era diretta? ‘fai mente locale, Penny, mente locale..’ si disse.. mmh.. era nella.. quarta C, sì, doveva essere quella la sua classe. Si trovò di fronte ad un enorme corridoio, pieno di armadietti e pullulante di suoi coetanei. Panico. Prese un respiro, contò fino a 3 e si diresse verso l’unico posto nel quale poteva essere aiutata: la presidenza. Si avvicinò alla porta in legno dal colore scuro e bussò. Contò i secondi. Uno..due..tre..quattro..cinque. ‘Avanti!’ sentì dire da una voce femminile.
Aprì con timore la porta, e si trovò davanti ad una stanza abbastanza ampia, composta da una scrivania in legno, sulla quale era poggiato un computer, una serie di poltroncine laterali e una vicina alla scrivania e una un po’ più distante. Una donna sulla quarantina dai capelli biondi ordinati in uno chignon, degli occhi castani,un paio di occhiali che le davano l’aria di una professoressa e un sorriso raggiante l’accolse. ‘siediti’ disse sorridente a Penny, profondamente imbarazzata. ‘cosa posso fare per te?’ chiese la donna. ‘sa..salve. Sono Pennywheater Duncan, sono nuova di qui.. mio padre dovrebbe averla avvisata della mia iscrizione’ disse incerta, poi continuò ‘mi sono trasferita qui da poco’.  La donna la guardò un attimo, poi le si illuminò il volto. ‘Pennywheater Duncan! Ricordo di aver parlato con tuo padre, circa un paio di giorni fa. Io sono la preside Anne Burkly, piacere di conoscerti’ fece per stringere la mano a Penny. Ecco che le si presentava di nuovo il solito problema. Si odiava per quello. Aveva una seria difficoltà a stabilire un contatto fisico con chiunque, e si dannava per tutto ciò. Guardò per una frazione di secondo la mano della preside in attesa a mezz’aria , poi, tentennante, le tese la sua. Il loro contatto durò una frazione di secondo, ma già Penny si sentiva scoppiare. Prese un  respiro e poi chiese alla preside quale fosse la sua classe. ‘ti accompagno io’ si offerse lei e Penny, riluttante, accettò. Attreversò il corridoio in silenzio, senza nemmeno sforzarsi di fare una minima conversazione con la preside. Il suo disagio era palpabile. Dopo una lunga fila di classi, alla fine del corridoio, la penultima classe a desta, era la sua. La preside bussò, poi aprì la porta. Penny fece capolino con la testa nell’aula. Quattro file di banchi la guardarono incuriosita. Poi fece un piccolo passetto avanti e abbassò lo sguardo. ‘Buongiorno ragazzi. Questa è una vostra nuova compagna : Pennywheater Duncan. Mi raccomando, trattatela bene e fatela sentire a casa. Penny , posso chiamarti così? , questa è la tua nuova insegnante di musica: la signorina Lash. Ora ti lascio alla tua lezione, buon divertimento’ disse allegra la preside.

Penny alzò lo sguardo e per una frazione di secondo guardò negli occhi la donna sulla trentina, brunetta e dai capelli ricci, che la guardava sorridente. Poi sussurò appena un ‘buongiorno’ di cortesia e guardò di fronte a lei. ‘Penny allora, puoi andare a sederti lì, vicino alla tua nuova compagna Avril per ora’ disse indicandole una ragazzina biondina, dagli occhi grigi e gli occhiali, che la guardava con timidezza dal terzo banco. ‘grazie’ disse Penny, e si sedette accanto alla sua nuova compagna di banco Avril. Sistemò le sue cose e avvertì 27 paia di occhi che la fissavano. Si sentì avvampare. Quella sarebbe stata una lunga, lunghissima giornata.

  
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