Mia prima
long fiction dedicato a ISDA, fatica assurda che potevo evitare? Assolutamente
no, più che altro lo considero come un modo per onorare a modo mio Tolkien, e
per ringraziarlo di avermi donato un così bel mondo, e dei così bei personaggi.
Non
potendo inoltre fare un film delle avventure dei suoi personaggi (ma se nessuno
li farà e quando finalmente avrò preso la maledettissima laurea in cinema ci
penserò io), ho ben pensato di scrivere una storia, che potesse commuovere e
divertire il pubblico, anche se non so se ci riuscirò... lo spero e basta,
poichè la speranza non muore mai (a parte a Rohan, ma quello è un altro
discorso...)
La dedico
infine al mondo, che ha deciso di ospitarmi e nutrirmi insieme a tutti gli
altri suoi figli, e la dedico a chi veramente stimo ed apprezzo, cioè Samvise
Gamgee, che è solo un personaggio inventato ma che tanto io adoro, così come il
suo interprete nel film (Sean Astin), bravissimo e molto convincente, voi si
che vi meritate questa storia, non tanto come opera d'arte quanto segno di
stima e apprezzo (si sa, basta il pensiero a volte...) in ogni caso personaggi e eventi sono tratti dai racconti di Tolkien
"Perchè andare contro morte certa?"
Samvise
Gamgee sedeva mirando le colline della Contea.
Si
trovava in un luogo sconosciuto a tutti, perfino ad Ham Gamgee, suo padre,
comunemente chiamato Gaffiere.
Gli
piaceva osservare tutto quel mondo, che pareva essere infinito, seduto in quel
piccolo frammento di tranquillità.
Anche se
era solo, era felice, e solo per qui piccoli momenti della giornata era ancora
possibile la vita.
Il sole
ora tramontava, e tutti quanti gli hobbit si preparavano a partecipare alla
festa del vecchio Bilbo Baggings, che per l'occasione aveva veramente esagerato
nel programmare le cose.
L'unica
cosa che probabilmente mancava era la presenza di Elfi, che probabilmente
avrebbe potuto attirare il piccolo Hobbit nella illuminata festa.
Purtroppo,
tutto ciò non poteva accadere, e quindi Sam decise di rimanere ad osservare il
mondo fino al tramonto, e continuare con la stesura del suo diario e delle sue
poesie.
Si
considerava fortunato del fatto di saper leggere e scrivere, e ringraziava
Bilbo per essergli stato maestro per la quantità di lezioni necessarie per
imparare il Quenya.
Ammirando
il sole che tramontava, decise poco dopo di mettersi a scrivere prima che le
tenebre l'avessero inghiottito e costretto a non scrivere.
§
"L'Anello
dev'essere qui da qualche parte.... ma dove?" si chiedeva Saruman
guardandosi intorno dall'alto della torre di Isengard.
Non
riusciva ad immaginare dove avrebbe potuto trovare il gioiello tanto bramato
dal suo padrone, o forse sarebbe meglio dire socio.
Infatti
Saruman non era stato affatto sottomesso, ma si era schierato coscientemente
dalla parte del nemico, senza alcun ripensamento.
Ed ora
dubbioso si guardava intorno, da una parte Rohan, dall'altra Gondor, dall'altra
ancora la Contea.
Ia Terra
di Mezzo era troppo vasta, e lui non sapeva proprio da dove incominciare la
propria ricerca.
L'unico
indizio che avevano era la successione cronologica dell'Anello e alcune
leggende.
Si diceva
infatti che dopo essere stato tagliato dalla mano si Sauron, l'anello fosse
finito in mano ad Isidur, che lo perse venendo ucciso in un fiume.
Lo prese
un essere, ma non si sapeva bene chi fosse, si sapeva solo che popolava le
montagne, ma di lui non ci fu alcuna traccia quando i suoi scagnozzi si misero
alla sua ricerca.
"Dove
cazzo è?" si chiedeva e si chiedeva ogni momento, divenuta oramai quella
la sua ossessione.
§
Legolas,
Re degli elfi a nord del Bosco Atro, era uscito per la sua solita passeggiata
pomeridiana insieme a Smeagle, o Gollum, la creatura leggendaria che altro non era
che un Hobbit.
L'elfo
era alto, vestiva di verde e di nero, e aveva gli occhi azzurri con i capelli
biondi, tipico degli elfi di quella zona.
Smeagle
era invece un essere viscido, basso e con una grande gobba sulla schiena, la
pelle quasi imputridita, il volto colto dalla vecchiaia e magrissimo.
Non aveva
più capelli quell'Hobbit, e quelli che aveva parevano quasi invisibili ad
occhio nudo.
Passeggiavano
fra gli alberi, Smeagle legato alla corda elfica che teneva in mano Legolas,
mentre quest'ultimo fischiettava motivetti allegri.
L'espressione
di Smeagle al sentire quei motivetti era un miscuglio fra una quella di chi sta
per avere una crisi epilettica e chi ha già avuto una nevrosi multipla, in
poche parole era straziato e non vedeva l'ora di trovare due picchi per
rompersi i timpani delle orecchie.
Avevano
entrambi un passo spedito, uno perchè era il normale passo, l'altro perchè
aveva fretta di tornarsene a casa.
"Allora
Gollum ti vuoi muovere o no? Si sta facendo sera, sarà meglio tornare fra un
po'..."
L'essere
viscido era felice nel sentire quelle parole, e si voltò verso casa
immediatamente, voglioso solamente di dormire e di non pensare più a nulla.
Il
tessoro però è nostro... ricordatelo, lurido bastardo!!!
§
Sam aveva
smesso di scrivere, le stelle apparivano ora nel cielo, dando spazio ai sogni.
Si
trovava ancora solo, e solo voleva ancora rimanere; pensava, pensava a Rosy
Cotton, quella ragazza di cui era infatuato e che tanto desiderava poter
abbracciare, amare apertamente...
Sognava a
volte ad occhi aperti, sognava di avere coraggio, e di riuscire nel suo intento
più grande, cioè quello di riuscire a dichiarare il suo amore.
L'erba
era fresca, la terra era morbida e tutto sembrava voler portare il giovane Hobbit
al sonno.
Fra
dieci minuti Sam... guarda ancora un po' le stelle...
Pensava
fra sè e sè.
E quelle
stelle sembravano volessero ancor più mostrare sotto il suo naso l'infinito, e
il suo essere piccolo in tutta quella magnifica grandezza e sconfinatezza.
Da seduto
che era, si mise sdraiato, e tenendo le mani unite sotto il volto a mo' di
cuscino si addormentò cullato dalla leggera brezza.
E fu
proprio in quel momento, in quel momento dove la realtà per un piccolissimo
secondo o forse anche meno si mischia con i sogni, quel momento dove non si sa
perfettamente cosa accade, quel momento che nessuno riesce a ricordare al
risveglio, che Sam vide Gandalf apparire davanti a lui.
§
Saruman
stava pensando da troppo tempo.
Aveva
finalmente deciso di chiudersi nella sua camera e di riposare finalmente nel
suo letto.
Quella
pelle umana non riusciva proprio più a sopportarla, quel fetore, quello
scatenarsi di sentimenti... avrebbe
volentieri cambiato le cose quel giorno, durante la Seconda Era.... Eppure non
poteva, con tutta la potenza che aveva, non poteva cambiare tutto ciò che era
diventato.
Odiava
sentire i sentimenti espandersi dappertuttto e prendere posto alla coscienza,
odiava sentirsi a volte troppo stanco da continuare i suoi lavori, odiava
essere inferiore a Sauron...
Si
rivoltava nel letto, cercando sonno, l'unica cosa forse affascinante e buona
dell'essere umano.
I suoi
occhi non riuscivano però a chiudersi, anzi, sembrava volessero rimanere aperti,
si trovava in una fase di esagitazione dell'animo, e doveva assolutamente
trovare la quiete, e così il riposo.
Decise
quindi di chiudere gli occhi e non pensare, per quanto poteva riuscirgli.
Infatti
funzionò solo per pochi secondi, anzi, anche meno.
Il
vecchio riaprì gli occhi, maledicendosi.
Poi,
rimettendosi seduto, non potè fare a meno che sorridere, e trasformare quel suo
sorriso in una risata, una terribile e potentissima risata...
"Non
ci stavo pensando... non ci stavo pensando!!!" diceva fra se e se con un
tono leggermente isterico...
Ma per
lui quello non significava pazzia, anzi, quello per lui era il segno del vero
riposo.
Uscì, ed
andò di nuovo verso la balconata della torre.
Il cielo
azzurro ora si tingeva leggermente di rosso.
"Mio caro amico, ogni morte è certa..."