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Autore: Pulciosa    02/08/2007    1 recensioni
Come al solito era una sera di fine agosto. L’aria era immobile e densa, mentre maliziosa si infiltrava attraverso le finestre aperte delle case ignare. Le strade erano vuote, e solo qualche via un po’ più centrale era trafficata, dal popolo della notte, adoratore di Cerberi fantastici. Tutti dormivano. Forse.
Versione riveduta, non corretta, ma COMPLETA.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Metamorfosi di sabbia.

Come al solito era una sera di fine agosto. L’aria era immobile e densa, mentre maliziosa si infiltrava attraverso le finestre aperte delle case ignare. Le strade erano vuote, e solo qualche via un po’ più centrale era trafficata, dal popolo della notte, adoratore di Cerberi fantastici.
Tutti dormivano.
Forse.

Il piccolo bagno era immerso in una penombra aggraziata, illuminato solo da una fioca lampadina centrale che si scontrava con la forza dell’oscurità.
La serranda della finestra era aperta a metà e lasciava intravedere solo una piccola porzione di docile cielo vellutato, e nemmeno una rarissima stella.
A Lei, non piaceva pensare queste cose sulle stelle. Spesso, innocente, o presunta tale, fanciulla ingenua, vi si soffermava in un lento rimastichio di concetti divelti troppo in fretta da poeti o strane figure che solo lei conosceva.
Spesso, ne aveva parlato con Nessuno.
Nessuno era sempre stato Nessuno, e Nessuno sarebbe rimasto fino alla fine della sua sciagura.
(Non si meritava neanche il lusso della concessione vitale)
La sua tesi era una ed era anche semplice ed univoca: le stelle non ci sono.
Di fatti, lei non le vedeva mai, e se proprio le vedeva, era solo perché qualcun altro gliele faceva notare. Tutto ciò preso in considerazione, non rimaneva nient’altro da pensare (che fosse nei limiti dell’umano pensabile) che le stelle non esistono, e che sono solo astratte concezioni degli uomini.
Lei, come tutti sapevano, aveva poco o niente di umano, e solo per questo non aveva bisogno di inventarsi stelle che non c’erano. Però per amore di Nessuno, guardava con finto interesse le sue assurde stelle, che gli mostrava tutto fiero indicandole col dito:
- Eccone una!-
- Guarda là ce n’è un'altra!-
- E abbiamo addirittura il Carro Maggiore!-
Trascurando una digressione che diventerebbe fin troppo lunga, oscura, e dolorosa, ritorniamo alla notte di fine agosto di un tempo imprecisato, dove ovviamente non c’erano stelle lassù, e dove tutti o quasi dormivano profondamente.
Lei era supina nella vasca, con il palmo della mano appoggiato alla parete di marmo bianco. La schiuma soffice che prima la avvolgeva come in un bozzolo si era lentamente consumata, e ormai non rimaneva niente se non l’acqua incolore. Con un colpo di reni, e vari schizzi, si tirò su a sedere, curvando la schiena flessuosa adombrata dalle lunghe ciocche nere.
- Vedi Muro, io mi rivolgo a te per non sembrare pazza: la gente pensa sempre male. Io parlo al muro, perché tutti ti hanno sempre maltrattato! Invece, cosa c’è di meglio? Se io stessi compiendo qualcosa di davvero orribile tu agiresti contro natura e faresti qualcosa, se ancora non hai impedito nessuno dei sordidi piani che ti ho confidato significa che sono io, per una volta, dalla parte del giusto.- sospirò, sbattendo le ciglia e disegnando sulla superficie dell’acqua.
- Io sono ormai rinchiusa in questa stanza, a mollo nell’infido, da troppo, e vorrei essere venuta a capo di qualcosa. Non ci riesco, eppure. Io non posso fallire perché non sono umana: solo gli sciocchi, gli umani, e gli umani sciocchi falliscono. Non Io. E se davvero fallissi, sarebbe stato tutto calcolato, e non sarebbe nient’altro che una vittoria contro tutti. Anche contro l’Evidenza, si proprio lei, quella brutta ed anche antipatica, che con affanno ho cercato di negare per tutta la vita. (E forse è addirittura un tempo breve!) Comunque, non ho raggiunto ancora niente, se non il fatto che il mio cuore sanguina. E fossi stata ferita a dovere! No! Poteva inghiottirsi direttamente il mio cuore, glielo avrei offerto su un vassoio anche cesellato, ma lui, niente! Poteva masticare la fibrosità della mia carne non carne e, invece mi ha rifiutato, o non ha accettato troppo bene. Se intendi questo, Muro, hai ragione, neanche io l’ho presa troppo bene. Ma non è facile accettare che mentre eri ragazzina non ragazzina, , tu ti rigiravi nel letto nuotando nel dolore, mentre chi doveva aiutarti a crescere e a vincere dormiva sonni tranquilli.
Penso che l’unica cosa che possa fare sia l’unica che mi rimane, e allora, forse, veleggerei in pace.-
Lei sorrise al Muro, per poi alzare lo sguardo al soffitto e rimirarsi nello Specchio che aveva fatto incastonare nel soffitto.
Incastonare, proprio così, come se fosse un gioiello.
Cosa altro poteva essere, qualcosa destinato ad accogliere la sua immagine?
Si ricordò per un attimo di quando si era specchiata lì con Nessuno, e i loro occhi si erano incrociati nel vetro, e lui aveva sorriso.
Lo Specchio aveva crepitato per un attimo, vicino alla rottura già da quel primo episodio.
Ovviamente non aveva retto, per la forza, l’odio, la passione che era scaturita quando aveva rimandato l’immagine di loro due, le unghie sulla schiena a graffiare in profondità, le labbra sovrapposte.
No, non aveva retto, e una lunga crepa ne aveva solcato il centro.
Quando poi l’immagine era stata un unione di corpi che lottavano contornati da scintille rosse, aveva definitivamente finito di vivere, cadendo sopra di loro, spezzato in frammenti talmente piccoli che non se ne accorsero, se non quando si ritrovarono tagliati in profondità in tutto il corpo.
Anche quelle ferite si erano alla fine rimarginate, anche se Lei rimaneva ancora debole per quel taglio vicino alla gola che mandava  fitte dolorose.
Quando Nessuno, impacciato e lento nei movimenti, si era chinato per darle un bacio e le aveva sussurrato – Non hai più bisogno di quello Specchio.- Lei aveva ovviamente capito che non sarebbe stato più lo stesso, né Lei Stessa, né Nessuno, né lo Specchio, né le Circostanze, e in silenzio era rimasta a guardarlo uscire dalla porta, per poi ingoiare l’unica lacrima bagnata che scivolava giù dal suo occhio sinistro.

Quando era ritornata nel bagno e aveva sollevato lo sguardo, con stupore si era portata una mano inguantata alla bocca rotonda.
(Era rotonda per via dello stupore, una minuscola e sferica O rosso fuoco sul suo visetto delicato, visto? Torna tutto!)
Sul soffitto non c’era più lo Specchio.
Lei guardò attentamente per terra, comprendendo di averlo ucciso lei stessa insieme a Nessuno, qualche quarto d’ora addietro. Tuttavia non trovò i vetri, come sappiamo. Alla fine, stanca di stare inginocchiata sul pavimento a cercare qualche frammento di Specchio da conservare per ricordo nel suo Scrigno Nero, aveva scrollato le spalle, fissando il Muro interdetta.
Solo un gemito era sfuggito dalle sue labbra, ora non più dischiuse ad O, quando si accorse che la sua epidermide aveva sotterrato i frammenti di Specchio, che per uscire dalla prigione ambrata stavano lacerando la sua carne.
Passò due giorni a letto, completamente inerte, ancor più svogliata del solito, carezzando il gatto Nero. Alla fine si ristabilì, sfoggiando con audacia la cicatrice vicina alla giugulare che la inorgogliva.
Anche se non l’avrebbe mai ammesso, quel taglio che la faceva soffrire e che mandava fitte dolorose era il segno dell’amore di Nessuno.
Quant’era stata sciocca. Quasi umana.

Il gatto Nero stava giocando in sordina con un tovagliolo blu, mentre Lei preparava la valigia.   
Dopo tutto, la sua non era una decisione malvagia.
Forse solo inconcepibile.
Ovvio, Nessuno era un Uomo.
Non era male, punirlo perché non l’aveva amata abbastanza.
Aveva trovato la vendetta perfetta.
Tutto il dolore che aveva vissuto con lei si sarebbe trasformato in gioia. Finalmente sarebbe stato punito.
Forse era sbagliato amare come lei aveva amato Nessuno, d’accordo questo era ineccepibile.
Ma all’inizio le era sembrato un sentimento meraviglioso. Probabilmente era troppo. Se anche Nessuno l’avesse amata in quel modo, il mondo sarebbe scoppiato, sarebbe saltato per aria e avrebbe fatto un giro su se stesso una volta in più del normale. Tutto sarebbe finito, annientato, morto, distrutto.
Ebbene, che c’era di male?

Il gatto Nero, era appollaiato su un piolo della scala, forse in un delirio di onnipotenza.
Di fatti Lei pensò che volesse emulare l’ailuros (kai miues) di Esopo (caro nonno!) che si spenzolava da una scala per fingersi impiccato.
O qualcosa del genere.
Di molto generico, ovviamente.  
Però riflettendo sembrava già più placido nell’ombra, (tytire, tu patulae, recubans sub tegmine fagi…), infatti in tutta la sua grassezza la pancia bianca strabordava ai lati dello scalino.
- Infatti io non ho topi in casa.- disse Lei, altezzosa.

(Il sillogismo, ah, grande invenzione.
Peccato.)

- Quel che quel balordo incosciente del Muro non ha il coraggio di dirti, è che sei completamente folle.- il gatto Nero, abbassò le orecchie, pronto al contraccolpo.
- Tu sei solo un felino, di certe cose non ne capisci niente.- Lei sorrise maligna, salvo poi dispiacersi alquanto, quando vide la coda dell’amico vibrare offesa.
- E tu sei quasi umana, quando ti comporti così.-
Lei, molto più offesa, se ne andò, sbattendo dietro di sé la porta del bagno.
Mentre camminava su e giù per l’oblungigità della stanza, decise di sedersi, dondolando aritmicamente le gambe e ridendo tra sé.
Non le piaceva più ricordare Nessuno come quel timido ambizioso che era stato.
Però ripensarvi era alquanto buffo. Una persona così spontanea, invischiarsi in quella storia balorda, nonsense, invischiarsi in Lei.
Misteri degli umani.
Nessuno, il suo Nessuno.
Alcun essere poteva vantare tale primato. Infilarsi in quella sordida esperienza, dove gli Specchi si rompevano, Lei ballava sulla tastiera della macchina scrivendo storie incomprensibili, i gatti Neri parlavano di Amore, quando tutti sapevano benissimo che era morto tanto tempo fa.
Dopo tutto, anche Nessuno, nella sua caducità umana, aveva avuto una bella Esperienza.
Peccato che per lui non fosse stata un’Esperienza. Probabilmente neanche un’esperienza.
Niente.
Lei si grattò uno zigomo, perplessa nel suo dolore.
Perché non poteva andare tutto apposto?
Perché quando si rigirava tra le mani un nodo di parole e disegni fumosi, impossibile da sciogliere, e lui le aveva quasi dato una mano, non era successo niente?
Perché lui non la voleva?


Lei rifletteva pensierosa. La spirale nero blu del soffitto vorticava.

- Non capisci, non le puoi capire certe cose. Non fa niente. Non potresti essere perfetto, la perfezione non è umana, mentre voi sì. Con questo non voglio offendere, o forse in parte, ma credimi sono sensibile all’argomento. Io dicevo che non riesco a comprendere se la  mia è una consunzione interna o interiore. E non guardarmi con gli occhi a spillo, c’è differenza. Penso che sia più interna, davvero.- non era niente.
Nessuno giocava con una piega della stoffa che copriva la parete. Lei era seduta in ginocchio ai piedi dello Specchio Minore, fissando le sue pupille dilatate.
- Io odio le lacrime impiccate alle mie ciglia, come ora, ma d’altra parte penso che quando scorrono siano troppo vistose. Vorrei riuscire a soffocare le lacrime, ma non è semplice strizzarle tra il pollice e l’indice. Prima che qualcuno se ne avveda.-
Nessuno fissava nervoso lo Scrigno Nero.
Lei guardava una lacrima liberata dalle ciglia scure.
- Ma sto superando anche questo ostacolo. Renderò le mie lacrime così vivide che nessuno le noterà. Troppo diviene sempre Indifferente.-
Nessuno era uscito dalla stanza.
Lei ingoiava la lacrima insapore.

Infine era riuscita ad imparare a piangere da un solo occhio, e a produrre un’unica lacrima viscida.
Scivolava precisa all’angolo della sua bocca. Se voleva poteva assaporarla. Quando era felice la conservava in un barattolo di vento, e la lasciava per l’allevamento di farfalle nere che sognava da bambina.
La sua piccola lacrima non era durata molto. Dopo che Lei e Nessuno avevano insolitamente risolto un loro diverbio, che aveva portato alla rottura dello Specchio, lei aveva finalmente raggiunto uno dei suoi scopi.
Aveva imparato a piangere sangue.
Ancora non l’aveva provato, ma lo aveva capito da quella mattina. La cicatrice alla giugulare pulsava più del solito, ma non indicava certo l’arrivo di Nessuno.
Sapeva che non aveva più lacrime.
Ma non si azzardava a piangere. Voleva solo aspettare il Momento.
Forse un’ulteriore punizione per Nessuno.

Quando era piccola aveva ucciso una farfalla. Non era nera. Era bianca.
Aveva sanguinato dalla mano sinistra per giorni e giorni.
Il colorito esangue.
Aveva desiderato morire per la prima volta.
Aveva distrutto lenzuoli su lenzuoli, per avvolgere l’arto pulsante.
Non si era mai perdonata.
L’aveva lasciata al sole, l’essere infido suo nemico, e lei aveva ripiegato silenziosamente le ali, in un modo impercettibile proprio solo delle farfalle.
Aveva urlato quando se ne era accorta.
Era stata male. Quasi come ora. Colpevole. Inadeguatamente condannata.

Prima di abbandonare il suo rifugio voleva abbracciarlo per un’ultima volta.
D’altra parte la sua vendetta veniva prima.
Tutto.
In fondo aveva chiesto solo un po’ meno disillusione. Ma evidentemente il suo destino non era quello di essere amata.
Nessuno sarebbe arrivato a momenti.

Come poteva vendicarsi di lui? Lui che non l’aveva amata abbastanza. Ancora peggio che non averla amata affatto. Ma l’aveva amata davvero così poco che era ridicolo paragonato a Lei, che aveva dato tutta la sua essenza, consacrata per sempre ad un sentimento univoco per la maggiore.
Una vita mandata fuori.
Tutto il suo tempo caduto.
Cosa poteva fargli?
Solo una cosa. Quella che le era venuta in mente quella sera di fine Agosto nella vasca da bagno.
Lasciarsi morire. Uccidersi.
Sarebbe impazzito dal dolore, finalmente. Come Lei.

Mentre sentiva la porta aprirsi, spinta da una mano insicura, guardava il sangue scorrere dal suo polso destro.
Non faceva male.
Si preparò, e subito Nessuno entrò nel bagno.
Sentì qualcosa di caldo premere nell’occhio sinistro. Bruciante.
Avvolgente. Una vampa.
Anche la sua ultima, vera lacrima sanguinante stava fuoriuscendo dal suo corpo.
Gli aveva donato anche questa.





  
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