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Autore: strangerinthistown    14/01/2013    6 recensioni
«Hawke, ascoltami bene: sei un’umana. Io sono un elfo. Varric è un nano. E sai cosa ci accomuna? Non la statura, non le orecchie. Ma i sentimenti. Tutti ci innamoriamo, tutti proviamo frustrazione e paura. Tutti abbiamo delle debolezze. Tu sei forte, determinata, estremamente testarda…ma sei umana. Vivi, respiri, soffri come tutti. Io…non vedo perché dovresti penalizzarti. Hai il diritto di sfogarti, di crollare almeno una volta. In tanti anni non ti ho mai vista piangere, o rattristarti, se non-» ma si fermò improvvisamente, inspirando profondamente «se non alla morte di tua madre. Ed è estremamente giusto e normale provare un senso di smarrimento, anche quando vengono a galla ricordi dolorosi. Che si tratti di Carver, Bethany, tuo padre o tua madre. Io ci sono, Floyd, e ci sarò fino alla fine. Scaccerò la tua debolezza ed elogerò la tua forza.»
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fenris, Hawke, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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     When mountains crumble to the sea, there will still be you and me.
              ’Resterò al tuo fianco.’


 
«Hawke, alle tue spalle!» urlò Fenris verso l’amica, che si girò prontamente per difendersi dall’Hurlock che la stava attaccando. Gli conficcò la spada nel petto, con una violenza inaudita, e vide l’Hurlock cadere ai suoi piedi, grondante di sangue.

«Ciò che ti meriti, fottuto bastardo.» mormorò la ragazza, dando un ultimo calcio al corpo del nemico. Ma, sentendo l’urlo di Merrill, si voltò, e ciò che vide le fece esclamare un ‘’oh, Signore’’.

All’orizzonte vide un mucchio di Prole Oscura dirigersi verso di loro. In effetti, non erano stati affatto discreti nel combattimento con quei pochi Hurlock, e tutto ciò doveva aver attirato altri nemici.

Hawke si voltò verso i suoi compagni, incrociando lo sguardo feroce di Fenris.

«Sei pronto?» gli chiese la guerriera, con un filo di preoccupazione nella voce.

«Tu lo sei?»

 Lei tentò di annuire. Lo vide sorridere ed estrarre nuovamente l’arma, voltandosi verso i nemici. «Se lo sei tu, lo sono anche io

Così dicendo lo osservò abbattersi con potenza sul primo nemico, seguito da Aveline. Anders, Merrill e Varric si posizionarono un po’ più distanti dagli altri, in modo da poter indebolire i nemici, mentre Isabela aveva già ucciso con facilità due Hurlock.

Hawke si sentì in qualche modo incoraggiata dalla forza dei suoi compagni, e si ritrovò a sorridere dolcemente nella loro direzione. Pensò che ormai, a legarli, non erano più semplici favori o soldi.

Era qualcosa di indissolubile. Si sarebbe addirittura permessa di chiamare questo qualcosa amicizia.

Si unì anche lei alla mischia, tentando di essere più spietata possibile.

Iniziò a sfoggiare le sue tattiche migliori, mettendo in atto tutto ciò che suo fratello Carver e suo padre le avevano insegnato. Riuscì senza problemi a far fuori in un batter d’occhio tre Hurlock. Lanciò un’occhiata veloce ai suoi compagni: i due maghi lanciavano incantesimi a raffica, prediligendo Orrore e Stretta invernale. Varric e Isabela pugnalavano alle spalle i nemici, ferendoli gravemente. Poi, questi ultimi, venivano finiti da Aveline, Fenris ed Hawke.

Un grande lavoro di squadra, senza dubbio.

Hawke si affiancò a Fenris «Quanti ne hai uccisi?»

«Abbastanza» affermò, mentre schiantava a terra un altro corpo immobile. Poi, si girò verso la guerriera «Non avevamo previsto una cosa simile, vero?»

Hawke scosse la testa, lanciando un urlo potente e buttandosi addosso ad un nemico. Lo stese a terra e vi salì di sopra, poi lo infilzò senza pietà con la sua spada. «Se avessi previsto una cosa simile, saremmo tornati a casa già qualche ora fa.»

L’elfo si guardò intorno, prendendo di mira un altro nemico. «Allora uccidiamoli e andiamocene, Hawke, torneremo domani per gli ingredienti delle rune.»

Hawke annuì, e diede una pacca sulla spalla all’elfo. «Distruggiamoli, Fenris.»

«Con piacere, umana.» così dicendo Fenris attaccò l’Hurlock che stava lottando contro Aveline. Hawke sorrise nella sua direzione.

Poi, senza che se ne rendesse conto, un maledetto Ogre la buttò violentemente a terra, facendole sbattere la testa contro un sasso. Il colpo la stordì talmente tanto da farla restare qualche secondo sdraiata, immobile. Non riuscì neanche ad urlare.

Quando si rialzò, continuò a battersi come se niente fosse successo con i nemici, che in quei secondi avevano recuperato lo svantaggio iniziale. Evitando di battersi con l’Ogre.

Non credevo che ci fossero anche gli Ogre. Come se non bastassero quei figli di puttana, pensò, riferendosi agli Hurlock. Tentò di coprire la ferita che il nemico le aveva procurato sulla tempia, prima di voltarsi e vederlo pronto ad attaccare.

«Per Andraste» esclamò Varric «sola non ce la farai mai, Hawke!»

Così dicendo vide il nano avvicinarsi all’Ogre e colpirlo ripetutamente con le sue frecce, mentre lei prese coraggio e iniziò ad attaccarlo frontalmente.

Poi, un capogiro.

Si sentì improvvisamente accaldata, ma le venne una strana tremarella. Continuava ad osservare quell’Ogre terrorizzata.

Ormai aveva perso il conto. Quanti Prole Oscura avevano ucciso? Quaranta? Di più? Le girava da morire la testa. Aveva perso molto sangue per colpa dell’Ogre, e la debolezza iniziava a farsi sentire. Tentava di non pensare al dolore lacerante che sentiva.

«Fa’ attenzione!» le urlò Fenris, che guardava preoccupato nella sua direzione. I suoi occhi verdi e luminosi sembravano invasi da una luce nuova, che Hawke non gli aveva mai visto.

Paura?

Non ebbe neanche il tempo di riuscire a ragionarci che si sentì spingere a terra. L’urlo di Isabela la scosse, Isabela non si lascia mai prendere dal panico.

I calci che sentì sul suo corpo le diedero la forza di girarsi lentamente verso il suo aggressore, ed era niente di meno che un Assassino nanico. Senza che riuscisse a difendersi la ferì alla spalla, facendole lanciare un piccolo urlo trattenuto.

Poi, con chissà quale volontà, riuscì a spingere lontano da lei il nemico coi piedi, e ad alzarsi in piedi, non prima di aver avuto un altro capogiro.

Che ci fa qui un Assassino nanico?

Sperò che nessuno (a parte Isabela) si fosse accorto di ciò che era successo, ma per sua sfortuna (o fortuna?) Anders aveva assistito a tutta la scena.

«Hawke, sanguini, dannazione!» urlò poi all’amica, alla quale si indebolivano le gambe man mano che combatteva. Mentre tentava di urlare ad Anders di star bene, le si era formato un velo di sudore sulla fronte, e si accorse in quel momento di avere le mani piene di ferite. Si toccò la tempia nel punto in cui aveva sbattuto contro terra poco prima, e qualcosa di caldo le sfiorò le mani.

Sangue.

Le bastò questa piccola distrazione per farle perdere la battaglia: un Hurlock la pugnalò al fianco destro, facendola urlare in maniera agghiacciante.

« Hawke!» urlò Fenris, correndo verso di lei come un animale appena liberato. La raggiunse, nuovamente a terra e piena di sangue, e le rivolse un’occhiata preoccupata prima di massacrare il Prole Oscura che l’aveva colpita.

Subito dopo si inginocchiò davanti alla ragazza, osservandola tormentarsi e contorcersi per il dolore.

«Torneremo subito a Kirkwall. Te lo prometto. Resisti, ti scongiuro

Chiuse semplicemente gli occhi, confortata in qualche maniera da quelle parole, continuando a sentire le urla degli Hurlock attorno a lei e ai suoi compagni.

«Ti prego, sii forte…» sussurrò poi, poggiando una mano sul petto coperto dall’armatura dell’amico «…sono così spaventati…» continuò, rivolgendosi ai loro compagni «…guidali tu, Fenr-»
«Sta’ zitta!» le urlò contro, facendole aprire spaventata gli occhi «Non morirai, Floyd! Continuerai a coinvolgerci in missioni assurde, continuerai ad essere la persona forte che sei» abbassò la testa «resisterai perché è quello che fai sempre. Anders o Merrill ti cureranno. Non m’importa chi, voglio solo che tu stia bene.»

Hawke gli carezzò una guancia, prima di lanciare un urlo di dolore.

E Fenris capì che aveva poco, pochissimo tempo.

L’ultima cosa che la guerriera vide fu un Ogre che si dirigeva pesantemente verso di loro, e l’ultima cosa che sentì fu il corpo di Fenris stretto al suo, le sue braccia forti che a fatica la sollevavano da terra e la stringevano sempre di più.

Quell’Ogre che le aveva fatto riemergere un terribile ricordo.

Poi, il silenzio. E il buio.

                                                                                                                               **

Quando si svegliò, Hawke riuscì a distinguere solo voci urlanti ed un clima di estrema tensione nel luogo in cui si trovava. Aprì gli occhi, vedendo Fenris abbattersi violentemente contro Anders e quest’ultimo minacciarlo con parole incomprensibili. Aveline e Varric tentavano invano di separarli e farli calmare, ma la ferocia dei due era incontenibile. Riconobbe l’Ospedale di Anders, e notò che tutti i suoi compagni erano radunati attorno a lei, mentre osservavano spaventati la scena.

«S-smettete…la.» mormorò la guerriera, coprendosi il viso con le mani. Tutti si voltarono verso di lei, tirando un sospiro di sollievo.

Fenris si staccò lentamente da Anders, che fece lo stesso, allontanandosi dall’elfo e dirigendosi verso il lettino.

«Hawke, grazie al cielo…» mormorò poi, poggiando la testa della ragazza sul suo petto e posando tra i corti capelli corvini della ragazza un bacio fraterno. Fenris osservò muto la scena, e quando Hawke tornò a poggiare la schiena al letto si sedette su di esso, sorridendole. «Come ti senti?»

«Ho sete.»

Anders scosse la testa. «Mi dispiace, ma per ora non posso farti bere. Ti ho fatto un…incantesimo. Le tue ferite erano troppo profonde, Hawke, con le semplici medicazioni non saresti neanche qui.»

Hawke annuì. «Grazie di cuore, Anders. Almeno…bagnami le labbra, te ne prego.»

Lui le sorrise malinconicamente, ed immerse un fazzoletto nell’acqua. Poi, le passò il fazzoletto bagnato sulle labbra secche, tentando di inumidirle. Hawke chiuse gli occhi e sospirò, sentendo ancora la testa girare lievemente. Tutti notarono la sua carnagione divenuta ancora più pallida e le labbra violacee.

«Perché stavate discutendo? E…i Prole Oscura?»

«Anders aveva intenzione di compiere un altro incantesimo su di te, temendo che non ti svegliassi. Da vero incosciente, aggiungo.» rispose l’elfo «Per colpa di quel fottuto incantesimo ti avremmo persa sul serio. Per quanto riguarda i Prole oscura, be’…dopo che tu avevi perso conoscenza, ti ho portato in un luogo più riparato e sono rimasto lì, mentre gli altri hanno continuato a combattere. »

Poi, ad intervenire, fu Aveline, visto che l’elfo non aveva assistito al resto della battaglia «Anders e Merrill hanno lanciato molti incantesimi potentissimi insieme, che hanno abbattuto più della metà dei Prole Oscura. Ovviamente, hanno ottenuto questo risultato dopo una decina di incantesimi. Gli altri, con un po’ di fortuna, li abbiamo sconfitti dopo un po’, anche senza magia. Poi siamo subito tornati a Kirkwall.»

Hawke ascoltò muta il racconto i suoi compagni, passando lo sguardo su ognuno di loro. «Mi dispiace, vi ho rallentati.»

«Sta’ zitta. Eravamo tutti molto preoccupati» affermò Varric, con un pizzico di affetto nella voce «Non…non eri mai caduta sul campo di battaglia.»

«È anche vero che quell’Ogre ti aveva stordita, schiantandoti a terra» intervenne Isabela, carezzando la guancia di Hawke e continuando il lavoro di Anders sulle labbra dell’amica «Hai bisogno di riposo.»

La guerriera si stupì nel vedere Isabela (ma, in generale, tutti) così servizievole nei suoi confronti. Doveva averli fatti spaventare davvero molto. Non ricordava assolutamente quanto fossero gravi le sue ferite, ma ricordava ancora le urla che aveva lanciato. Le sembrava che fossero state emanate da un altro corpo, non dal suo. Erano così…terrificanti.

«Da quant’è che dormo?» chiese poi.

Anders iniziò a raccontarle del loro ritorno. «Be’, appena tornati a Kirkwall ti abbiamo portata qui, credo che tu abbia riposato per bene tre o quattro ore, e–»

«Per la cronaca, Fenris ti ha portata di peso fin qui. E non ha mai voluto fare cambio. Così, per dire.» lo interruppe Isabela, facendo sorridere la ragazza «E non dimentichiamo che ha medicato le tue ferite. In maniera…grezza, ma se n’è occupato lui per primo, mentre noi massacravamo i Prole Oscura.»

L’elfo lanciò un’occhiataccia alla piratessa, borbottando qualcosa come ‘non ho bisogno di meriti, ladra da quattro soldi’.

«Comunque» riprese a parlare Anders «ti ho subito fatto un incantesimo di guarigione più elaborato, ma osservando le tue ferite temevo che non bastasse. Ci siamo allarmati un po’ tutti, dicendo che no, non potevi morire così presto e per mano dei Prole Oscura. Così ho proposto di preparare una pozione…rischiosa, ma in altri casi sicuramente efficace. Il resto lo sai già. Tutti erano convinti che bisognasse tentare, ma Fenris ci avrebbe volentieri uccisi. E non sto scherzando. Mi ha puntato la spada al collo un paio di volte, mentre eri incosciente.»

«Come potevo lasciare che l’ammazzassi? Sarebbe morta se le avessi somministrato quella pozione di merda. Adesso è qui con noi, Anders, e pensa se non ti avessi minacciato di morte. L’avresti seguita nell’aldilà, e anche voi tutti, sappiatelo.»

«Va bene così, Fenris» disse Hawke, sorridendogli e coprendo la mano dell’elfo con la sua «ragazzi, potete…lasciarci soli?»

Tutti annuirono, e Merrill, prima di andare via, le diede un bacio sulla fronte «Verrò a trovarti domani, Hawke. Ora riposa.»

Quando ebbe salutato tutti ed Anders fu sparito dalla sua vista, tornò a concentrarsi sull’elfo.  «Non so da dove iniziare.»

«Non devi ringraziarmi. Non per offendere te e il resto del tuo popolo, ma devo ammettere che mi sembra stupido ringraziare qualcuno per una cosa del genere. Si ringrazia per un dono, presumo, per un po’ di compagnia, per un piacere. Ma qui si tratta di una vita, Hawke, ed è un dovere farla rimanere tale.»

Hawke rimase colpita in maniera eccessiva dalle parole dell’elfo. Aveva ragione, salvare una vita avrebbe dovuto essere un gesto spontaneo, un dovere di tutti verso tutti.

Elfi, umani, nani.

Maghi, guerrieri, ladri.

In che razza di mondo si trovava? Quante vite aveva salvato lei, senza aspettarsi dei ringraziamenti? Purtroppo, era anche a conoscenza di alcuni avvenimenti capaci di far venire i brividi.

Gente che osserva altra gente morire e non fa nulla per salvarla, pensò.

«Purtroppo, Fenris, non è così semplice. Non la pensano tutti come noi. Quindi…» così dicendo prese il volto dell’elfo tra le mani, e posò sulla sua fronte scura un piccolo bacio. Più che bacio, sfiorò semplicemente la pelle dell’altro con le labbra «…grazie. Anche per ciò che mi hai detto sulla Costa Ferita.»

Fenris sentì un brivido percorrergli il corpo, ma tentò di nasconderlo. «Anche quello  era un dovere, Hawke. Un dovere verso colei che ci guida.»

«Non sono più tanto sicura di meritare questo… » disse malinconica «…hai visto perfettamente come mi sono indebolita sul campo di battaglia. Non mi era mai successo, Fenris, non ero mai stata così vicina alla morte. Eppure, quei Prole Oscura non erano eccessivamente f-»

Non riuscì a completare la frase. Sentì le ormai familiari braccia di Fenris stringerla un po’ goffamente, e i suoi capelli argentati andarono a solleticarle il collo. L’elfo aveva posato teneramente la testa sulla spalla di lei, mentre le circondava la vita con le braccia.

«Sei così paranoica, Floyd. Hai solo bisogno di riposo. Ultimamente siamo stati più attivi che mai, tra missioni e favori vari.»

«Perché hai iniziato a chiamarmi per nome?» chiese la ragazza.

Fenris si separò da lei, facendo le spallucce. «Floyd. È un nome così…deciso.»

«Be’, è un nome maschile. Dimmi, Fenris, e…quell’Ogre che mi ha attaccata?» chiese lei. Evidentemente, pensò Fenris, il discorso le aveva fatto tornare in mente la sua famiglia.

La sua famiglia distrutta.

Un padre, una madre e un fratello morti. Una sorella rinchiusa nel Circolo. Per Hawke non doveva essere affatto semplice convivere con la consapevolezza di aver affrontato tutte quelle perdite.
Chi le restava?

A Fenris sembrò quasi che lui ed Hawke stessero pensando alle stesse cose. Vide la ragazza chiudere gli occhi, qualche attimo prima di scoppiare a piangere. Versò una marea di lacrime, con le mani davanti al viso per non farsi vedere da Fenris, e quest’ultimo per un attimo pensò che no, non ce l’avrebbe mai fatta a superare completamente tutto quello che le era capitato. Portò la testa della guerriera sul suo petto ed iniziò ad accarezzarla, chiedendosi come avesse fatto a trascurare le sofferenze di Hawke per così tanto tempo.

«L’ho ucciso prima di portarti in salvo.»

«Volevo morire, su quel campo!» urlò allora la ragazza, e Fenris si spaventò nel vederla così debole. Possibile che la sola perdita di una battaglia l’avesse distrutta così tanto, avesse sprigionato tutto il suo dolore? Che fosse stata la goccia a far traboccare il vaso?

«Volevo raggiungerli, volevo mostrare a Carver e a mio padre chi sono diventata…vedere come sta mia madre con loro…mi mancano…e Bethany…Dio, Bethany…mi manca così tanto anche lei.» pronunciò le ultime parole in un sussurro, prima di cadere distrutta sul lettino.

Fenris sgarrò gli occhi «Anders! Anders!»

Neanche il tempo di chiamarlo ed il mago fu da loro, rimanendo a fissare Hawke per qualche secondo. Si avvicinò, e le posò una mano all’altezza del cuore.

«È solo svenuta.» constatò poi «Io…ho sentito delle urla e sono corso qui.»

«Credo che abbia bisogno di tanto riposo. Questa battaglia contro i Prole Oscura, quell’Ogre…»

«Carver.» disse intelligentemente Anders, ricordando ciò che Hawke gli aveva raccontato: suo fratello, morto nella fuga da Lothering, ucciso da un Ogre. Che destino malvagio, pensò il mago «Deve essere stato terribile per lei.»

L’elfo annuì, e senza dire nulla sollevò Hawke dal letto, e con lei in braccio si diresse verso la porta, deciso a riportarla nella sua tenuta nella Città Superiore.

«Fenris!»

L’elfo si fermò sulla porta, girandosi verso il mago.

«Nulla. Falla riposare.»

Fenris annuì, guardando malinconicamente la ragazza.

Non appassirai, Floyd. Non lo permetterò.


                                                                                                                                  **

Hawke passò tre giorni e tre notti rinchiusa nella sua camera a riposare, sotto lo sguardo sempre vigile di Fenris e le visite dei servitori della guerriera.

«Come sta?» gli chiese Orana la terza mattina, con le lacrime agli occhi «Non si sveglia. Perché? Vi ho portato un buon brodo caldo. Non mangiate da tre giorni, Fenris.»

Ma l’elfo rifiutò la brodaglia scuotendo la testa e tornando a guardare Hawke, seduto su di una sedia accanto al letto.

«Avete bisogno di mangiare.»

«Ho più bisogno che lei si svegli, Orana.»

La serva elfica annuì, facendo un cenno con la testa ed uscendo dalla stanza.

Fenris, nel frattempo, iniziò a credere che ci fosse davvero bisogno dell’intervento di qualcun altro, del supporto morale di qualcun altro. Ci aveva pensato per ore, quella notte. In fondo, cosa poteva fare, lui? Si alzò dalla sedia, dirigendosi all’Impiccato, convinto di dover chiedere aiuto all’amico più fidato di Hawke.

Quando lo vide, Varric esibì un’espressione stupita. «Il buon vecchio Fenris! Posso offrirti una birra o…del buon vino rosso?»

L’elfo deglutì, e dovette tornare a pensare ad Hawke distesa nel letto per rifiutare. «No, Varric. Sono qui per Hawke.»

Sentendo quel nome, Varric diventò improvvisamente serio. Iniziò a parlare in maniera preoccupata e frettolosa «Non sta bene? Cos’ha? Per Andraste, vuoi parlare, elfo?»

«Non si sveglia, Varric. Sono tre giorni che dorme di continuo, ed io…ho paura.» ammise poi Fenris.

Varric sembrò pensarci un po’ su. «Ah, fammi strada. Voglio vederla.»

Durante il tragitto, Varric chiese a Fenris informazioni sul suo stato di salute. Gli sembrava stranamente pallido. Gli chiese anche se avesse mangiato. Ma l’elfo rispose semplicemente con un ‘avevo di meglio da fare’. E Varric, in quel momento, ebbe la conferma che cercava da tempo sui sentimenti dell’elfo verso Hawke.

Arrivati a casa della guerriera, entrarono velocemente nella stanza, e rimasero entrambi interdetti nel vedere una Hawke sveglia sorseggiare un bicchiere d’acqua con Orana accanto.

 «Fenris, Varric.» disse la ragazza, esibendo un sorriso estremamente rilassato.

«H-Hawke» esclamò l’elfo, ancora stupito nel vederla sana e salva «stai bene?»

«Molto meglio. Piuttosto, mi sembri pallido e sciupato, Fenris.»

Varric si diresse verso il letto della guerriera, prendendole una mano e baciandogliela. «Sono davvero sollevato, Hawke. Eravamo tutti così in pena per te.»

«Orana, grazie di tutto.» disse Hawke, rivolgendosi all’elfa, che si congedò velocemente.

«Quando ti sei svegliata?» le chiese Fenris «Mentre c’ero io stavi ancora dormendo.»

«Circa dieci minuti fa. Io…mi girava forte la testa. Orana mi ha detto che ho dormito per tre giorni, e che» fece una pausa «tu sei rimasto qui.»

«Vedi di mangiare qualcosa, elfo» disse Varric, dirigendosi verso la porta «e tu…dannata bellezza, non farci mai più preoccupare così tanto. Ti rivogliamo in forma, Hawke.»

La guerriera annuì, guardando il suo amico sparire oltre la porta. Poi, invitò Fenris a sedersi sulla sedia accanto al letto.

«Oh, no, di questo passo avrò gli incubi.» disse ironicamente. Era così sollevato di sentire nuovamente la voce della sua Hawke.

La ragazza si alzò in piedi, ma barcollò per qualche secondo. E l’elfo la sostenne. «Ero ridotta davvero male.»

«Quella battaglia ti ha straziata. Dicevi anche delle cose assurde, Hawke.»

Ma lei scosse la testa. «No, Fenris. Ho pensato realmente tutto ciò che ti ho detto. Il desiderio di morire su quel campo…c’è stato. Ed è una debolezza che non mi perdonerò mai.»
Poi, si sentì afferrare per il colletto della veste e sbattere all’armadio. L’impatto fu doloroso, ma lo fu ancora di più vedere gli occhi di Fenris incendiati da rabbia incontenibile. «Hawke, ascoltami bene: sei un’umana. Io sono un elfo. Varric è un nano. E sai cosa ci accomuna? Non la statura, non le orecchie. Ma i sentimenti. Tutti ci innamoriamo, tutti proviamo frustrazione e paura. Tutti abbiamo delle debolezze. Tu sei forte, determinata, estremamente testarda…ma sei umana. Vivi, respiri, soffri come tutti. Io…non vedo perché dovresti penalizzarti. Hai il diritto di sfogarti, di crollare almeno una volta. In tanti anni non ti ho mai vista piangere, o rattristarti, se non-» ma si fermò improvvisamente, inspirando profondamente «se non alla morte di tua madre. Ed è estremamente  giusto e normale provare un senso di smarrimento, anche quando vengono a galla ricordi dolorosi. Che si tratti di Carver, Bethany, tuo padre o tua madre. Io ci sono, Floyd, e ci sarò fino alla fine. Scaccerò la tua debolezza ed elogerò la tua forza.»

A Fenris sembrò di vederle gli occhi lucidi. Ma era consapevole che questa volta no, non avrebbe pianto. Sarebbe tornata a combattere i Prole Oscura, a difendere i maghi suscitando il suo disaccordo ed a rendere unita la sua squadra.

Tipico di Hawke, pensò l’elfo.

La guerriera si strinse forte a lui. «Senza di te non ce la farò a superare tutto questo.»

«Farai tutto sola, Hawke, pur avendomi accanto. Ma ci sarò, te l’ho detto.»

E rise, finalmente rise di cuore, dopo giorni di silenzio straziante. Si rese conto che il terrore, accanto a Fenris, mutava. Si trasformava in una leggera forma di  panico, che pian piano andava svanendo.

«Domani dovremo recarci a Monte Spezzato, nella Città Inferiore, alla Forca e…»

«Con calma, Campionessa.»

Hawke alzò un sopracciglio. «Come…come mi hai chiamata?»

«Campionessa. Credo che ti si addica.»

Sorrisero all’unisono, ed Hawke chiese a Fenris di andare a prendere una boccata d’aria e dare un’occhiata a qualche nuova spada, al mercato. Lei si mise addosso l’armatura ed uscirono, salutando Orana, Bodahn e Sandal.

Ed a Fenris sembrò di tornare a vivere nel momento in cui tornò a vivere Hawke.

Sei nata per essere una Campionessa, Hawke. Il tuo destino è segnato, ormai. Sei destinata a compiere grandi imprese ed a guadagnarti l’odio e il rispetto di tante persone. Ma anche i più grandi a volte inciampano, no?
 

 
 
 
 
Disclaimers: i personaggi non mi appartengono (purtroppo), e questa fanfiction non è stata scritta a scopo di lucro.

Note: Arg, la mia prima fanfiction! *si nasconde*
Premetto di non aver ancora finito il gioco, quindi vi chiedo di perdonarmi per eventuali imprecisioni. Ho ambientato questa fanfiction nell’Atto 2, mesi dopo la morte di Leandra.
Chi avrebbe sopportato così tanto dolore in una volta? Ho immaginato che la nostra Hawke sia esplosa. E che Fenris le sia stato accanto, dimostrandole di provare per lei un affetto infinito. Vabbè, affetto…sono cotti l’uno dell’altra. :’)
Inoltre, in alcune parti ho voluto evidenziare il rapporto d’affetto coi compagni. Soprattutto con Varric, che personalmente adoro!
Ah, spero di non aver fatto un casino con il raiting! Nelle note ho selezionato ‘OOC’ perché, be’, non credo che Fenris si lascerebbe tanto andare ad abbracci vari, e comunque il personaggio di Hawke non accenna mai di voler piangere. u.u’
Mi scuso nuovamente per eventuali imprecisioni, sempre apprezzati consigli e critiche!
Alla prossima! :*

 


  
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