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Autore: Libra Prongs    14/01/2013    7 recensioni
«Mi hai chiamato Ninfadora!»
«È il tuo nome, che c’è di strano?»
«Lo detesto.»
«A me piace.»
CharliexDora | Angst | Introspettivo
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charlie Weasley, Nimphadora Tonks | Coppie: Charlie/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Beapot
alle sue storie su Charlie e Tonks
che hanno ispirato questa.
<3 




"All we seem to know is how to show
the feelings that are wrong." 
-Oasis, Don't go away



Ti sei chiesto spesso, dall’ultima volta, quando l’avresti rivista.
Ti sei chiesto cosa le avresti detto –semmai fossi riuscito a parlare. Era lei l’inarrestabile logorroica.
Niente, non le avresti detto niente.
O forse tutto, ma che importanza ha adesso?
L’avresti soltanto guardata, magari da lontano. Magari da vicino.
Solo guardata.
E la vedi, qui e ora.
Sei stato accontentato, Charlie.
Sei stato accontentato.
 

°


«Sei contento? Dimmi, sei contento?»
Quel giorno aveva il sapore dolce amaro delle ultime volte.
L’ultima volta che avresti condiviso la camera con Bill; l’ultima volta che tua madre ti avrebbe lasciato la coscia più grassa del tacchino; l’ultima volta che la piccola Ginny ti avrebbe tirato il ciuffo sulla fronte.
«Io… sì. Sono contento.»
Lei aveva annuito tristemente senza guardarti, i capelli cortissimi e blu cobalto.
«Sono per me?» avevi domandato senza riflettere, abbozzando un sorriso.  
«Ti sembro il tipo che se ne va in giro con i capelli del tuo colore preferito solo perché oggi te ne vai?»
Tra le sfaccettature molteplici di quel diamante grezzo che era lei, splendeva la capacità di spiazzarti. Era tutto così surreale, così diverso da come l’avevi immaginato; non che di solito le tue capacità di eloquio fossero superiori, ma, anche quella volta, non avevi saputo da dove cominciare. Non era previsto che piombasse da te a sorpresa, ponendoti nell’imbarazzante condizione di dire qualcosa, di giustificarti quando in realtà non sentivi di doverlo fare; la Romania era il tuo sogno, non avevi previsto opposizioni, non dopo essere riuscito a convincere i tuoi genitori a lasciarti andare. Non avevi previsto Tonks, ma lei era venuta lo stesso alla tua porta per accertarsi che fossi davvero certo della decisione.
Temevi che ti chiedesse di non partire, di nuovo.
«Mi mancherai» disse invece, facendo un passo indietro; nelle sue iridi trasognate vedesti te stesso.
Il formicolio del senso di colpa ti solleticò lo stomaco.
«Non vuoi restare qui, stasera?»
La richiesta venne fuori un po’ frettolosa, seccata, e Dora scosse il capo in segno di diniego.
«Non sono io a dover restare, Charlie. Non sono io che me ne sto andando.»
Mentre si Smaterializzava, i suoi capelli persero ogni traccia di colore.  

 

 °
 

Quanti anni sono passati senza che aveste alcun contatto?
Sei, forse sette, anche se c’erano momenti in cui avevi l’impressione che fosse trascorsa tutta la vita.
Per certi versi è stato così, la vita vi ha cambiati. Ha cambiato te.
Ma i ricordi ti assalgono e rivedi quello che eravate ieri, come fosse solo ieri.
 
 

°

«Come ti chiami?»
Una ragazzina minuta dal viso a cuore ti strattonò per la manica, all’uscita dalla serra. 
«Charlie Weasley. Ma perché?»
Aveva gli occhi vispi e un’espressione visibilmente imbarazzata.
«Ehm, Charlie, è che hai… del pus di Bubotubero appiccicato al mantello» sospirò arrossendo e i capelli, allora più lunghi, si tinsero di porpora come le guance.
«Sai, credo sia stata colpa mia, ero dietro di te a Erbologia e dev’essermi schizzato. Mi dispiace.»
«Oh. Non preoccuparti, non è un problema. Sul serio!»
Ti guardò con gratitudine e le labbra sottili si piegarono in un sorriso allegro.
«Che sollievo! Sai, all’inizio avevo pensato di far finta di nulla, ma mi dispiaceva lasciarti andare in giro con quella roba verdastra dietro al mantello, così mi sono precipitata fuori dopo la lezione e… oh, certo, dovrò pensare a un modo per sdebitarmi, giuro che mi farò perdonare! Magari la prossima volta evito di sedermi dove sei tu, sai, sono così pasticciona che non... ehi, ma non ti ho ancora detto il mio nome!»
Quel pomeriggio di Novembre avevi conosciuto Tonks.
 
 

°

 
Non stava ferma un momento, questo lo rammenti meglio di ogni altra cosa.
Non stava zitta un momento, ma sapeva ascoltare i tuoi infiniti silenzi, capirli.
Riusciva a farti ridere dei tuoi difetti, persino. A renderti migliore, adesso lo sai.
 
 

°

«Sei un orso, Charlie Weasley! Avanti, ti muovi?»
«No!»
«Dai, dobbiamo ancora vedere Zonko, tutti gli altri sono lì…»
«Non ho mai detto di volerci andare, Ninfadora.»
Sgranò gli occhi e cercò di mantenere il controllo, ma delle scintille fuxia dardeggiarono tra i suoi capelli cangianti. Non riuscisti a trattenere una risata alla sua espressione risentita.
«Dov’è che vai ora, sentiamo?» le urlasti dietro, nel vederla risalire da sola il sentiero per Hogsmeade.
«Mi hai chiamato Ninfadora!»
«È il tuo nome, che c’è di strano?»
«Lo detesto.»
«A me piace.»
Si voltò verso di te e ti fece la linguaccia.
«Hai dieci secondi per raggiungermi, Weasley!»
«Ah, in dieci secondi sarò già in cima alla collina!»
«Non sottovalutare le abilità di una Tassorosso.»
Anche se non l’avresti ammesso, avevi già cominciato a sottovalutare l’effetto che Dora aveva su di te. Però ti eri reso conto che, da quando eravate amici, ridevi più spesso.
 
 

°

Ti sembra di avere una spugna satura d’acqua al posto del cuore.
Ad ogni respiro la senti gravare al centro del petto, gonfiarsi, assorbire e perdere gocce al contempo.
Scivolano fredde, lente. Sembrano quasi lacrime.
 

 

°

«Allora? Ha fatto male?»
«Un po’. Ma ne è valsa la pena!»
«Ah, ora dici che ne è valsa la pena, eh? Dov’è finita la tua diffidenza cronica?»
«Ninf-»
«Non chiamarmi in quel modo, Charles, avanti!»
«Lascia in pace la mia diffidenza, allora.»
Dora ridacchiò e ti diede un buffetto sulla spalla, avvicinando la punta del naso al tuo avambraccio.
«Wow. È… è una figata! Com’è che si chiama, questo qui?»
«Nero delle Ebridi, è il mio preferito.»
Il tatuaggio riluceva e la pelle tutto intorno era ancora arrossata e indolenzita, ma eri fiero del risultato: il maestoso drago scuro aveva le iridi viola e le ali spiegate nell’atto di spiccare il volo.
«La coda è fantastica, a forma di freccia! Ah, sono fiera di me!»
Ti lasciasti sfuggire una risatina stupita.
«Fiera di te? Ma se non hai fatto che strillare per tutto il tempo!»
«Cosa? Guarda che ho avuto un ruolo essenziale nella faccenda, Charles, dovresti ringraziarmi. Chi ti ha portato dal tatuatore babbano, eh? Se non ti avessi trascinato lì, a quest’ora staresti ancora a lamentarti dell’impossibilità di avere il tuo bel draghetto sul braccio» puntualizzò Dora, piccata.
«Mhm, be’…»
«Ah, devo dire che il tuo grugnito somiglia moltissimo a un grazie, oh sì.»
«Dai, Tonks! Sai che ti sono grato, io-» avevi bofonchiato, palesando la tua perenne incapacità di esprimere le emozioni. Tutto quello che sembrava sapessi fare era mostrare i sentimenti sbagliati*. Speravi che bastasse; dopotutto Dora ti conosceva e sapeva perfettamente quanto potesse celarsi dietro un tuo semplice sguardo, anche di quelli più burberi. Sapeva esternare i sentimenti giusti lei.
Le bastò. Ti abbracciò forte, una guancia liscia contro la tua mascella ancora imberbe.
«Adesso dobbiamo soltanto trovare il modo di dare la notizia alla signora Weasley!» esclamò allegra.
Un fremito ti scosse appena, forse all’idea dell’ira funesta di tua madre, o forse no.
 

 

°

 
Aveva delle mani piccole, lo ricordi. Piccole ma forti, per trascinarti tra gli scaffali di Mielandia, per applaudire senza posa alle tue vittorie da Cercatore, per prenderti a schiaffi.
Una volta l’aveva fatto, forse al tuo quinto anno; il dolore del colpo secco e inatteso sullo zigomo riaffiora, così come la sua espressione delusa, il costante domandarti perché, perché l’avevi fatto? Non avevi il diritto di intrometterti; lei era perfettamente in grado di cavarsela da sola. Perché l’avevi fatto?
Non hai bisogno di fare alcuno sforzo per rammentare. Sembra che il passato non abbia difficoltà a mostrarsi, oggi; sembrano distrutti gli argini che avevi costruito negli anni di lontananza per evitare che ti travolgesse. E rivedi la quattordicenne Dora col cuore spezzato per la prima volta, il viso sottile di quel ragazzo che aveva avuto la pessima idea di lasciarla per una biondina senza cervello, i suoi occhi sgranati mentre lo rimproveravi per averla fatta soffrire. Non riuscivi ad accettare di vederla star male.
«È un idiota, se l’è meritato» ti eri giustificato.
«Non ho bisogno di un fratello maggiore!»
Aveva delle mani piccole Dora, forti, ma anche morbide.
Tiene la sinistra intrecciata a quella di suo marito; hanno combattuto insieme fino alla fine. Una morsa gelida ti stringe lo stomaco e ricordi che se hai deciso di infliggerti il dolore di osservare Tonks da vicino è solo per non vedere il corpo esanime di Fred attorniato, due file più indietro, dal resto della famiglia.
Aveva delle mani piccole e non le hai mai strette abbastanza.
Remus deve averlo fatto, pensi, e l’idea rimane sospesa a galleggiare con tutte le altre idee che in queste ore hanno attraversato la tua mente. Idee sterili, che non troveranno mai compimento; domande vane, che non riceveranno più risposte; pensieri intensi e inappropriati, che però paiono sbriciolarsi in un istante.
In Romania non hai mai desiderato altro che il sole sulla pelle, il ruggito dei tuoi draghi che riecheggiava tra le rocciose alture, i voli clandestini in assenza degli altri allevatori. Avevi la tua libertà, quella che avevi sempre agognato tra le mura domestiche ingombre d’affetto e di fratelli. Inevitabile la competizione, che proprio non è mai stata nelle tue corde. E non solo perché Bill era il vivace, intelligente, vincente primogenito; ma perché la tua indole riservata, schietta, desiderosa di novità proprio non accettava di piegarsi a quello che tutti si aspettavano da te: il diploma e un tranquillo lavoretto, magari al Ministero come papà. No, avevi altri sogni e, con passione e dedizione, sei riuscito a realizzarli. Sogni in cui non rientrava la risata eccessiva di Dora, il suo incedere goffo, i suoi capelli color magenta. Allora perché, d’un tratto, adesso che hai la certezza definitiva di non poterla sognare se non di notte, avverti l’irreversibile pungolo del rimpianto?

 
 «Mi mancherai» disse, facendo un passo indietro; nelle sue iridi trasognate vedesti te stesso.
Il formicolio del senso di colpa ti solleticò lo stomaco.
 

«Mi mancherai anche tu, Tonks» bisbigli, recuperando troppo tardi il coraggio che anni addietro ti mancò.
E prendi a pugni il muro, sulle labbra aride il sapore del sangue e delle lacrime.
Tutto quello che sembra tu sappia fare è mostrare i sentimenti che sono sbagliati.*







 

_______________________________________________________________________________________________________
*traduzione parafrasata di una citazione da Don't go away, dei miei amatissimissimi Oasis, che tra l'altro da il titolo alla shot. 

Alla fine ho scritto questa storia, non posso crederci. 
Non ci credo. 
Ehm, ciao. 
Libra

   
 
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