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Autore: myidolsloveme    14/01/2013    2 recensioni
Quello che provavo per il mio migliore amico non era bene, no. Era amore puro.
E lui ricambiava.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jaymi Hensley, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Italia.»
Quando la professoressa pronunciò quella parola mi si illuminarono gli occhi.
L’Italia era la patria del cibo…e dell’amore. Insomma, le più grandi opere romantiche sono state scritte lì.
Romeo e Giulietta erano italiani e io mi rispecchiavo molto in Romeo.
Non mi sono presentato? Scusate.
Sono Jaymi Hensley e sono pazzamente innamorato del mio migliore amico. Lo amo con tutto me stesso.
Ma come potrei dichiarargli tutto il mio amore? Mi prenderebbe per pazzo e la nostra amicizia finirebbe. Quella è l’ultima cosa che vorrei.
Continuavo ad aspettare altre informazioni su questa gita in Italia, speravo in una città come Verona, Venezia ma la professoressa non parlava.
«Prof. Precisamente che città visiteremo?» chiese Jack, un nostro compagno.
«Roma.» rispose lei per poi continuare a spiegare cose inutili.
Roma. Non ci avevo mai pensato. Il Colosseo, le statue…una città più storica che romantica.
«Jaymi cos’hai? Sei pensieroso stamattina.»  Olly  interruppe i miei pensieri picchiettando sulla mia spalla e fissandomi con quegli occhi azzurri.
Dio, i suoi occhi. Mi ci perdevo dentro ogni volta. Erano un mare, uno di quelli che ti fa venire voglia di buttarti in acqua. Un mare limpido e pulito, ingenuo, perfetto.
«Mmmh..niente. Stavo pensando a come sarà questa gita.»  dissi tra un respiro e l’altro cercando di contenere i miei ormoni. Era così dannatamente perfetto.
«Oh, ok.» rispose  sfoggiando il suo sorriso splendente.
Il suo sorriso, e cos’era. Il modo in cui le sue labbra si aprivano per fare spazio a quei denti perfetti mi lasciava stupefatto ogni volta. E con “ogni volta” intendo ogni cinque minuti.
Passarono due, tre ore e mi ero rotto di sentire quelle lagne che parlavano senza fermarsi un attimo.
Guardai l’orologio: 13.00. Quelle dannate cinque ore erano quasi finite, finalmente. Appoggiai la testa sul banco e iniziai a pensare i suoi occhi, il suo sorriso, i suoi capelli, il suo carattere…lui. La cosa più preziosa che avevo. E in meno di tre secondi tutti i ricordi riaffioravano nella mia mente. Come quella volta al campeggio, dove io e lui restavamo svegli fino a tardi per poi alzarci senza voglia alle due del pomeriggio. O anche quella volta in cui venne a dormire da me lasciandomi senza parole quando uscì dalla porta del bagno a petto nudo. Sarei voluto saltargli addosso e baciarlo con tutto me stesso, per poi finire con un abbraccio di quelli che solo lui sa dare.
Il suono della campanella interruppe i miei pensieri, di nuovo. Forse era anche meglio però. Presi i libri e li infilai nella cartella lentamente, ero sempre l’ultimo ad uscire.
Stavo per varcare la soglia della porta quando la professoressa mi fermò.
«Domani alle 10.00 in presidenza. Non preoccuparti, non hai combinato niente di male.» disse sorridendo. Quel suo sorrisetto da acida, infondo lei lo era. Mi limitai ad accennare un “sì” con la testa e uscii dalla classe, sperando di trovare Olly al più presto.
Eccolo, era proprio lì, appoggiato al suo armadietto mentre sistemava i libri e parlava con una ragazza. Parlava con una ragazza!? Dannazione. Lo odiavo, lo odiavo a morte. Eppure lui non lo sapeva, non sapeva di me, di tutti i sogni che faccio la notte, di noi. Quel “noi” non c’era nemmeno mai stato, era frutto della mia immaginazione. E che immaginazione.
Presi coraggio, feci un lungo respiro e mi avviai verso lui col solito sorriso finto che ormai ogni giorno sono costretto a indossare.
«Ehi amico, oggi da te?» chiese lui mentre salutava quella ragazza con la mano. Meno male che era andata via, se no l’avesse fatto in questo momento sarebbe stampata nel muro.
«Va bene.» balbettai mentre posavo i libri nel mio armadietto. Sì, erano vicini i nostri armadietti.
Fortunato eh!?
«Sei strano oggi. Mi dici cos’hai?» mi domandò premuroso. Era il mio punto di riferimento, gli dicevo ogni singola cosa della mia vita, o quasi.
«Sono solamente stanco.» gli sussurrai velocemente per poi incamminarmi verso la fermata dell’autobus. Che poi l’autobus non lo prendevo mai, era solo una scusa per passare del tempo in più con lui.
«Vengo domani allora.»
«No!» urlai senza rendermene conto, notando che tutti mi fissavano. «Cioè voglio dire, vieni oggi. Per te non sono mai stanco.» sorrisi imbarazzato. Odiavo farlo in sua presenza perché non riuscivo ad avere un sorriso perfetto come il suo e, nonostante mi abbia ripetuto più volte che invece era stupendo, ancora non ci credevo.
Ci avviammo alla fermata e, come sempre, aspettai che passasse il pullman per poterlo salutare un’ultima volta, proprio come nei film. Non avevo la minima intenzione di lasciarlo solo e, se fossi stato costretto, l’avrei sopportato per pochi minuti.
Eccolo, ecco quell’orrendo mezzo rosso che ogni giorno mi divideva dalla mia ragione di vita. Potevo dire di odiare quel mezzo quanto odiavo le verdure.
Dopo averlo salutato con un con una pacca sulla spalla (un abbraccio sarebbe stato fuori luogo) m’incamminai verso casa con le solite cuffie nelle orecchie.
In cosa consisteva il mio repertorio oggi? “They don’t know about us-one direction”
Era l’ultima cosa che volevo sentire, ma la lasciai comunque. Ne avevo veramente bisogno.
“They don’t know about the up all night’s”  loro non sapevano di tutte le notti trascorse a pensarlo, ad immaginare un futuro da favole con lui. Non lo sapevano e non lo avrebbero mai saputo.
“They don’t know I’ve waited all my life, just to find a love that feels this right” loro non lo sanno. Non sanno che ho sempre desiderato far sì che questo amore possa diventare realtà e non limitarsi ad essere frutto della mia fantasia. Io lo amavo, lo amavo con tutto il mio cuore e non vedevo l’ora di dirlo al mondo. Ma…lui?
Senza rendermene conto iniziai a piangere, piangere e piangere. Lacrime amare invasero il mio volto come da ormai oltre dieci anni a questa parte. Decisi allora di sedermi nel parco poco distante da casa mia, non potevo mica entrare con gli occhi rossi infuocati.
Eppure avevo bisogno di dirlo, di esporre tutto questo a qualcuno che mi capisse, qualcuno che non mi giudicasse. Una persona c’era ma avevo paura. Paura che non mi avesse più accettato.
Mia sorella era la seconda cosa più preziosa che avevo e non intendevo perderla per nulla al mondo.
Non le avevo detto niente e ancora non avevo intenzione di farlo eppure, secondo me, l’aveva capito. Cercava sempre di evitare argomenti del genere e, quando uscivano fuori, provava a non mettermi in mezzo.
Non mi accorsi che c’era qualcuno in quel parco con me. Sentivo dei passi farsi sempre più veloci e poi un abbraccio. Quello di cui avevo bisogno. Quel qualcuno si staccò da me e scoprii chi era. Lei. Mia sorella.
La donna a cui tenevo di più, l’unica che mi capiva.
«Torniamo a casa?» sussurrò prendendomi per mano e sorridendo.
Feci un cenno negativo con la testa e in men che non si dica mi abbracciò, di nuovo. Quanto amavo i suoi abbracci, anche se preferivo quelli di un’altra persona.
Si staccò da me continuando ad accarezzarmi una schiena, per poi appoggiare la sua testa sulla mia spalla.
«Andrà tutto bene.» mi disse lentamente.
«Lo spero. Torniamo a casa dai.» asciugai quelle poche lacrime rimaste, non volevo che mi vedesse piangere, ero pur sempre suo fratello maggiore, ma avevo bisogno di sfogarmi un po’.
La presi per mano e ci avviammo. Durante il tragitto parlammo del più e del meno e, non appena arrivammo, ci fiondammo a tavola come due poveri affamati che non vedevano del cibo da secoli.
Verso metà pomeriggio bussò il citofono, quello era sicuramente Olly. Il mio cuore batteva più veloce del normale fino a farmi mancare il respiro.
«Vado io. Tu vai di sopra e fai finta di studiare.» sbucò Ro da dietro.
“Sia santificata mia sorella” pensai. Corsi in camera mia e presi il primo libro che capitava, buttandolo sulla scrivania.
«Ma domani non abbiamo storia.» disse una voce familiare.
Mi girai e vidi lui sulla soglia della porta, a mo’ di modello. Iniziavo ad avere l’affanno, e le parole non riuscivano ad uscire dalla mia bocca.
«Stavo…Stavo solo controllando una cosa.» balbettai per poi chiudere il libro e andargli incontro.
«Mi dai un abbraccio?» chiesi timidamente e in pochi secondi mi ritrovai tra le sue braccia, nel mio mondo.
Ogni volta che gli facevo una richiesta del genere non disapprovava mai, anzi, provvedeva subito ad esaudirla.
«Ti va di parlarne?» domandò stringendomi un’ultima volta per poi fissarmi dritto negli occhi.
«Jaymi corri qui!» urlò mia sorella dall’altra stanza. Ho già detto che dev’essere fatta santa?
Andai di là e, fortunatamente, Olly non mi stava seguendo.
«Grazie, mi hai salvato da una situazione imbarazzante. Cosa c’è?»
«E quando mai. Senti, guarda cosa m’ha scritto sto stronzo.» mi fece leggere un messaggio di questo stupido ragazzo che continuava a farla stare male. Diciamo che in amore non eravamo molto fortunati, credo sia una cosa di famiglia.
«Ma che…? Questo sta male. Ascoltami, lascialo perdere, non ti merita.»
«Sono io che non merito lui, è diverso. Ci proverò.» disse rassegnata gettando il cellulare sul letto.
«Ancora con questa storia? La devi smettere di pensare cose del genere. Ora vado di là, ne parliamo stasera.»
«Eccoti, finalmente. Che facciamo?»
«Abbiamo la verifica di matematica domani, quindi studiamo decentemente.» risposi cercando di non agitarmi ancora di più.
Passammo il pomeriggio tra risate e libri e, purtroppo, l’ora era arrivata. Doveva tornare a casa.
«Beh allora a domani.» affermò sorridente.
«A domani.» dissi smorzando un sorriso.
 

Dieci giorni dopo.


Era finalmente arrivato il gran giorno: si partiva.
Saremo rimasti per cinque giorni nella città storica d’Italia, figo direi.
Salutai la mia famiglia e m’incamminai con Olly verso l’aereo. Ci sedemmo vicini e per tutto il tragitto non facemmo altro che osservare il mondo dall’alto. Ci sentivamo i re di tutto.
Dopo due-tre ore di viaggio arrivammo, finalmente, all’aeroporto di Roma.
Che spettacolo.
Ci portarono subito all’hotel e dopo qualche ora ci chiamarono per la cena. Potevamo uscire solo dopo mangiato, che strazio.
«Andiamo a farci un giro dopo?» domandò Olly imboccando quella prelibatezza romana.
Dopo aver finito avvisammo la professoressa e ci avviammo in piazza. Che bella piazza. Meravigliosa.
«Ti piace?» gli chiesi imbarazzato.
«Tantissimo.» rispose lui fissandomi negli occhi.
Capitavano spesso momenti del genere, dove il respiro mi mancava e faticavo a reagire; dove qualsiasi movimento ci avrebbe riportato alla realtà, facendo finire quel meraviglioso istante; dove i nostri cuori battevano allo stesso modo.
«Emmh…Andiamo in quel parchetto.» dissi interrompendo a malincuore quell’attimo.
Passammo la serata a ridere e scherzare, proprio come tempo fa. Non ero felice da tempo.
Tornammo stanchi morti in albergo e ci infilammo nel letto. Avevamo la stessa camera con un solo letto matrimoniale. Avevo il cuore in gola.
 

Cinque giorni dopo.

 
«Ragazzi questo è l’ultimo giorno quindi potete fare ciò che volete a costo di non portare guai.» urlò la professoressa lasciandoci andare, come un padrone quando scioglie tutti i suoi cani e li lascia correre.
Libertà.
Era l’ultimo giorno e volevo a tutti i costi far di quella gita un ricordo indimenticabile: volevo dichiararmi.
Era sera, ormai, e mancava poco alla fine del coprifuoco così portai Olly in un luogo solitario, un luogo che trovavo perfetto per quella situazione.
«Perché mi hai portato qui?» domandò lui incuriosito.
Ero terrorizzato, avevo una paura che non mi lasciava un secondo libero.
«Così.» sorrisi e ci sedemmo su questo muretto che affacciava sulla città.
Per sbaglio poggiai la mia mano sulla sua e la tolsi immediatamente.
«Fai pure.» pronunciò spiritosamente per poi ridere.
Ormai lo avevo capito. Non dovevo dire assolutamente niente. Ma qualcosa mi spingeva a farlo.
«Olly, senti, devo dirti una cosa.» presi un bel respiro e continuai «Hai presente quando i protagonisti, oltre ad essere fidanzati nel film, lo sono anche nella realtà? Quando c’è la parte obbligatoria del film, il bacio,  dove il regista fa di tutto per renderlo reale e loro lo accontentano perché non vedono l’ora di farlo? Il punto è che, Olly, i miei sogni sono tutto frutto della mia fantasia, della mia mente e la mia mente...» mi alzai di scatto e feci per andarmene, ma la sua mano mi bloccò la caviglia.
«E la tua mente, le tue fantasie hanno in comune la stessa cosa: noi.» si alzò e mi guardò dritto negli occhi «Capisco, Jaymi, capisco. Sono anni che cerco di fartelo capire e tu non ci sei mai arrivato. Pensavo di aver sprecato tempo inutile eppure provavo, provavo ancora tutti i giorni nella speranza che questo mio piccolo sogno diventasse realtà. E sai cosa c’è? Credo che stasera lo sia diventato.» s’inginocchiò come un principe, proprio come nelle favole e mi disse «Jaymi William Hensley, vuoi essere il mio ragazzo?»
Non risposi, mi limitai semplicemente a baciare quelle bocca che tanto desideravo, ad osservare quegli occhi più vicino di quanto potessi e a sussurrargli a fior di labbra un “sì” che fece sorridere entrambi.
Lo amavo. Mi amava.
E quella sera c’eravamo solamente noi e il nostro amore.
 


SPAZIO AUTRICE.
Saaaalve gente!
Ogni volta che scrivo una OS ci metto ore e il risultato fa anche vomitare AHAHAHAHAH.
Volevo scriverla da tanto una sui Jolly, li amooo jrhdfkd.
Okay mi tolgo dalle scatole ma prima recensite suu. Voglio tante recensioni cc
Fatemi sapere SERIAMENTE cosa ne pensate, ci tengo tanto.
Vi amo. Bye.

  
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