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Autore: Terry Arpax Storm    14/01/2013    3 recensioni
Nella Londra vittoriana, una serie di omicidi turba il governo.
Niente è fatto a caso, ogni omicidio è solo un nome sulla lista, un pretendente da scartare, ma c'è qualcosa, quel tassello del domino messo dalla parte sbagliata, quel violino scordato dentro un'orchestra di morte, beh, quel qualcosa... distrugge il piano.
[Long semi-incentrata sull'aria "Nessun dorma"]
Genere: Malinconico, Mistero, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il nome Minstrell turbava i salotti di Londra da qualche mese.
Le sparizioni di ragazzine dciottenni  -diciottenni, non un anno di più né uno di meno – ogni domenica  intorno alle ore cinque - domenica alle ore cinque, quando la gente a casa offre il the seduta comodamente su divanetti rosa o seppia, con la puntualità di un orologio ginevrino- erano oramai un fenomeno preoccupante.
Ne erano scomparse di tutti i tipi: bionde, alte, grasse, magre, aggraziate, rozze. Povere, ricche.
E spesso qualcuna tornava orrendamente a casa.
Il sangue oramai coagulato dipingeva un ghigno sul loro viso, attorno alle labbra, come pittura rosso intensa. Le braccia erano raccolte intorno alle ginocchia, e la testa chinata sopra le braccia. Quel che stupiva era il simpatico quanto macabro cappellino con campanellini che il Minstrell metteva puntualmente sulle teste dei propri cadaveri.
La trovavano in un pacco con dei francobolli anonimi. Pe rlo più erano pezzetti di carta comunemente ritagliati, incollati e decorati a mano. Su di essi la scirtta di un sentito ringraziamento da parte del signor Minstrell.
La serie era cominciata venti settimane fa.
Venti settimane fa, la domenica alle cinque, il signor Virgilius Leon stava aspettando la propria figlia, Tessa Leon,  seduto al tavolo dei vicini. Il the fumava nelle tazze e l’aroma di glassa e uvetta rimepiva la casa.
Tessa non fece “ritorno”. E nemmeno il padre, di lui si persero le tracce, ma questo fu un fatto marginale, dato che i padri delle ragazze sopravvissero sempre, dopo la scomparsa di Tessa.
Ma la cosa abbastanza inquietante e intrigante era che… non tutte “tornavano” a casa.
 
 
 
 
Io là fuori non ci torno, si disse Amy Johnson.
Io. Là fuori. Non ci torno.
Che avrebbe fatto sua madre?  Sua made Lizabeth?
Si maledisse per averci pensato. Sua madre era una prostituta.
Se soltanto un cliente l’avesse spaventata, lei avrebbe chiesto di alzare un po’ il prezzo dei suoi “servizi”, facendoli perciò solo per il buongusto di aver denaro.  Avrebbe comunque aperto le gambe e soddisfatto tutti.
Oh, confortante, come esempio.
Suo padre? Non era nemmeno certa di quale dei clienti di sua madre fosse stata figlia. La scelta era tra un marinaio fradicio di scotch e acqua marina, e un ladro che aveva stuprato sua madre tempo addietro.
Non male, come scelte.
Si maledisse due volte per aver pensato allo squallore che popolava la sua vita, che la riempiva sotto forma di risatine di diavoletti dentro il suo cervello; si avviò perciò sulla strada riempita di pozzanghere, come tombe di vetro in mezzo ad un campo dimenticato.
Ma non l’avrebbe data vinta, alle sue paure. Lei era una popolana. Pochissime popolane potevano permettersi un the. Lei alle cinque sarebbe rimasta nel suo solaio – ora come non mai le sembrava una fortezza sorvegliata e impenetrabile – a riscaldarsi mettendosi  addosso tutti i vestiti che aveva. Magari avrebbe anche speso la mezza sterlina che le era rimasta dal signor Finning per comprarsi una caramella o addirittura un biscotto glassato.
Sì, le piaceva come pomeriggio ideale.
Si addentrò, dicevamo, nel suo solito vicolo.
Porte chiuse. Vento che spazzava le tende bucate.
“Si-signorina Lock?” chiese tentata di tornarsene a casa e di sorbirsi la signora Emptress, piuttosto di distribuire giornali la domenica. Le scorse settimane il giorno di domenica si fingeva sempre malata, ma questa volta era stata costretta.
Avanzò alla porta del signor Greed dato che la signorina non aveva nemmeno risposto al suo bussare continuo. Sperò almeno che quell’avaraccio rispondesse. Il solo vederlo rispondere l’avrebbe confortata. Sì, anche se avrebbe voluto strozzarlo, la sua presenza l’avrebbe confortata.
Ti prego, dimmi che non sono sola.
“Gio.. giornali gratis per il giorno di Nostro Signore” provò a dire con voce tremante. Dio Santo, sperò solo che quell’avaraccio fosse stato attirato dall’offerta.
Stette lì per un tempo che le parve infinito. Non voleva andare dal signor Finning. Non voleva incontrare quell’uomo del giorno prima.
Era certa che fosse stato il Minstrell come era certa del suo nome. I campanelli, la voce, la mano. Era stato lui. Che l’avesse presa per pazza tutta Londra, ne era certa.
Dalla casa del signor Greed non provenne nemmeno il rumore della caduta di una piuma. Costrinse il suo corpo a camminare, nonostante questo era diventato durissimo come un marchingegno non oliato da anni.
“Signor… signor…”
La voce le si fermò in gola, e tremava così forte da far muovere come impazzite le gambe bianche sotto la sottana. Strinse i denti con forza, facendosi uscire del sangue dal labbro.
“Signor Finning?” disse con un filo di voce, come se avesse appena fatto uno sforzo enorme e adesso le fosse rimasta pochissima aria nel petto. “Gil?”
Gira l’angolo, Amy. Gira quel dannato angolo. Gil non c’è.
Non sapeva bene quale vocina stesse parlando, quale era così sicura dell’assoluta assurdità della situazione.
Il Minstrell viene alle cinque. Sono le dieci e mezza di mattina. Le dieci e mezza. Mancano sei ore e mezza. La vittima non sei tu.
Girò l’angolo con gambe ancora più rigide di prima.
Nessuno.Sospirò con così tanto forte sollievo da ridere sitericamente, quasi…
…E la sua risata  fu interrotta da un urlo. Il suo.
Le si mozzò il respiro, non riuscì a urlare.
 
Una morsa le circondò il busto, un suo braccio. Con l’altro, lui si occupava di bendarla.
“Brutta, disobbediente bambina”
Amy scalciò contro di lui con tutte le sue forze, la sua schiena oramai attaccata al suo petto. Era la voce che aveva udito il giorno prima provenire dalla casa del signor Finning. La sentiva ora all’orecchio, e si accorse con terrore di aver avuto ragione. Si accorse anche che era fortissimo, possente, in grado di strangolarla forse solo con poche dita.
“Non sai nemmeno quanto sia stato difficile scendere qui prima del the.”
Le parlava all’orecchio, alitandole addosso, scostandole con mano guantata i ricci dal collo. Parlava a fatica, dato che lei continuava a dimenarsi, ma sempre austero, rigido, terrificante.
“LASCIATEMI!” gridò Amy con tutto il fiato che aveva, ma era ben poco, dato che lui la stringeva in modo soffocante.
“Brutta… disobbediente bambina.”
Amy strinse gli occhi sotto la benda. L’avrebbe stuprata. Sentiva il cavallo dei suoi pantaloni anche attraverso la stoffa del suo vestito. A breve l’avrebbe spogliata e poi uccisa. Ne ebbe la certezza, finchè lui non la gelò.
“Ma ora c’è qui il tuo papà. Papà ti è venuto a prendere prima” disse accarezzandole il collo, facendola rabbrividire forse di disgusto.
Amy aprì gli occhioni verdi, pieni di lacrime, sotto la benda. Forse era solo un malinteso…? Padre?
“Sei… mio padre?” sussurrò quasi con voce spezzata.
“Ma certo, mia bimba” un bacio posato sul collo la fece rabbrividire ancora di più. “Il tuo, e quello di tante altre, belle bambine”
La mano ricoperta dal guanto le accarezzò la mascella, studiando tutto il suo viso mentre lui faceva gemiti di assenso.
Le dita si strinsero improvvisamente intorno al suo collo, e rimasero lì, strette, finchè Amy non svenne sulla fradicia strada londinese

Nota dell’Autrice: credo proprio che cambierò il rating della storia, magari per ora mi fermo all’arancione e poi passerò al rosso se servirà. O almeno mi sembra necessario…
Rispondo con gratitudine a OnlyBooksandabitofCunning!
Felice che qualcuno la segua, e soprattutto grazie infinite (: beh, il signor Greed non credo farà una bella fine (: Grazie ancora!
Spero che comunque abbiate avuto una buona lettura. Alla prossima!
 
 
  
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