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Autore: Cinzia N Spurce    14/01/2013    1 recensioni
Raccolta di one-shot riguardanti vari personaggi dell'Olimpo.
1#Ares e Athena {Romantico/sentimentale/lime}
Come avvertimento generale dell'intera raccolta ho messo "introspettivo", perché comunque tutte saranno basate sulle sensazioni dei vari personaggi, per quanto riguarda però gli avvertimenti delle singole one-shot, questi saranno inseriti qui, nell'introduzione, accanto al titolo della one-shot.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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LA FRENESIA DEGLI DEI 

Ares e Athena

Era ferma lì, bella. 
Nessuna leggenda rendeva giustizia a quella che era la dea della guerra. Fiera in volto, negli occhi solo la morte e poi, per ultima, la vittoria. Aveva avuto tante amanti, tanti desideri, sempre realizzati, ma lei... mai.
«Athena...» la sua voce la sorprese, mentre soffriva la perdita di importanti eroi, mentre vedeva allontanarsi di un passo la grande vittoria che aveva pregustato, visto, voluto.
«Ares, pensavo fossi impegnato in qualche sterminio» rispose lei alla voce carezzevole del dio della guerra, dentro agli occhi nascondeva un sorriso a metà, ne era sicura. Athena non si voltò, come Ares aveva immaginato. Era testarda lei, autonoma, mai aveva accettato di sottostare a qualcuno, men che meno un uomo.
«Ho lasciato il piacere di distruggere a Ker, sembra stia facendo un ottimo lavoro, non credi?»
A quel punto la dea si girò, gli occhi chiari a fulminarlo e i capelli al vento.
«Come puoi? Stanno morendo degli innocenti, Ares. Tutto per colpa delle tue stupide brame di conquista!», sputò arrabbiata nei confronti di quello che sempre aveva avuto accanto durante le battaglie. Ares, suo fratellastro, abile in battaglia, tremendamente sanguinario, bramoso di sangue, ma non di potere.
Questa era una delle cose che l'avevano da sempre affascinata e in parte allontanata da quell’uomo tremendamente enigmatico, o forse talmente semplice nei pensieri da far paura, ancora non lo aveva compreso.
Lui era avido di sangue e morte, di distruzione, di pianti e ferite, ma non utilizzava questo per i suoi scopi volti alla conquista del potere, altrimenti, pensava la dea, da tempo avrebbe potuto dichiarare guerra al re dell'Olimpo, se solo il suo scopo fosse stato, appunto, il potere.
«Non ho nessuna brama di conquista, carissima dea della sapienza, dovresti immaginarlo, vista la tua furbizia e il tuo intuito. La guerra è solo sfida, sangue, nulla di più per me che spingo gli uomini a lottare»
Spesso avevano fatto discorsi del genere, ma Ares aveva sempre lasciato senza parole la dea che spiccava in furbizia. La sua sincerità, e quella che forse poteva essere catalogata come crudeltà pura e semplice, l'aveva sempre disarmata, come se di fronte avesse, semplicemente, un bambino troppo sincero. 
Quella sua crudeltà, di fronte alle sue creature, la allibiva e la sua incredibile sincerità la portavano vicino a lui, più di quanto lei volesse, e adesso più di quanto lei aveva creduto di potersi avvicinare.
«Non li spingi a lottare, li spingi a morire», disse affranta e sconsolata, fissandolo nei suoi occhi chiari e divertiti da quello che per lei rappresentava una scempio. Stava uccidendo le creature che lei aveva forgiato, che lei aveva amato.
«C’è differenza?»
Un lampo sfiorò i suoi occhi, era la sfida che da sempre sostenevano, quante volte Ares aveva cercato di farle cambiare idea, di farle guardare il mondo con i suoi occhi, ma mai era riuscito in una simile impresa.
«Certo che c’è, stupido di un dio!», sbottò furiosa, facendo ondeggiare i riccioli biondi.
«Che differenza ci sarebbe?», domandò allargando le braccia e alzando il tono della voce, «Perché i tuoi combattenti sarebbero diversi dai miei, per quale ragione, dea della sapienza, i tuoi conflitti sarebbero migliori dei miei. Il sangue viene versato allo stesso modo, gli innocenti muoiono, è il prezzo di una guerra! »
Ogni volta finiva in quel modo tra le due divinità, Ares cercava di avvicinarsi a lei perché irrimediabilmente attratto, ma finivano sempre per discutere sulla ragionevolezza dei propri poteri, sulla giustizia delle loro azioni. Athena utilizzava quella parola per rigirare da sempre i propri discorsi.
«Perché i miei uomini combattono per degli ideali...» disse sgranando gli occhi, possibile che non capisse una differenza tanto fondamentale? 
«I miei uomini combattono perché la lotta è insita nella loro natura, Athena, i miei uomini combattono perché gli uomini combattono da sempre, sono nati per farlo, è il loro istinto, la loro natura. Sono macchine da guerra assetate di sangue, sono stati creati da te, la dea della guerra, come poteva essere altrimenti!», le rispose con un ghigno, scorgendo negli occhi chiari di lei la paura, il timore che le parole del dio che aveva di fronte fossero vere.
«No!», esclamò perentoria, abbassando lo sguardo, «Io non ho creato delle macchine da guerra, non ho creato degli assassini». L’incertezza nella voce, per quanto si sforzasse di renderla dura e forte, era palese. Questo rincuorò Ares, che fosse finalmente riuscita a fare breccia nella sua dura corazza?
«Athena...» sussurrò andandole incontro e sfiorandole con una mano la guancia sinistra, «non li hai creati malvagi, lo sono diventati per il nostro divertimento, per lo più, lo sono diventati e non è colpa tua»
La dea scacciò la mano di Ares in malo modo, la frustrazione per la consapevolezza delle sue parole la mandò in escandescenze. Avevano davvero plagiato le sue creature per il loro triste divertimento? Li avevano davvero rovinati così tanto?
«Non c’è nulla di male a goderne, Athena, non se dentro di noi scorre sangue divino, non se si è i signori della guerra», cercava di convincerla Ares.
Loro dominavano le guerre e qualsiasi fosse stata la ragione di un conflitto, in concreto, le conseguenze sarebbero sempre state le stesse, la morte, le lacrime, il sangue.
«Tu godi della loro morte», rispose Athena disgustata da quel suo pensiero.
«Sì, sorella,», disse calcando su quella parola che dimostrava il loro insulso, quanto poco considerato, legame di parentela, «ne godo, perché sono il signore della guerra, perché laggiù,» continuò indicando la battaglia che infuriava nelle terre sotto di loro, «i miei e i tuoi uomini ci invocano per uccidere altri uomini e il sangue è il miglior piacere che una guerra possa darmi e che, volente o nolente, fa impazzire anche te. Non nasconderlo»
«Non è vero, menti!», rispose lei sibilando il suo disprezzo.
Ares la prese per le spalle, voltandola in malo modo e stringendo la presa sulle sue esili braccia, mai avrebbe immaginato che la dea della guerra fosse tanto minuta. Fece in modo che il suo sguardo si posasse sui combattenti infuriati: «Guardali, Athena, i loro sguardi, i loro occhi iniettati di sangue, le loro grida e le loro ferite... dimmi che tutto questo non ti eccita, dimmi che questo non ti provoca una dolorosa, quanto attesa, fitta di piacere»
Per quanto questo la disgustasse, non riusciva a dar torto ad Ares, non riusciva a far placare quel suo istinto battagliero.
«Non riesci a rispondermi, non puoi negare...», ghignò senza perfidia Ares, era riuscito a fare breccia, finalmente. La sua dea stava, dopo millenni, cedendo.
Il dio fece scivolare una mano lungo il fianco della dea, accarezzando quel corpo minuto e, adesso che poteva saggiarne superficialmente la consistenza, morbido. La sua mano andò a posarsi sul ventre attirandola contro di sé, facendola appoggiare al suo petto e in quel momento, per un attimo, i suoi sensi si destabilizzarono. Poteva un dio rimanere impietrito? Be’, ad Ares era appena successo.
«Ares...», mormorò la dea, socchiudendo appena gli occhi.
«Shh», la zittì Ares: «goditi lo spettacolo, goditi l’inferno...», le mormorò all’orecchio, sfiorandole il lobo con le labbra.
“Goditi me” avrebbe voluto dirle.
Athena poggiò la testa sulla spalla del dio, beandosi di quelle carezze che da sempre aveva rifiutato... lei era sempre stata sola, attratta da quello che ad altri era precluso: la sapienza. Non aveva mai pensato che un giorno qualcosa del genere potesse avvenire. Nonostante in molti avessero provato a rientrare nelle sue grazie, nonostante lo stesso Ares, più volte, avesse cercato di ammaliarla e sedurla, lei aveva sempre rifiutato, ma in quel momento, con la battaglia di fronte agli occhi, le grida, le urla, qualcosa si era acceso.
«Io sono vergine», disse in un sussurro, cercando di ricordare cosa per tutti quegli anni l’avesse spinta alla solitudine.
«Tu non sei la dea vergine, Artemide possiede quel ruolo, tu puoi lasciarti andare...» senza concludere la frase le fece voltare il viso così da poterle sfiorare le labbra. 
Fu solo un lieve tocco, che la fece rabbrividire. Poteva davvero? Per anni era stata lontana da tutto ciò, avrebbe davvero potuto comportarsi come tutte le altre divinità?
Ares, staccandosi di mala voglia da quel personale paradiso, la fece indietreggiare, fino ad appoggiarsi alla parete bianca dietro di loro, facendo voltare nuovamente Athena, in modo da ritrovarsela di fronte. 
I suoi occhi chiari sembravano aver preso un colorito più intenso, quasi blu, mentre le labbra leggermente socchiuse la rendevano estremamente invitante.
Abbassò il volto sul suo collo, fino a sfiorare con il naso quella sua pelle morbida e profumata, profumava di vittoria e sangue e questo la rendeva, ai suoi occhi, qualcosa di estremamente eccitante. 
La voleva. Da sempre.
L’aveva sempre desiderata, bella forte e battagliera.
Cominciò a lasciare piccoli e lievi baci sulla pelle liscia del collo, segnando una scia che dal lobo dell’orecchio andava al collo e poi proseguiva sul mento, fino a sfiorare nuovamente le labbra.
Dio, per quanto tempo aveva sognato quel momento...
Athena avvicinò il volto a quello del dio facendo incontrare piano le labbra, era il primo vero bacio, era la prima vera emozione.
Quel gesto lasciò per un attimo basito Ares, Athena aveva davvero ceduto a lui. Preso dalla frenesia di averla, finalmente, ribaltò le loro posizione, schiacciando la dea al muro e gettandosi a capofitto sulle sua labbra. Era come se volesse mangiarla, come se avesse aspettato troppo e adesso non riuscisse a fermarsi, non poteva frenare la voglia che aveva di lei, ancor di più se quell’ardore era ricambiato, lei aveva stretto le sue piccole braccia attorno al suo collo, socchiudendo le labbra per lasciargli libero accesso.
Che andassero al diavolo la sapienza e la saggezza, non aveva mai provato quelle sensazioni e adesso le voleva, più che mai. Le piaceva essere vezzeggiata, come Ares stava facendo.
Si alzò sulla punta dei piedi per raggiungere meglio le labbra di Ares, suscitando un leggero sorriso sul volto del dio. 
Ares le afferrò i fianchi, sollevandola dolcemente, fino a non farle toccare quasi più terra.
« Andiamo...», le sussurrò poi sulle labbra e Athena vide nei suoi occhi un lampo di malizia. La dea si strinse ancora più a lui, cercando l’incavo del collo per lasciare una serie di baci umidi che lasciarono il dio di stucco, eccitato e confuso, mentre ricercava tra i corridoi dell’Olimpo le sue stanze. 
La piccola dea che teneva tra le braccia lo stava facendo sciogliere, nonostante si vociferasse, e lui ne era certo, fosse inesperta.
La adagiò sul letto, appena giunse nelle sue stanze. Si fermò un attimo a guardarla e, in quell’esatto momento, pensò che nessuna, neanche Afrodite, riusciva a raggiungere la sua bellezza.
Athena lo attirò verso di sé, lasciando vagare le mani sul suo torace, sulla schiena; era come se avesse fretta di scoprire, voleva Ares e lo voleva subito, con tutto quello che ne comportava.
Non seppe più frenarsi Ares, andò ad alzarle la veste bianca che le copriva le gambe sottili e le cosce bianche, cercando di spostarle le spalline per poterle assaggiare anche il petto.
Era voglia e lussuria la loro, mischiata a qualcosa che in quel momento nemmeno loro erano riusciti a comprendere. Non era solo puro istinto sessuale, in quelle iridi chiare, Ares, riusciva a scorgere qualcosa che nelle altre mai aveva visto, un'attrazione che solo lei riusciva a suscitargli, qualcosa che solo lei aveva smosso, fin dagli albori dei tempi.
Athena seguì i suoi movimenti, permettendogli di toglierle quella veste bianca che mostrava al mondo il suo essere una dea, una volta tolto quell'indumento candido il fiato si bloccò nella gola.
Come aveva fatto a resisterle per tutto quel tempo. 
Piccola, minuta e candida. Quanto dolce poteva essere la sua pelle? 
«Spogliati...», sussurrò Athena, guardando negli occhi del dio, abbassando poi lo sguardo a
causa di quel pudore che l''imbarazzo le provocava.
Bella. Era la sola cosa che riusciva a pensare Ares in quel momento.
Bella e mia.
Si spogliò delle vesti da dio il più in fretta possibile, come aveva detto la dea e si posizionò su di lei, guardandola negli occhi. Scese a baciarle il collo e i seni, mentre le sue mani cercavano di vezzeggiarla e renderla il più rilassata possibile. 
Era una dea forte, ma era anche una donna, alla quale doveva riservare tutte le attenzione che un uomo poteva darle. Quando sentì la presa della dea stringersi attorno a lui, dopo averlo tratto di nuovo a sé, capì che non avrebbe più dovuto aspettare e entrò in lei, dimenticando tutto e tutti, non esistevano più in quel momento guerre o tradizioni, non ricordava più nemmeno di essere un dio.
Era un uomo in quel momento, un uomo con al fianco una donna bellissima che stava saggiando per la prima volta il piacere, quello assoluto. Quel pensiero lo sconvolse, sarebbe stato il primo, sarebbe stato perfetto, pensò, sublime.
Subito dopo quei pensieri aumentò il ritmo, sforzandosi di guardare negli occhi quella creatura che sotto di lui lo stava facendo contorcere a causa di un groviglio di emozioni. 
La guardò per tutto il tempo, voleva imprimersi nella mente l'immagine di lei al culmine del piacere... e avvenne, raggiunsero il limite insieme per poi accasciarsi stanchi e sudati.
Ares si appoggiò al suo petto, cosciente di non poter fare più a meno di quella dea che lo aveva irretito, fin dall'alba dei tempi.
«Grazie...», mormorò Atena posando un leggero bacio sulla fronte di Ares.
Non sapeva esattamente cosa dire in quel momento, non aveva la minima idea e Ares comprese le difficoltà di quella dea che sempre l'aveva affascinato.
In quel “grazie” erano riassunti una miriade di concetti, che non sarebbero riusciti a spiegare.
Ares non rispose, la guardò soltanto, sorridendole, prima di lasciare su quelle labbra rosse un bacio che per entrambi risultò essere estremamente dolce.
Avrebbero avuto tempo per trovare le parole con cui spiegare quel giorno, in quel momento un bacio bastava.

  

FINE


Buongiorno, popolo di EFP. Questa è una piccola follia che mi è venuta in mente durante il delirio pre-esame.
Dunque, partiamo da alcune precisazione che mi sento in dovere di fare.
I protagonisti, come avete letto, sono Ares ( dio della guerra) e Athena ( dea della guerra, intesta come guerra giusta, e della sapienza).
Questa one shot è ambientata durante un non ben specificato conflitto e le due divinità si trovano a far combattere i propri uomini.
Ares cita Ker, divinità minore della morte in battaglia, qui la frase del dio, il quale afferma che la dea si sta divertendo a sterminare.
Athena afferma che gli uomini sono sue creature, questo perché secondo una leggenda greca sulla creazione fu proprio Athena a creare gli uomini e a dare loro l’alito di vita.
Beh, terminate le precisazioni, o almeno quelle che ricordo, mi scuso per la one shot abbastanza orrida, è frutto di un momento di ispirazione malsana tra un articolo del codice civile e un altro e tra l’altro io non sono neanche brava a descrivere determinate scene, quindi spero che non sia venuta troppo orrida. Se così fosse, scusate!

Se volete potete trovarmi qui:
 
   
 
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