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Autore: purplebowties    15/01/2013    15 recensioni
Vuole sentirsi parte di qualcosa, vuole sapere di essere qualcosa di più del migliore amico scapolo che si sente solo. Vuole sapere di non essere un peso.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Chuck Bass, Nate Archibald | Coppie: Blair Waldorf/Chuck Bass, Nate Archibald/Serena Van Der Woodsen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro, Più stagioni
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Autore:purplebowties
Titolo: Chuck Bass knows (and remembers) everything
Rating: Verde
Timing: FutureFic
Personaggi: Chuck Bass, Nate Archibald,
Nominati o minori: Henry Bass, Blair Waldorf, Serena Van Der Woodsen
Paring: Nessuno in particolare, accenni di ChuckBlair, NateSerena
Introduzione: Vuole sentirsi parte di qualcosa, vuole sapere di essere qualcosa di più del migliore amico scapolo che si sente solo. Vuole sapere di non essere un peso.
 

Chuck Bass Knows (and remembers) Everything:
 

Like you’ll never get rid of your shadow,
you’ll never get rid of me.

Whatever happens, we’ve got us.*1
 
 
 
Nate non ricorda da quanto tempo, effettivamente, lui e Chuck siano amici.

Lo chiede a sua madre un pomeriggio, con una tazza di thè in mano ed addosso il completo che Chuck gli ha consigliato l’ultima volta che ha deciso di andare a trovarla (“Metti il maglione blu e la camicia azzurra, Nathaniel. Lo sai che a tua madre piace vederti vestito da bravo ragazzo”). Annie scuote la testa, un po’ contrariata.

“Da tutta la vita, Nate,” risponde.

 

Il primo ricordo che Nate ha di Chuck è quello di un bambino di quattro anni vestito come un adulto, una versione più colorata e più originale di quegli uomini d’affari che suo padre invita a cena di tanto in tanto. Central Park è un mantello d’erba annacquata sotto i loro piedi e Nate si diverte a saltare nel fango, approfittando della distrazione della sua tata.

Chuck lo guarda con aria stizzita. “Non capisco cosa ci sia di tanto esaltante nello sporcarsi i vestiti, Nathaniel. Tua madre si arrabbierà,” commenta piccato, tenendosi a debita distanza dalla terra umidiccia nelle mani di Nate, che fa spallucce.

“Ma è divertente, Chuck!”

“E’ una cosa da bambini.”

E Nate si impiastriccia un po’ di più con il fango, macchiandosi il maglione ed imbrattandosi i capelli biondi di sporco. Si impiastriccia e ride, incurante dello sguardo schifato di Chuck, perché è questo che si fa a quattro anni.

“Ma noi siamo bambini, Chuck,” obbietta innocente.

Due ore dopo, quando la tata li riporta carica di scuse a casa Archibald ed Annie fulmina il maglioncino una volta azzurro di Nate con lo sguardo, Chuck, senza macchia alcuna sulla sua giacca blu scuro, fa un passo avanti.

“Sono stato io a sporcare Nate, signora Archibald.”

Ed Anne gli crede. E’ Chuck Bass, infondo.

 

C’è una foto di lui e Chuck sul cassettone della sua camera da letto, vicino ad un paio di cravatte non riposte (Chuck guarderebbe le pieghe della seta arrotolata contrariato e  poi le farebbe riporre dal cameriere, se le potesse vedere) e una boccetta di profumo vuota per metà: due undicenni che sorridono all’obbiettivo - Nate sorride, Chuck ghigna - con gli sguardi confusi dai loro primi sorsi di liquore ed una vaga spensieratezza nell’abbraccio fraterno che li unisce.

Nate si ritrova a guardarla, una settimana dopo il matrimonio d Chuck e Blair, con un sorriso nostalgico sulle labbra ed un pizzico di tristezza a solleticargli il petto. Lo scotch sembra avere un sapore diverso senza Chuck che si rifiuta di versargliene più di due dita per volta “perché è una questione di classe”: sa di lontananza, di dolceamara malinconia. Deve ancora abituarsi all’idea di vivere da solo.

Così, quando il telefono squilla ed il nome di Chuck lampeggia sullo schermo, Nate non si cura nemmeno di nascondere il suo entusiasmo.  

“Scommetto che stavi aspettando questa telefonata, Nathaniel."

A Nate viene da ridere, perché ha controllato sistematicamente il suo cellulare per ben sette giorni aspettando che Chuck lo chiamasse; ha persino meditato di farlo lui per primo, prima che l’idea di una Blair oltremodo irritata gli facesse cambiare idea. E Chuck, per qualche inspiegabile motivo, lo sa. Come sempre.

“New York sente la vostra mancanza,” commenta allegro, e poi parla, parla ininterrottamente per una buona mezz’ora di tutto quello che gli viene in mente; dei progetti per lo Spectator, di Sage, di Dan e Serena (“Mia sorella lo lascerà per un barista, prima o poi,” afferma sicuro Chuck). non chiede racconti del viaggio di nozze, perché per quello bastano le foto pubblicate su Page Six (Chuck e Blair a Montecarlo, Chuck e Blair in Toscana, Chuck e Blair a Parigi, tutte in atteggiamenti promiscui). Parla finché non sente in lontananza Blair ridere e dire: “Ricorda a Nate che sei sposato con me, non con lui."

La telefonata è così confortante che, quando attacca, le due dita di scotch che si versa sorridendo sanno di famiglia, sanno di per sempre.

 

La sua storia con Sage finisce come è iniziata, inconsistente e priva di significato (almeno per Nate, che la guarda prendere un aereo per Londra senza riuscire a provare un minimo di dispiacere). Parlare della rottua è solo una buona scusa per passare del tempo con il suo migliore amico.

Chuck  passa a prenderlo all’Empire con la limousine e lo ascolta in silenzio, con attenzione, versando ritmicamente liquore nei loro bicchieri. Dopo il sesto Chuck è ancora perfettamente sobrio, impeccabile nel suo completo color melanzana, mentre Nate fa già fatica a pronunciare le parole con chiarezza.

Ad un punto impreciso del suo monologo, dopo altro scotch e molte altre parole senza senso, Nate biascica: “Non riesco a far durare una relazione per più di sei mesi, Chuck. Mi ha detto che sarebbe partita e io non ho provato niente."

Chuck ride, probabilmente del suo sguardo brillo e confuso. “E’ il Rasoio di Occman: a parità di fattori la spiegazione più semplice è quella giusta*2. Semplicemente, Nathaniel, non hai provato nulla nel lasciarla perché non provavi nulla neanche prima."

“Succede sempre così”.

“Oh, no. Non sempre. Chi è stata l’ultima ragazza a spezzarti il cuore, Nate?”

La risposta che Nate si da è più immediata di quanto vorrebbe e non ha bisogno di nominare Serena, perché Chuck aveva individuato il problema ancora prima che lui si accorgesse che ce ne fosse uno. Non ha il coraggio di dirlo ad alta voce, tuttavia. E’ qualcosa che lo fa sentire patetico e sciocco, così attende che Chuck risponda al posto suo. 

Solo che Chuck non lo fa (la risposta è banale e Chuck ha sempre disprezzato l’ovvietà). Piuttosto gli mette una mano sulla spalla e decreta: “Ascolta il vecchio Chuck, Nathaniel*3. Impara a concentrarti su te stesso."

 

Sei mesi dopo quella chiacchierata lo Spectator è il giornale più letto di tutta New York e lui è l’uomo dell’anno. Nate riceve complimenti da chiunque, sorride e stringe le mani di un mucchio di persone, persino quella di suo nonno – e sapere di non doverlo ringraziare per il suo successo e ciò che gli permette di ricominciare a partecipare alla vita dei Van Der Bilt.

E’ Chuck l’unico che vuole e sente di dover ringraziare.

Lo fa alla loro vecchia maniera, con un piccolo Lost Weekend che comprende l’uso del jet dello Spectator, il consenso di Blair (“Sono seria, Archiblad. Se mio marito non torna perfettamente sobrio e in salute giuro che me la prenderò con tutti e due!”) ed un mucchio di soldi persi al casinò di Las Vegas.

“Avevi ragione,” dice Nate, mentre sorseggia il suo liquore sul jet che li riporta a casa.

“Succede troppo spesso, Nathaniel. Devi essere un po’ più specifico."

“Riguardo a me; avevo bisogno di concentrami su me stesso."

Chuck sorride, uno di quei sorridi compiaciuti e pieni di sé che Nate interpreta come “sono Chuck Bass, è ovvio che avessi ragione”, e poi riempie il bicchiere ad entrambi – due dita, niente ghiaccio. “Avere ragione fa parte dei  miei compiti di migliore amico, Nathaniel."

 

Il primo anno di matrimonio di Chuck e Blair è un tripudio di epicità che esplode in un turbinio di feste esclusive, diamanti e vestiti coordinati; la vita da un milione di dollari - un eufemismo, chiaramente - di due giovani all’apice del loro successo, esibizionisti ed innamorati come non mai.

Per Nate restano i bambini con cui è cresciuto ed i ragazzi insieme ai quali è diventato uomo, la coppia che lo invita a cena una sera sì ed una no – almeno fino a quando Blair, sospirando rassegnata, gli dice che l’invito non è più necessario perché “Dorota ormai apparecchia per Mr. Nate anche se nessuno le da ordine di farlo”.

Casa loro è anche casa sua. Chuck non glielo dice esplicitamente, ma gli da una copia delle chiavi.

“Perché?” gli chiede Nate.

E’ una domanda superflua, Nate sa che non c’è alcuna motivazione pratica e che quelle chiavi sono un simbolo, ma vuole comunque sentire la risposta. Vuole sentirsi parte di qualcosa, vuole sapere di essere qualcosa di più del migliore amico scapolo che si sente solo. Vuole sapere di non essere un peso.

“Io ho le tue."

“E’ una suite d’hotel, Chuck. Il tuo hotel, tra l’altro."

Chuck rotea gli occhi e sospira. Nate sa che Chuck detesta le dichiarazioni plateali di affetto (a meno che non si tratti di Blair, alla quale ripete "Ti amo" ogni volta che ne ha l’occasione) e che la richiesta di non essere criptico lo innervosisce terribilmente, ma c’è comunque una nota di divertimento nel modo in cui gli risponde. “Nathaniel, avrei le tue chiavi anche se mi tradissi con un altro hotel o se vivessi in un vero appartamento," fa una pausa, uno di quei momenti di pura teatralità che fanno tanto ridere Nate. “Dovresti sapere che mi piace occuparmi della mia famiglia."

“Sembri un boss mafioso quando parli così.”

“Sono più capace e più pericoloso, Nathaniel. Sono Chuck Bass”.

 

Il Re e la Regina di Manhattan - non c’è giornale che non li abbia chiamati così almeno una volta e Chuck è così malsanamente soddisfatto da quel nomignolo che fa incidere una corona sulla targa all’ingresso dell’Empire, proprio sopra alle sue iniziali - rinnovano i loro voti a Capodanno.

E’ un evento di proporzioni enormi, quel matrimonio follemente megalomane che non hanno potuto avere quando si sono sposati davvero - qualcosa che comprende piatti d’oro, fuochi d’artificio, una montagna di rose rosse e vestiti appositamente disegnati per tutti loro -, e Nate è il testimone dello sposo.

Scrive il suo discorso sette volte e lo getta nella spezzatura altrettante, perché non sa da dove cominciare o quali parole usare (e Blair gli ha reso il compito ancora più difficile consegnandogli personalmente una lista di argomenti tabù).

Scrive e cancella almeno fin quando, la sera prima della cerimonia, Serena si presenta all’Empire nel suo vestito da cerimonia - una nuvola di seta nera e lustrini - con una bottiglia di tequila in mano e la “voglia di sentirsi viva”. Gli occhi le brillano ribelli e bramosi di libertà, qualcosa a cui lui non ha mai saputo resistere.

Nate che non le chiede perché quando, dopo il quinto giro di tequila bum bum, lei lo bacia. Sa che è sbagliato, che sono entrambi brilli, che la comparsa di Serena è probabilmente il risultato di un litigio con Dan e che se ne pentiranno entrambi la mattina dopo, ma quelle labbra gli mancavano così tanto che non può farne a meno.

Il risultato di quella follia è confusione; un vestito da damigella d’onore abbandonato sul pavimento della sua stanza e lenzuola che sanno di Serena – tequila, limone e quel suo profumo esotico - ma nessuna Serena nel suo letto.

E nessun discorso.

Così, quando è il suo turno di parlare (subito dopo Serena, che stringe la mano di Dan ed evita il suo sguardo come se fosse veleno, soffocando la ribellione con la colpa), Nate improvvisa. Non è mai stato bravo con i discorsi, men di meno con quelli estemporanei, eppure parlare di Chuck gli risulta incredibilmente semplice, naturale, un po’ come se stesse parlando di se stesso.

“Non ho mai avuto un fratello maggiore, ma ho avuto Chuck. Si è preso cura di me ed io sono stato la sua famiglia. Ed ora che è felicemente sposato, lui continua ad essere la mia,” conclude, prima di augurare ulteriore felicità alla coppia che ne ha tanta da fare invidia a chiunque.

Non c’è nulla che gli sembri più vero e concreto di quelle parole.

 

Una settimana dopo, Nate lo trova nel suo ufficio. E’ seduto a gambe incrociate, il viso nascosto dalla pagina finanziaria del New York Times e quello che deve essere il suo primo drink della giornata in mano.

“Come diavolo sei entrato?” gli chiede Nate, sedendosi alla scrivania. 
Non è veramente stupito, sa che probabilmente Chuck è stato sufficientemente intimidatorio da rendere vana qualsiasi obiezione da parte della sua segretaria anche solo pronunciando il suo nome). “No, aspetta. Non penso di volerlo sapere."
 
Quando il giornale si abbassa, per qualche strana ragione, lo sguardo intimidatorio è ancora lì. “Dopo più di vent’anni di amicizia sei ancora seriamente convinto di potermi nascondere qualcosa, Nathaniel?”

“Di che cosa stai…”

“Tu e Serena."

Nate sospira pesantemente e butta la testa indietro, chiudendo gli occhi e dandosi mentalmente dell’idiota. Sapeva che Chuck lo avrebbe scoperto prima o poi - Chuck sa sempre tutto -, ma far finta di nulla gli è sembrata la cosa più semplice da fare. “Non c’è niente da sapere, Chuck. E’ successo e basta, lei era sola, io ero solo, ha portato una bottiglia di Tequila e…”

Chuck lo ferma, alzando il palmo della mano. “Avremo tempo per parlare di te, di mia sorella e del motivo per cui avete deciso di fare una camminata sul viale dei ricordi più tardi," appoggia il giornale sulla scrivania e si accomoda meglio sulla sedia di pelle. “Quello che mi preme sapere, in realtà, è il perché non mi hai detto nulla."

Nate sospira. Non lo sa, in realtà. Non sa se ha a che fare con il suo disperato desiderio di dimenticare o con la vergogna che prova. Chuck è un uomo felicemente sposato, così incredibilmente solido con la sua fede al dito e la sicurezza di essere amato, mentre lui è ancora innamorato dell’unica donna che non ha mai avuto il coraggio di volerlo per davvero. 

“Mi sento un idiota,” dice semplicemente.

“Perché hai pensato di riuscire a nascondermi qualcosa o per quello che è successo?” Lo sguardo intimidatorio di Chuck è andato via, sostituito da un ghigno divertito e decisamente più disteso.

“Per entrambe le cose,” Nate sospira e  Chuck ridacchia, un po’ compiaciuto. “E non volevo che pensassi che sono…”

“Nathaniel, dimmi, ti ho mai giudicato?”

Nate sbatte gli occhi, spiazzato. La risposta è no, chiaramente, ed è anche il motivo per cui nascondere di Serena a Chuck è stato assolutamente privo senso.

“Mi racconterai cosa è successo a cena,” prosegue Chuck, alzandosi. “Passo a prenderti alle otto. Cerca di non indossare dei jeans, Nathaniel."

C’è qualcosa di fastidioso nel modo in cui Chuck riesce sempre a lasciarlo senza possibilità di obiezione, ma Nate si ritrova a sorridere guardandolo sparire oltre la porta.

 

Nate si dimentica sempre di avvertire quando passa a casa Bass, è qualcosa di talmente logico e naturale per lui che non ne sente affatto l’esigenza, ma Chuck non è solito presentarsi a casa sua senza avvisare. Generalmente gli piace bearsi dell’idea di essere atteso, magari con un drink già pronto e un vassoio colmo di eclairs fatte arrivare su dalle cucine appositamente per lui.

Così, quando Chuck spunta inaspettatamente fuori dal suo ascensore una sera di inizio Febbraio, Nate sa che sta succedendo qualcosa. Lo capisce dal modo in cui il suo migliore amico di muove, più sgraziato del solito, dalla velocità con cui si versa da bere e resta in piedi al centro della stanza, facendo ticchettare nervosamente le dita sul bicchiere.

“Stai bene?” gli chiede Nate, confuso. Non è mai stato bravo a leggere le persone, non bravo quanto Chuck almeno, ma sa che, qualunque sia il motivo di quella irruzione, è qualcosa di abbastanza sconvolgente da lasciare Chuck Bass con la cravatta slacciata.

Chuck non risponde.

Man?”

“Blair è incinta,” sussurra.

Nate trattiene il respiro di fronte al mescolarsi di emozioni che legge sul volto di Chuck. C’è gioia ed emozione, ma anche una profonda paura nel pallore più accentuato del solito. Le mani di Chuck tremano mentre stringere il bicchiere e Nate capisce da dove viene quel terrore. Nessuno parla mai di Bart Bass, è una sorta di argomento tabù, ma c’è il suo fantasma nello sguardo di Chuck in quel momento e Nate sa che è quello il problema.

Chuck non dice che è spaventato, ma non gli da il tempo di congratularsi. “E se non fossi capace di fare il padre?”.

E’ una domanda semplice e diretta ed è esattamente quella che Nate stava aspettando, quindi ha la risposta pronta. “Sono sicuro che sarai un padre perfetto, Chuck," sospira, cercando le parole giuste. “Non sei come lui, non lo sei mai stato e non lo diventerai."

Nate non fa il nome di Bart, lo lascia implicito per delicatezza, e, quando Chuck lo guarda dritto negli occhi, un po’ della paura si trasforma in gratitudine. Non ha bisogno di aggiungere altro, si limita a riempire nuovamente il bicchiere di Chuck e a versare un po’ di liquore per sé.

“Al prossimo o alla prossima erede al trono di questa città,” dice, proponendo un brindisi.

Quando Chuck alza il suo bicchiere c’è solo felicità negli occhi scuri.

 

Hanno cinque anni quando Nate vede il padre di Chuck per la prima volta (non lo ha mai visto prima perché il signor Bass lascia Chuck a casa Archibald al mattino quando è troppo presto per svegliarsi e viene a prenderlo la sera tardi, quando Nate dorme già da tanto ed è sempre troppo impegnato per le cene che organizza la sua mamma). E’ spaventoso. Un uomo alto  con gli occhi azzurri, ma che non sono allegri come quelli del suo papà e non sono profondi come quelli della sua mamma.

Il signor Bass parla per tutta la sera con il Capitano di qualche cosa che Nate non capisce e Chuck se ne sta seduto a tavola incredibilmente calmo, a giocherellare con il cibo senza assaggiare neanche un boccone del suo pasticcio di carne – e Chuck ama il pasticcio, Nate lo sa perché una volta lo hanno rubato dalla cucina e mangiato di notte, procurandosi una dolorosa indigestione.


Nate non capisce. Chuck è con loro da una settimana e sette giorni (o sei? Quanti giorni ha una settimana?) sono veramente un’eternità. Quando il Capitano sta via qualche giorno, torna sempre carico di regali per lui e non fa altro che coccolarlo ed assecondarlo per tutto il giorno.

Invece il signor Bass si sporge verso il figlio a metà cena e dice: “Spero che tu ti sia comportato bene, Charles."

Non aggiunge altro.

“Puoi vivere con noi un'altra settimana, sai?” sussurra Nate nell’orecchio di Chuck, prima che vada via. “Così il tuo papà si dimentica perché è arrabbiato con te." E’ un piano perfetto, pensa, perché sua mamma si dimentica sempre di essere arrabbiata con lui dopo un po’, anche quando combina qualche grosso guaio.

Chuck abbassa gli occhi. “Bart non se lo dimentica mai." 

 

Henry Charles Nathaniel Waldorf Bass nasce il 30 di Settembre alle tre del mattino, in ritardo di una settimana, giusto per chiarire al mondo che è un Bass.

Nate non sa sorride di più per le lacrime di commozione negli occhi di Chuck (Serena fa una foto dell'uomo più potente di New York con la camicia completamente sbottonata e i capelli spettinati, solo per usarla come strumento di ricatto) o per l'infinita perfezione di quel bambino. Sa solo che, dopo ore passate a sorridere, i muscoli del viso gli fanno male.

"Ha più nomi di un erede al trono, Chuck," commenta Serena, la mattina dopo.

Sono tutti nella stanza di Blair (Chuck ha affittato l'intero piano, il che annulla la regola del numero massimo di visitatori) e nessuno riesce a distogliere gli occhi dal piccolo Henry che dorme pacificamente tra le braccia di Blair, con una tutina viola. E' un Chuck in miniatura.

"Lo è," risponde Blair per lui, soddisfatta.

Nate ricomincia a sorridere. Non può non farlo, quella felicità è così contagiosa da fargli dimenticare Serena seduta sulle ginocchia di Dan.

"Sono abbastanza offeso che non ci sia anche il mio tra la lunga lista dei nomi di tuo figlio, nipote," borbotta Jack più tardi, a metà tra lo scherzo e l'accusa.  

Sono nella caffetteria dell'ospedale, per concedere alle ragazze un momento tra donne.

"Siete tutti geneticamente così egocentrici voi Bass?"ribatte Dan, scuotendo la testa.

Jack lo ignora e Chuck fa lo stesso, mentre corregge il suo caffè con un pò di scotch, prima di passare la fiaschetta d'argento a suo zio, che prosegue: "Non ha il mio nome, ma ha il nome del biondino."

"Nathaniel è lo zio di Henry, Jack," dice Chuck, divertito ma categorico.

"Io sono tuo zio, il che significa che sono anche lo zio di tuo figlio."

"Prozio. E comunque non è una questione di legami di sangue."

"Chuck ha ragione," dice infine Nate, con sicurezza, mettendo fine alla questione. "Tutto questo non ha nulla a che fare con il sangue."

 

Henry diventa la sua gioia più grande ed essere zio lo soddisfa ancora di più della svolta politica della sua carriera. E’ come avere a che fare con un Chuck ed una Blair di tre anni mischiati insieme, con la differenza che Henry è un bambino sereno e sempre sorridente, viziato e coccolato da tutti.

Improvvisamente non è più solo Nathaniel, ma lo zio Nate, quello che vince sempre la gara del regalo più bello (Chuck e Blair sono esclusi dalla competizione, ovviamente, perché per quanto facoltoso Nate
 sia, non può permettersi di comprare un ranch intero per un compleanno), e la cosa lo fa sentire incredibilmente importante.

E’ con lui che Henry vede la sua prima partita di baseball, quando compie quattro anni.

Nate strabuzza gli occhi quando lo vede trotterellare giù per le scale, con un completo azzurro pastello e un papillon lilla.

“Henry, non puoi venire alla partita degli  Yankees vestito così," dice Nate, cercando di non ridere.

"Perchè no, zio Nate?” gli chiede Henry. Ha lo sguardo serio e Nate sa che è davvero permaloso quando si tratta di vestiti.

"Perchè si va vestiti sportivi alle partite di baseball," spiega. "Vedi? Io indosso i jeans."

Henry lo guarda male. "A me piacciono i completi. Papà ne ha uno come il mio, sai? Lo ha fatto fare su misura per me, vedi? C’è scritto il mio nome sulla camicia!” dichiara orgoglioso e poi prosegue: “La mamma dice che solo la gente di Brooklyn mette i jeans e poi papà ha detto che i nostri posti sono in tribuna d’onore. Significa che siamo importanti."

A quel commento Nate non può fare altro che ridere e scompigliare i capelli di suo nipote. “Sei davvero un Bass, ragazzino."

 

Serena e Dan si lasciano e tornano insieme quattro volte in quattro anni.

Nate ricorda il numero preciso perché è anche il numero delle volte in cui Serena finisce tra sue lenzuola prima di partire per qualche posto - c’è stata la Spagna e poi la Grecia e gli occhi selvaggi di Serena su tutti i giornali - per poi tornare e mormorargli in un orecchio: “Voglio essere diversa, Natie. Voglio essere migliore di così."

Lui non trova il mai coraggio di dirle che tutto ciò di cui ha bisogno è che lei sia se stessa, che sia Serena.

E’ Chuck a raccoglierlo da terra - metaforicamente e non solo - tutte le volte che succede. Lo porta a casa per cena, fa preparare a Dorota il suo piatto preferito (“Papà, mangiamo hamburger e patatine perché zia Serena ha fatto di nuovo diventare triste lo zio Nate, vero?” chiede Henry mentre Blair rotea gli occhi) e poi prende due bottiglie di scotch  (“Una per te e una per me, Nathaniel. Nessuno può reggere il tuo capitolo Serena senza essere ubriaco”) e lo ascolta silenziosamente anche fino all’alba, quando è necessario.

Poi, un giorno, Serena si materializza all’Empire - come sempre, come tutte le volte -  senza alcuna traccia di ribellione negli occhi chiari, ma con una mite malinconia a macchiarle lo sguardo. Gli consegna la partecipazione di matrimonio silenziosamente e se ne va, lasciandolo al centro del salotto con quel cartoncino dorato in mano e un nodo in gola.

“Devi lasciarla andare, Nathaniel,” gli dice Chuck con tono serio, la sera stessa. “Ti stai solo facendo del male."

“Lui non la rende felice,” obbietta Nate, tristemente. “Lui vuole cambiarla,” aggiunge, con una certa rabbia.

Chuck scuote la testa. “Deve capirlo da sola. Non c’è nulla che tu possa imporle, conosci Serena”.

Chuck ha ragione - di nuovo - ma Nate non risponde. E’ come se tutto intorno a lui  fosse diventato spento e grigio.

Tutto se non Henry, che il giorno dopo gli fa recapitare in ufficio un regalo: è un foglio di carta color panna, con le iniziali di Henry stampate sul fondo (“Carta personalizzata, come quella che uso io,” gli spiega Chuck orgoglioso qualche giorno dopo) e due sagome disegnate che si prendono per mano. “Io e zio Nate” c’è scritto sulla cima del foglio. E’ il momento più felice della sua settimana.

 

Candidarsi a sindaco è solo il passo successivo della sua carriera, ma Chuck deve spronarlo insistentemente per un mese prima che Nate si decida.

Continua a ripetersi che è troppo giovane e troppo onesto per fare il sindaco, che non si sente abbastanza capace, che non si sente all’altezza, almeno fin quando Chuck e Blair non organizzano una vera e propria cena di convincimento (mandano addirittura Henry a dormire da Lily, per avere la sua completa attenzione).

“Io credo che tu sia solo spaventato,” dice Chuck e Blair, con la medesima espressione saccente del marito, annuisce vistosamente. “Sei un uomo di successo che merita quello che ha, Nathaniel. Quando lo capirai?” gli chiede seriamente.

La risposta di Nate arriva una settimana dopo, quando si presenta nell’ufficio di Chuck con una bottiglia di Champagne.

“Festeggiamo qualcosa?” gli chiede Chuck divertito, con il ghigno furbo di chi ha già capito tutto.

“Mi sono deciso. Avevi ragione, ero solo spaventato," ammette Nate, con un sorriso “E ora non dirmi che Chuck Bass ha sempre ragione," si affretta poi ad aggiungere ed entrambi iniziano a ridere.

 

Tutti loro amano le tradizioni e ne creano delle nuove, costantemente. Da qualche anno Chuck e Nate hanno preso  l’abitudine di fumare un sigaro il pomeriggio della vigilia di Natale, mentre Blair porta Henry a pattinare a Central Park. E’ una cosa che Nate adora, un qualcosa che lo fa pensare a quando da bambini passavano quel pomeriggio cercando di scoprire dove Anne avesse nascosto i regali per Nate.

“Ti avviso; Blair è oltremodo entusiasta oggi,” gli dice Chuck dopo aver soffiato un po’ di fumo.

“Come mai?”

Chuck ghigna, illuminandosi di orgoglio. “Tuo nipote di sei anni ha appena stabilito una monarchia nella sua classe."

Nate lo guarda confuso. “Cosa?”

“Pare che abbia detto ai suoi compagni che suo padre e sua madre sono l’uomo e la donna più potenti di New York e che suo zio è il sindaco, il che lo rende, cito testualmente, migliore di tutti loro. E’ stato piuttosto convincente."

“Come fate a saperlo?” chiede Nate, divertito.

“Oh, ce l’ha raccontato. Era molto, molto orgoglioso."

Nate ride di gusto. “E’ davvero vostro figlio, man."

“E’ un peccato che Serena non sia qui con noi, comunque. Blair era davvero turbata,” dice Chuck dopo un po'. “Le ha detto che il Natale si passa in famiglia, e non da sola su un'isola caraibica, ma dopo il divorzio dice di aver bisogno di schiarirsi le idee."

Nate sospira rattristito, perché vorrebbe che lei fosse lì, ma nemmeno l’assenza di Serena riesce a portare via il calore che prova: è con la sua famiglia ed è davvero l’unica cosa che importa.

 

“Papà, da quanto tempo siete amici tu e lo zio Nate?” chiede Henry più tardi, la stessa sera. Ha le carte da in mano, mentre Chuck gli insegna come giocare a poker di nascosto da Blair, che è troppo impegnata a parlare in francese con suo padre per notare altro.

“Già, Chuck. Da quanto tempo?” chiede anche Nate, sorridendo.

“Da tutta la vita,” risponde Chuck, teatrale.

“Credi che saremo amici per sempre, Chuck?” gli chiede Nate un pomeriggio dei loro sei anni, con la testa appoggiata al muro della sua stanza e gli occhi carichi di speranza.

“Blair ti ha fatto guardare Red e Toby*4, Nathaniel?”

Nate lo ignora (in realtà è Serena che gliel’ha fatto guardare, e lui le ha accarezzato i capelli quando si è messa a piangere, cercando di non fare lo stesso perché Chuck gli ha spiegato che gli uomini veri non piangono).“Blair dice che io e lei ci ameremo per sempre. Quanto tempo è per sempre? Tu sai cosa significa amare, Chuck? E’ quella cosa che succede quando le persone si baciano? Tu hai mai baciato qualcuno, Chuck?”

“Ti ha mai detto nessuno che fai troppe domande?” Chuck si sistema meglio le braccia sotto alla testa. E’ disteso sul pavimento di legno, con la camicia rosa e gli occhi chiusi, silenzioso. Chuck non parla mai molto.

Nate sbuffa. “Sei proprio noioso.”

Fare domande a Chuck è davvero soddisfacente, perché sa sempre tutto e Nate si chiede come diavolo faccia. Lui ha imparato a contare solo da un paio di settimane e non sa ancora leggere tutte le lettere dell’alfabeto. Neanche Serena le sa leggere…forse è lei che dovrebbe baciare?

“Per sempre è per sempre, Nathaniel: è finchè non muori.”

Le altre domande vengono palesemente ignorate.


“Si può davvero essere amici di una persona per così tanto, papà?” Henry è entusiasta e li osserva entrambi incuriosito.

“Non sempre, Henry. Ma Nathaniel è come un fratello per me, è per questo che lo chiami zio. E poi gli ho fatto una promessa quando avevo la tua età: gli ho promesso che saremmo stati amici per tutta la vita. Noi Bass manteniamo sempre le promesse."

A quelle parole a Nate va di traverso il sorso di scotch che stava bevendo. “Te lo ricordi davvero?” chiede a Chuck, confuso e stupito.

“Chuck Bass sa e ricorda tutto, Nathaniel."

"“E’ così tanto tempo?”

“Sì."

“Allora voglio essere il tuo migliore amico per sempre,” afferma Nate, tirandosi in piedi.

Osserva Chuck spalancare gli occhi e piegare le labbra nel suo sorriso strano, quello che Blair dice chiamarsi
ghigno: Blair conosce davvero tante parole.

“A patto che prometti di smettere di farmi tante domande”.

E allora Nate ride e gli getta addosso un cuscino e un altro e un altro ancora, finché Chuck si alza e comincia a rispondere ai colpi. Si arrende solo quando si accorge di avere la camicia stropicciata.“D’accordo, d’accordo," ha le mani alzate, in segno di pace. “Per sempre."

 

 
Note:
[1]
“Me and my Shadow”, Frank Sinatra e Sammy Davis Jr.
[2] E’ un principio metodologico formulato nel XIV secolo dal filosofo e frate francescano inglese William of Ockham.
[3] Riferimento al Pilot, in cui Chuck dice a Nate: "Talk to Chuck, buddie."
[4] Red e Toby – Nemiciamici è un film Disney del 1981
   
 
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