Risate, sorrisi, occhi. Risate dolorose, sorrisi accusatori, occhi spietati. Ovunque mi volti, è questa la mia realtà. Una realtà incorniciata dalle mie lacrime, sporche come il fango, come questo misero corpo. Come il nome che porto, un nome conosciuto dal mondo intero, un nome che è il peggior insulto. E non servirebbe a nulla cambiarlo, quel nome è scritto nella mia anima. Corro, per sfuggire a quelle risate e a quegli occhi che non conoscono pietà. Sento i miei piedi graffiarsi su questo asfalto ruvido, la mia anima dilaniarsi in questo buio lacerante. E per quanto aneli la luce della vita, continuo a vivere in questa prigione di carta. Tendo la mia mano, nella vana speranza di poterne stringere un’altra. Continuo a guardarmi intorno, cercando quegli occhi che saprebbero salvarmi. Continuo a camminare, nella disperata ricerca di calore. Perché questo mondo è freddo, troppo. E il mio corpo è nudo. Misera carne al servizio di questi demoni dalle sembianze umane. E mi chiedo perché sia nata nel mondo sbagliato, perché mi sia toccata un’anima in un regno governato dall’odio. Quanto dolore è possibile sopportare? Quante ferite è possibile aprire? Continuo a camminare, nella speranzosa ricerca del mio mondo. Guardo il mio riflesso nelle acque di un lago. Tocco la mia pelle umida di lacrime. Desiderosa di trovare il mio posto in questo immenso dolore. Di divenire parte di un tutto. Piano, lascio che l’acqua accarezzi le mie membra fragili. Piano, lascio che il mio corpo divenga una goccia nella distesa azzurra.
Una piuma cade leggera. Un nuovo angelo ha spiccato il volo.