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Autore: A l b a_    15/01/2013    6 recensioni
Era il 10 dicembre, quando Blair Waldorf afferrò le mani del suo Chuck Bass, con una forza mai avuta prima.
Intenta a tenerlo con sé il più a lungo possibile, terrorizzata all'idea di perderlo, per sempre.
Faceva freddo fuori, faceva freddo anche dentro i loro occhi, lucidi e ammaliati dai ricordi.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blair Waldorf, Chuck Bass | Coppie: Blair Waldorf/Chuck Bass
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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" Nelle notti come questa la tenni fra le mie braccia.
La baciai tante volte sotto il cielo infinito. [...]
Come non amare i suoi grandi occhi fissi. [...]
La sua voce, il suo corpo chiaro. I suoi occhi infiniti."
Pablo Neruda.
 
 
 

 

-Memories in the eyes-
Memory 1: Cold Heart
 
 
"Tre giorni al massimo".
Quel camice bianco emanava l'odore acre del disinfettante esageratamente utilizzato.
Troppo bianco. Troppo pulito. Troppo freddo.
"Signora, mi dispiace."
Silenzio. Un silenzio torbido e pieno di dubbi e certezze. Pieno di lacrime e di dolore.
Non riusciva a dire niente e neanche a piangere.
Ma non perchè non fosse terribile ciò che gli era stato detto, piuttosto perchè era paralizzata da quel dolore improvviso.
Lo guardò bene pensando alle ultime parole che quell'uomo dal camice bianco aveva detto.
Non è vero, a lui non dispiaceva affatto, perchè lui semplicemente non poteva capire.
Tutto questo per lui non aveva  valore, ha visto cose ben peggiori, ha dovuto dare notizie di quel tipo tante volte.
Tu sei semplicemente una delle tante a cui anticipare la morte. Un numero.
Abbassi gli occhi verso quel bianco accecante, persa, alla ricerca di qualcosa che ti potesse distrarre da tutta quella confusione.
Esamini tutto ogni lembo di stoffa.
Poi eccola, piccola e isignificante una piccolissima macchia di caffè.
Caffè, allora forse quello non è solo un freddo a inspido camice, forse un po' umano lo è anche lui.
Una macchia di caffè cambia tutto.
Un macchia può alleggerire troppa perfezione.
Una macchia può sporcare definitivamente una cosa bella.
Una macchia può uccidere, può essere un incurabile cancro allo stadio terminale, che da lì a tre giorni ucciderà tuo marito.
Sentì gli occhi bagnati e confusi.
Sapevi che sarebbe arrivato quel giorno.
Ti era sempre stato detto che prima o poi si muore.
 
"Tesoro, era solo un dannato criceto!"
Era assolutamente sull'orlo dell'esasperazione. Quando quella donna si impuntava sapeva farlo letteralmente impazzire in tutti i sensi.
"Non era solo un criceto era il mio Oscar, il mio criceto."
Rispose lei impronciata e quasi triste, odiava quando suo marito non le dava importanza.
"Cosa vuoi che faccia allora? Non so ancora resuscitare criceti!"
Non sapeva più che dire, ma era certo che i suoi nervi sarebbero saltati di lì a poco, erano 2 giorni che insisteva.
"Sei uno stronzo! Ecco cosa sei...un insensibile! E' morto Oscar e tu non hai neanche un po' di riguardo."
Disse lei quasi sull'orlo delle lacrime.
Oscar era il suo animaletto da quasi 2 anni, glielo aveva regalato sua madre.
In realtà più che un reagalo lei aveva sempre pensato che fosse più un modo di sua madre per sbarazzarsene.
Odiava tutti i topi e anche i derivati. In realtà anche lei non li apprezzava molto, ma allora era in un periodo durante il quale era 
particolarmente sensibile e sentiva un grosso impulso di maternità.
Così aveva accettato Oscar. L'aveva messo in una gabbia spropositatamente enorme per quell'esserino e l'aveva curato e agghindato 
come un bambolotto. Gli dava cibo scelto accuratamente e aveva assunto una
donna specializzata che se ne occupasse mentre lei era in viaggio.
All'inizio lui era quasi felice di vedere sua moglie così realizzata.
Sapeva che lei era in quel momento nel quale le donne devono avere per forza qualcosa di cui curarsi,
e nonostante non capisse come un orribile topo potesse far sorgere sul suo viso un sorriso così soddisfatto, aveva accettato l'idea.
Nei mesi successivi però le cose erano degenerate, lui si sentiva sempre meno considerato ed era arrivato al punto di essere geloso.
Un giorno avevano litigato anche pesantemente e lei era andata a dormire da Serena.
Ovviamente la guerra era stata intensa ma veloce e neanche due giorni dopo si erano ritrovati a ruzzolare legati e sudati nelle lenzuola 
per quasi 24 ore.
Dopo la loro solita riappacificazione avevano deciso di speficare dei punti fondamentali perchè la loro vita di coppia non venisse 
distrutta da un topo.
Così le cose si erano rilassate, fino ad arrivare quasi al completo disinteresse di sua moglie nei confronti di Oscar, che aveva affidato ad 
una donna fissa.
Era tipico di lei stancarsi delle cose.
A volte temeva anche che si stancasse del suo stesso marito, e si sentiva al quanto inutile.
Ma dopo questi brutti pensieri arrivava sempre lei, con le sue mani delicate e i suoi baci dolci e umidi a consolarlo e a riassicurarlo.
Non si sarebbe mai stancata.
Respirò nuovamente per calmarsi ed essere ragionevole.
Le si avvicinò e le accarezzò un braccio.
" Ok tesoro, mi dispiace. Forse sono stato un po' cattivo...e che mi sembra assurda questa tua immensa paura della morte!"
Lei subito rimase imbronciata, poi si raddolcì, fino a diventare malinconica per le ultime parole.
" Io ho paura di perdere ciò che amo."
La guardò con attenzione.
" Tutti abbiamo paura, anche io. Ma non ci si può pensare troppo se non si vuole impazzire."
Sorrise, come sempre aveva ragione.
" Un giorno moriremo tutti, anche io. Cara,"
Il suo sguardo si rabbuiò. Le si formò un nodo alla gola sentì gli occhi pronti a bagnarsi.
"Basta, ho capito."
Lui capì immediatamente e le si avvicinò.
Le stampo' un dolce bacio sulle labbra.
" Io sono sempre qui."
 
In quel momento si odiava per averci creduto. Non sarebbe stato sempre lì. Era un bugiardo.
Tra poco l'avrebbe lasciata da sola, senza più un'anima, senza più il respiro, senza un motivo per il quale vivere.
Bastardo, era sempre stato un bastardo. In un modo o nell'altro alla fine l'abbandonava.
Sentì una lacrima rigarle il viso.
" Signora?"
Alzò lo sguardo incontrando quello dell'uomo.
Era rimasta incantata a guardare quella macchiolina senza accorgersi di avere tutti quegli sguardi curiosi puntati su di lei.
" Signora, vada da lui."
Respirò forte, portandosi una mano alla bocca per non continuare a piangere.
" Se ne vada, mi lasci sola. Ha già fatto abbastanza per oggi."
Disse con un filo di voce.
L'uomo dal camice bianco si allontanò quasi impaurito.
Lei rimase seduta sulla sedia lasciando che le lacrime facessero il suo corso.
Rimase un' ora esatta.
Poi le asciugò, si mise a posto i capelli candidi con le mani, si alzò a si diresse verso la stanza 235.
 
Era disteso a letto da troppo tempo, constatò.
Aveva bisogno di una doccia, puzzava come un cammello.
Era assurdo, pensò, quanto fosse forte la sua mania per la pulizia. Se non si lavava almeno due volte al giorno poteva essere paragonato 
ad un barbone di Brooklyn.
Sorrise beffardo.
Quanto odiava gli ospedali, cazzo.
Se non fosse stato per colpa di quella donna che anche dopo 50 anni di matrimonio riusciva a fargli fare ciò che voleva, lui in un 
ospedale non ci avrebbe più messo piede fino alla morte.
La morte-
La sentiva vicina, sentiva che stava per succedere. Ma a lei non l'aveva detto, sapeva infatti che se ne avesse fatto parola l'avrebbe 
distrutta.
Immaginava quei suoi grandi occhi riempirsi di lacrime e tristezza. Si sentì perso.
Non poteva.
Quando, sentì la porta aprirsi e i suoi primi potenti ma leggeri passi farsi lentamente strada nella camera, sapeva già cosa gli era stato 
detto.
Era lei, lì in mezzo, piccola ma forte. Bella anche con tutte quelle lievi rughe, curate, a ornagli il volto.
Il suoi capelli grigi ma morbidi e ben pettinati, tirati su.
Rise dentro di sè pensando che anche quando si trovava su un letto d'ospedale lei cercava in qualche modo, involontariamente di sedurlo 
tirando su i capelli. Sapevo che lo faceva impazzire.
Il collo liscio e le spalle un po' più piccole e un po' più schiacciate ma sempre superbe.
Il suo corpo era rimasto intatto, solo invecchiato un po'.
La vecchiaia per lei era solo una maschera, infatti era ancora bellissima e giovane. Lei era una dea che si adattava al tempo che passava 
come un normale mortale, ma celava in se sempre la stessa età.
Era avvolta in un vestito che la fasciava perfettamente, verde smeraldo, con le maniche di retina che arrivavano delicatamente fino ai 
polsi.
Alle mani aveva sempre i soliti tre anelli.
Uno, l'Harry Winston che spiccava.
L'altro, la fede.
L'ultimo, quello della giornata che si abbinava perfettamente al completo.
I suoi grandi occhi marroni, fissi su di sè.
Adorava il modo in cui lei lo guardava, lo faceva sentire parte di qualcosa. I suoi occhi erano sempre meravigliosi.
Più la guardava e più l'amava.
Non aveva mai spesso neanche un secondo.
Non l'aveva mai tradita, mai abbandonata neanche un attimo.
Non voleva altro se non lei, solo lei.
La sua Blair.
 
Era confusa, in mezzo alla stanza.
Lo guardava cercando di trasparire serena, anche se sapeva che lui avrebbe subito capito.
Non poteva accettare di vederlo così debole in quel letto, così piccolo.
Lui era sempre stato forte, possente.
L'aveva sempre protetta.
Con un'abbraccio era in grado di nasconderla dalle cattiverie del mondo.
Il suo sguardo ammaliante, profondo, color caramello era rimasto invariato nel tempo.
I suoi capelli erano solo diventati grigi e a tratti bianchi.
Il suo corpo si era leggermente snellito, ma pareva sempre onnipotente.
Le rughe sul volto l'avevano reso solo più interessante, mai più vecchio, mai dannatamente meno bello.
Lo amava così tanto e non riusciva ad accettare tutto quel casino.
Nessuno poteva portarglielo via.
Il suo Chuck.
 
Non si dissero niente, sapevano già tutto.
Era sempre stato così, non c'erano parole.
Non servivano.
E soprattutto in quel momento, bastava uno sguardo.
Bastava guardarsi in sincronio.
Corse ad abbracciarlo, a stringerlo mentre lui cercava di sembrare forte, ma ciò che usciva era solo un sorriso malinconico tradito dalle 
piccole lacrime che lo rigavano.
Lei invece aveva ucciso ogni barriera. Era annegata in lui e aveva iniziato a piangere silenziosamente.
"Io sono -per ora- sempre qui, ti amo."
Sapeva che non era così, ma bastò a calmarla un po'.
Lo guardò per qualche attimo, e lui ricambiò quello loro solito segno d'amore.
Avevano paura, entrambi avevano un'enorme paura all'idea di non potersi più guardare così.
Rimasero stretti così a lungo, mentre il mondo continuava a girare, la luna cercava di risalire
e il sole tramontava.
Rimasero stretti l'uno all'altra minuti,attimi,ore.
Le voci erano un blando ricordo, non esisteva altro al mondo.
Probabilmente anche la stessa morte, sarebbe rimasta sconvolta da una tale visione.
 
 
 Era il 10 dicembre, quando Blair Waldor afferrò le mani del suo Chuck Bass, con una forza mai avuta prima.
Intenta a tenerlo con se.
Faceva freddo fuori, faceva freddo anche dentro i loro cuori.

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Un saluto enorme a tutti i miei (pochi) lettori.
Penso sia in assoluto la prima volta in cui mi rivolgo a voi, forse perchè non so mai come parlarvi.
Chiunque tu sia, ti ringrazio per aver letto il primo capitolo della mia storia.
Se sei uno di quei pazzi che mi segue da tempo, allora sappi che io adoro la gente pazza!
Ringrazio tutti di cuore, sia i lettori silenziosi, che sono sicura che sono di certo coloro che hanno tanto da dire ma che
o per tempo che manca o per quella paura di sbagliare non scrive niente.
E ringrazio chi invece mi aiuta a costruirmi con le sue recensioni ogni giorno. 
Questa storia è per voi, leggetela, odiatela, fategli fuoco, buttatela, o magari amatela, spetta  solo a voi.
Io ci ho messo le parole, voi metteteci il cuore.

Comunque per tornare alla storia, che dire?
E' un idea al quanto triste e melodrammatica , se no cosa posso scrivere io,no?
E' stata in realtà un'idea che però è partita da quello che penso sarà l'ultimo capitolo della storia.
Ma *riordinaleidee* siamo al primo, quindi *facciaconfusa*, vorrei soltanto dirvi, che 
questa è in assoluto la mia prima storia a capitoli, e che spero non sia stata così terribile alla lettura.
In realtà non so bene come sia  uscito fuori questo insieme di frasi, so solo che ho penato come una matta a trovare il modo giusto per scriverlo,
e sinceramente non so ancora adesso se l'ho veramente trovato o se lo devo ancora cercare.
Quindi magari, provate a farmelo sapere voi!
Cercherà di pubblicare il capitolo al più presto, spero in tanto commenti e anche in tante critiche, che sono quelle che di sicuro mi serviranno di più.
Se non si è capito qualcosa o per qualsiasi dubbio, scrivetemi sotto o per mp.
Che dire, spero di aver trovato l'inizio giusto.
Un bacio ai miei lettori. Al prossimo capitolo!
B.


Ringrazio con amore Kat (Tuccin) , la mia beta che mi ha sempre aiutato nelle storie passate e che sarà sempre uno dei pilastri più grandi della mia vita da "scrittrice".
Ringrazio Vic (everlastinglight) , per avermi aiutato negli ultimi aggiustamenti e avermi dato il suo parere di lettrice.
Ringrazio, tutti coloro che mi sostengono. Inoltre vorrei aggiungere un ultimo ringraziamento a Maria ( _Maria_) , che ha commentato in modo sostanzioso moltissime delle mie storie e il cui parere conta molto, soprattutto in questa storia. Dedico questo inizio a tutti voi.



 
 
   
 
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