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Autore: Kekkafox    15/01/2013    2 recensioni
Blaine, Kurt, Nick,Jeff. Un incontro a quattro che diventa qualcosa di più.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Jeff Sterling, Kurt Hummel, Nick Duval | Coppie: Blaine/Kurt, Nick/Jeff
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Falling in love, dancing

 

Il mio amico Nick me lo ripeteva da mesi: << Blaine, devi smettere di stare in casa. Dai, usciamo, andiamo a ballare, una volta ti piaceva tanto… >>. E da mesi la mia risposta era sempre la stessa: << Sono stanco e non voglio vedere nessuno. Lo sai, quando bambini non ci sono ne approfitto per mettere in ordine la casa, faccio il bucato, stiro e poi mi rilasso. Non mi va di uscire e tornare a casa tardi >>.
<< Magari andiamo a mangiare una pizza >>, insisteva ancora Nick.
<< Una pizza forse sì, ma a ballare non ci vengo >>, rispondevo io.

Non ho voglia di andare in una discoteca, ho altro a cui pensare. I miei due figli, per esempio: Erick di sei anni e Sarah di quattro. Durante la settimana vivono con me, mentre nel weekend vanno dal papà, il mio ex marito Alex.

Il bellissimo, simpaticissimo, appassionatissimo Alex: era così quando lo conobbi. Io avevo diciotto anni, lui venticinque e bastarono poche settimane perché perdessi completamente la tesa. Anche lui era innamorato, di questo ne sono sicuro, ed eravamo così affiatati, così uniti da sembrare una coppia destinata a non separarsi mai. Fu Alex a dire: << Sposiamoci >>. Io avrei preferito convivere per un po’ di tempo, ma alla fine lui mi convinse.

Mi sposai a ventitré anni e decidemmo di avere un bambino dopo pochi mesi. Ma dopo la nascita di Erick le cose iniziarono a non funzionare. La vita in famiglia stava stretta a mio marito, non sopportava l’idea di starsene così tante ore in casa a badare a nostro figlio, non capiva che io alla sera ero sfinito e mi addormentavo appena toccavo il cuscino.

Era sempre irritabile e, siccome anch’io non ero per nulla tranquillo, finivamo per litigare tutti i giorni: quando lui la sera, tornava a casa, bastava un sussurro fuori posto per far esplodere la tempesta. Il risultato? Alex se ne usciva subito, lasciandomi solo con Erick, e raggiungeva i suoi amici al bar o al campo di football.

A me non dispiaceva affatto, così almeno potevo starmene tranquillo con il mio bambino. Mi dicevo: << Passerà, è solo un brutto momento. Lui mi ama e mi amerà ancora >>. Ma intanto andava sempre peggio: non litigavamo quasi più, semplicemente perché evitavamo di parlarci. Se non fosse stato per il pianto del bimbo, in casa nostra avrebbe regnato il completo silenzio.

Una mattina Alex mi disse: << Stasera dormo da mia madre >>. Io non risposi neppure. Mio marito passava da casa quasi tutti i giorni: stava un po’ di tempo con il nostro piccolo e poi se ne andava. In quel periodo non avevamo mai parlato di separazione o divorzio, forse non avevamo il coraggio di affrontare la realtà e prendere una decisione.

Poi la situazione cambiò. Alex cominciò a occuparsi seriamente di Erick, vederlo crescere lo rendeva orgoglioso e ogni sera faceva sempre più fatica ad andarsene. In quelle poche ore che stavamo insieme con il bambino, non litigavamo più: parlavamo di lui, dei suoi progressi e il tempo volava.

Una sera il bambino aveva la febbre e mio marito disse: << Posso fermarmi qui, così starai più tranquillo >>. << Grazie >>, risposi io. Dormimmo di nuovo insieme e quella fu la prima di una lunga serie di notti. Alex era davvero cambiato e tornammo ad amarci con passione, decidendo persino di avere un altro figlio.

Mai scelta fu più sbagliata: prima della nascita di Sarah, io e mio marito eravamo di nuovo ai ferri corti e questa volta la separazione fu inevitabile. Da allora sono passati quattro anni e ho cresciuto i miei figli da solo perché il mio ex si è guardato bene a darmi una mano concreta.

Erick e Sarah stanno con me tutta la settimana: io cucino e stiro per loro, li porto dal medico quando sono malati, aiuto Erick a fari i compiti, litigo per non farli rimanere troppo davanti alla Tv, faccio le corse per andare a prenderli a scuola e per portare il maschio al basket e la femmina in piscina. Ecco perché la sera sono stanco morto e non mi va di uscire, nonostante Nick insista tanto.

<< Non puoi startene da solo all’infinito! >>, mi ripete. Ma io ho paura di incontrare un uomo e dirgli: << Piacere, Blaine. Ho trent’anni, sono separato e ho due figli a carico. Ti piaccio lo stesso? >>. No, grazie, meglio starsene in casa. Però il mio amico non demorde e così alla fine cedo.

<< Domani ho un appuntamento con un ragazzo. Viene con un amico e tu non puoi lasciarmi solo >>, mi dice lui.

È sabato sera, Erick e Sarah sono con il papà. Mangio qualcosa in fretta e mi preparo controvoglia, però alla fine vince il mio senso della moda: metto un jeans attillato, una camicia viola e delle semplici scarpe. So di essere carino.

Nick mi aspetta sotto casa sua. << Andiamo con la mia macchina, sali >>, mi dice. << Ma dov’è l’appuntamento? >>. << Ci troviamo direttamente in discoteca >>, risponde lui. << Ma io non voglio ballare! >>, ribatto irritato. << Troppo tardi >>, sorride.

Arrivammo in discoteca, un locale all’aperto in un bellissimo giardino appena fuori città. I nostri due “cavalieri” ci aspettano all’ingresso e Nick mette in chiaro le cose: << Jeff è quello con i capelli biondi, con lui ci ballo io. L’altro si chiama Kurt: non fartelo scappare! >>.

<< Sono io che voglio scappare >>, ribatto. Mi presento ed entriamo nel locale. Nick e Jeff non perdono tempo e scendono subito in pista, mentre io mi siedo accanto a Kurt. È carino, avrà qualche anno in più a me e non ha ancora pronunciato una parola, però continua a guardarmi cercando di non farmelo notare. Poi si fa coraggio e dice: << Dai, andiamo a ballare >>. << Non so se sono ancora capace >>, dico io. << Segui il ritmo, al resto ci penso io >>, risponde Kurt.

Mi stringe a parte. È bravissimo! In pista sembra un’altra persona: la sua timidezza scompare, balla sorridendomi e guardandomi fisso negli occhi. Mi stringe sempre di più e io mi lascio andare. Mentre stiamo ballando, appoggio la guancia contro la sua e lasciamo che la musica ci catturi. Balliamo una serie infinita di canzoni, scendiamo dalla pista esausti e beviamo qualcosa di fresco mentre investo Kurt di domande.

<< Ho trentuno anni, vivo da solo, lavoro in un’agenzia di moda e vado a ballare con Jeff almeno tre volte a settimana >>, risponde lui. Poi chiede: << E tu, invece? >>.

<< Ho trent’anni, sono separato in attesa di divorzio, faccio il commesso, ma mi piacerebbe cantare e questa è la prima volta che ballo dopo tanti anni >>. Non gli dico tutta la verità, fingo che Erick e Sarah non esistono, tanto sono sicuro che non rivedrò Kurt. Però me ne vergogno, mi sembra di rinnegare i miei figli, ma il pensiero svanisce in un attimo perché arrivano Nick e Jeff.

<< Hai visto che sei ancora capace di ballare >>, dice Nick. Poi, rivolgendosi a Kurt: << Blaine ha proprio bisogno di un ballerino… >>. Io lo strattono, irritato: non tace mai e si mette sempre in mezzo. Kurt sorride e balbetta qualcosa tipo: << A me piacerebbe… forse se tu… >>. Questa volta sono io a trascinarlo in pista per vincere l’imbarazzo di entrambi. Balliamo e ci scateniamo: sotto la sua guida, le mie gambe ricordano ed eseguono i passi che avevo dimenticato.

<< È ora di andare >>, dico quando il deejay annuncia le ultime canzoni. Mentre Nick saluta Jeff, Kurt mi passa un bigliettino: << È il mio numero di telefono. Se hai voglia di ballare, chiamami e organizziamo una serata >>. Lo ringrazio però non gli prometto nulla. Però, una volta a casa, penso a lui e all’emozione che mi ha fatto provare in pista.

Al mattino mi sveglio, è domenica, ne approfitto per mettere a posto la casa, lavare, stirare e chiamo il mio ex per sapere come stanno i bambini. Poi ricevo una telefonata, è Nick.

<< Allora, come è andata? Mi sembra che tu abbia trovato un nuovo amico, avete già deciso quando rivedervi? >>, mi chiede Nick. << Non riesci proprio a farti gli affari tuoi! Kurt è carino, ma non credo che lo rivedrò >>. << Fai male, Jeff mi ha detto che la notte scorsa, mentre tornavano a casa, Kurt non ha fatto altro che parlare di te: lo hai cotto in una sola sera! >>. << Qui di cotto c’è solo il pranzo che sto preparando per domani >>, scherzo io. Poi, se rimanente, aggiungo: << Non ho intenzione di chiamarlo e tu non impicciarti >>.

La domenica sera il mio ex mi porta Erick e Sarah e tutto torna come prima. Il tran tran quotidiano prende il sopravvento, devo ammetterlo, non riesco a dimenticare Kurt: mi torna in mente il modo in cui mi ha tenuto stretto.

Venerdì sera mi chiama Nick. “Ho dato il tuo numero a Kurt, visto che tu non l’hai chiamato. Tira fuori i tuoi vestiti migliori e scatenati”, dice il mio amico. “Sei una iena, perché non pensi ai tuoi uomini invece che ai miei?”, chiedo inviperito. “Perché io di uomini ne ho parecchi e non mi sento solo, mentre tu…”. “ Io cosa? Sentiamo”. “Tu… tu sei un vecchio gallo solitario. Ciao”.

Insopportabile, Nick è davvero insopportabile, ma so che si impiccia dei miei affari perché mi vuole bene e sa quanto ho sofferto. Sto pensando a questo quando squilla il cellulare. So già chi è.

“Scusami se mi sono fatto dare il tuo numero da Nick, ma ho una proposta che non può aspettare: sabato c’è una festa in un locale bellissimo. Vieni?”, mi chiede Kurt senza preamboli. Che cosa faccio? Gli dico di sì? Silenzio. “Ci sei?”, insiste lui. “Ok, ci sarò”, rispondo alla fine, ma sono già pentito. “Se mi dici dove stai, vengo a prenderti”. “No, ci vediamo nel parcheggio di fronte al municipio”. Non voglio che scopra altro su di me e sulla mia vita. “Bene, a domani”, chiude lui. Beh, in fondo si tratta solo di ballare. Me lo merito o no un po’ di divertimento?

Sabato sera, mi preparo: un jeans blu, una maglietta grigia con una giacca nera.

Kurt è già arrivato, salgo sulla sua macchina e partiamo. Chiacchieriamo dei nostri rispettivi lavori, della passione per la musica, delle canzoni che ci piacciono di più e io gli racconto persino qualcosa del mio matrimonio fallito, naturalmente senza dire nulla dei bambini.

Arriviamo a destinazione. È un locale sul lago, con la pista da ballo accanto alla riva e l’acqua illuminata dalle luci dei paesi rivieraschi. Andiamo subito a ballare. Canzoni semplici, da discoteca e poi arriva una canzone difficile da dimenticare, A Thousand Years. Kurt mi stringe e mi guarda negli occhi, appoggio la guancia alla sua e ci lasciamo trascinare dal ritmo.

Non so chi l’abbia deciso per primo, se io o lui, ma ci baciamo: è un bacio timido, appena accennato. Non ce ne diamo altri, di baci, ma Kurt mi stringe un po’ di più.

<< Ci vediamo domani sera? La domenica si balla in un locale dopo l’aperitivo >>, mi chiede lui a fine serata. Non posso certo dirgli che è proprio a quell’ora che il mio ex mi riporta Erick e Sarah. << No, non posso >>, rispondo senza aggiungere altro. << Allora mercoledì. Andiamo a ballare a… >>. << No >>, lo interrompo, << durante la settimana sono troppo stanco per uscire. Facciamo sabato prossimo >>. << A sabato prossimo >>, dice Kurt prima di salutarmi con un altro piccolo bacio.

Sono attratto da lui, inutile negarlo, e questa volta sono io a chiamare Nick per raccontargli tutto. Lui, come sempre, non usa mezzi termini: “Sabato prossimo, dopo il ballo, invitalo a casa tua e così vedrà tutte le foto dei tuoi figli e i loro giochi sparsi per le stanze. Se scappa, fattene una ragione, se resta portatelo a letto”. “Sei sempre il solito”, ribatto io. “Mi diverto un sacco a ballare con Kurt, posso continuare così, poi si vedrà…”. “Prima o poi dovrai affrontare la realtà”, tronca Nick.

Durante la settimana, io e Kurt ci scambiamo una miriade di messaggini e stabiliamo un nuovo appuntamento. Sabato passiamo un’altra bellissima serata, ballando e baciandoci, e questa volta i nostri non sono timidi baci. Lui vorrebbe vedermi il prima possibile, ma io sono irremovibile, non prima di sabato prossimo.

Telefono ancora Nick e gli racconto tutto. “Lui è cotto, tu peggio”, sentenzia lui. “Avete già…?”. “Lui mi ha invitato a casa sua, ma io ho rifiutato. Però, la prossima volta non credo che riuscirò a dirgli di no”.

Arriva il sabato tanto atteso e io mi sono preparato a puntino per una serata importante. Sono già sulla porta quando il mio ex mi chiama allarmato. “Mia madre si è sentita male, la porto in ospedale. Devi venire subito a prendere i bambini e tenerli con te anche domani”, mi dice Alex. Corro da lui e intanto chiamo Kurt al telefono inventandomi una scusa: “Mi è venuta la febbre, non posso uscire, mi dispiace”. “Se hai bisogno di qualcosa posso fare un salto da te”, si offre. “No, grazie, non sto così male. Ci sentiamo”, e chiudo la conversazione.

Mi richiama il giorno dopo per sapere se sto meglio, chiacchieriamo per un’ora a telefono (mi sono chiuso in bagno perché lui non senta le voci dei bambini) e Kurt mi dice che ha tanta voglia di rivedermi e di ballare con me. Mi invita ancora ad uscire durante la settimana e io rispondo di no, allora prendiamo appuntamento per il sabato successivo. Ma la sfortuna è dalla mia parte.

Questa volta è Erick ad avere la febbre, davvero e non per finta. Chiamo Kurt e mi invento un’altra scusa, ma lui è meno accomodante del solito, le mie parole non lo convincono del tutto. “Senti, Blaine, se non vuoi più uscire con me dimmelo. Ci tengo tanto a te ma so come affrontare una delusione”, dice scontroso. “No, non è questo… è che io non posso…”, balbetto senza trovare una vera risposta. “Chiamami tu, quando avrai un po’ di tempo per me”, e chiude piuttosto arrabbiato.

Lo sto perdendo, accidenti. Forse aveva ragione Nick: dovevo dirgli la verità. Ma ora sarebbe peggio: gli ho mentito più volte, mi sono inventato un sacco di scuse e lui lo ha capito. Soffro e maledico quel primo ballo che abbiamo ballato stretti, stretti, era meglio se non lo conoscevo.

Visto che Erick è malato, la domenica i bambini rimangono con me. Passo il pomeriggio provando la febbre a mio figlio, che sembra stare decisamente meglio e ogni tanto penso al mio ballerino: sono triste, di una tristezza che non provavo dai temi della separazione.

Squilla il campanello e vado ad aprire, spesso la vicina, sbadatissima, viene a chiedermi un po’ di sale o di zucchero. Ma non è la mia vicina, è Kurt.

<< Non potevo stare senza vederti, così ho costretto Nick a darmi il tuo indirizzo >>, mi travolge lui. Oddio, vorrei che scomparisse all’istante, anzi vorrei scomparire io e non tornare più. << Mi fai entrare o mi lasci sulla porta? >>, chiede Kurt. Entra, e i bambini gli vanno incontro incuriositi. << Tu devi essere Erick e tu Sarah, la mamma mi ha parlato tante volte di voi >>, dice lui sorridendo.

Bugiardo. Lo so chi ha parlato: Nick, è stato lui a dirgli la verità. Non riesco a muovere un passo e nella mia mente passano mille pensieri diversi che si intrecciano lasciandomi sbigottito. Kurt, invece, è perfettamente a suo agio. Si siede sul divano, prende in mano la bambola di Sarah e chiede a Erick se ha la playstation e se gli piacciono le figurine dei cartoni animati.

Mentre io mi riprendo dalla sorpresa, loro tre iniziano a giocare come se si conoscessero da sempre. << Ho due nipotini più o meno della vostra età, mi diverte tantissimo con loro. Anche a me piacerebbe avere dei figli >>, dice Kurt ai bambini, ma capisco che sono parole rivolte a me.

È quasi l’ora di cena, metto l’acqua sul fuoco e chiedo a Erick e Sarah: << Che preparo? >>. << La pasta >>, gridano in coro. Poi Sarah si rivolge a Kurt: << Ti piace pure a te la pasta? >>. << Sì, moltissimo >>. << Allora preparo per quattro >>, dico io sorridendo.

Credevo che le sofferenze del mio matrimonio mi avessero indurito e reso insensibile alle emozioni, ma non era vero: mentre metto i piatti a tavola, infatti, una lacrima di gioia mi scende lungo la guancia.

   
 
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