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Autore: LostInStereo_GD    15/01/2013    1 recensioni
-Allora, imbecille.- esclama Brian. –Come stai?-
Lo guardo, sorridendo, e scrollo le spalle. –Fisicamente? Emotivamente?- domando a mia volta. –Fisicamente sto sempre meglio. Emotivamente, sono un bicchiere di vetro buttato per terra.- sussurro.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti, Zacky Vengeance
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Huntington Beach, di notte, è davvero bellissima.
È vero, magari è solo un’insulsa cittadina, ma qualcosa in questo posto mi ha sempre affascinato.
Mi permette di dimenticare la mia vita e tutte le ferite che ho.
Mi permette di pensare che magari, in fondo, anche io servo a qualcosa.
È circa l’una di lunedì sera, e le strade sono deserte.
Sono da solo.
Cammino tranquillamente per le vie, e ad ogni incrocio, sorrido.
“Qui è dove io e Matt ci siamo incontrati la prima volta dopo scuola.”, penso, davanti ad un vecchio bar, ormai chiuso.
Qualche passo più avanti, c’è un tavolo di legno, dove l’incisione fatta da Jimmy ancora si vede.
La sfioro appena, con le dita, attento a non rompere quella fragile barriera che si trova tra i bei ricordi di uno dei miei migliori amici e il dolore della sua perdita, e poi procedo.
Sorrido, ritrovandomi davanti alla tabaccheria dove, ogni domenica mattina, incontro Brian, come se già non lo vedessi abbastanza alle prove e ad uscite varie.
Passo davanti alla casa di Johnny, dove vedo Lacey guardare la TV con la testa del marito adagiato sulla sua spalla.
Non so se sorridere o piangere.
In quel momento, il mio cellulare suona. Lo tiro fuori, con la testa un po’tra le nuvole, e leggo il suo nome sul display.
Gena.
Mi sta chiamando, e so che mi dovrò preparare al peggio. Prendo un bel respiro, stringendo gli occhi, e infine rispondo alla chiamata.
-Pronto?- dico, con un filo di voce.
-Zachary.- sibila lei, fredda come il ghiaccio. Avverto un brivido sulla schiena, e sento il fianco dolermi.
-C…Ciao, tesoro.- trovo, non so come, il coraggio di dirle.
-Dove cazzo sei, idiota?- urla allora lei. -È l’una di notte, mi sveglio, spero di trovarmi mio marito accanto e invece? Invece non ci sei!-
-Gena, posso spiegarti.- tento di dire.
-Oh, sta zitto, Zacky!- sbraita. –Torna a casa, se non vuoi finire all’ospedale.-
Con quest’ultima, gelida frase, mia moglie attacca, e io sento le lacrime premermi sugli occhi.
Dio, se sono patetico. Eccolo qua, l’unico uomo che piange.
Zachary James Baker, ovvero Zacky Vengeance, il chitarrista ritmico dei Avenged Sevenfold.
A volte penso di essere solo un grande ipocrita a farmi vedere così spensierato, sorridente e ottimista dai nostri fans, quando invece sto mandando la mia vita a puttane.
Perché è così, è sempre e soltanto colpa mia. Rovino ogni cosa bella che ho.
Cammino verso casa, e ringrazio dio che disti almeno di un chilometro da dove mi trovo adesso.
Non ce la faccio ad affrontare subito mia moglie.
Cammino lentamente, con il fianco che mi lancia tremende fitte di dolore, e per la prima volta dopo tanto, troppo tempo, mi domando se anche quando l’ho sposata era così.
Ma ricordo che, all’inizio, i suoi occhi erano raggianti di gioia, non di rabbia.
Sorrideva sempre, la sua bocca era costantemente curvata all’insù.
Confronto il viso della Gena di tre anni fa, con il viso della Gena di adesso.
Non è la donna che amavo, che amo ancora. È cambiata.
Ma se oggi mi chiedessero come e perché, non saprei rispondere. Mi ricordo solo che è iniziato cinque mesi fa. Ero tornato a casa da un’uscita con i ragazzi e con alcuni fans che avevano vinto un incontro, e lei ha iniziato.
Così, all’improvviso, ha iniziato a picchiarmi.
Assurdo, vero? Tutti pensano che siano sempre gli uomini a fare del male. Le mamme per strada mi guardano, guardano le mie braccia tatuate, i miei piercing, il mio trucco, e so cosa pensano.
“Dio, questo è assolutamente un poco di buono.”
Ovviamente, la gente non si sforza mai di andare oltre l’aspetto esteriore, ma fino a poco prima dell’ “incidente”, mi andava bene: l’importante era che i miei amici conoscessero il vero me.
Ma dopo quella prima volta, è inutile dire che ho iniziato a vivere dentro un inferno.
Ogni mattina, mi alzo con il timore. “Sarà di buonumore? Di cattivo umore?”
Faccio di tutto per essere migliore. La aiuto in casa, cucino quando lei non ne ha voglia, rinuncio ad uscire con i ragazzi per stare con lei.
Ma il buongiorno si vede dal mattino, e so subito, appena la vedo, quando mi toccano le botte e quando no. Può salutarmi con un bacio, la mattina, e poi è dolcissima e adorabile tutto il giorno, come la donna che amo.
Oppure non mi rivolge mai la parola, e capisco che, prima di andare a dormire, avrò una nuova contusione.
E la cosa peggiore, è che  poi piange.
Piange, piange come una fontana, dopo che mi ha picchiato. Mi chiede scusa, sembra seriamente terrorizzata, e io la consolo sempre. Ma tanto, so che continuerà a farlo.
Non l’ho nemmeno mai detto a nessuno, cosa mi fa lei. Ogni tanto, i ragazzi della band mi vedono arrivare là, alle prove, con un occhio nero, oppure con un livido sul braccio, e devo sempre inventarmi qualche scusa.
Sono scivolato dalle scale, ho sbattuto contro il mobile, sono cascato dalla moto.
Non posso confidarmi con nessuno.
Mi porto una mano al fianco, fermandomi un attimo e tirandomi su la maglietta. Un livido, grosso come la mia mano, scurisce la pelle, e sento di nuovo il piede di Gena pestarci sopra, ripetutamente. Faccio un immenso sforzo per non scoppiare a piangere.
Continuo a camminare lentamente, con il peso del mio segreto che mi schiaccia, e arrivo troppo velocemente fino alla casa.
La luna la illumina in un modo sinistro, facendola sembrare inquietante. Non voglio entrare.
Ma sento la porta cigolare e spalancarsi velocemente, e capisco che non ho vie di fuga. La figura di mia moglie si staglia, lunghissima, lungo la via.
Sembra un mostro. Come se la parte crudele di lei avesse influenzato anche l’aspetto.
-Entra.- sussurra appena. La strada è silenziosa, e a me sembra che abbia urlato. Inizio a tremare pietosamente e avanzo, insicuro.
Appena sono sulla soglia della porta, lei si scosta, permettendomi di entrare. I suoi occhi scuri hanno un guizzo terrificante, il monroe riflette la luce del lampadario di casa nostra. Ha i capelli legati, le labbra strette in una sottile e durissima linea scura.
Ho paura, paura come non ne ho mai avuta in tutta la mia vita. Mi stringo nella giacca, come se servisse a qualcosa, e mi tolgo, in un gesto istintivo, gli occhiali da vista.
Gena sbatte la porta, e io sobbalzo. Stringo gli occhi per evitare che escano le lacrime.
Mia moglie mi si para davanti, stretta nella sua vestaglia nera. –Dove sei stato?- domanda.
Deglutisco a fatica. “Dai una risposta giusta, Zacky”, mi dico.
-S…Sono andato a f…fare una passeggiata.- sussurro. Abbasso lo sguardo, e poi la osservo di nuovo. Mi fissa, adirata, stringendo i pugni.
-Non mi mentire, cazzo.- dice. Il suo tono di voce è neutro, e questa è la cosa che mi spaventa di più.
-T…Ti giuro, G…Gena.- tento di dire. –Ho…Ho solo fatto una passeggiata in città.-
I suoi occhi si spalancano, e per una frazione di secondo, vedo la vera Gena tornare come prima. Distende i pugni, rilassa le spalle, ma gli occhi sono ritornati a bruciare di rabbia.
-Okay.- dice infine. Mi guarda, dritto negli occhi. So che non è finita.
-Sei stato tu a scegliere di mentire.-
Si avvicina al piccolo mobile, dall’altra parte della sala, afferra il grosso vaso di vetro che vi si trova sopra e lo scaraventa verso di me, con tutta la forza che ha in corpo.
Mi abbasso appena in tempo, ma una minuscola scheggia rimbalza sulla porta e mi graffia la guancia. Inizio a perdere sangue.
-Ti prego, Gena.- tento di dirle. –Tesoro, ti giuro io…-
-Non mi chiamare “tesoro”.- sussurra. Mi si avvicina velocemente. –Figlio di troia.-
Mi dà un pugno sul naso, e casco per terra, mezzo tramortito. Il sangue che mi esce mi gocciola sulle labbra, sul mento, e bagna un po’ la maglietta.
Fa malissimo, credo che mi abbia rotto il setto nasale. Lo tengo tra le mani, gemendo, ma lei non si ferma.
Con una forza bruta, mi afferra per i capelli, trascinandomi per mezza casa.
-Hai un’amante, brutto bastardo!- urla. Sono sempre per terra, e lei pesta, con una forza disumana, sulla mia gamba.
Lo fa una, due, tre volte, finché un suono inquietante non spezza il silenzio.
Il rumore di un osso rotto. Urlo, urlo con tutto il fiato che ho in gola, perché il dolore divampa dallo stinco in tutto il mio corpo.
Scoppio a piangere come un bambino, terrorizzato e dolorante.
“Questa volta mi uccide”, penso, spaventato. “Dio, questa volta mi uccide sul serio.”
-Hai qualcosa da dire, pezzo di merda?- mi urla in faccia, a due centimetri dal mio volto.
-Non ti ho tradita.- dico, flebilmente. –Lo giuro.-
Ma lei non si arrende. Mi afferra di nuovo per i capelli, avvicinando pericolosamente il mio viso a quello del tavolino, e arresto il respiro.
Lei però, si frena, lasciando il mio volto a pochi centimetri dallo spigolo. Avvicina le labbra al mio orecchio.
-Rovini sempre tutto, Zachary.- sussurra, tagliente come la lama di un coltello. –Sarebbe meglio se tu morissi.-
Tira indietro la mia testa, e riesco a chiudere gli occhi poco prima di quel terribile impatto contro lo spigolo del tavolino.
 
***
-È un codice rosso, un codice rosso.- ripete un uomo. Sento la voce poco distante da me, ma non riesco a vederlo. Non riesco ad aprire gli occhi.
-Nome della vittima?- domanda una voce femminile.
-Z…Zachary Baker. Zachary James Baker.-
Quest’ultima voce risuona familiare nelle mie orecchie. Riesco a socchiudere appena gli occhi, e la luce, artificiale, mi acceca.
Riconosco Matt, il mio amico Matt, e non sono mai stato così felice di vederlo.
-M…Matt…- dico. Muovo appena le labbra, ma lui si volta subito.
-Oh, cazzo.- esclama. –Oddio. Zacky sei sveglio. Sei fottutamente sveglio, idiota.-
Sento la sua voce prendere una piega acuta, e lo vedo voltarsi.
-Scusami.- mi dice subito dopo. Gli trema terribilmente la voce, e quando si volta ha gli occhi rossi e inondati di lacrime.
Rimango paralizzato. Vorrei dirgli qualcosa, ma dalla bocca mi esce solo un singhiozzo.
Inizio a piangere, ma tutto intorno a me si fa buio.
  
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