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Autore: Camilla L    15/01/2013    13 recensioni
Evan è un sedicenne come tutti gli altri, l'unica cosa che lo differenzia dai suoi coetanei è la famiglia: la sua è davvero spaciale...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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I miei due papà

 

Sacramento, California, 15 Gennaio 2013

 

Mi chiamo Evan Michael Richardson, ho 16 anni e tra poco la mia vita sarà finita, ne sono più che certo.

Il preside della scuola, una delle più costose scuole private dello stato, si è appena reso conto che da diversi giorni non vado a lezione e ha voluto rendere partecipi della sua clamorosa scoperta i miei genitori...ottima decisione aggiungerei! Appena mio padre ha ricevuto la telefonata del preside mi ha chiamato immediatamente al cellulare, la sua voce era talmente alta che credevo di avercelo davanti anziché al telefono, parlava così velocemente che le uniche parole che ho capito chiaramente sono: Evan e punizione...accoppiata vincente! Mi ha detto di andare immediatamente al suo ristorante, mi auguro che sia stracolmo di clienti, almeno qualcuno sentirà le mie urla strazianti.

Quando ho deciso di saltare le lezioni non avevo un motivo preciso per farlo, semplicemente ero stanco di annoiarmi, tutto qui, ma non credo che il mio incazzatissimo paparino la prenda come scusa valida. I miei genitori non mi hanno mai dato molte regole, ma sulla scuola sono sempre stati piuttosto intransigenti: loro mi danno tutto quello che possono, ma me lo devo meritare, portando a casa buoni voti e dando precedenza allo studio rispetto ad altre cose meno importanti.

Quando sono a pochi passi dal ristorante di mio padre squilla il mio cellulare e come per incanto si ripete la scena di poco fa, altro padre incazzato, altre urla.

-Evan!-urla, questo mi basta per capire che sappia già tutto.

-Si, papà!-dico gentilmente, un po' di arruffianamento potrebbe sempre servire.

-Non fare il ruffiano con me, sai che non attacca!-

Come non detto!

-Cosa ti è saltato in mente?-continua.

-Niente...io...-

Cosa posso dire in un'occasione del genere che non possa peggiorare la mia situazione?

-Niente, esatto, ecco quello che hai in testa: niente. Appena finisco il lavoro facciamo i conti, questa volta non la passi liscia. Preparati a raggiungere la maggiore età chiuso in casa.-

Ma lo sa che al mio diciottesimo compleanno manca più di un anno e mezzo? Non avrà mica intenzione di tenermi segregato fino a quel giorno? Spero proprio che sia un'esagerazione dettata dalla rabbia del momento.

-Ma papà...-tento di dire.

-Non dire niente, Evan! I fatti parlano da sé.-

-Come vuoi.-dico, sembrando il più pentito possibile.

-Non fingere di essere pentito, adesso.-

Ma cavolo, ma si accorge di tutto? E pure stando al telefono, è sicuro di non avere poteri paranormali?

-Ora vai da tuo padre e resta lì finché non arrivo io.-mi ordina.

Praticamente quando avrà finito di torturarmi uno inizierà l'altro, che meraviglia.

-Ok!-dico, con un tono abbastanza neutro, visto che ogni mio tentativo di addolcirlo appena un po' è andato a vuoto.

-Ci vediamo dopo!-dice, prima di riagganciare.

Almeno mi ha salutato ed è pure convinto che al suo arrivo io sia ancora in vita: qualcosa di positivo c'è!

Al mio arrivo al ristorante mi dirigo subito verso la cucina, dove mio padre sta sminuzzando qualche malcapitata verdura...con tutti gli arnesi che ha a disposizione proprio un coltello deve avere tra le mani in questo momento? Appena mi vede ho la netta sensazione che voglia farmi fare la stessa fine delle verdure. Oddio! Questo mi sembra più incazzato dell'altro.

-Vieni con me!-mi ordina.

Come se avessi altra scelta, mi sta trascinando per un braccio che tiene stretto tipo morsa d'acciaio.

-Ora spiegami cos'è quest'ultima invenzione? Dove vai quando non vai a lezione?-mi chiede, non appena siamo un po' più isolati dal resto del personale della cucina.

-In giro!-rispondo serenamente.

-In giro? E tuo padre ed io paghiamo un sacco di soldi per la scuola privata perchè tu te ne vada in giro?-

-Io non ci sono mai voluto andare in quella scuola.-azzardo.

-E questa ti sembra una buona scusa per non andare a lezione? A nessun ragazzo piace la scuola, ma non mi sembra che la città sia piena di ragazzini che passeggiano.-

-Io mi annoio, sono tutti così pesanti e tristi in quella scuola.-azzardo ancora.

-Evan, ma cosa stai dicendo? Il fatto che non ti stiano simpatici i tuoi compagni ti sembra un buon motivo per non andare a scuola?-mi chiede ancora.

-E' la verità, mi dite sempre di essere sincero ed io lo sono.-

-La verità comprende anche non nasconderci il fatto che da una settimana non vai a scuola.-

-Lo so, scusa.-dico mestamente.

-Lo sai anche tu che fatica abbiamo fatto per farti ammettere in quella scuola, sembravi d'accordo anche tu quando ti abbiamo iscritto.-

-E infatti lo ero, solo che ora mi sembra tutto così noioso.-

-Non ci posso credere, tra tutte le cose che potevi fare per deludermi questa è la peggiore.-

-Preferiresti che andassi in giro ad insultare qualche gay?-

Ops...tasto dolente!

-Non azzardarti mai più a dire una cosa del genere.-mi sputa praticamente addosso.

-Lo sai che non lo farei mai, la mia era solo una constatazione, volevo solo farti capire che avrei potuto fare di molto peggio per deluderti.-gli spiego.

-Se facessi una cosa del genere non sarei deluso da te, ma da me stesso. Non sopporterei di aver cresciuto un figlio così.-

-Comunque non è il tuo caso, rilassati.-

Nel frattempo arriva anche l'altro papà, quello che di solito urla di più...
 

Mel e Charlie, i miei due padri, i miei due eroi. Ho sempre apprezzato il coraggio che hanno avuto nello stare insieme contro tutto e tutti, Mel ha perfino tagliato tutti i ponti con la sua famiglia per realizzare il suo sogno di una vita insieme al suo grande amore. I suoi genitori volevano che fosse il grande medico Mel Alexander McCarty, sposato con la fidanzata di sempre e non Mel il medico gay sposato con Charlie, chef californiano. La famiglia di Charlie è tutta un'altra cosa invece, loro vogliono solo che il figlio sia felice e che lo sia con un altro uomo a loro non interessa proprio. Charles e Matilda sono i nonni più amorevoli che possa desiderare, è da loro che fuggo non appena a casa “tira una brutta aria”, forse avrei dovuto farlo anche oggi. Charles Scott Richardson jr, invece, è proprietario di uno dei più famosi ristoranti di Sacramento ed è uno dei padri migliori del mondo, a pari merito con Mel ovviamente. Loro fanno di tutto perchè io sia felice, anche se in questo momento sembrerebbero più vicini allo prendermi a schiaffi che altro. Vivo con loro da quando ho sette anni, da quando durante una visita all'orfanotrofio in cui vivevo, ci siamo innamorati a prima vista gli uni dell'altro. Da quel momento non mi è mai mancato nulla, nemmeno una madre, loro sanno essere qualsiasi cosa io abbia bisogno: due padri, due amici e pure due madri quando serve. Qualche tempo fa ho scoperto che è sempre stato Mel quello desideroso di diventare padre e che Charlie se n'è convinto solo dopo avermi conosciuto, riteneva che un bimbo con due padri e nemmeno una madre crescesse discriminato, che venisse condizionato dal fatto di crescere con due uomini gay, invece non è stato assolutamente così, hanno sempre fatto in modo di non coinvolgermi più di tanto nel loro mondo, mi hanno sempre fatto vedere i gay come persone da rispettare come ogni altra persona del mondo, ma senza farmi frequentare esclusivamente coppie gay, come invece facevano prima del mio arrivo.

 

-Spiegami come mai hai fatto questo, Evan?-mi chiede Mel, senza nemmeno salutare.

-Non ho voglia di spiegarlo ancora, fattelo dire da lui.-dico, indicando Charlie.

-Evan, non essere così insolente. Mi sembra che sia tu quello dalla parte del torto.-mi rimprovera ancora Charlie.

-Ha ragione tuo padre, vedi almeno di essere educato adesso.-aggiunge l'altro.

-Non vado a scuola da una settimana perchè non la sopporto più, è troppo noiosa e triste. Va bene così?-rispondo, forse un po' troppo arrogante per i loro gusti.

Poco dopo sento le cinque dita di Charlie stampate sul mio viso...

-E' ora che la pianti con questo atteggiamento.-aggiunge Mel.

-Io non la sopporto più quella scuola, non so più come dirvelo. Sono tutti impegnati da loro stessi e basta, perfino i professori sembrano appena usciti da una sfilata di alta moda, io non sono come loro e lì non ci voglio più andare. Ho fatto di tutto per farvelo capire, ma non mi avete mai ascoltato. Siete convinti che quello sia il meglio, forse lo è, ma non per me.-dico a raffica.

-Forse abbiamo sbagliato anche noi, ma quando ti sei reso conto che non capivamo il tuo disagio perchè non ce l'hai detto più esplicitamente? Invece di saltare le lezioni in questo modo, anche se non lì a scuola ci dovrai andare comunque o hai intenzione di andare in giro per la città tutto il giorno?-mi chiede Charlie, appena un po' più calmo di prima.

-Certo che non voglio girovagare per la città tutto il giorno, a me studiare piace, solo non in quel modo.-gli spiego.

-Resta il fatto che tu abbia tenuto un comportamento davvero pessimo, non è questo il modo di avere attenzione, nemmeno da piccolo facevi così.-mi spiega Mel.

-Vi chiedo scusa.-dico solo.

-Le scuse non bastano, dovrai pagare per quello che hai fatto.-mi comunica Charlie.

-Lo so.-

-Resterai in punizione per un mese, niente uscite se non con noi, niente cellulare e lettore mp3, sono stato chiaro?-mi chiede Mel.

-E visto che ti ho coperto col preside, dicendo che ti sei preso l'influenza, durante il week-end verrai al ristorante a fare il lavapiatti.-aggiunge Charlie.

-Grazie!-dico, riferendomi alla scusa trovata per il preside.

-Non l'ho fatto per te, ma per le assistenti sociali. Se scoprono che ti permettiamo di saltare la scuola a tuo piacimento non lo vedranno di buon occhio e anche se ora sei nostro figlio a tutti gli effetti non ci hanno mai perso di vista.-mi spiega.

-So pure questo e se il mio gesto avesse causato qualcosa di più grave non me lo sarei mai perdonato.-

Al solo pensiero di essere allontanato dalla mia famiglia mi sento mancare e i miei occhi iniziano ad inumidirsi, io senza di loro non sono nessuno, non possono allontanarmi dai miei papà.

-Evan, ehi, che ti succede ora?-mi chiede dolcemente Mel.

-Io non voglio che mi portino via da voi, andrò a quella noiosissima scuola se vorrete, ma fate sempre in modo che io resti con voi.-quasi li supplico.

-Nessuno di porterà via da noi, ma comportamenti del genere non dovranno mai più succedere, non solo per la paura di essere allontanato da noi, non dovranno più ripetersi e basta, chiaro?-mi chiede Charlie.

-Chiarissimo!-rispondo.

-Per la questione della scuola prima ne dobbiamo parlare tra di noi poi ti faremo sapere, è giusto che teniamo in conto la tua opinione, ma non è detto che cambierai scuola. Quella che stai frequentando ora, sarà anche noiosissima, come dici tu, ma è una delle migliori della zona, una scuola pubblica non ti fornirebbe quello che ti offrono lì.-mi spiega Mel.

-E in una scuola pubblica un ragazzo con due padri gay non sarebbe ben visto.-aggiunge Charlie.

-Non era necessario di aggiungerlo questo!-fa notare Mel a suo marito.

-Guarda che non ha più sette anni, certe cose puoi spiegargliele come stanno.-controbatte l'altro.

-Dal comportamento che ha ultimamente forse ne ha anche sei.-dice ancora Mel.

-Ehi, guardate che sono qui, potete evitare di parlare come se non ci fossi? E se è per la questione dell'omosessualità dei miei papà che non mi volete mandare alla scuola pubblica non c'è nessun problema, la gente mi può dire quello che vuole, ma a me non interessa, non ho mai voluto due genitori diversi da quelli che ho e nemmeno li vorrò mai, perciò se qualcuno ha qualcosa da ridire è un problema suo non mio.-spiego.

-Stai cercando di avere uno sconto di pena?-mi chiede Charlie, finalmente sorridendo.

-No, è semplicemente quello che penso, ma...è possibile avere uno sconto?-chiedo speranzoso.

-Scordatelo! E se non righi dritto in questo mese è possibile che aumenti.-mi risponde.

-C' ho provato!-

-Scusa per lo schiaffo, ma quando sei così sfrontato proprio non lo sopporto.-mi dice poi.

-Scusami tu, non avrei dovuto parlarvi in quel modo.-dico, poco prima di essere stretto dalle sue amorevoli braccia.

-I miei uomini!-dice Mel, aggiungendosi al nostro abbraccio.

Ero sincero quando ho detto a mio padre che non vorrei mai una famiglia diversa da quella che ho, chi la vuole una madre quando ho due padri favolosi come Mel e Charlie. Difficilmente tra noi durano molto le arrabbiature, anche se stavolta l'ho davvero combinata grossa. Spero solo che ci pensino su veramente al cambio di scuola, ovunque vada ci sarà sempre qualcuno che mi farà notare che la mia non è una famiglia come le altre ed io risponderò loro che parlano solo perchè divorati dall'invidia, nessuno ha due padri come Mel e Charlie, sono unici e solo io posso avere l'onore di poterli chiamare entrambi papà.

 
   
 
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