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Autore: MimiRyuugu    16/01/2013    2 recensioni
Ecco qua, dopo Ultimi Ricordi, la continuazione della saga dei Tre Uragani. Riuscirà la nostra Giulia Wyspet ad avvicinarsi di più al burbero Severus Piton?
"You are the life, to my soul, you are my purpose, you are everything."
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Severus Piton, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Tre Uragani Saga'
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Buonsalve *-* si, sono consapevole di aver aggiornato due giorni fa. E sono consapevole che siano le 01.27. Ma oggi è il mio compleanno, ed essendo anche il compleanno di Anna (anche se in questa ff non compare più di tanto, ma aspettate le prossime u.u) e quindi sono esagitata ** scusate la botta di adrenalina ma ci voleva u.u anyway, i festeggiamenti sono al banco 3 *indica* =w= In questo capitolo troviamo Quando Viene Dicembre e Il Mio Inizio Sei Tu dal cartone/film Anastasia, Green Finch and Linnet Bird dalla cara Soundtrack del film Sweeney Todd (che sentirete nominare spesso, preparatevi xD), Que Serà Serà di Doris Day, By The Sea ancora da Sweeney Todd (che vi avevo detto? u.u), Innocence di Avril Lavigne....e ho finito xD

Avvertenze: occtudine, compleanni (si, non l'ho fatto apposta xD), lungositudine smirurata (13 facciate di word *^* ora faccio anche di peggio, preparatevi xD)

Beeeeene, ora vi lascio all'aggiornamento **
Buona lettura <3



18° Capitolo

Nonostante le minacce di Pansy e Millicent, ci fu calma piatta. La mattina, lezioni. Il pranzo, ottimo. Pomeriggio, ancora lezioni. Poi cena. Ed infine, un bel giretto da Piton. Era tornato tutto come prima. Tranne l’euforia comune per le vacanze di Pasqua. Quell’anno sarebbero iniziate il giorno dopo del mio compleanno, di venerdì. Gazza aveva messo l’annuncio il lunedì di quella stessa settimana, anche se le famiglie erano state avvertite tramite gufo. Io avevo deciso di rimanere a scuola, come anche Anna, ed Hermione. “Almeno abbiamo un sacco di tempo per far nulla…” sospirò felice la castana. Sorrisi. “Hey guardate! È stata fissata la visita ad Hogsmerade!” osservò stupita il prefetto. Ci voltammo. “Informo tutti i miei studenti che la visita ad Hogsmerade si svolgerà sabato ventinove marzo…” lessi. “Che marpiona la Umbridge! Ha messo il giorno di visita apposta nelle vacanze perché sa che nemmeno la metà degli studenti sarà a scuola!” sbottò indignata Anna. “Crede di poter prevenire così eventuali catastrofi studentesche?!” rimbeccò stizzita Hermione. Scossi la testa. Quei tre giorni passarono velocemente. Il giovedì, venni svegliata a cucinate. C’erano già dei pacchetti infondo al mio letto. Li scartai: la cara zia Ametista mi regalò una trousse dai vari colori di viola (“da vera signorina!” scrisse nel biglietto); la nonna Clotilde una delle sue carinissime e caldissime sciarpe (viola a ricami blu); le cugine Jennifer e Selene un cd delle Sorelle Stravagherie (che prima o poi mi sarei decisa ad ascoltare). Per ultimo aprii quello dei miei genitori. Un pacco grande e con un fiocco enorme! Lo scartai curiosa e ci trovai un vestito viola. Rimasi sconcertata dalla somiglianza che aveva con quello che avevo visto indosso a me stessa da adulta nello Specchio delle Brame. Chissà quando l’avrei potuto mettere. Infine, mi diedero il loro regalo Anna ed Hermione. Si erano messe d’accordo e mi avevano comprato tutti i vecchi cd usciti dei miei Green Day, più poster, bandiere ed ogni articolo possibile. Sembrava avessero svaligiato un negozio! Scendemmo in Sala Grande, con Anna che cantava a squarciagola “buon compleanno”. Hermione faceva finta di non conoscerla, ma sorrideva. Una volta sedute al tavolo, anche Harry e Ron mi dettero il loro regalo. Un cd storico dei Sex Pistols. “Sarà costato una fortuna! Non dovevate!” li ringraziai. Si meritavano almeno un bacetto ciascuno sulla guancia. Ginny e Mary Kate mi regalarono uno smalto viola e un fermaglio a stella. Fred e George, invece, mi portarono qualcuna delle loro caramelle antilezioni brevettate. Le poche non requisite dalla Umbridge.  Mi arrivarono dei fiori dal Fan Club. Ebbi solo il tempo di dare uno sguardo al tavolo insegnanti. Piton stava parlando con la McGranitt. Chissà se se ne era ricordato. Nel mio cuore lo sapevo, anzi, lo speravo. Le lezione mattutine passarono tra auguri (Anna me li faceva ogni minuto!) e appunti. Avevo appena finito di gustarmi la torta al cioccolato distribuita a pranzo, quando qualcosa di indigesto venne a trovarmi. “Signorina Wyspet…” disse languida il diabetico confettone. Rabbrividii al suono della sua voce. “Si…?” risposi, titubante. “Devo avvertirla che stasera è in punizione…alle 20.10 nel mio ufficio!” spiegò. La guardai allibita. “Ah dimenticavo…auguri…” completò, sorridendo falsamente. Subito dopo mi passarono vicino Millicent e Pansy. “Auguri sfigata!!” esclamò la prima, mentre la seconda mi mostrava il suo ditone medio. Anna iniziò ad imprecare, però io rimasi calma. Non volevo arrabbiarmi. Avevo sedici anni dopotutto. E quello era il mio compleanno. Non me lo dovevo far rovinare da due stupide vipere. E nemmeno da una rana. Insomma, da nessun animale con cui coesistevo ad Hogwarts! Solo. Quando sarei andata da Piton? Decisi di andare nel suo ufficio dopo l’ultima ora del pomeriggio. E così feci. Bussai piano alla porta. “Avanti…” mi rispose. Entrai piano, timidamente. “Buongiorno professore…” sorrisi. Lui mi guardò stupito. “Cosa ci fa qui?” chiese. “Dopo cena sono in punizione dalla Umbridge, quindi non potrò venire a trovarla…mi dispiace…” spiegai. Piton annuì. Rimanemmo in silenzio. Io, che dondolavo sulle mie Converse come una bambina. Lui, immerso negli appunti. Pregavo che se ne ricordasse. “Allora…io…vado…” dissi, più come una domanda che come affermazione. Severus alzò gli occhi dai fogli. Alzò le spalle. Mi diressi verso la porta. “Un attimo…signorina Wyspet?” mi chiamò. Mi voltai speranzosa. “Chiuda la porta quando esce, non voglio spifferi d’aria!” ordinò. Annuii tristemente. Misi la mano sulla maniglia. Mi stavano venendo le lacrime agli occhi. Com’era possibile che se ne fosse dimenticato? Gli importava così poco di me? “Signorina Wyspet?” mi chiamò ancora. “Si…ora chiudo…” risposi, affranta. Lo sentii ridere. “Avanti, torni qui!” esclamò. Mi girai ancora speranzosa. “Porti questi alla professoressa Umbridge per favore…” disse, allungandomi dei fogli. Lo guardai delusa. Stavo per scoppiargli a piangere li davanti. Abbassai lo sguardo annuendo. Sentii la sedia che si spostava. Severus si avvicinò. “La sto prendendo in giro…me lo ricordo benissimo che oggi è il suo compleanno sciocca!” spiegò. Alzai lo sguardo e lui scosse la testa. “Sono scherzi da fare?! È cattivo!” rimbeccai. Il professore mi accarezzò la testa. “Purtroppo non ho avuto occasione di comprarle un regalo…anche se, con l’inventiva a mia disposizione, non sarebbe stato qualcosa di molto azzeccato…” confessò. Sorrisi. “Non importa…e comunque non me ne vado per Pasqua…” lo scusai. Piton annuì. “Sa…c’è la visita ad Hogsmerade sabato…” iniziai a proporre. Lui mi guardò curioso. “Potrebbe…accompagnarmi…Anna andrà in giro con Draco, mentre Herm…rimarrà a studiare al calduccio…” continuai. Severus alzò un sopracciglio. “Non la vedrà nessuno…gli studenti sono tutti a casa per le vacanze…” precisai, cercando di essere convincente. Mi aspettavo già un rifiuto. Era un’idea venuta su due piedi. “Certo…perché no?” rispose. Dapprima rimasi stupita. Nemmeno un’obbiezione. Poi, sorrisi. E lo abbracciai. “Alle 9.00 nella Sala d’Ingresso…puntuale!” disse. Io annuii. “Certo! Puntualissima! E…gra…grazie!” risposi. Mi voltai, ma misi male un piede e scivolai, cadendo sedere a terra. Piton trattenne una risata. “Tutto bene signorina Wyspet?” chiese. “Si…” sorrisi, imbarazzata. Per poco andai addosso alla porta, poi, corsi subito in dormitorio. Anna ed Hermione non c’erano. Guardai il vestito regalatomi dai miei piegato per bene sul mio letto. Mi avvicinai e lo presi. Lo esaminai con cura. Due teschietti sorridevano ai lati delle maniche. Ed uno se ne stava placido sulla scollatura, a tenere fermi due laccetti viola scuro. Mi immaginai i miei genitori a scegliere l’abito. Risi. Mi voltai verso lo specchio grande davanti ai letti. Mi poggiai addosso il vestito. “Festa e balli, fantasia, è il ricordo di sempre…” iniziai a cantare. Mi avvicinai allo specchio. Scossi la testa divertita e lasciai andare il vestito, che cadde per terra. “…ed un canto vola via, quando viene dicembre” continuai. Allungai una mano verso la mia immagine riflessa. Ancora quella di una sedicenne. “Sembra come un attimo, dei cavalli s’impennano…” sussurrai. Abbassai lo sguardo e ripresi il povero vestito. Lo pulii, poi me lo poggiai ancora addosso. “…torna quella melodia, che il tempo portò via…” continuai, piano. Abbracciai il vestito e chiusi gli occhi. Sospirai. Quando li riaprii mi trovai in una sala enorme. La Sala Grande di Hogwarts. Tutto addobbato a puntino per il Natale. Un anno prima. “Sembra come un attimo, dei cavalli s’impennano…” dissi, guardandomi in giro. Ero al centro della pista. Le coppie iniziarono a muoversi. Potevo vedermi. Con il mio vestito viola indosso. “…sento quella melodia, nella memoria mia…” proseguii, mentre tutto attorno a me prendeva vita. “Forse un giorno tornerò, il mio cuore lo sente…” dissi, iniziando a ballare con un ragazzo. “Ed allora capirò…” sospirai, ballando con un altro. La folla si diradò intorno ad una figura che avanzava. “…il ricordo di sempre…” continuai, con un ultimo volteggio. Mi fermai giusto davanti a lui. Severus mi porse la mano. L’accettai. “…ed un canto vola via…” sussurrai, mentre il professore mi faceva ballare. Quando ci fermammo, mi baciò sulla fronte. “…quando viene dicembre…” conclusi, mentre lui si inchinò di poco. Stavolta aprii veramente gli occhi. Il vestito mi scivolò di mano, finendo ancora a terra. Rimasi ad occhi spalancati davanti allo specchio. “Hey Giulia! Sei felice eh? Cos’è tutto questo cinguettio?” mi prese in giro Anna, entrando nella camera. Sobbalzai. “Anastasia? Che bel cartone!” sospirò Hermione, a seguito della castana. Presi il vestito da terra e lo ripiegai sul letto. “Non vuoi andare a picchiare Pansy e Millicent? Ti hanno rovinato il compleanno!” sbottò Anna, buttandosi sul letto svogliata. Scossi la testa. “Nessuno può rovinarmi il compleanno…nemmeno loro e la Umbridge assieme…non più…” sorrisi. Le due mi guardarono interrogative. “Cosa farete sabato?” chiesi. “C’è la visita ad Hogsmerade…Draco mi ha promesso una giornata solo per noi… a passeggiare tranquilli…” spiegò Anna. Il prefetto alzò le spalle. “Starò qui a studiare…con questo freddo chi si muove…e tu?” mi chiese poi. Sorrisi ancora. “Andrò anche io a Hogsmerade…accompagnata da Severus…” spiegai. Le due mi guardarono sbalordite. “Un appuntamento?! Ecco perché cantavi!!! Altro che dicembre! Quando viene marzo!” esclamò Anna. Hermione le tirò un cuscino. “E ora, a cena!” commentò poi. La guardai stupita. “Dove siete state voi due fino adesso?!” chiesi, curiosa. Anna sbuffò. “In biblioteca…per il mio pessimo voto in Storia della Magia…” sospirò affranta. Hermione la guardò severa. “Le ho dato ripetizioni!” esclamò poi fiera. Sorrisi e le presi a braccetto. “Andiamo su! Devo mangiare un sacco di carne, per compensare il sangue che perderò dalla Umbridge…” dissi, trascinandole fuori con me. Andammo a cena, e per strada incontrammo Luna. Mi regalò un curioso amuleto scaccia Nargilli. Bloccai Hermione prima che dicesse qualcosa e la ringraziai. A cena mangiai più del solito. Guardai verso il tavolo insegnanti un paio di volte. Vedevo sempre Piton come nel mio sogno ad occhi aperti. Invece, la Umbridge stava al suo posto, in tutta la sua grandezza di stazza, ad occupare il posto di Silente. Quel vecchietto mancava a tutti. Ogni anno, appena vedeva un tumulto per un compleanno, faceva apparire dei piccoli uccellini colorati che volavano sulle teste degli studenti, in alto, con il cielo finto del soffitto come sfondo. Ma quell’anno, niente uccellini colorati. Solo lei. Una rana dalla bocca larga. Appena finita la cena, accompagnai le mie amiche in dormitorio, poi andai all’ufficio maledetto. Bussai, ma nessuno mi rispose. Entrai titubante. “Professoressa Umbridge?” la chiamai, a malincuore. Non sarei dovuta essere in mezzo a tutto quel rosa. Ma tra le boccette e le bollicine delle pozioni di Piton. Sbuffai. No. Non dovevo farmi prendere dalla tristezza. Altrimenti il confettone se ne sarebbe accorta e ne avrebbe goduto. Mi avvicinai ad un piatto appeso sul muro. Un gattino innocente sferrava zampate in aria. Nonostante il resto della stanza, quella creaturina era carina. Sorrisi. Mi voltai ad osservare gli altri piatti, ognuno con un gatto diverso. Un siamese. Un soriano. Tutti bloccati in quegli oggetti orribili. Chissà se erano tutti gatti che il confettone aveva a casa. Gli aveva fatto una foto magica e l’aveva trasferita sui piatti. Un altro gattino mi guardava allungando una zampetta. Occhi verdi e pelo blu scuro. Doveva essere un persiano. Allungai una mano per accarezzarlo. Però riuscii a toccare solo la liscia superficie di porcellana. “Green finch, and linnet bird, nightingale, blackbird, how is it you sing?” iniziai a cantare. Il micetto mi guardò curioso. “How can you jubilate sitting in cages, never taking wing?” continuai, allontanando la mano. Saltai alcune strofe. “Teach me to be more adaptive…”  sospirai. Sentii un rumore e sobbalzai. Vidi la porta aprirsi e far entrare la Umbridge. “Buonasera professoressa…” la salutai, timida. Lei mi guardò, poi sorrise. “Mi scuso per il ritardo, ma Severus…ops…volevo dire, il professor Piton mi ha interpellato e, da preside quale sono, ho dovuto rispondere…” spiegò, ridacchiando. Mi venne la pelle d’oca. Inutile che si inventasse frottole. Lei non era preside di un bel niente. E solo io potevo chiamare Piton per nome in quel modo. Cacciai in gola tutte le brutte cose che avevo pensato di dirle. “Non si preoccupi…” le dissi pacata. “Veniamo a noi…avanti, si sieda cara…” sorrise, indicandomi la sedia davanti a lei. Mi sedetti tranquilla. “Dei membri della Squadra d’Inquisizione mi hanno riferito che lei ha ostacolato delle loro direttive…e li ha anche insultati…” esordì. Non cercai di giustificarmi. Non sarebbe servito a nulla. La Umbridge mi guardò compiaciuta. “Bene…vedo che sta diventando matura signorina Wyspet…una signorina di quindici anni come lei…” iniziò a dire. “Sedici…” la corressi. Il confettone mi guardò sorpresa. “Ma che sbadata! Giusto, sedici anni…” disse ancora. L’aveva detto apposta, si vedeva da lontano un miglio. “Comunque, dicevamo, le devo dare una punizione…trenta frasi di ‘devo rispettare le persone superiori a me’…” concluse. Superiori a me?! Nessuno era superiore a me, tanto meno quelle due serpi! Allungai una mano remissiva perché mi passasse la penna. “Un attimo ancora…le frasi potrebbero diminuire fino a venti, se farà una piccola cosa per me…” propose. La guardai allibita e disgustata. “Nulla di impegnativo…deve solo cantare…l’ho sentita prima, quando era ancora da sola…” continuò. Barattare delle frasi per una canzone? “Professoressa Umbridge…vede…” cercai di spiegarle, gentilmente. “Avanti, una canzone…cosa ti costa cara?” cercò di convincermi. “Canto solo per me stessa…” risposi, educatamente. Lei mi guardò con occhi di rimprovero. “Lo ritenga come un bonus per il suo compleanno…lei da una cosa a me, io la do a lei…” sorrise. Scossi la testa. “Un regalo non viene mai fatto per riceverne un altro professoressa…” rimbeccai. La guardai negli occhi sicura. “Una canzone…” sibilò ancora il confettone, più come un ordine che come un favore. Scossi la testa. Poi mi venne un’idea. “Se proprio vuole…” ghignai, pregustando già la sua faccia di qualche minuto dopo. “Bene…avanti, cominci…” sussurrò, unendo le mani. Mi schiarii la voce. “Venivamo da esperienze sbagliate, ben lontani dal vederci mai più…” iniziai. Dapprima il confettone sorrise compiaciuta. “Ma siamo qua, fabbricanti di sogni, il mio inizio sei tu…” continuai, guardandola. La donna iniziò ad agitarsi sulla sedia. “Sconosciuti, tu non eri nei piani, stiam vivendo nuove complicità…” sorrisi. La professoressa aveva iniziato a guardarmi storto. “…ma era un po' che il cuore voleva…funzionerà…” cantai ancora. Il rospo rosa tossì. “Con te che io voglio riempire i miei giorni, te che io voglio far veri i miei sogni, questo viaggio ha porti sicuri, chiari contorni…” sospirai, soddisfatta. “Signorina Wyspet…” mi chiamò a denti stretti la Umbridge. “Ci sarò per la fine del mondo, ci sarò per amarti di più, e così se chiami rispondo…il mio vero inizio sei tu…” dissi, ignorandola. Il confettone riprovò a chiamarmi. “La nostra vita passata, cercando felicità…con te un futuro ce l'ho, lo aspettavo da un po', niente ora ci cambierà…” continuai, compiaciuta dalla sua espressione corrucciata. Prima che potessi proseguire, battè un pugno sulla scrivania. Mi girai come se nulla fosse. “Qualcosa non va professoressa?” chiesi, melliflua. “Non mi piace questa canzone…” sbottò. Era chiaro che aveva capito il vero mittente del mio canto. “Mi dispiace, ma è il mio compleanno, e io decido cosa cantare…” sorrisi ancora. Lei sbuffò. “Si metta al lavoro! Trenta frasi, da ora!” commentò stizzita, porgendomi foglio e penna. Sorrisi soddisfatta. Anche se quelle dieci frasi erano rimaste, ne era valsa la pena. Ci misi un po’ a finire. Ostentai un sorriso degno della migliore attrice sottoposta a torture fisiche. Intanto, il confettone lavorava a maglia. “Professoressa?” la chiamai. La Umbridge distolse lo sguardo dai ferri. “I gatti in questi piatti…sono suoi?” le chiesi. Lei rimase un po’ stupita. “Certo cara…se sono nel mio ufficio…” commentò, cercando di essere calma. Sorrisi. “Cioè…queste sono tutte riproduzioni di gatti che lei ha a casa?” riformulai la domanda. Ancora la donna mi guardò sbalordita. “Non…non sono cose che la riguardano…ed ora…torni al lavoro!” sbottò, ostentando sicurezza. Nel tono della sua voce però si leggeva chiaramente insicurezza. Avevamo messo assieme due frasi complete, senza insulti ne punizioni. Forse anche quella donna allora poteva provare sentimenti umani. Nascosti in profondità. Molto in profondità. Intanto che scrivevo, iniziai a riflettere, per non concentrarmi sul dolore. Mia madre diceva sempre che ogni persona nasce buona. Poi decide da sola se diventare cattiva. Me ne parlò quando le dissi che avevo paura di finire a Serpeverde. Lei e mio padre erano stati due Grifondoro. Entrambi mi dissero che in qualunque Casa fossi finita, mi avrebbero voluto bene. Anche se sono certa che sono stati felicissimi nel sapere che ero stata smistata proprio nella loro stessa vecchia Casa. Mi venne da canticchiare, ma mi trattenei. Ero così felice che non sentivo più nemmeno il dolore. Finii le mie trenta frasi e le consegnai. La Umbridge squadrò il foglio, poi sospirò. “Bene…ora più tornare in dormitorio… anche se domani iniziano le vacanze, questo non significa che si debba violare il coprifuoco…” mi congedò. Annuii e la salutai, poi corsi alla Torre di Grifondoro. Non aveva nemmeno fatto uno dei suoi sporchi giochetti. Passai per la Sala Comune, deserta. Tutti stavano preparando le valigie per l’indomani. Entrai nella camera e sorpresi Hermione intenta a leggere un libro, dando le spalle alla porta. Sgattaiolai da lei piano. “Bu!” esclamai. Il prefetto saltò facendo cadere il libro. Risi e lo raccolsi. “Non dovete farmi questi scherzi!” rimbeccò, stizzita. Sorrisi. “Su Herm…c’era troppa tranquillità qui…e Anna dov’è?” chiesi, sedendomi sul suo letto. “In giro con Draco…” sbuffò lei. Il prefetto mi guardò la mano destra, si alzò, andò a prendermi dell’acqua e delle bende, ed iniziò a curarmi. Le raccontai della proposta della canzone fattami dal confettone. Chiacchierammo per un po’. “Insomma, hai sedici anni…” sorrise. Annuii. “Mi sento già vecchia…” dissi, imitando un nonno che si teneva per un bastone. Herm rise. “Secondo te, quello che abbiamo visto nello specchio, si avvererà?” mi chiese. Le accarezzai la testa. “Certo…se Anna può prendere un buon voto in Pozioni, tutto è possibile!” scherzai. Anche lei rise. “Comunque speriamo…non vedo l’ora di avere tra le braccia la piccola Eveline!” esclamai, già sognante. “Da quanto abbiamo visto…a avremmo tutte e tre almeno una figlia femmina…” osservò Hermione. Annuii. “I tre nuovi uragani di Hogwarts!” esordii. Ci guardammo. “Ora si che mi sento davvero vecchia…” sbottai, sorridendo. Poi scoppiammo a ridere. Parlammo ancora per un po’, poi ci infilammo a letto. avevamo appena spento la luce, quando la porta si aprì. Poi un rumore. “Santo Manson che male! Porco di quello spino!” imprecò Anna. Hermione accese la luce. La ragazza si teneva con una mano al muro, massaggiandosi con l’altra un ginocchio. “È questa l’ora di tornare? Eh?!” la rimproverai. “Ma stai zitta…vecchia!” mi prese in giro. Si trascinò fino al suo letto. “Herm!!! Mi fa male!!” si lagnò. Sorrisi. “Così impari a non portarti dietro la bacchetta…” sbottò il prefetto. Anna le fece gli occhi dolci, così, la ragazza dovette arrendersi. Con un colpo di bacchetta sistemò il ginocchio della ragazza. “Hai preso una botta anche al collo?” chiese stupita Hermione. Anna coprì subito il livido viola in bella vista, arrossendo. “Anna ha un succhiotto, Anna ha un succhiotto!” iniziai a canticchiare. Il prefetto la guardò con rimprovero. “Per favore Herm…anche quello…” la pregò. La ragazza obbedì sbuffando. “Però voglio un sacco di caramelle da Mielandia! Chiaro?” disse subito, autoritaria. Anna annuì grata. Appena anche la castana fu pronta, spegnemmo la luce. “Anna ha un succhiotto, Anna ha un succhiotto!” ricominciai a canticchiare. “Tra rose e fior, vedo arrivar, Giulia e Piton si voglion sposar! Lei dice si, lui fa così…poi ci ripensa e dice di si…” iniziò a cantilenare la castana. Hermione, nel mezzo delle due nenie, tirò un urletto sconsolato. “Ragazze!!!” ci richiamò, prima che Anna iniziasse con la parte sconcia della filastrocca. Entrambe scoppiammo a ridere. “Tra rose e fior, nasce l’amor! Ron ed Hermione…” iniziammo a cantare in coro io e Anna. Mi arrivò un cuscino, come anche ad Anna. “No, a parte gli scherzi ragazze…quando ci sposeremo…” iniziò a proporre la castana. “Andiamo bene! Tu che parli di matrimonio!” scherzai. Stavolta mi arrivò un pinguino di peluche. “Ora puoi anche ritirarmelo, grazie…” commentò poi Anna. Lo tirai mirando più lontano possibile. “Ai!!! Giulia che mira hai?!” si lamentò Hermione.  Risi. “Cavolo! Quando voglio fare discorsi seri non mi state mai a sentire!” sbottò Anna. “Perché tu non fai mai discorsi seri!” osservò il prefetto. “Bhe ora voglio farne uno!” rimbeccò ancora l’altra. “Allora parla…” sorrisi. Anna si schiarì la voce. “Stavo dicendo…quando ci sposeremo…non andremo a vivere in angoli remoti della Terra vero?” chiese. “Figurati! Io rimarrò a Londra!” rispose intenerita Hermione. “Anche io…” confermai. “Bene…perché…non ci possiamo dividere!” concluse la castana. “Non ci potremmo vedere tutti i giorni…nemmeno se abitassimo in case attaccate…” osservò il prefetto. “Vero Herm…però…quando Draco sarà via, Piton sarà a scuola e Ron…sarà da qualche altra parte…ci potremmo tenere compagnia…” propose ancora Anna. Non era una cattiva idea. “Così potremmo far giocare insieme i nostri bambini!” esclamò entusiasta Hermione. Alla fine l’avevamo trascinata nelle nostre future idee. “Già…la mia Elisabeth…e Scorpius…” sospirò Anna. “Scorpius?!” esclamammo in coro io ed Hermione. “L’ha scelto Draco…dice che deve avere un nome importante, in quanto dovrà portare avanti il nome dei Malfoy e bla bla…” sintetizzò lei. “Così Eveline avrà degli amichetti!” sorrisi contenta. “So che la mia Rose sarà traviata dalle vostre figlie, come avete fatto con me…” disse divertita. “Vedrai! Speriamo che erediti tutto da te però! Ti immagini una bambina con l’aspetto di Ron e la sua intelligenza?!” commentò cattiva Anna. Tutte e tre rabbrividimmo. “Però…se tu e Draco vi sposerete…i vostri figli non avranno sangue puro…” osservò Hermione. “Nemmeno la mia Eveline…” precisai. “Piton non è un Purosangue?!” squittirono stupite. “No…e comunque, i Malfoy adorano Anna…solo il fatto che parla serpentese è un punto a suo favore…” feci notare. La madre di Anna, Ilary McGuire, era una strega Purosangue. Si era sposata con Andrew Haliwell, allevato come un babbano per volere del padre, babbano anch’egli. La madre di suo padre, Artemisia Wytter, era una Purosangue, discendete da una stirpe di Serpeverde, che, per volere del destino, si innamorò per l’appunto del nonno di Anna, un babbano. Artemisia avrebbe voluto mandare il padre di Anna ad Hogwarts, ma il nonno insistette a farlo crescere come un normale ragazzo. Questa storia Anna cel’aveva raccontata un sacco di volte. Comunque, proprio dalla nonna, Anna ha ereditato la capacità di parlare il serpentese, e ciò le aveva garantito un punto a favore da parte dei Malfoy. “Davvero una bella caratteristica…” sbotto Hermione. Anna le sibilò qualcosa in serpentese. “Smettila! Mi fai senso!” rimbeccò ancora il prefetto. Risi. Sentii un colpo. “Ok! Però finiscila di tirarmi peluche e cuscini!” protestò Anna. Scossi la testa divertita. “Povera Hogwarts…crollerà sotto il casino dei nostri figli…” dissi, divertita. Le due scoppiarono a ridere, poi, appena ci fummo calmate, ci addormentando una dopo l’altra. Io fui ultima, chiudendo gli occhi a suon della melodia del ballo, mentre una bambina sorrideva nella mia mente.
Il giorno dopo, un’orda di studenti lasciò Hogwarts, sospirando di sollievo per l’allontanamento dalla Umbridge, dalla Squadra d’Inquisizione e dai compiti. Ci alzammo che era quasi ora di pranzo. Hermione si era dimenticata di mettere la sveglia, ma non ne sembrava molto dispiaciuta. Scendemmo in Sala Comune con una tranquillità disarmante. Era vuota, come ci aspettavamo. Tutti i pargoli Weasley se ne erano tornati a casa, come anche Mary Kate, che voleva rifornirsi di cd e godersi un po’ d’amore famigliare approfittando dell’assenza della sorella. Andammo a colazione sbadigliando. Anche le tavole erano piuttosto vuote. Se non deserte. Al tavolo dei Tassorosso c’erano un paio di ragazze, e quasi nessun ragazzo. Anche in quello di Corvonero regnava un mortorio. Del mio acerrimo nemico, nemmeno l’ombra, e nemmeno del pretendente di Anna. Invece, in quello di Serpeverde, un ragazzo se ne stava da solo in un angolo. Si voltò, ci vide e accorse. Draco si fiondò letteralmente su Anna. Hermione sbuffò. Questa scena si ripeté anche il giorno dopo. La sera l’avevo trascorsa da Piton, ovviamente. Il professore mi mandò via prima, con la scusa che dovevamo alzarci presto la mattina. Io obbedii, ma non dormii molto quella notte. Ero molto agitata. Eppure non era un vero appuntamento. Era il mio regalo di compleanno. E basta. Però era nervosa. Chissà se gli sarei piaciuta con il mio nuovo vestito. Chissà se avremmo camminato fianco a fianco oppure avrebbe fatto qualche passo avanti a me. La mia testa era piena di gioia. Il mio cuore batteva forte.
La mattina, mi svegliai aprendo gli occhi piano. Non potevo crederci. Era proprio sabato! Mi stiracchiai e guardai l’ora: 7.50. Mi accorsi che i letti delle mie amiche erano vuoti. Dovevano essere scese a colazione. Avevo pregato Anna di non svegliarmi, e di portarmi in dormitorio un pasticcino. Sapevo che non sarei riuscita a dormire. E non volevo certo avere due occhiaie fino ai piedi quel giorno! Andai in bagno, mi lavai la faccia, poi tornai in camera. Hermione era seduta sul letto. “Ecco la sua colazione signorina Piton…” mi prese in giro, porgendomi una brioche avvolta in un tovagliolo. “Grazie signorina Weasley…” risposi. Il prefetto arrossì. Mangiai in un sol boccone il dolce, poi presi il vestito. “E Anna?” chiesi. “Da Draco…ovvio…quei due passano tutto il giorno assieme…” sbuffò lei. Sorrisi. “Sicura che non vieni?” dissi, dispiaciuta. Herm scosse la testa. “Vai e divertiti! Non ho per nulla voglia di uscire…” rispose, alzando le spalle. Mi misi il vestito, guardandomi poi allo specchio. “Come sto?” chiesi, insicura. Hermione mi fece il segno di girarmi. Feci una piroetta. “Perfetta!” sorrise. Mi voltai verso la finestra. Dei raggi di sole filtravanodalle tende. “Green finch, and linnet bird, nightingale, blackbird, how is it you sing?” iniziai a gorgeggiare. Hermione mi guardò scettica. “How can you jubilate sitting in cages, never taking wing?” continuai, facendo ancora una piroetta per vedere la gonna volteggiare. “Johanna no! ti supplico! Canta, ma cambia!!” mi pregò Hermione, tappandosi le orecchie. Sorrisi e trotterellai in bagno. “You are my sunshine, my only sunshine! You make me happy, when skies are grey!” ricominciai, prendendo la spazzola. “Così va meglio!” sorrise la ragazza. “You'll never know dearhow much I love you! Please don't take my sunshine away!” conclusi, mentre tornava la contentezza. Mi truccai con un tocco di leggero ombretto viola chiaro, e un poco di lucidalabbra. Misi il solito fermaglio, poi tornai in camera. “Cavolo…vorrei tanto mettere le mie Converse, ma stonano…” sbuffai, buttando la borsa su letto. “Metti le ballerine…non sono anche quelle della Converse?” suggerì Hermione. Alzai le spalle poco convinta. Accolsi il suo suggerimento, in mancanza di altre opzioni. Misi il solito cappotto nero stretto e mi guardai ancora poco convinta allo specchio. “Herm?” la chiamai. Il prefetto distolse lo sguardo dal libro di Antiche Rune. “Voglio una tua opinione sincera…sembro ridicola?” le chiesi. Lei alzò un sopracciglio. “Ridicola?! Figurati! Sembri più grande…” sorrise. Annuii rincuorata. “Mancano dieci minuti alle nove…sbrigati! Vai dal tuo principe verde e argento!” esclamò poi. L’abbracciai e corsi giù. Avevo portato una mini borsetta a forma di teschio con la tracolla fine. Dentro avevo messo il minimo indispensabile. Non ero una di quelle ragazze che si portavano sempre dietro tutto il set per farsi belle in ogni bagno trovato per strada. Arrivai nella Sala d’Ingresso in anticipo di due minuti. Fuori c’era un sole splendido, che emanava molto calore. Mi tolsi il giubbotto e lo rimpicciolii così da poterlo mettere in borsa. Mi ripromisi di ringraziare Hermione per avermi insegnato quell’incantesimo appena tornata dalla gita. Ero convinta che avremmo fatto solo un giro la mattina. Poi, nel primo pomeriggio, saremmo tornati al castello. Non era molto, lo sapevo, ma pur di stare con lui, mi bastava. Iniziai a dondolarmi sulle ballerine. “When I was just a little girl, I asked my mother, what will I be…” canticchiai. Mia madre adorava Doris Day. Quando ero ancora nella culla mi cantava come ninne nanne le sue canzoni. A quanto pare la voce è una caratteristica che si eredita tra tutte le ragazze con il gene Cohen. Chissà se la piccola Eveline avrebbe cantato anche lei come un usignolo. “Will I be pretty? Will I be rich? Here's what she said to me…” continuai, sorridendo. Ero davvero di buon umore. Nonostante non avessi dormito molto ero piena di energie. Non vedevo l’ora che arrivasse Severus, però allo stesso tempo, ero nervosa. “Que sera, sera…whatever will be, will be…” sospirai, guardando l’orologio. Era passato un minuto. E il mio cuore batteva forte. Avrei voluto mettermi a ballare per la sala. Però se Piton mi avesse visto, avrebbe capito quanto ero ansiosa. Dovevo stare tranquilla. Presi un profondo respiro. “The future's not ours to see…que sera, sera…what will be, will be…” proseguii, guardandomi le punte delle ballerine. Non era un appuntamento. Solo una mattinata passata assieme. Che significava appuntamento. No. Dovevo semplicemente essere me stessa! Dovevo divertirmi. Eppure il semplice pensiero che quella gioia sarebbe durata solo una mattina, mi rattristava. “È allegra stamattina vedo…” osservò una voce. Eccolo. “Ovvio! Con una giornata così, chi non lo è!” sorrisi. Piton alzò un sopracciglio. Mi squadrò un po’ stupito. “Ha visto? Il regalo di compleanno dei miei!” spiegai, facendo una piroetta. Lui annuì. “Ora…andiamo alle carrozze…” disse il professore, titubante. Obbedii, felice. Quando arrivammo era deserto. Nemmeno uno studente aveva pensato di venire ad Hogsmerade quella mattina. O almeno, a quell’ora. Una carrozza senza cavalli si fermò davanti a noi. Mi avvicinai al vuoto davanti e, dopo qualche tentativo, la mia mano si poggiò su qualcosa che sembrava fosse una criniera. Sorrisi e l’accarezzai. “Allora? Su, salga signorina Wyspet!” mi chiamò Piton. Lasciai l’animale e tentai di salire sulla carrozza. Il professore, che era già salito, mi tese una mano e mi aiutò. Mi sedetti sul sedile dalla parte opposta al suo. La carrozza iniziò a muoversi. “Cosa stava facendo prima?” mi chiese. “Volevo accarezzare un Thestral...anche se non li posso vedere, non significa che non esistano…” spiegai, guardandomi intorno. Severus scosse la testa divertito. Il paesaggio intorno a noi sembrava fosse cambiato. Non era lo stesso che vedevo ad ogni visita con le mie amiche. Quel sole primaverile, illuminava tutto di una luce diversa. Più. Magica. “È davvero una splendida giornata!” ripetei, stiracchiandomi. Piton annuì poco convinto, guardando alla sua destra. “Qualcosa non va?” chiesi, preoccupata. “No…nulla…non ho dormito molto stanotte…” si lasciò scappare. Risi. “Nemmeno io!” confessai, divertita. Severus sorrise. Indossava un mantello più leggero, dal bordo fine verde. Pantaloni neri e casacca nera. Rimanemmo in silenzio per qualche minuto. “Professore?” chiesi. Lui si girò. “Quante lingue conosce?” dissi, timida. “Lingue? Dunque…ho frequentato il corso di Antiche Rune…poi ci sarebbe il francese… l’ho dovuto apprendere in fretta e mi è servito per un brevissimo periodo…ora non mi ricordo quasi più nulla…” rifletté. Sorrisi. “Davvero? Io l’unica cosa che so dire in francese è ‘voulez vous coucher avec moi ce soir’” dissi imbarazzata. Severus rise. “Non penso le converrebbe dirlo ad un francese…a meno che lei non intraprenda una carriera al Moulin Rouge…” osservò divertito. Sorrisi. “Poi?” gli chiesi di continuare. “Ci sarebbe un accenno di tedesco…Karkaroff quando si innervosiva parlava così male l’inglese che mi è toccato imparare almeno le frasi principali…” sbuffò. Annuii curiosa. “Come mai questa domanda signorina Wyspet?” chiese. Alzai le spalle. “Così…per curiosità…” risposi vaga. “Lei? Mi pare avesse accennato una volta allo spagnolo…” esordì Piton. Annuii. “Lo sto ancora imparando…come anche il giapponese…” precisai. Lui mi guardò stupito. “Il giapponese?” chiese. “Si…Anna sa tantissime cose…e poi, essendo io una lettrice di manga, conosco qualche termine…però la maggior parte delle cose me le ha dette lei…” spiegai. “Per esempio?” rispose Severus. “Bhe…per esempio…‘ichigo’ vuol dire fragola…‘midori’ significa verde…” iniziai ad elencare. “E frasi concrete? Ne sa dire?” disse ancora il professore. “Watashi wa Giulia desu…” sorrisi. “Io sono Giulia…” tradussi subito. “Complimenti…non sapevo che la signorina Haliwell avesse conoscenze di questo tipo…” disse. Sorrisi ancora. Il professore si voltò ancora verso il paesaggio. Sospirai. C’era un leggero venticello, che però non infreddoliva quel caldo primaverile. Iniziai a fischiettare allegramente. A parte qualche sbalzo dovuto alla carrozza, il viaggio proseguì tranquillo. Non parlammo molto. Anzi, quasi per nulla. Sembravamo due adolescenti al primo appuntamento. Anche se cercavo di scacciare questo pensiero, la parola appuntamento galleggiava nella mia mente costantemente. Scesi dalla carrozza accarezzai per ricompensa (andando a tentoni, a quella che mi sembrò essere la testa) un Thestral, poi percorremmo la stradina che conduceva al villaggio. “Bene…eccoci qui…dove vuole andare?” mi chiese sicuro Piton. Alzai le spalle. “Per me è indifferente…mi basta…stare con lei…” sorrisi, quasi in un sussurro. Severus tossì. “Allora facciamo una passeggiata…” commentò, iniziando a camminare spedito. Lo seguii divertita e gli presi il braccio per farlo rallentare. “Calma professore! Guardi che abbiamo tempo!” risi. Appena mi accorsi che l’avevo preso a braccetto, mi staccai imbarazzata. Camminammo fianco a fianco. Passando davanti a Mielandia, non potei fare a meno di fermarmi per spiaccicarmi sulla vetrina. “Vuole entrare?” mi chiese. Annuii timida. Avrà pensato che fossi una bambina. Però avevo immensamente voglia di Api Frizzole. “Può andare…io l’aspetto qui…” propose. Scossi la testa. “Viene dentro con me!” lo corressi. Piton mi guardò scettico. “Per favore! Non è divertente entrare da soli a Mielandia!” lo pregai. Gli presi una manica della casacca e la tirai piano verso la porta. Il professore alzò gli occhi al cielo. Diede una breve occhiata dentro il negozio e, constatato che non c’era quasi nessuno, annuì. Lo spinsi dentro contenta. Andai subito alla cassa. “Ciao cara…cosa posso fare per te?” mi chiese la donna dietro il bancone. “Vorrei un sacchetto di Api Frizzole…” risposi. Lei mi sorrise e ne prese una manciata. “Mi raccomando, stai attenta a non farle scappare!” mi raccomandò. Mi girai e vidi Piton guardare dubbioso un dolce dopo l’altro. “Lei non prende nulla professore?” gli chiesi, correndo da lui con il sacchetto in mano. “Si figuri…non mangio questa roba…” sbottò, guardando con orrore dei lecca lecca al sangue. “Ovvio, quei lecca lecca non piacciono quasi a nessuno…a parte Anna…e anche a me…bhe, ne mangio uno ogni tanto…comunque, ce ne sono di buonissimi! Mi creda!” lo incoraggiai. “Certo…non ne dubito…” disse, ancora scettico. Sbuffai e andai alla cassa. “Mi dia due Gelatine Tutti i Gusti+1 per favore!” chiesi. La donna mi obbedì e le diedi i soldi. Tornai da Piton. “Ecco, tenga!” dissi, porgendogli una gelatina. Lui guardò prima la mia mano, poi me. “La mangi! Se trova un buon gusto, ha vinto lei, mentre se lo trovo io…ho vinto io!” spiegai in poche parole. Piton aprì la bocca per ribattere. “Per favore…giuro che le offro un dolce a sua scelta poi!” lo pregai. Lui si guardò in giro. “La sua testardaggine è esasperante sa?” sbottò. Abbassai lo sguardo. “Mi dispiace…è che…voglio che si diverta un po’…lo so che lei ha accettato di accompagnarmi perché non mi ha comprato il regalo…però…” mi scusai, rammaricata. Severus scosse la testa. “Non è affatto così, ed ora, mi dia quella maledetta gelatina…” rispose. Gliela porsi. Contammo fino a tre, poi le ingoiammo. “A quanto pare non sono fortunata…gusto scarpe bruciate…” dissi, schifata. Piton scosse la testa divertito. “E lei?” chiesi. “Frutti di bosco…” sorrise, soddisfatto. “Non c’è problema, accetto una sconfitta…quindi, se proprio vuole perdersi tutti questi buoni dolci…faccia come vuole…” recitai tragica. “Avanti, ora non esageriamo…” rispose lui. Quando uscimmo dal negozio dovetti mangiare due Api Frizzole perché mi andasse via quel saporaccio. Piton, d’improvviso, affondò la mano nel sacchetto. Ne uscì con un dolcetto ben stretto tra le dita e lo mangiò. Sorrisi. “Allora, com’è?” chiesi. “Non male…” rispose solo. Continuammo a camminare pacifici, passando davanti a Zonko. Lo ignorai completamente ed andai avanti, immersa nei miei dolcetti. “Strano che ci sia così poca gente…le vacanze dovrebbero essere già iniziate anche per i maghi…” osservai, guardandomi in giro. “Di mattina non c’è quasi nessuno…soprattutto quando ci sono le visite studentesche…si fa molta più fatica a girare con degli adolescenti scalmanati per le strade…” ghignò maligno Piton. Gli feci la linguaccia. “Devo avvertirla che ha la lingua gialla…” precisò poi. Risi. “Può capitare…però ora le metto via…altrimenti se le mangio tutte non ne avrò più per la scuola…” risposi. Misi il sacchetto in borsa, poi alzai la testa verso il cielo. Era limpido, tranne per qualche nuvoletta bianca all’orizzonte. Il sole era davvero caldo, e batteva in modo impressionante. “Questo sole è davvero insopportabile…” osservò Piton, facendosi aria con una mano. Sorrisi, facendomi ombra agli occhi. C’era qualche anziana strega che girava, qualche gruppo di streghe più giovani e maghi in giacca e cravatta che conversavano davanti a qualche negozio. Mi fermai qualche minuto. Il sole era alto nel cielo, il che significava che fosse quasi ora di pranzo. Il tempo di chiudere gli occhi che mi sentii andare all’indietro. Sentii una stretta alle braccia, che mi rimise in piedi. “Signorina Wyspet, si sente bene?” mi chiese subito Severus. Annuii. “È stato solo un mancamento…avrei dovuto portarmi un cappello…” risposi, cercando di tranquillizzarlo. Piton si guardò in giro. Notai qualche mago, tra i negozi, impegnato ad urlare per attirare clienti alla sua bancarella. Doveva essere una specie di mercatino. “Ombrelli da sole! Di ogni tipo! Fate un affare signorine!” sentii enunciare. Il professore guardò la bancarella con scetticismo, poi si decise e si avvicinò. Lo seguii. “Oh salve bella signorina!” mi salutò il venditore. Gli sorrisi. Severus intanto guardava il cartello con il prezzo. Quel venditore mi sembrava famigliare. Iniziai a dare un’occhiata agli ombrelli. Non era esattamente il mio stile, però qualcosa di viola poteva anche starci. Avrei dovuto corrompere il vecchietto per farmi uno sconto. Di certo non arrivavo a quella cifra con i soldi che mi erano rimasti. Ne vidi uno sul viola scuro. Sembrava fatto di pizzo. Era una tale meraviglia. Da un lato pendeva un piccolo ciondolo a teschietto sorridente. Piton notò che il mio sguardo era fisso sul quel’oggetto. Anche se non capivo come mai dovessi comprare un ombrello da sole, per poi rimanere nel villaggio ancora per un’ora o meno. Sentii alcuni vociare che era quasi mezzogiorno. “Ti piace questo eh? Eh si! Ti starebbe d’incanto!” disse il vecchietto, prendendo l’ombrello per porgermelo. Stavo per rifiutare, quando Piton si mosse prima di me e tirò fuori qualcosa. Lo porse al venditore, che in cambio gli diede l’ombrello. “Un vero affare! La sua fidanzata è davvero un bocciolo di rosa!” commentò poi quest’ultimo, facendomi l’occhiolino. Arrossii. Ero confusa. “Ecco qui signorina Wyspet…” disse solo Piton, porgendomi l’ombrello. Lo guardai sbalordita. “Ma…cosa…” iniziai a dire. Vidi il venditore mettere via i soldi. “Lei è davvero fuori professore…non…non serviva…” risposi. Severus mi aveva comprato qualcosa. Aveva speso dei soldi per me. “Prenda questo ombrello senza commentare…” sbottò, acido. Allungai le mani verso l’oggetto. “Ecco…ora le ridò i soldi…” proposi, iniziando a frugare nella borsetta per prendere il portafoglio. “Se lo scordi…lo consideri un regalo…” mi zittì. Lo fissai emozionata. “Da…davvero?” chiesi, incredula. “Certo! Come mai fa quella faccia?” rimbeccò, seccato. “Io…ecco…non me lo aspettavo…gra…grazie!” confessai. Lo abbracciai d’improvviso. Ero contentissima. “Avanti…signorina Wyspet! È solo un ombrello!” sbottò lui, a disagio. Mi staccai. Avevo perfino le lacrime dalla felicità. Forse ero davvero esagerata, ma non ci potevo fa nulla. Ero felice. “Cosa c’è ora? Non è il caso di piangere!” commentò il professore. “Lo so…mi scusi…” mi scusai, dispiaciuta. Severus sorrise. “Ora apra quell’ombrello…altrimenti non sarà servito a nulla comprarlo…” sbottò, anche se nella voce c’era un tono più dolce del solito. Obbedii. Con un click lo aprii. Il ciondolo dondolava piano. Si stava davvero bene, finalmente all’ombra! “E ora che è tutto sistemato, cerchiamo un posto dove pranzare…” propose. Lo guardai ancora stupita. “Cos’ho detto ancora?” disse Piton, alzando gli occhi al cielo. “Rimarremo qui anche il pomeriggio?” chiesi. “Ovvio…a meno che lei non abbia preso altri impe…” iniziò a dire. “No! Non ho nulla da fare…è che...pensavo…che non volesse perdere tutto il giorno con me…” confessai, senza lasciarlo finire. Mi scompigliò i capelli. “Ha davvero un’alta stima della sua capacità di compagnia signorina Wyspet…e poi oramai dovrebbe saperlo, se io inizio una cosa, la porto a termine, quindi, o tutto il giorno, oppure nulla…” esordì il professore. Sorrisi felice. “C’è un ristorante carino vicino a Madama Piediburro…ci passo sempre davanti con Anna ed Hermione…” suggerii. “Se non c’è nulla di meglio…” disse. Iniziò a camminare a passo svelto. Lo seguii con il mio ombrello nuovo, felice come una bambina. Entrammo nel ristorante. Era un posto modesto, anche se aveva una certa classe. Una strega ci condusse in un tavolo per due. Era tutto così strano. Non l’avevo nemmeno presa in considerazione come cosa! Se l’avessi saputo avrei preparato da mangiare e avremmo fatto un pic nic vicino al bosco. Risi per cosa stavo pensando. Sembravo già una mogliettina. “Vado un attimo in bagno…” mi congedai, alzandomi. Severus annuì, immerso nel menù. Me la svignai al bagno delle femmine. Sospirai, e presi il portafoglio. Non avevo i soldi per nemmeno un aperitivo. Però con la mia paghetta non potevo fare grandi cose. Sbuffai triste. Altro che cresciuta, sembravo ancora una stupida ragazzina. Ero riuscita a convincere Piton ad accompagnarmi ad Hogsmerade. Mi aveva fatto un regalo. Ed io come lo ripagavo? Con la mia testardaggine e i miei capricci. Forse eravamo davvero di due mondi diversi. Lui aveva un lavoro. Poteva permettersi tutto quello che io sognavo la notte. Stavo alle regole di un rospo travestito da confettone rosa! Mi lavai le mani e mi guardai allo specchio. Sistemai il fermaglio, poi mi guardai. “Sei una stupida! Sei qui con il tuo Severus, e tu di cosa ti preoccupi? Dei soldi? Basterà dire che non te lo puoi permettere, così andrete da qualche altra parte…” mi rimproverai. “E avanti, porco spino, sorridi!” continuai. Feci un sorriso a me stessa. Mi sentii d’improvviso meglio. Tornai al tavolo più serena. “Ehm…professore…dovrei avvertirla che ho scarsi fondi monetari…” spiegai, imbarazzata. Piton alzò le spalle. “Vorrà dire che le offrirò il pranzo…lei mi ha offerto una festa intera…” commentò. Ordinammo due bistecche con funghi. Poco dopo la donna che ci aveva accompagnato al tavolo ci portò da bere. Severus aveva ordinato del vino rosso, mentre io della semplice acqua naturale. “È buono il vino?” chiesi, bevendo tristemente la mia acqua. “Decisamente si…comunque se lo scordi…lei è ancora minorenne…” rimbeccò, sopprimendo le mie idee. Sbuffai rassegnata. Dopo dieci minuti arrivarono le ordinazioni. La bistecca era buonissima. Finito il pasto, in attesa del dolce, Severus mi guardava divertito. “Cosa c’è? Sono sporca?” chiesi, già immaginando la peggiore delle catastrofi imbarazzanti. Lui scosse la testa. “Ha mangiato in modo impeccabile…al contrario di come si abbuffa in Sala Grande…” spiegò. Arrossii. “Io…ecco…” cercai di difendermi. Alla fine sorrisi. Per dolce ordinai die profitteroles. Stando bene attenta a non sporcarmi il vestito, ovvio. Poi ci alzammo ed andammo a pagare. O meglio, Severus andò a pagare. Mi ordinò di aspettarlo fuori. Sapeva che avrei sicuramente insistito per cercare di pagare la mia parte in qualche modo. Appena uscita dal ristorante rimasi impietrita nel vedere la folla che si era creata. C’era molta più gente di prima. E le signore, che facevano sfoggio dei solo mariti, avevano un ombrello per ripararsi. “Ora capisce perché le avevo detto che non aveva ancora visto nulla riguardo alla folla di Hogsmerade…” sorrise seccato Piton. Annuii. Riaprii l’ombrello e ci mischiammo alla folla. Fui costretta ad attaccarmi al professore per non essere trascinata via dalla folla. Eravamo a braccetto. Mi sentivo molto una Mrs Lovett fortunata, a braccetto del suo Sweeney. Sorrisi a questo pensiero. Un uomo mi venne addosso. Tenni saldo l’ombrello ma barcollai. Piton mi sostenne. “Che maniere…” sbottai. L’uomo in questione, si girò. Era un armadio grosso e robusto. Anzi, sembrava se lo fosse mangiato l’armadio. “Come prego?” rispose, avvicinandosi. Mi feci piccola piccola sotto il mio ombrello. “Ecco…mi è venuto addosso…e di solito ci si scusa…” spiegai, calma. Lui sorrise divertito. “Cos’hai detto, pulce?” mi prese in giro. “Non sono una pulce…” replicai, offesa. L’uomo scoppiò a ridere. Mi stavo iniziando ad arrabbiare. “Pretendo le sue scuse!” ripetei. L’armadio alzò un sopracciglio. “Da me tu non pretendi nulla capito? Forse sono io che dovrei avere delle scuse…” rigirò la faccenda. “Ma nemmeno per sogno! È lei che mi è venuto addosso!” continuai. Lui rise ancora. Si chinò e mi prese il mento con una mano. “Senti, bel faccino…tua madre non ti ha insegnato a rispettare le persone più grandi di te?” disse. “Si, ma io qui vedo solo un bambinone troppo cresciuto!” mi lasciai sfuggire. Sentii Severus sospirare esasperato. “Piccola insolente! Dovresti lavarti la bocca con il sapone!” ringhiò. “E lei dovrebbe lavarsi e basta…ne avrebbe bisogno…” commentai. Sentii dei risolini da qualche passante che si era fermato ad assistere alla scena. “Non ho tempo da perdere, quindi fammi le tue scuse, da brava…” sorrise, avvicinando il suo viso. Avrei tanto voluto picchiarlo. Però. Volevo che quella fosse una giornata tranquilla. Ed in più stavo mettendo in imbarazzo Severus. Mormorai delle scuse distratte. “Gia che ci sei, potresti anche farmi compagnia…” sorrise mellifluo. Sbarrai gli occhi. “Ho un incontro, però dopo sono libero…potremmo andare in un bel posticino…” propose. Un brivido di orrore mi scivolò per la schiena. Le persone avevano ripreso a camminare, e l’unico che era rimasto ad assistere era Piton. “No…non sono da sola…” risposi subito. L’uomo lanciò una breve occhiata al mio accompagnatore. “Avanti piccola…vedrai…ti divertirai…” sorrise ancora. Ma perchè tutti i maniaci li trovavo io?! Avrei preferito baciare Voldemort piuttosto che quello li. “No…non…non voglio…” commentai, facendo un passo indietro. Il tizio mi prese il braccio e mi face fare qualche passo verso di lui. “Ho detto che non voglio!” ribadii, al limite. “Non l’ha sentita? Non vuole venire con lei…e ora se ne vada…” si intromise Piton. Mi voltai grata verso di lui. “Questa ragazza è sprecata per un bamboccio come te…ha bisogno di un vero uomo!” ghignò fiero. “No! Io voglio stare con lui! E ora mi lasci!” rimbeccai. L’armadio mi strattonò così forte che mi cadde l’ombrello. “La lasci immediatamente…” ripeté Piton. “Altrimenti? Mi riempirai di prediche fino a che morirò di noia?” lo prese in giro l’altro. Guardai supplichevole Severus. I suoi occhi. Avevano qualcosa di strano. Una scintilla nuova. “Ora bel faccino, andiamo…” mi ordinò l’uomo. Scossi la testa tentando di scivolare via dalla sua presa. Una mano si poggiò su quella dell’armadio e la tolse dal mio braccio. L’uomo guardava furente Piton. Corsi a rifugiarmi dietro di lui. “Abbordare ragazzine minorenni per strada…è patetico…” sbottò il professore, acido. Un mormorio di levò dalla folla sapendo che non ero ancora maggiorenne. Sentii qualcuno urlare un “si vergogni” e “che zoticone”. L’armadio, preso alla sprovvista, si ritirò, passando vicino a Piton e prendendolo in pieno alla spalla, per poi continuare la sua strada. “Professore…sta bene? Le ha fatto male?” gli chiesi. Lui scosse la testa. “Mai una volta che lei non si cacci nei guai signorina Wyspet…” mi rimproverò, raccogliendo l’ombrello e porgendomelo. “Ora ha visto come mai le gite ad Hogsmerade vengono fatte lontane dalle vacanze…” esordì poi sarcastico, sistemandosi il mantello. “Mi dispiace…” mi scusai. “Non  è colpa sua…” rispose Piton. Feci un piccolo sorriso. “Ed ora, andiamo via da questo caos infernale…” si decise. Mi attaccai al suo braccio. Percorse una stradina fino ad arrivarne infondo. Svoltammo qualche vicolo e ci trovammo in aperta radura. “Ora si ragiona…” commentò. “È davvero un bel posto…non sapevo che ci fosse tutto questo spazio…” sorrisi. “Voi studenti siete troppo presi dai negozi per accorgervene…” rimbeccò. “Il bosco vicino alla stazione!” esclamai, vedendo gli alberi poco lontani. “Ah professore…la ringrazio per avermi difesa…” sorrisi. Gli diedi un bacio sulla guancia, poi iniziai a trotterellare e piroettare allegra. Lui scosse la testa divertito. Ci sistemammo sotto un albero all’inizio del bosco. Stese il suo mantello sull’erba e ci sedemmo sopra. “Se tutte le sue uscite sono così stancanti, devo dire che compatisco le sue amiche…” commentò Piton. Risi. “Certo che il mondo magico è davvero popolato da gente rozza…” sbottai, piegando di poco le gambe. “Però poi ci sono anche le persone gentili…” sorrisi, guardandolo. Piton si girò dall’altra parte. “Non si dimentichi che, in quanto tuo professore, è sotto la mia tutela…” esordì. Risi. Era davvero un bel posto. Tranquillo. Chiusi l’ombrello, dato che le fronde dell’albero ci facevano ombra. Il venticello iniziò a soffiare piano. Le nuvole venivano spostate nel cielo azzurro. Cosa si stava perdendo Hermione a rimanere chiusa nel castello! Risi, per la somiglianza di quella scena ad una molto famigliare. “By the sea, Mr. Todd, that's the life I covet, by the sea, Mr. Todd, ooh, I know you'd love it!” iniziai a cantare. Severus mi guardò divertito. “You and me, Mr. T, we could be alone, in a house wot we'd almost own, down by the sea!” continuai. Un uccellino si posò poco distante da me. Inizio ad avvicinarsi. “L’avverto, se inizia a cantare Green Finch and Linnet Bird me ne vado…” sbottò acido Piton. Risi. Alzai lo sguardo e vidi una farfalla che svolazzava tranquillamente sopra di me. Allungai una mano per prenderla, ma volò via. Mi alzai e la seguii. “Signorina Wyspet, le ricordo che ha sedici anni!” scosse la testa Severus. “Voglio vedere la farfalla!” esclamai, rincorrendola. Quando fui senza fiato, mi fermai. Tirai un lungo respiro, poi mi stiracchiai. Poco lontano, si sentiva il vociare della folla e dei venditori. D’improvviso qualcosa si poggiò sul mio naso. La farfalla di prima. “Professore!!! L’ho presa!!” esclamai, agitata. Piton mi guardò esasperato. “A me sembra che sia stata la farfalla a prendere lei…” puntualizzò. Risi. Cercai di prendere la creaturina, ma questa volò subito via, lasciandosi dietro una scia di un azzurro splendente. Starnutii, poi tornai da Piton. “È sicura di avere sedici anni?” commentò sarcastico il professore. Annuii facendo la finta offesa. “Si sta divertendo?” gli chiesi. Lui alzò le spalle. “Non molto…” sbottò, ghignando. Lo guardai dispiaciuta. “Le dovevo regalare un segnalatore d’umorismo…la stavo prendendo in giro!” disse Piton. Sbuffai. “Secondo lei questo è umorismo?” chiesi, sarcastica. Severus sorrise e mi accarezzò sulla testa. Tirai le gambe con le ginocchia al petto e le abbracciai. Poi appoggiai il mento sulle ginocchia. “Professore…io…dovrei…” iniziai a dire. Volevo confessargli ciò che avevo visto nello Specchio delle Brame. Non era giusto che io sapessi e lui no. “Cosa c’è ancora? Ha visto altre creature da rincorrere?” sbottò acido. Scossi la testa. “Ha presente lo Specchio delle Brame di Silente?” chiesi. Lui annuì. “Secondo lei…se una persona ha già quello che vuole…ecco…può mostrare il futuro?” continuai. Piton mi guardò dubbioso. “Potrebbe essere…” rispose vago. Arrossii. “Ecco…qualche sera fa…anzi, molte sere fa...io, Anna ed Hermione…” iniziai a raccontare. “Ecco l’ennesima avventura delle tre…” sospirò esasperato. “…cioè…sono stata io a convincerle…comunque… siamo andate nella stanza dove Silente tiene lo specchio…” continuai, insicura. Severus annuì. “Ci abbiamo guardato una alla volta…pensi, Anna avrà un figlio maschio!” dissi, battendo le mani divertita. Il professore alzò incredulo un sopracciglio. “E anche una femmina…idem Hermione…” proseguii. Strinsi il bordo della gonna in una mano. “Voglio che anche lei sappia cos’ho visto…lo so, non mi devo fare illusioni…però…se davvero fosse così…” sussurrai. “Avanti…mi dica cos’ha visto…” rispose subito Piton. Sospirai. “C’eravamo…noi…due…tra qualche anno…” iniziai a descrivere. Severus mi guardava partecipe. “E con noi…” continuai. Il professore si era avvicinato, per ascoltare la mia voce, ridotta quasi ad un sussurro. “È sicuro di volerlo sapere?” chiesi subito. Lui annuì. “Con noi…c’era una bambina…” sorrisi. Piton mi guardò per qualche istante. Forse c’era rimasto male. Oppure era felice come me. “Era una bellissima bambina…agitava le mani per farsi prendere in braccio…” descrissi. Piton rimase in silenzio. Aveva abbassato lo sguardo. Chissà a cosa pensava. Forse avrei dovuto dirglielo in un altro modo. In un altro posto. Oppure sarei dovuta stare zitta. Forse non voleva veramente sapere della futura esistenza di Eveline. Oppure voleva un maschio. Un mucchio di domande affollarono la mia testa. Forse anche lui, come ho reagito io, era rimasto affascinato e intenerito da quell’immagine. “Quella sera…avrei voluto rimanere davanti allo specchio per sempre…” sospirai piano. Il professore rimaneva zitto. Mi avvicinai a lui. “Signorina Wyspet?” mi chiamò. “Si?” risposi. Severus alzò la testa. “Com’era? Intendo…la bambina…Eveline…com’era?” chiese, insicuro. Eveline. Si ricordava il suo nome. Allora non solo io ci pensavo costantemente. “Uno splendore…capelli neri come il papà…e occhi nocciola come la mamma…” sorrisi, alzando gli occhi al cielo. Piton tornò nel suo silenzio. “Sembrava una bambolina…” aggiunsi. Rimanemmo senza dire nulla per qualche minuto. Accompagnati dal vento. Chissà se Severus si stava immaginando la nostra futura vita. Era così strano parlare di noi dandoci del tu. Eppure non ci sarebbe dovuto essere un noi. “Mi scusi…non…avrei dovuto dirglielo…” dissi rammaricata. Severus scosse la testa. “Una bambina…” sussurrò. Sorrisi. Fu un attimo. D’istinto gli presi una mano e lo portai verso di me. Abbracciai Severus. Gli detti un bacio sulla fronte, poi con una mano feci scivolare le dita tra i suoi capelli. “Signorina Wyspet…” protestò stupito il professore. Mi resi veramente conto di quello che avevo fatto quando sentii il suo respiro sfiorarmi il collo. Lo lasciai andare e subito mi sedetti, dandogli la schiena. “Mi…mi scusi…non so cosa mi è preso…” mi scusai. Ero imbarazzata. “È che….non volevo darle un dispiacere…dovevo stare zitta…lo so…” continuai, triste. Piton sbuffò. “Dispiacere?” ripeté sbalordito il professore. Mi voltai. Mi stava guardando. “Mi rammarico che lei abbia inteso il mio silenzio come fonte di tristezza…considerando che poi è tutto l’opposto!” spiegò. Allora non era rimasto deluso! “Devo solo abituarmi all’idea…dopotutto, è nostra figlia…una notizia importante…” si lasciò sfuggire. Lo guardai stupita. Senza guardarmi, allungò una mano e la poggiò sulla mia. “Sono sicura sarà un bravissimo padre…” sorrisi. Piton cercò di restare impassibile. Anche se le guance colorite dicevano tutt’altro. “Non ne sono molto sicuro…” sussurrò. Scossi la testa. “Non sarà mica da solo! Ci sarò anche io al suo fianco…e vedrà che con noi, Eveline crescerà felice e spensierata…” risposi, portando la sua mano sulla mia guancia. Lui mi fece una carezza. “Professore?” lo chiamai. “Si signorina Wyspet?” disse Piton. “Posso abbracciarla?” gli chiesi. Severus sorrise divertito. “Se proprio deve…” commentò acido. Non me lo feci ripetere due volte e lo abbracciai. Pian piano, anche lui ricambiò. Lo sapevo. Insieme avremmo potuto affrontare qualunque cosa. Per lui, avrei fatto qualunque cosa. Per Eveline avrei fatto qualunque cosa. Poi la nostra futura famiglia. Mi staccai che avevo le lacrime di felicità. Mi alzai per stiracchiarmi e mi guardai intorno. Il sole era calato rispetto a prima. Mi immaginai qualche anno più tardi. Una tiepida giornata primaverile come quella. Un pic nic. “Waking up I see that everything is ok, the first time in my life and now it's so great…slowing down I look around and I am so amazed…” iniziai a cantare. Una farfalla come quella di prima mi passò davanti. Allungai la mano e lei si posò sul mio dito indice. “I think about the little things that make life great…I wouldn't change a thing about it, this is the best feeling…” continuai. La creaturina batteva piano le ali. Levai la mano verso il cielo e la farfalla volò via. “This innocence is brilliant, I hope that it will stay…” sorrisi, seguendola. Stava andando verso delle macchie di fiori vicine. Piton mi seguiva con lo sguardo. “This moment is perfect, please don't go away, I need you now…and I'll hold on to it, don't you let it pass you by…” proseguii. La farfalla si posò su una margherita. Mi chinai per coglierne una, ma appena mossi lo stelo una miriade di farfalle si alzò in volo. Era uno spettacolo bellissimo. “I found a place so safe, not a single tear...the first time in my life and now it's so clear…feel calm I belong, I'm so happy here…” sospirai. Ovunque mi girassi la polverina azzurra brillava nell’aria, per poi scomparire in pochi secondi ed essere sostituita con quella di alter farfalle. Salutai il professore con un gesto della mano. Lui mi sorrise. “It's so strong and now I let myself be sincere, I wouldn't change a thing about it…this is the best feeling…” sussurrai. La miriade di farfalle si dileguò, lasciandomi da sola tra i fiori. Presi un soffione e soffiai. I piumini si sparsero nell’aria come fiocchi di neve. “This innocence is brilliant, I hope that it will stay…” dissi, soffiando dei piumini verso Piton. Lui scosse la testa. Infondo ero davvero ancora una bambina. Ma non m’importava. Avevo ancora due anni per crescere del tutto. “This moment is perfect, please don't go away, I need you now…and I'll hold on to it, don't you let it pass you by…” sussurrai. Avrei insegnato ad Eveline il vero valore delle cose. I cento colpi di spazzola. La magia della neve. Credere sempre nelle proprie capacità. Non rinunciare mai ai sogni. A volte, si avverano sul serio. “It's the state of bliss you think you're dreaming, it's the happiness inside that you're feeling, it's so beautiful it makes you wanna cry…” cantai, felice. Felice perché ero dentro al mio sogno. Che si stava realizzando pian piano. Che poco a poco prendeva forma. Quando il cuore batte così forte che sembra voglia uscire dal petto. “It's the state of bliss you think you're dreaming, it's the happiness inside that you're feeling, it's so beautiful it makes you wanna cry…”ripetei, sorridendo. Per tutte le mattine, in cui il primo pensiero era lui. Per tutte le sere, in cui non volevo mai uscire da quell’ufficio. Per tutte le follie, punizioni, promesse fatte per lui. Fatte da lui. Per riuscire ad avere un futuro migliore. Tra pregiudizi, crudeltà e avidità. Un futuro che Severus si meritava. Che Eveline si meritava. “It's so beautiful it makes you want to cry!” cantai, a perdifiato. Con le mani strette intorno al ciondolo. Un farfalla solitaria si poggiò su una mano. Rimasi li per qualche secondo, battendo flebilmente le ali. “Ora vai...le tue compagne sono andate di la!” sorrisi, alzando la mano verso dove era sparito lo sciame di creaturine. La solitaria, si alzò in volo, girò ancora una volta, poi partì alla volta delle sue amiche. Trassi un profondo respiro e tornai da Severus. “Mi sembrava che mancasse il suo canto giornaliero…” commentò, divertito. Sorrisi, cogliendo un soffione. I piumini seguirono il vento. Ne rimasero pochi sullo stelo, che soffiai verso il cielo. “Andiamo ora…la folla sarà diminuita…” propose Piton. annuii e riaprii l’ombrello. Tornammo tra i negozi. Mi fermai in una bancarella che vendeva peluche e bracciali di perline. Ne vidi uno con le perline verdi e argento. Erano intrecciate su tre file. Sembravano scaglie di serpente. “Mi scusi?” chiamai. Una strega dai lunghi capelli castani e l’aria gentile si avvicinò. “Cosa posso fare per lei?” rispose sorridente. “Posso provare quel bracciale?” dissi. Lei lo prese e me lo porse. Provai a metterlo, ma era troppo stretto. “Peccato…le sarebbe stato bene…” sospirò la strega. Sorrisi. “Non importa…” dissi, dispiaciuta. Piton mi prese il bracciale di mano e lo analizzò. “Quanto costa?” chiese poi. La strega gli rispose e lui iniziò a frugare in una tasca della casacca. “No professore! Le impedisco di comprarlo! E poi tanto mi va stretto!” rimbeccai subito. Severus non mi ascoltò e porse i soldi alla strega. “Inutile che mi guardi così signorina Wyspet! E poi, chi le dice che il bracciale è per lei?” disse acido, mentre la strega incartava l’oggetto. Lo guardai dubbiosa. Se non era per me. Forse era per Anna. Oppure. Per qualche altra ragazza. Mi sentii male solo al pensiero. “Avanti, non faccia quella faccia dispiaciuta! Ecco, tenga…” disse, dandomi il pacchetto. Non stavo capendo nulla. “Però…aveva detto che non è per me…” precisai. Severus scosse la testa. “Ed è vero…però lo terrà lei finché non arriverà il momento di consegnarlo alla sua proprietaria…” spiegò. Ora ci capivo ancora meno. “La…sua proprietaria?” chiesi dubbiosa. “È per Eveline…quando crescerà…” concluse Piton. Sorrisi. Che stupida che ero stata. La strega, si girò. “Scusate…mi avete chiamata?” chiese. Noi ci guardammo perplessi. “Ho sentito il mio nome… devo aver sentito male…scusate…” si scusò. “Aspetti! Lei…come si chiama?” le chiesi. “Io? Mi chiamo Eveline…perché?” rispose. Quella coincidenza era esilarante. “Nulla…grazie ancora…” la congedò Piton. Risi. Passeggiammo a braccetto ripercorrendo la strada all’inverso. In effetti il sole oramai stava per scomparire. Ed era ora di tornare al castello. Arrivammo alla stazione. L’ultimo paio di carrozze per le visite ad Hogsmerade erano alle 19.00 in punto. Probabilmente Draco e Anna avrebbero preso quella. Passarono pochi minuti e una carrozza si fermò davanti a noi. Salutai i Thestral, poi Piton mi aiutò a salire. Chiusi l’ombrello, per mancanza di sole. Stavolta, mi sedetti accanto al professore. Tirai fuori il bracciale. “Peccato è davvero carino…” sbuffai. Severus scosse la testa divertito. “E comunque questi sono i colori di Serpeverde…non è che per caso è un messaggio subliminale?” chiesi, sospettosa. Piton rise. “Non dica sciocchezze! Non mi importa dove finirà Eveline…l’importante è che abbia buoni voti…” sbottò. “Quindi se dovesse diventare una Grifondoro, non le dispiacerà, vero?” lo stuzzicai. “Niente affatto…” rispose Piton, facendo l’indifferente. Risi. Mi piaceva parlare del nostro futuro. “Sia io, che Hermione ed Anna avremmo una figlia femmina…i nuovi uragani di Hogwarts!” scherzai. Il professore alzò gli occhi al cielo affranto. Misi via il bracciale e presi due Api Frizzole. Una la diedi a lui. Le mangiammo subito. “Guardi professore! Il tramonto!” esclamai, osservando davanti a noi. Il cielo si era colorato di rosso ed arancione, e le nuove sembravano soffici cuscini. “Che bello…” disse senza entusiasmo Piton. Sorrisi. Lo presi a braccetto. “Le tramano le mani…ha freddo?” mi chiese. In effetti ora che il sole se ne andava un po’ fresco aveva preso il posto dei raggi insistenti. “Un poco…” sussurrai. Severus si tolse il mantello e me lo mise. Era stata davvero una bella giornata. Abbastanza movimentata, ma bellissima. Mi strinsi a lui e appoggiai la testa sulla sua spalla. “Professore?” lo chiamai, con un fil di voce. Severus si girò. “La amo…” dissi piano. Poi chiusi gli occhi. Cullata dai rumori che si attutivano pian piano, persi la cognizione del tempo. Dello spazio. Di tutto. E dopo quelle ultime parole, sussurrate per paura che il vento se le potesse portar via come aveva fatto con i piumini dei soffioni, mi addormentai.
  
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