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Autore: Emy432    16/01/2013    1 recensioni
Questa storia si svolge nel periodo medievale, un principe viene bruscamente scosso dalla sua noiosa realtà da un ragazzo, apparentemente un ragazzo qualsiasi. E' una storia yaoi, adatta a chi come me è amante degli anime, appunto del genere. Non è molto esplicita. E premetto che non sono una scrittrice, e di norma non scrivo. Dedico questa storia a Nana, Sasa e Sivy che ne stanno seguendo gli sviluppi (purtroppo è incompleta, ma se verrà letta probabilmente la continuerò!). Ciao!
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
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- “Quanto vorrei poter giocare con loro...”, pensò tra sé e sé Charles. - “Buongiorno”, disse con tono contrariato Martin , osservando il ragazzo contemplare la finestra in punta di piedi con le mani e la faccia schiacciati contro il vetro. Charles si voltò di scatto, spaventato dal tono del maestro, e scusandosi prontamente. Nel voltarsi però, notò che i bambini che stava osservando lo stavano salutando, così fece un mezzo saluto ed andò a sedersi al tavolo con il maestro. Le giornate per Charles erano tutte uguali: aritmetica, geometria, astronomia, musica erano all'ordine del giorno, e poi geografia, storia , latino, greco e mai un momento di riposo. - “Darei tutta la mia “cultura” per poter scendere in piazza a divertirmi...”, continuò nella sua mente il piccolo Charles, fingendo di ascoltare il precettore. - “Charles!”, urlò Martin alzando la voce. - “Eh?”, fece Charles facendosi scoprire inattento. - “Cosa ti prende? Si può sapere? E' da giorni a questa parte che ti comporti in modo strano!”, lo rimproverò il precettore. Charles arrossì leggermente e si scusò - “Prometto che non lo farò più...”, ribatté allora. E così si immerse nello studio, tanto odiato. Le lezioni duravano dalle sette del mattino fino alle quattro del pomeriggio, interrotte soltanto dal pranzo che era contornato dalla lettura di brani storici. Dalle quattro alle sei, Charles era “libero” di fare sport, di giocare a palla, correre o passeggiare, ovviamente seguito da Martin. Poi ritornava al tavolo, in compagnia del maestro e dei polverosi libroni che doveva adoperare. Alle otto bagno e cena, e poi a dormire presto per essere riposati e essere concentrati nello studio l'indomani mattina. Torniamo indietro però, e ripercorriamo quel che accadde quel pomeriggio, dopo le prime lezioni. Tutto ad un tratto Martin fu chiamato da un servitore e dovette correre via, per una ragione del tutto sconosciuta e incomprensibile a Charles. - “Continua a studiare Charles.”, disse con tono autoritario il maestro. - “Si...”, rispose il ragazzino più triste che mai. Sperava in un “per oggi basta Charles, puoi fare quel che vuoi” oppure in un “dato che nessuno potrà seguirti, oggi sei “libero”. Improvvisamente una voce, dal tono quasi ironico, distrasse Charles dalle sue riflessioni - “Il tuo maestro è scappato e tu continui a fare ciò che tanto odi?”. Charles era perplesso, “come osa rivolgersi a me con quel tono..”, pensava nella sua mente. “Allora?”, continuò il misterioso ragazzo, “non sai parlare d'altro che di storia o di filosofia?”. Charles rifletté un attimo e poi parlò. - “Chi sei? Cosa vuoi da me? Vuoi forse derubarmi?”, disse mettendosi in atteggiamento di difesa, ma risultando goffo e buffo. - “No, di certo, sua “maestà”, volevo solo portarle i miei saluti”. Charles non capiva e fece a mo' di domanda - “Sua “maestà”? Saluti?” Sempre con lo stesso tono ironico il ragazzo disse - “E' proprio come dicono, qui dentro si è proprio fuori dal mondo...”, e continuò; “ti sto prendendo in giro, fanciullo”, disse indicandolo con l'indice e premendo la punta dello stesso dito sul naso di Charles. - “ Levami le mani di dosso!”, ribatté Charles, scacciando il dito, con poca forza. - “Sei una femminuccia!”, disse ridendo il ragazzo, “scommetto che soffri anche il solletico!”. Charles lo soffriva, ma non lo sapeva, e quando il ragazzo gli fece il solletico, la sua risata appariva strana e lasciava trasparire l' incomprensibilità del gesto. - “C-che cos'era?”, urlò Charles, appena finì di ridere. - “Solletico!”, rispose il ragazzo, e si allontanò ridendo. - “Torna qui!”, gridò Charles mentre cercava di raggiungerlo, ma era già troppo tardi, allora aprì la finestra e gridò “qual è il tuo nome?”. Il ragazzo lo sentì, si fermò e si voltò - “Il mio nome è Edgard!”, rispose urlando anch'egli. Charles ed Edgard si sorrisero. - “Cosa fai alla finestra? Chiudila subito!”, disse la balia preoccupata mentre si precipitava a chiudere la finestra. “N-niente...”, rispose Charles, allontanandosi dalla stessa. “Andiamo, ora vieni con me!”, disse la balia tirandolo per un braccio. Charles, tirato con forza, la seguì, pensando “adesso dovrò forse pelare patate e tagliare cipolle?”. Ma la balia non lo portò in cucina come pensava, bensì lo chiuse in un'enorme biblioteca dove ad aspettarlo c'era un uomo, alto, robusto e di bell'aspetto. L'uomo si presentò - “Salve signorino, sono uno dei cavalieri al servizio di suo padre.” Charles rifletté come di consueto e poi gli domandò se fosse lì per insegnargli come si diventa un vero cavaliere. Egli rispose di sì, ma siccome era di animo buono e non era per niente severo, cercò di fare un patto con Charles. - “Che patto?”, chiese entusiasta Charles, dato che per lui era cosa nuova. - “Se mi ascolterai e apprenderai tutto ciò che ti insegnerò, ti lascerò del tempo libero. - “Ha detto...tempo libero?”, pensava Charles, “possibile che l'abbia detto davvero?”. - “Allora accetti?”, disse il cavaliere. - “Si!”, rispose Charles e si mise ad ascoltarlo. Qualche ora dopo, finita la lezione e salutato il cavaliere, poté finalmente riposarsi. Corse verso la piazza davanti casa e si augurò di trovare i bambini con cui tante volte avrebbe voluto giocare, ma ad aspettarlo non c'erano quei bambini. Infatti, in ginocchio per terra, con un bastone in mano, per combattere la noia e dare fastidio agli insetti, c'era Edgard. - “Ciao”, disse Charles. Edgard si voltò e sorrise - “Salve, a cosa debbo questa visita, di grazia?”, disse lui con tono scherzoso. - “La deve al fatto che ho un po' di tempo libero ed oggi ho deciso di visitare il suo regno”, rispose orgoglioso di sé Charles. - “Ne sono molto lieto!”, disse Edgard prendendo Charles sotto braccio, “le mostro il mio regno”. Ed Edgard mostrava a Charles tutte le meraviglie che possedeva; un barattolo con dentro delle lucciole, il suo gatto, una sfilza di fili di lana appesi ad un grande filo di cotone. Esse rappresentavano rispettivamente il suo popolo, il suo cavaliere più fidato e i suoi edifici più colorati e belli. E poi esclamò indicando - “Vedi quel grande edificio laggiù, quello è il mio castello...certo funge anche da orologio del regno e a volte il rumore di ingranaggi da un po' fastidio, ma tutto sommato ne sono davvero fiero!”, e terminò la descrizione con una risata, che Charles condivise avendo capito lo scherzo. - “Qualche volta mi fai entrare nel tuo castello, vero?”, esclamò Charles facendo gli occhi dolci a Edgard. Edgard sorrise e disse - “Vuoi che ti porti adesso?”. Charles notò che non era ancora del tutto buio e pensò che a occhio e croce dovevano essere le sei meno un quarto, così rispose di sì, e si incamminarono verso il castello. - “Sei sicuro che possiamo entrare?”, disse Charles uscendo per un attimo dallo scherzo. - “Certo che sì, io ci vado quasi ogni giorno lì!”, esclamò Edgard con sicurezza. - “Parlami un po' della tua regina, com'è?”, chiese Charles rientrando nella finzione. - “Regina? Stai scherzando, vero?”, esclamò contrariato Edgard. - “No affatto, ogni re ha una regina che lo aiuta a governare il regno!”, rispose Charles. - “No grazie, il mio regno è troppo piccolo per due...”, disse Edgard, come sempre sicuro di sé. - “ E allora se non c'è la regina, chi metterà i fiori nei vasi, chi profumerà di rosa il castello e chi ti darà degli eredi?”, disse Charles. - “Non ho bisogno né di fiori, né di profumi, né tanto meno di eredi!”, urlò, con tono arrabbiato. - “Se di queste cose puoi farne a meno allora dimmi, chi si prenderà cura di te quando sarai malato?”, disse Charles con aria di sfida. Edgard rifletté e disse - “Lo farai tu”. Charles rimase spiazzato, “c-come io? Hai già un cavaliere fidato!”. - “Infatti.”, rispose Edgard. - “Infatti cosa? Ti serve una regina, non un altro cavaliere!”, urlò contrariato Charles. - “Tu sarai la mia regina!”, disse con fierezza ed un sorriso Edgard. - “ Non posso esserlo, io sono un maschio!”, rispose Charles che nel frattempo aveva lasciato il braccio di Edgard. - “Si che puoi!” e detto questo, Edgard baciò Charles sulla guancia destra e corse verso il castello. Charles rimase indietro, arrossito come un peperone, si toccava la guancia con la mano, non riusciva a parlare e non si spiegava il perché. Forse nessuno lo aveva mai baciato con tanta tenerezza e semplicità. Anche Edgard arrossì, ma Charles non lo vide. Infatti arrivato al “castello”, si sciacquò la faccia ad un pozzo vicino ed ebbe tutto il tempo anche di asciugarsela, dal momento che Charles camminava a passo di formica ed arrivò almeno un quarto d'ora dopo di lui. - “Perché l'hai fatto?”, gli chiese Charles, con la mano ancora sulla guancia, quasi come volesse preservare quella parte da qualsiasi agente esterno. - “Fatto cosa?”, rispose limpido Edgard. “Quello”, disse Charles. - “Nominarti regina? Sei una femminuccia, ecco il perché!”,esclamò Edgard ritornando al solito tono scherzoso. Charles non rispose. Tolse la mano dalla guancia e si gettò sull'erba fresca. Era ormai il crepuscolo, la balia si sarebbe chiesta dove fosse. Edgard si gettò proprio accanto a lui e disse, quasi come gli avesse letto nel pensiero - “Devi tornare a casa?”. Charles rispose con un sì appena udibile, poi fece per alzarsi, ma fu bloccato dal tocco della mano di Edgard sulla sua spalla che lo tirò nuovamente verso il prato. - “Dai restiamo ancora un po'...forse non avrai altro tempo libero”, disse dolcemente Edgard. Aveva ragione e Charles lo sapeva benissimo, non voleva andare a casa. Sapeva però di volersi allontanare da Edgard. Fu proprio in quel momento di riflessione che Edgard gli prese la mano. - “Che fai?”, chiese Charles cercando di arrabbiarsi senza riuscirci. - “N-niente”, disse Edgard lasciando la mano di Charles. Charles si girò sul fianco destro dandogli le spalle - “Comunque non mi hai ancora detto quanti anni hai....”, fece per cambiare discorso. “13, e tu?”, disse Edgard avvicinandosi col corpo alle spalle di Charles. “10, ora andiamo”, concluse Charles alzandosi velocemente e mettendosi in cammino. Edgard fece cenno di si e prima di andarsene si voltò a guardare il suo castello...- “Però non sei entrato nel castello!”, urlò a Charles, che si fermò un attimo e si voltò per rispondergli che ci sarebbe entrato un altro giorno e con quella frase troncò la conversazione. Edgard lo raggiunse e gli chiese - “Cosa ti ho fatto di male? Perché non mi vuoi parlare?” e la risposta fu un “niente” accennato con la testa a mo' di no. - “Questo ragazzo è incomprensibile...”, pensò Edgard. Dopo un lungo silenzio, quasi arrivati a casa, Charles, dopo averla tenuta troppo tempo in testa, disse un'unica parola - “Grazie”. Ed Edgard rispose - “Eh? E di cosa?”. Charles sorrise. Ognuno tornò a casa propria, ma non si salutarono. Appena la balia lo vide, gli corse incontro e lo abbracciò, - “ Dove sei stato? Tuo padre ha mandato cavalieri e servi a cercarti!”. - “Ho fatto soltanto una lunga passeggiata, sto bene...”, disse Charles, andando verso la sua stanza. - “Va' da tua madre, era molto preoccupata per te..”, concluse la balia. Charles avrebbe voluto sentire la Verità qualche volta, perché sapeva che non c'era niente di vero lì; né l'abbraccio della balia, né la preoccupazione della madre, né tanto meno quella del padre che era scaturita solo dal fatto di perdere l'unico possibile erede al trono. L'unica cosa vera che esisteva nella sua vita era arrivata da poco ed era Edgard, ma non voleva ammetterlo, anche se era evidente. Ripensandoci forse lo avrebbe salutato, ripensandoci forse gli avrebbe chiesto di stare ancora insieme, se poteva. Ripensandoci...stava pensando al passato, ormai era successo...Andò da sua madre che gli chiese dov'era stato, Charles notò che negli occhi di lei non c'era una vera preoccupazione e ovviamente non se ne sorprese. Si ritirò quindi nella sua camera, ma non riuscì a dormire, la sua testa era troppo piena di emozioni, di parole, di ricordi. - “Tutto a causa di Edgard”, pensò e si girò. Edgard sedeva sul letto, nel bel mezzo della notte, girando e rigirando un gomitolo, senza avere uno scopo ben preciso. Pensava - “Ma cosa gli ho fatto? Per cosa si arrabbiato? Forse perché...”, e si fermò un attimo, “non l'ho fatto entrare nel castello?”. Edgard pensò che fosse meglio cercare di dormire, ma non ci riuscì. Pensò: - “E' tutta colpa di Charles”. Si rigirava nel letto, prendeva sonno, poi si svegliava di soprassalto, gli venivano in mente brutti ricordi, gli tornava in mente il suo passato... Un passato orribile. Orfano di entrambi i genitori, sin da piccolo fu cresciuto dapprima dalla nonna materna e poi da un vecchio zio. Purtroppo quest'ultimi passarono a miglior vita qualche anno prima del suo 10° compleanno. Da quel momento visse da solo, e anche se ormai ci aveva fatto l'abitudine, la notte era il momento più brutto della giornata. Charles, però era riuscito a farlo sentire meglio quel pomeriggio. - “Di certo la sua esistenza sarà migliore della mia”, pensava, “lui è figlio di un re, non è un ragazzino qualunque”. - “E bravo il mio ragazzo, finalmente il discepolo ha superato il maestro!”, disse gettando per terra la spada, Karl, cavaliere esperto e maestro di Charles. - “Già!”, disse in modo fiero Charles avvicinandosi al maestro per congratularsi. - “Bravo”, disse dando al ragazzo una pacca affettuosa sulla testa, “sono fiero di te!”. - “Grazie...”, rispose lui. - “Non può essere lui...non può...è così alto, forte, sicuro di sé...”, pensava Edgard nascosto dietro un albero, lì vicino, “no, no, ho sbagliato persona...”. - “Ora vado a riposarmi, ci vediamo dopo Charles”. - “A dopo!”, disse Charles salutando con la mano. - “L'ho trovato”, pensò risoluto Edgard ed uscendo dal suo nascondiglio, ma restando lontano, urlò: - “Vedo che non giochi più con lo spadino di legno, femminuccia!”. - “E-e-ed-gard?”, bisbigliò Charles, “che ci fai qui?”. - “Finalmente ti ho trovato, dopo cinque anni di ricerche...”, disse l'altro facendosi più serio in viso, avvicinandosi sempre di più, “dove ti eri cacciato e senza alcun preavviso?”, disse con tono arrabbiato, ma restando calmo. Charles non rispose, teneva la testa bassa, pensava a cosa avrebbe potuto dirgli...se la verità o... - “Guardami quando ti parlo!”, gli urlò in faccia l'amico, alzandogli il mento con l'indice. Charles era imbambolato e stupefatto. Ora che Edgard era così vicino a lui, notava quanto egli fosse cambiato. Era diventato così muscoloso e di bell'aspetto, e senza volerlo il cuore batteva forte nel guardare i suoi occhi di un azzurro cielo così limpido, le sue labbra rosee e carnose, la sua pelle bianca... “ma quello cos'è?”, ed irruppe nella sua mente l'immagine di un taglio che partiva dall'orecchio sinistro fino al mento. - “Come te lo sei fatto?”, disse accarezzandogli la ferita. - “Non ha importanza!”, urlò scacciando la mano con enorme forza. Charles arrabbiatosi rispose con un forte e sonoro schiaffo, “ah”, fece cercando di reprimere e soffocare il dolore Edgard. - “Perché?”, esclamò quest'ultimo. - “Perché devi andartene”, rispose prontamente l'altro, e dopo una pausa, “non puoi restare qui”. - “Giammai! Pensi di potermi mandare via così facilmente dopo che ti ho ritrovato! Neanche per sogno! Io resto qui!”, e detto questo Edgard si sedette per terra. - “Seguimi”, disse a bassa voce l'amico e sedendosi anche lui per terra, gli illustrò il percorso velocemente. Attraversando il giardino carponi o strisciando finalmente arrivarono alla meta: le segrete. - “Vuoi rinchiudermi?!”, esclamò incredulo Edgard. - “Zitto! Parla a bassa voce!”, lo rimproverò l'altro, “dovrai stare qui fino a questa notte, verrò a prenderti quando tutti saranno a letto”. - “Cosa?! Ma...!”, gridò Edgard. “Niente ma. E sta zitto, qualcuno potrebbe sentirti”, e detto questo, Charles chiuse la cella. Mentre tutti dormivano, Charles usci dalla sua camera e in punta di piedi, senza far rumore, andò nelle segrete. Edgard dormiva in un angolo della cella, quello più vicino al portone, con la testa appoggiata al metallo. - “Edgard, svegliati, Edgard!”, disse teneramente lui. - “Eh?”, e realizzata la situazione si alzò e lo seguì. - “Non fare rumore...”, disse il padrone di casa. - “Si, lo so!”, rispose bisbigliando l'amico. - “Mi nasconderai qui, d'ora in poi?”, disse Edgard quando fu in camera, sorridendo e guardandosi intorno. - “Temporaneamente sì”, rispose serio l'altro. - “Bella questa camera...”. - “Già”, rispose freddo l'altro e buttando ad Edgard una veste da notte addosso. - “Ehm, grazie...”, rispose lui, “ti...dispiace se mi cambio qui?”. E dopo un momento di riflessione rispose: - “ No, no fai pure...”. Nella mente di Charles stava avvenendo una battaglia in piena regola, la tentazione e la curiosità di vedere il corpo nudo di Edgard era forte, ma allo stesso tempo c'era l'inconcepibilità della cosa e il continuo rimembrare che, Edgard era un maschio. Nella battaglia prevalse, purtroppo, il suo lato perverso, e decise di sbirciarlo...ma nello sbirciare si accorse di più ferite sul corpo dell'amico, e allora si girò completamente dicendo: - “Cosa hai fatto? Sei ferito...”. L'altro sorridendo rispose: - “Mi stavi guardando, eh? Non è niente, non devi preoccuparti...”. - “No, io mi preoccupo, voglio sapere come te le sei fatte! E...vado a prendere un po' di aceto!”, detto questo uscì nuovamente in punta di piedi e ritornò con una spugna e dell'aceto. - “Davvero non ce n'è bisogno”, disse Edgard preoccupato, rassicurando Charles, poiché sapeva che le ferite erano ancora aperte e avrebbe fatto davvero male disinfettarle. - “Non scherzare, vanno disinfettate!”, disse Charles e appoggiò la spugna sulla prima ferita . Edgard tirò giù la saliva...ma rimase sorpreso perché non faceva tanto male, il tocco di Charles era davvero leggero... - “Fa così tanto male?”, chiese teneramente Charles. - “N-no...”, disse Edgard rassicurato, con un sorriso sulle labbra. Entrambi erano sereni, Charles era felice di poter aiutare l'amico e Edgard di averlo ritrovato, ma nel silenzio Edgard sbottò facendosi coraggio: - “Ci sarebbe un'altra ferita, che adesso non vedi...”. - “Dove?”, disse Charles disponibile. - “Qui...”, disse Edgard indicando l'inguine. Charles tirò giù la saliva e disse: - “Va bene, non preoccuparti, togliti anche le mutande...”. Edgard le sfilò, per la prima volta sentendosi insicuro. Charles cercò il più possibile di stare sereno e disinfettare anche l'ultima ferita, ma l'occhio cadde proprio sull'oggetto del peccato, e lì non riuscì a trattenersi, si piegò in avanti e continuò a disinfettare, nonostante l'erezione. Sudava freddo, non aveva più saliva, gli tremavano le mani, quanto avrebbe voluto calmare gli stimoli. Edgard se n'era accorto, lo guardava dolcemente, si era accorto proprio di tutto. Decise allora che era tempo di fermarlo, alzò il mento di Charles e si abbassò per baciarlo. Charles realizzò che era troppo tardi per ritirarsi, chiuse gli occhi e si lasciò baciare. Staccate le labbra da quelle di Charles, che lo guardava con gli occhi socchiusi per il sonno, Edgard gli chiese: - “Perché te ne sei andato?”. Charles infastidito si alzò, ripose la spugna su di un comodino, si mise a letto e disse solo: - “Vieni qui...”. Edgard si vestì e si infilò nel letto con Charles. - “Sicuro che non mi butti giù dal letto durante la notte?”, disse sorridendo Edgard per allentare la pressione, e in risposta arrivò solo un freddo “no”. “Adesso basta”, pensò Edgard e richiese: - “Perché te ne sei andato? Perché non mi ha avvertito?”. Charles rispose di nuovo freddamente: - “Perché mi hai cercato...?”. - “Dammi una risposta, voglio solo sapere la verità...quando me la dirai, me ne andrò”, disse l'altro tristemente. “Vuole la verità? Con quella se ne andrebbe di certo...ma non posso permetterlo”, pensò Charles, - “La verità è...”, e si fermò. - “Continua”, disse autoritario Edgard. - “Mio padre, cinque anni fa decise che sarei diventato un cavaliere, e così ci siamo trasferiti perché io mi allenassi con il cavaliere più forte del regno...”, continuò Charles, “inoltre mi promise...”. Bastò uno sguardo inquietante di Edgard a far continuare il ragazzo. - “Mi promise ad una ragazza, lei sarà la mia futura regina, perché morto mio padre il regno andrà a me...”. - “Sei felice di ciò?”, chiese l'amico. - “No”, e detto questo diede le spalle a quest'ultimo e cercò di dormire. Anche Edgard era stanco e si addormentò dietro di lui. Al mattino Charles aveva l'abitudine di buttarsi, praticamente, dal letto ed aprire la finestra, per far entrare aria e luce. Quella mattina però non si alzò, la stanza era buia e il calore emanato da Edgard era davvero piacevole. - “Buongiorno..”, disse lui. - “B-buongiorno”, rispose impacciato Charles. Edgard avvicinò il suo viso a quello di Charles e gli stampò un bacio sulla guancia. Charles sorrise, forse non era del tutto sbagliato ciò che stava succedendo. - “Charles! Karl ti sta aspettando!”, si sentì urlare fuori dalla porta. Charles si alzò di scatto e gridò: - “Arrivo!”. - “Dannazione...”, pensò, girandosi a guardare Edgard che sembrava preoccupato. - “E adesso?”, bisbigliò Edgard. - “E adesso...”, rifletteva Charles a bassa voce. Si alzò e guardò fuori dalla finestra, c'era una sola cosa da fare... - “Devi calarti giù dalla finestra”, disse Charles risoluto. - “Sei fuori di senno? Io non mi butto giù da una finestra!”, rispose contrariato l'altro. Continuò Charles, dritto davanti alla finestra: - “Non c'è altro modo. Le serve arriveranno fra poco a riordinarmi la stanza”. - “Fingiti malato!”, disse Edgard. - “Ancora peggio, chiamerebbero un dottore, del resto sono l'unico erede”, rispose l'altro. - “Stupido regno...va bene cosa devo fare?”, disse Edgard. Il piano di Charles era di distrarre Karl che si trovava in giardino e far scendere l'amico grazie agli alberi lì vicino, infatti un ramo toccava proprio la finestra. - “Non posso”, disse Edgard guardando la distanza dalla finestra al terreno, “credo di soffrire le altezze”. - “Non dire sciocchezze”, rispose Charles, “ti faccio un cenno quando puoi scendere”, e detto questo uscì dalla porta. Charles arrivò in giardino e distrasse Karl, e appena fu via libera, fece un cenno ad Edgard. Egli esitò un po', ma proprio in quello stesso momento qualcuno aprì la porta ed Edgard fu costretto ad attuare la fuga per non farsi scoprire. Sull'albero cercò di trovare in fretta il punto più stabile, ma guardò in basso e fu paralizzato dalla paura. Cadde dall'albero. - “Sono morto”, pensò mentre cadeva senza urlare, cercò di coprirsi le testa con le mani, e ci fu l'impatto. Dopo, il buio. Charles chiuse gli occhi, respirò un attimo e si disse “non m'importa di Karl, devo andare lì”, e corse verso Edgard. Anche Karl lo segui e chiese chi fosse quel ragazzo. - “Non lo so, ma dobbiamo soccorrerlo!”, fece Charles, sentendo se respirava. Gli si fermò il cuore per un attimo, pensò: “è morto”. Ma nell'attimo dopo i polmoni di Edgard si riempirono d'aria, Charles tirò un sospiro di sollievo e lo portò dentro, aiutato da Karl. Edgard aprì lentamente gli occhi, era disteso su un letto, si guardò intorno, non c'era nessuno nella stanza, fece per alzarsi, ma era bloccato dal dolore. - “In un certo senso è meglio così, ora avrò più tempo per inventarmi una scusa...aspetta un momento”, si guardò di nuovo intorno e disse a bassa voce: “sono vivo”, e sorrise. - “Ma dov'è Charles?”, pensò. - “Padre, ti propongo un patto, se lo straniero rivela di avere buone intenzioni, me ne occuperò personalmente”, disse Charles. - “E se non le ha? Sei l'unico erede”, rispose il padre. - “Rischierò, sono un cavaliere”, detto questo, Charles si inchinò e se ne andò. Edgard si guardava intorno, “cosa potrei essere? Uno straniero venuto da lontano a cercare il fratello scomparso? E l'albero? Cosa ci facevo sull'albero? Non riesco a pensare...”, e chiuse gli occhi per riposare un po'. Charles entrò nella stanza senza fare rumore, Edgard se ne accorse, lo guardò di soppiatto con un occhio che subito chiuse. Charles gli venne vicino e gli diede un bacio sulla fronte. Edgard aprì gli occhi, alzò il braccio nonostante gli facesse male, tirò a sé Charles e lo baciò sulle labbra. Charles rimase sconvolto. Edgard lasciò cadere il braccio indolenzito sul letto, Charles sorrise e gli prese la mano. Edgard guardò con la coda dell'occhio e strinse la mano di Charles con la poca forza che gli restava. Charles staccò le labbra e poi guardò Edgard, la sua faccia diceva “voglio un altro bacio...”. Charles lo accontentò, ma non appena ebbe poggiato le sue labbra su quelle di Edgard, Karl entrò nella stanza. - “Charles?”, disse Karl. Charles lasciò la mano di Edgard e si allontanò. - “Credo che abbia la febbre!”, rispose Charles, cercando di stare calmo anche se sapeva d'essere arrossito. Karl si avvicinò ad Edgard e gli appoggiò la mano sulla fronte: - “Si, hai ragione, Charles”. - “Bene, occorre fare un po' di salassi”, disse Karl. Edgard tirò giù la saliva, si alzò in piedi con uno scatto fulmineo, e disse: - “Sto bene!”, ma cadde a terra, come cade un frutto troppo maturo dall'albero. - “No, non è vero”, disse Charles infastidito aiutandolo ad alzarsi e a rimettersi a letto. - “Non sono necessari i salassi, Karl, lo cureremo con un decotto”, disse Charles sicuro di sé. - “Si”, Karl fece un inchino e se ne andò. - “Per stavolta ti ho salvato la pelle...”, disse Charles all'amico. - “Grazie...che paura”, rispose Edgard. Charles si sedette sul letto, accanto a lui: - “Avvicinati”, disse sorridente Edgard. Charles fece per baciarlo, ma Edgard ragionò e lo fermò: - “Ho la febbre, potresti prenderla anche tu!”. - “Che importa, se la prendessi potrei riposarmi!”, disse l'altro sorridendo. Edgard chiuse gli occhi e Charles lo baciò, quest'ultimo però, era inesperto rispetto ad Edgard, che tranquillo come non mai, fece scivolare la sua lingua sotto quella di Charles. - “Che fai?”, chiese Charles infastidito, scostando il viso di lui. - “Ti bacio”, rispose Edgard più sorridente che mai. Charles arrossì e guardò dappertutto tranne che Edgard negli occhi. - “Guardami”, disse Edgard dolcemente. - “Non dovrei stare qui, qualcuno potrebbe...potrebbe..insospettirsi”, disse velocemente Charles, “ci vediamo dopo, riposa adesso”, e uscì. Si rifugiò nella sua stanza, chiuse la porta e ci si mise dietro, come per non fare entrare nessuno. Respirava velocemente e gli batteva forte il cuore, “che cosa mi sta succedendo, sono proprio uno stupido...”, pensò lui tra sé e sé. Scivolò contro la porta per sedersi per terra, guardò il soffitto, poi chiuse gli occhi e riprese fiato, lentamente. - “Quella sensazione...la sua lingua...”, pensava. - “Charles! Sei qui?”, urlava Karl battendo il pugno contro la porta. Charles saltò in aria, si alzò per aprire la porta. - “Arrivo subito, aspettami in giardino, dammi due minuti ”, disse lui. Karl andò via e Charles chiuse la porta, poi la riaprì velocemente e si recò nella stanza dove riposava Edgard. Dormiva, - “bene”, pensò. Si avvicinò silenziosamente a lui, esitò un attimo: - “Sta dormendo non mi sentirà”, pensando questo sorrise. E diede a Edgard un bacio sulle labbra. Poi corse via, cercando di non dare nell'occhio. Edgard aprì gli occhi e pensò: - “Che cosa...è stato? Un sogno forse?”, e si rimise a dormire. Alla fine della giornata, Charles si recò da Edgard. - “Una serva mi ha portato da mangiare! Mi sento coccolato!”, disse entusiasta Edgard, che di questi trattamenti non ne aveva visto nemmeno l'ombra. Charles, sorrise, poi si fece serio: - “E' tutta colpa mia se stai così...”, disse andando verso la finestra. - “Ma io sto benissimo!”, rispose l'altro felice. - “Non puoi alzarti in piedi!”, disse Charles dispiaciuto. - “Si che posso!”, esclamò Edgard cercando di alzarsi, “sono solo un po' indolenzito”. Charles lo guardava preoccupato, era pronto a prenderlo se avesse accennato a cadere. - “Riposare un'intera giornata, mi ha fatto bene sai!”, disse soddisfatto Edgard, mentre barcollava tenendosi dal muro verso Charles, e arrivato a lui si fermò un attimo, lo guardò negli occhi e lo abbracciò. Charles lo sostenne. - “Lo sai quanto mi sei mancato in questi anni?, disse Edgard riflessivo. - “Anche tu mi sei mancato, tanto”, disse Charles sincero. - “Stanotte dormiremo separati, vero?”, chiese l'altro. - “Suppongo di sì, perché?”, disse Charles. - “Non voglio starti lontano, non voglio stare lontano dal tuo corpo”, disse Edgard quasi con tono assonnato. Charles si irrigidì, - “forse è meglio se torni a letto”, disse. - “Ci andrò e dormirò, solo se prometti di dormire con me”, disse Edgard. - “Non posso”, disse l'altro staccandosi dall'abbraccio, “potrebbero scoprirci”. - “No, non m'importa”, disse Edgard, cocciuto come un mulo, tirando l'amico a sé, “io...credo di amarti”. Charles rimase scioccato, non disse parola, lo aiutò a mettersi a letto. Edgard pensò: - “L'ho perso”. Charles rifletté: - “Non puoi amarmi, non sono una ragazza”. Edgard lo tirò per la camicia arrabbiato: - “Stupido! Io posso, perché anche tu mi ami!”, esclamò. Charles si arrabbiò, Edgard doveva smetterla di leggere i suoi pensieri, lo prese anche lui per la veste e lo baciò con violenza. - “Sei una femminuccia”, disse prepotente Edgard. Charles lo guardò con occhi di fuoco, si voltò e uscì dalla stanza. Edgard pensò, fiero di sé: - “Non è più una femminuccia, ma lo devo fare per stimolarlo...Se non l'avessi fatto, di certo non mi sarei eccitato”. Charles si mise dietro la porta come di consueto, “il suo sguardo arrogante... i suoi modi violenti, fanno diventare violento anche me... e mi eccitano”, pensò. Charles si stava svestendo e si morse le labbra, quando si vide eccitato al pensiero: - “vado o non vado”, e la risposta fu ovviamente: - “vado”. Eccitato non solo nell'animo, ma bensì nel corpo, “come vado così?, pensava, “lo affronterò!”, tirò un respiro e si diresse verso la camera di Edgard. Aprì la porta lentamente, era sempre più eccitato, ma cercava di stare calmo. Edgard si era infilato sotto le coperte e rideva silenziosamente, come un babbeo, perché l'aveva sentito entrare: - “Questo ragazzo è troppo ingenuo, ora vedrà cosa gli combino!”, pensò. Charles si appostò accanto al letto e ci salto su. - “Ah! Sei fuori di senno?”, disse Edgard. Charles era rimasto in ginocchio sul letto e dispiaciuto disse:- “Scusa, mi ero dimenticato che...”, e non ebbe neanche il tempo di finire la frase che Edgard lo tirò giù, verso di lui che era sdraiato, e lo baciò. Charles finì per cadergli, letteralmente, addosso, ma si spostò alla sua sinistra e disse: - “Buonanotte...”, girandosi e dandogli le spalle. - “Mi spieghi che stai facendo...?”, chiese Edgard, che gli mise il braccio sul ventre, - “non è tempo di dormire”, lo rimproverò l'altro e fece scendere la mano verso il pene dell'amico. Charles inghiottì l'ultima goccia di saliva rimasta, sapeva cosa stava per fare: - “Ti prego non farlo, sono una femminuccia, lo so, ma fermati, ti prego!”, disse implorandolo. - “Enne, o”, rispose l'altro che gli prese con la mano il pene e cominciò ad eccitarlo. Dalla bocca di Charles uscì un mezzo urlo, represso per il dovere del silenzio. - “Va tutto bene, male non può farti”, disse arrogante Edgard. Charles non parlava più, le uniche cose che uscivano dalla sua bocca erano gemiti di piacere, repressi, e a bocca chiusa. - “Lo sai che ti amo, vero?”, chiese Edgard e Charles gli rispose con un cenno della testa che significava “sì”. - “E tu mi ami, vero?”, chiese nuovamente lui, Charles lo guardò negli occhi e disse un flebile “s-sì”. Edgard lo baciò più e più volte, sulle labbra, sul collo, Charles però non era infastidito, aveva deciso di lasciarlo fare, ormai non aveva scampo, doveva solo sottomettersi a lui. Edgard si mise sopra di lui e sussurrò: - “Ti amo”. Charles rispose, chiudendo gli occhi: - “Anche io”. Edgard penetrò in lui, cercando di non fargli troppo male, e Charles ne era felice. La notte andò avanti così fino a quando, di comune accordo, decisero di dormire. Charles aprì gli occhi, Edgard era abbracciato a lui e lo teneva stretto, nonostante dormisse ancora. Lentamente si mosse, si piazzò sopra Edgard e lo baciò. Edgard aprì gli occhi e appena lo vide in quella posizione saltò in aria. Si girò verso destra, una lacrima cadde sul cuscino: - “Per favore, puoi spostarti...?”, disse lui, senza guardarlo. - “Che ti prende, Edgard?, chiese preoccupato l'altro. - “N-niente”, rispose Edgard ed un'altra lacrima cadde sul cuscino. - “Guardami”, disse ironico Charles, prendendo in giro l'amico, “ma stai...stai piangendo?”. - “No...no... la mattina mi succede sempre”, disse alzando il busto Edgard. Erano seduti uno davanti all'altro, nudi, Charles lo abbracciò: - “Dimmi perché piangi...”. Edgard non rispose. Charles gli accarezzava la schiena e nel farlo gli sfiorò una ferita. - “Non mi hai ancora spiegato come ti sei fatto queste ferite...”. Edgard esitò e poi disse: - “Non...”, sospirò rumorosamente e poi continuò, “importa”, e si morse le labbra. Charles lo strinse ancora di più . - “Charles”, disse con voce flebile Edgard, trattenendo in gola le lacrime. - “Si?”, rispose l'altro. - “P-posso piangere?”, continuò Edgard. - “Si, certo...”, rispose teneramente Charles. Dopo qualche minuto di sfogo, Charles disse: - “Basta piangere”, e gli asciugò le lacrime, che gli scendevano sul viso, con la mano, “dobbiamo vestirci, non possiamo destare sospetti”. Edgard fece cenno di sì e si alzò dal letto: - “Credo di essermi ripreso completamente, forse mi ero ripreso già stanotte”, disse sorridendo e guardando Charles, che rispose con uno sguardo di rimprovero. Quando furono completamente vestiti Edgard si avvicinò a Charles, e gli appoggiò una mano sul deretano: - “Ti fa ancora male?”. - “Dove tocchi?”, chiese Charles irritato. - “Tocco dove voglio”, disse Edgard, riprendendo il solito tono arrogante, e scostati i calzoni, appoggiò l'altra mano sul pene di Charles, che si eccitò. L'amico si scansò quasi immediatamente: - “Non mi fa male”, esclamò, “vado in camera, mettiti a letto”, e con ciò si chiuse dietro la porta. Edgard sorrise e si mise a letto. Chiuse gli occhi. Quel ricordo, troppo vivido, gli ritornava in mente. - “Avevo 17 anni quando è successo, forse mi sono spinto troppo oltre il limite...”, pensava, “quel ragazzo...sia maledetto lui e tutto il suo casato!”, e si girò sul lato sinistro. - “Buon giorno, signorino”, disse una servetta rivolgendosi a Charles, “il suo bagno è pronto”. - “Grazie”, rispose gentilmente il ragazzo. Lui era forse l'unico che non trattava male i servi, e loro erano felici di servirlo. - “Preparate il bagno anche all'ospite”, disse alla servetta. - “Subito, signorino”, disse velocemente lei, e scappò. - “Il suo bagno è pronto”, disse la serva entrata nella stanza di Edgard. - “Ehm...ehm...va..bene”, rispose Edgard impacciato. - “Mi segua, prego”, disse lei. Edgard si alzò e la seguì. Charles si guardò intorno, prese fiato e si immerse nell'acqua, la serva che aprendo la porta non lo vide, disse ad Edgard di entrare, convinta che il principe fosse uscito. Edgard un po' timido entrò nella vasca, nel frattempo Charles uscì dal suo stato di apnea. Edgard che si era tranquillizzato appena lo vide all'improvviso gettò un urlo: - “M-ma da dove sei-sei uscito?”. Charles sconvolto rispose: - “Da qui”, indicando l'acqua. - “Eh, eh”, rispose Edgard e si immerse nell'acqua, “fino ad ora avevo potuto lavarmi solamente con una botte”. - “Ti aiuto a lavarti se vuoi, dato che sono qui”, disse Charles, prendendo una spugna. - “Va bene...”, rispose l'altro. - “Come ti senti?”, chiese Charles a Edgard, mentre gli strofinava la schiena. - “Sono ancora un po' indolenzito, ma posso stare in piedi”, rispose Edgard. - “Allora vieni con me oggi, devo allenarmi”, disse Charles. - “Se vuoi”, disse Edgard, “ma dobbiamo agire come dei perfetti estranei, ricordi?”. - “Si”, disse Charles un po' scoraggiato, “per lo meno così non starai chiuso in quella stanza”, terminò lui con un sorriso. - “Già... Ehm...mi stai scorticando”, disse Edgard infastidito. - “Scusa”, disse l'altro. Edgard si voltò e inclinò la testa, gli prese il mento con la mano e lo baciò. - “Smettila, potrebbero scoprirci”, disse Charles. - “Il solo fatto che stiamo facendo il bagno insieme, è già sospetto”, rispose l'altro. - “Già”, disse Charles, mentre usciva dall'acqua, “mi vesto e torno in fretta in camera per prenderti un mio vestito”. - “Non ne ho bisogno, ho il mio”, rispose imbarazzato Edgard. - “Si, il tuo è lacerato per la caduta”, disse Charles terminando con un sorriso. - “G-grazie”, rispose Edgard arrossendo. Charles lo baciò velocemente e se ne andò. Edgard sorrise imbarazzato, poi prese un respirò e si immerse completamente. - “Ecco”, disse Charles, porgendo a Edgard il vestito, “cambiati in fretta, sono dietro la porta”. - “D'accordo”, rispose Edgard, con un tono felice. Edgard uscì e Charles quando lo vide arrossì. - “A-andiamo, seguimi”, disse Charles e andarono in giardino, dove Karl stava aspettando il principe. - “Buon giorno principe”, disse Karl, e solo dopo si accorse che dietro al principe c'era lo straniero, “che ci fa...lui...qui?”. - “Si sente meglio, così ho pensato di farlo scendere”, rispose tranquillamente Charles. - “Perché ha indosso un tuo abito?”, chiese insospettito Karl. - “Perché il suo era lacerato a causa della caduta”, disse Charles più sicuro che mai. - “Bene, cominciamo”, disse Karl, guardando Edgard con sospetto. Edgard seduto su una pietra, stava zitto e osservava Charles allenarsi, lui era così bello e sicuro di sé, e a volte rimaneva incantato e imbambolato nel guardarlo. - “Tieni”, disse Karl, porgendo una spada ad Edgard, “sai usarla?”. - “Ehm...”, bisbigliò Edgard, guardando prima la spada e poi Charles che gli faceva cenno di prenderla, “si...”. Presa la spada cominciò a muoverla, il braccio destro gli faceva male, ma non poteva tirarsi indietro. Karl puntò la sua spada contro Edgard, “ti va...un duello?”. Edgard orgoglioso rispose di sì con la testa. Charles lo guardava preoccupato, Edgard non si era ristabilito completamente. Edgard non combatteva male, ma Karl era un cavaliere esperto e il tempo di una piccola distrazione e Edgard era a terra. Karl gli piantò la spada accanto alla testa, “chi sei tu?”, chiese ad Edgard, che lo guardava terrorizzato. - “Io...io...io...”, farfugliò Edgard spaventato. - “Karl, smettila di importunare l'ospite”, lo riprese Charles in modo distaccato e freddo, del resto lui era il principe, gli doveva obbedienza come un comune vassallo, nonostante fosse il suo maestro. Karl guardò Edgard con un ghigno di rabbia e sospetto e se ne andò. Edgard tirò un sospiro di sollievo, ma restò per terra. - “Dai alzati, se n'è andato...”, disse Charles. - “No, guarda il cielo, è così bello”, gli rispose l'altro, “mi ricorda quando eravamo piccoli, te lo ricordi?”. - “Certo che mi ricordo”, rispose Charles sdraiandosi accanto a lui, “ricordo anche del castello”. - “Non ci entrasti mai però...”, disse Edgard contrariato. - “Un giorno ci entrerò, puoi starne certo”, rispose l'amico con fermezza, e sorrise. Charles aprì gli occhi, un scricchiolio lo aveva svegliato, “sarà Edgard”, pensò, e richiuse gli occhi. Poi sentì una forte pressione sulla bocca, come di un panno, e aprì gli occhi tempestivamente, a causa del buio non vedeva chi fosse, ma di certo non era Edgard. La figura lo tirò giù dal letto, lo imbavagliò e gli legò le mani. Charles accortosi del pericolo cominciò a dimenarsi e ad urlare, ma lo sconosciuto gli pressò la schiena, così da non fare uscire nessun suono, poi un colpo in testa e il buio. Charles si ritrovò nelle segrete, si guardò attorno, non c'era nessuno, era ancora imbavagliato, ma provò a urlare di nuovo e non vedendo nessuno si alzò. - “Come cavolo ci sono arrivato qui?”, pensò. Rabbrividì quando vide che era dentro una cella, ed era chiusa. Gridò a squarciagola, “qualcuno dovrà pur sentirmi”, pensava. All'improvviso sbucò da un angolo Karl, - “Charles? Che cosa ti è successo?”, disse sorridendo, dall'altra parte delle sbarre, e abbassandogli il bavaglio. Charles esclamò: - “Meno male che mi hai sentito, qualcuno mi ha imbavagliato e trasportato qui senza alcun motivo!”. - “Senza...alcun motivo?”, rispose Karl. - “Si”, rispose l'ingenuo ragazzo. Karl fece cenno col capo di “no”, - “Sai...Charles...mi sei sempre piaciuto”, disse aprendo il portone della cella. Charles era impallidito e lo guardava terrorizzato, - “C-che cosa vuoi f-fare?”, disse. - “Voglio solo divertirmi un po'”, esclamò Karl con un sorriso maligno e si fiondò addosso a Charles, lo bloccò in un angolo e poi disse: - “Che cosa c'è tra te e lo straniero?”. - “Cosa ci dovrebbe essere?”, esclamò Charles, cercando di liberarsi dalla stretta, “lasciami!”. - “Non è semplice ospitalità, vero?”, bisbigliò Karl sadicamente, cercando di togliere a Charles i calzoni. - “Cos'hai intenzione di fare, brutto pervertito!”, esclamò Charles e ricominciò ad urlare. - “Divertirmi”, sussurrò a Charles, che ritornò a dimenarsi e a urlare, e dopo averlo imbavagliato e avergli sfilato i calzoni, prese in bocca il pene del principe. - “Charles?”, bisbigliò Edgard alzandosi di scatto e scendendo dal letto, “è possibile?”. Andò nella stanza di Charles, lui non c'era, “il sogno...era tutto vero”, pensò, “devo andare nelle segrete!”. Arrivò correndo, poi si accorse che non doveva fare rumore e si nascose dietro una colonna. Karl si girò di scatto per il rumore, smise l'attività e andò a vedere se ci fosse qualcuno, lasciando solo nell'angolo Charles che ansimava e piangeva, spaventato e disgustato. Edgard, nascosto, lo vide e lo riconobbe, era il maestro di Charles, Karl. - “Bastardo”, pensò, e quando gli fu abbastanza vicino, lo attaccò e gli bloccò le mani, dietro la schiena, lo fece cadere a terra e ci si sedette sopra. - “Ci rincontriamo...pervertito”, esclamò Edgard. - “Che ci fai qui?”, disse Karl, cercando di liberarsi. Edgard lo girò a pancia in su e gli diede un pugno in pieno viso, - “Questo è perché sei un pervertito”, poi gliene diede un altro, “e questo è per Charles”. Poi gli rifilò un calcio nel ventre e disse: - “Dove Charles?”. - “L-lì”, disse Karl, con voce soffocata, indicando la cella. Charles era rimasto fermo, nella posizione in cui il maestro lo aveva lasciato, Edgard entrò e il viso del principe si distese. Edgard si precipitò da lui, gli slegò il bavaglio e la corda, che gli legava le mani, e gli chiese: - “Che cosa ti ha fatto?”. Charles si buttò su di lui e lo abbracciò piangendo. - “Forse non sono arrivato abbastanza in tempo”, pensò Edgard, stringendolo a sé. - “E-edgard”, disse con voce flebile Charles, “ho avuto tanta paura”, e scoppiò nuovamente in lacrime. - “Lo so”, disse Edgard, stringendolo con più forza, “ma ricordati che ti proteggerò, sempre”. Karl apparve come un fantasma al portone della cella e aggredì Edgard che cadde sopra Charles. Quest'ultimo si liberò e prese un recipiente in terracotta, lì vicino, - “Questo è per quello che mi hai fatto”, Karl si girò di scatto verso Charles che si girò in modo da non guardarlo negli occhi, Edgard si spostò e Charles lasciò cadere il recipiente sulla testa di Karl. Il maestro giaceva a terra, morto. Edgard si alzò e abbracciando il principe esclamò: - “Sono fiero di te”. - “Verrò punito per questo?”, chiese Charles. - “Non lo so, forse dovremmo nasconderlo”, rispose l'altro. - “Bastardo”, pensò nuovamente Edgard e poi disse: “torna nella tua stanza, me ne occuperò io”. - “Ma dove vuoi portarlo?”, chiese Charles incuriosito. - “Sarà meglio lasciarlo qui, ora andiamo via”, disse Edgard e si avviarono verso le camere. Arrivati davanti la camera di Charles, Edgard lo prese per mano e gli disse: - “Non voglio lasciarti”. - “Karl è morto, di cosa ti preoccupi adesso?”, chiese Charles. - “Voglio stare con te...stanotte”, rispose Edgard. Charles lo guardò negli occhi come per chiedergli il perché. Edgard afferrò quello sguardo e rispose: - “Ti amo”. Charles aprì la porta e disse: - “Ma solo per stanotte...”. Edgard sorrise, ma allo stesso tempo si rese conto che Charles era diventato freddo e, ovviamente, sapeva perché. Quando si misero a letto Edgard lo abbracciò e lo strinse forte a sé: - “Non ti lascerò per nessun motivo al mondo”. Charles scoppiò in un pianto liberatorio. - “Cosa succederà quando troveranno Karl?”, chiese il principe. - “Non lo troveranno...”, rispose l'altro. - “Si, invece, e sono convinto che quando succederà daranno la colpa a te”, rispose angosciato Charles. Edgard si slegò dall'abbraccio per guardarlo in faccia, e accarezzandogli i capelli disse: - “Non essere pessimista”, e poi sorrise. - “Come fai a sorridere in un momento del genere?”, esclamò irritato Charles. - “Sorrido perché sono felice di poter stare con te”, ribatté l'altro. Charles rifletté un momento, - “anche per me è lo stesso”, disse imbarazzato. Edgard si distese supino come era solito dormire e mise un braccio attorno alle spalle di Charles, che si appoggiò alla spalla di lui e si addormentò sereno. Edgard sospirò e pensò: - “Tutto è bene quel che...”, e piombò in un sonno profondo. Edgard si svegliò, Charles era ancora avvinghiato a lui, - “non succederà mai più una cosa del genere, te lo prometto”, pensò. Charles si spostò e si stropicciò gli occhi e la faccia, poi portò le braccia al collo di lui e lo baciò. Edgard lo abbracciò: - “Ti è tornato il buon umore?”. - “Diciamo che mi piace poter stare insieme a te”, disse sorridendo l'altro. Entrambi risero e cominciarono a prepararsi per uscire, ovviamente non insieme, dalla camera. Sceso in giardino, come tutti i giorni, Charles venne circondato da una serie di servi, che urlavano accavallandosi l'un l'altro. Poi uno parlò a nome di tutti: - “Il suo maestro, ser Karl, è scomparso, lei sa dove possa essere?”. - “Io...io no, ma in che senso è scomparso?”, disse Charles fingendosi sorpreso e preoccupato. - “Scomparso! Come il chicco di grano beccato dalla gallina, di grazia!”, disse un'altra. - “Ho capito, mio padre ne è già a conoscenza?”, rispose lui. - “Si, signorino, il re ha già inviato dei cavalieri per cercarlo nei dintorni”, disse la serva. - “Bene, speriamo che il tutto si risolva”, concluse Charles. - “E che Dio ci aiuti”, disse un servo, e la folla si dileguò. Edgard disse a Charles: - “Sai recitare bene la tua parte..." Charles presa una spada, la lanciò ad Edgard, che distratto la fece cadere per terra. - “Stai ancora dormendo, Edgard?”, disse ridendo Charles. Gli si leggeva negli occhi una certa allegria che Edgard non aveva mai visto prima. Mentre combattevano a Charles venne un'improvvisa idea in mente e si fermò di colpo, parando l'attacco di Edgard. - “Che ti prende?”, disse Edgard, che ci aveva preso gusto. Charles sorrise: - “Mi è venuta un'idea”, lasciò cadere la spada e prese per un braccio Edgard, “vieni!”. - “Non sorridere e ricorda che non ci conosciamo”, disse Charles a Edgard. - “Padre, dato che sono molto preoccupato per il mio maestro, potrei andare anche io stesso a cercarlo?”, disse, inchinandosi, al padre. - “Figlio, è pericoloso, ricorda che sei l'unico erede!”, disse con tono autoritario il padre. - “L'ospite sarà alle mie spalle e sarà mio scudo contro eventuali attacchi nemici”, proseguì il figlio. - “Cosa ha detto, di grazia?”, pensò Edgard digrignando i denti. Il re guardò l'ospite e poi disse: - “Essia, che Dio vi protegga”. - “Grazie padre”, e con questo il principe e l'ospite se ne andarono. - “Che cosa hai detto prima?”, esclamò Edgard irritato, quando furono fuori dal salone. E Charles sorridendo rispose: - “So che lo faresti davvero...”. - “Non è detto”, rispose prontamente Edgard. Charles si fermò e si girò a guardarlo, gli prese la mano e disse: - “Andiamo”, e se lo tirò via. - “Ma cosa vuoi fare?”, urlò Edgard a Charles. - “Lo vedrai, adesso devi solo seguirmi”, e con questo Charles, concluse il discorso. Camminarono per quasi tutto l'edificio fino ad arrivare alle stalle, Charles prese delle cappe nere per la pioggia e sellò due cavalli. - “Sali sul cavallo”, disse Charles a mo' di ordine. Edgard guardò Charles, guardò il cavallo, poi di nuovo Charles, poi il cavallo... - “Che aspetti?”, urlò Charles. - “Non...credo di poterlo fare”, disse Edgard terrorizzato. - “Hai paura?”, chiese l'amico prendendo il giro. - “Si...”, rispose l'altro. - “D'accordo”, Charles sbuffò e tolse la sella dal cavallo di Edgard, “ora fai come dico io”, e dopo essere salito sul suo cavallo, tese la mano a Edgard e disse: - “Sali”. - “Assolutamente no”, disse indietreggiando l'altro. - “Non ti fidi di me? Con me non cadrai, te lo assicurò”, disse sorridendo Charles e tese nuovamente la mano. Edgard era terrorizzato e salì sul cavallo dicendo: - “Buono, sta buono...”. Charles, nel frattempo, rideva beatamente e poi disse: - “E' una cavalla, trattala bene”. - “Dì alla suddetta cavalla di non buttarmi per terra!”, disse imbronciato Edgard. - “Va bene”, disse Charles,continuando a ridere . E tra le risate di Charles e le urla di Edgard, uscirono dall'edificio. L'andatura del cavallo era fluida e costante, ma Edgard aveva ugualmente paura e stava aggrappato a Charles, al quale la cosa non dispiaceva affatto. Dopo poco tempo Edgard chiese a Charles dove stessero andando e l'altro gli rispose che era una sorpresa. - “Non mi piacciono le sorprese”, bisbigliò Edgard tra sé e sé. Si era ormai fatto buio e Charles decise di trovare una locanda aperta per la notte. Scese da cavallo ed Edgard che era aggrappato a lui, cadde sulla sella. Charles parlò con l'oste, che gli diede un rifugio per la notte. Edgard era rimasto in quella posizione fino al ritorno di Charles. - “Cosa hai intenzione di fare?”, chiese il principe. - “Restare qui fino a domani”, disse Edgard in modo serio, aggrappandosi ancora di più alla sella, mentre Charles si avvicinava. - “Dai scendi”. - “No”. - “Scendi!”. - “No”. Charles lo tirò giù. - “E domani come risalgo”, esclamò Edgard contrariato. - “Come hai fatto oggi”, concluse Charles. Prese per mano l'amico e lo portò dentro con sé. Una volta in camera Charles si guardò un po' intorno, esplorò l'ambiente, mentre Edgard prontamente si era disteso sul letto. Charles lo richiamò: - “Non è ancora tempo di dormire!”, e gli saltò addosso. - “Ah, spostati!”, fece Edgard infastidito, “sono stanco”. Charles gli voltò il viso verso di sé e lo baciò, dapprima dolcemente poi con più passione, poi con la mano toccò il basso ventre di Edgard. - “Che fai?”, disse sempre più infastidito l'altro. Charles era stupito e imbarazzato, - “pensavo che ti avrebbe fatto piacere...”, Edgard gli accarezzò una guancia e disse: - “Non sembri più tu...perché?”. - “ Io...io... sei sempre stato il primo a prendere l'iniziativa...per una volta avrei voluto essere io a cercarti..”, disse Charles, bisbigliando l'ultima parte. - “Capisco, ma sono davvero stanco a causa del viaggio...”, rispose l'altro, scostando l'amico, e Charles ribatté: - “Non ti riconosco, Karl è morto ed io sono felice, non dovresti esserlo anche tu?” - “Insomma, dovremmo festeggiare, no?”. - “Festeggiare? Abbiamo fatto solo il nostro dovere, ora lasciami riposare...” A Charles scesero le lacrime, cercò di inghiottirle, ma non ci riuscì, caddero sul letto...poi scese dallo stesso, aprì la porta e andò fuori in giardino. - “Perché? Perché?”, pensò buttandosi sull'erba e lasciando cadere le lacrime. Edgard non rimase impassibile al contrario piangeva anch'egli, in silenzio, disteso sul letto, ad occhi chiusi. Quando li riaprì rivide nella sua mente l'immagine orribile di quel corpo che lo sovrastava, percepì il ricordo del dolore indescrivibile che aveva provato, la sensazione di impotenza e di sofferenza, l'angoscia e la paura che furono al centro delle notti insonni che aveva passato. - “E' tutta colpa sua, colpa sua!”, urlò Edgard, in lacrime, “tutte le cicatrici che ho addosso, tutte le notti insonni passate con la paura che potesse tornare, che potesse farmi ancora del male...tutti gli incubi che ho dovuto sopportare e il dolore fisico e morale...tutto per colpa sua!”, urlò con voce sempre più forte. L'oste aprì la porta di scatto e gli bisbigliò di fare silenzio. Edgard rimase un attimo immobile, poi appena l'oste richiuse la porta, scoppiò in un pianto di disperazione. Nel frattempo Charles aveva smesso di piangere, sdraiato sull'erba e guardando la luna pensò che non fosse un comportamento da uomo e decise di tornare in camera da Edgard. Fu sorpreso quando non lo trovò in un sonno profondo bensì in un pianto disperato, Edgard ansimava, si girò verso Charles con la testa bassa e lo guardò con la coda dell'occhio, poi tornò a piangere, non gli importava cosa potesse pensare Charles, voleva solo sfogarsi. Charles rimase un attimo perplesso, poi si avvicinò in fretta all'amico e gli disse: - “Scusa se prima mi sono comportato da stupido e me ne sono andato”, e lo abbracciò. - “N-non è colpa tua”, rispose singhiozzando, quasi senza voce. - “Se non è mia di chi è?”, chiese stremato Charles. - “Mia, solo mia”, gli rispose l'altro cercando di calmarsi, e detto questo si alzò in piedi e si mise a letto. - “Buonanotte”, disse lui. Charles inghiottì la saliva, nessun suono uscì dalla sua bocca, anche se voleva chiedergli il perché. - “Ti amo”, disse solo questo, e dopo si mise a letto e pianse in silenzio. L'indomani Edgard si svegliò con un gran mal di testa, i suoi occhi erano gonfi e di certo non doveva essere di bell'aspetto quella mattina, Charles era già in piedi quando si svegliò, si stava cambiando e quando si accorse che era sveglio gli disse in modo distaccato: - “Dobbiamo partire, sbrigati”. Edgard si alzò e cominciò a cambiarsi, quando ebbe finito scesero entrambi in giardino. Pagato l'oste, erano pronti a partire, ma Edgard aveva una sensazione strana addosso, prese la mano a Charles. - “Ti prego di scusarmi per ieri, non ero in me” - “Non importa, adesso sali sul cavallo” - “Non ci riesco, io...non mi sento bene...” - “Non scherzare, non possiamo far tardi” - “Perché non so ancora dove stiamo andando?”, urlò Edgard a Charles. - “Non cambiare discorso, perché non devi saperlo! E adesso sali sul cavallo!”. Salito sul cavallo Edgard abbracciò Charles, niente lo avrebbe staccato da lui in quel momento. Dopo un lungo silenzio Charles pensò di fermarsi per far abbeverare l'animale. - “Devi scendere Edgard” - “Che cosa? Di nuovo?” - “Si di nuovo, dobbiamo riposare, tutti, compreso il cavallo” - “ Ah va bene” disse sarcastico Edgard Sceso dal cavallo, si sdraio per terra, il cielo non sembrava molto sereno, era nuvoloso e sembrava triste...come il suo animo: - “Pensi che possa farmi un bagno?” - “In quest'acqua?” - “Non sembra sporca”, fece Edgard guardando da vicino l'acqua. - “Beh se proprio vuoi....”, disse Charles sorridendo e lo buttò in acqua. - “Sei impazzito?”, urlò Edgard e uscì dall'acqua correndogli incontro. Charles non voleva bagnarsi i vestiti così mentre scappava da Edgard si spogliò e appena fu pronto si lasciò prendere. Edgard lo abbracciò da dietro talmente forte che si strizzarono i vestiti e lo bagnò. Charles rideva come un matto, e non voleva smettere, poi si bloccò ed Edgard lasciò per un attimo la presa, così Charles riuscì a girarsi e a guardarlo in faccia. Edgard lo guardò con tenerezza, anche se pensava a quanto fosse brutto e per questo si sentiva in imbarazzo, ma a Charles non importava che aspetto avesse quella mattina e lo baciò. Quel bacio durò veramente tanto...era come se Charles avesse voluto trasmettere la sua forza ad Edgard, e ci riuscì, tanto che staccatosi dalle labbra di lui, non poté fare a meno di soddisfare quell'irrefrenabile voglia di bagnarlo e lo buttò in acqua. Risero entrambi con gusto, poi finito il bagno, tentarono di asciugarsi e nonostante Edgard fosse bagnato fradicio e Charles un po' umido ripartirono. - “Ah, questi principi...lo sai che comunque ti sto bagnando la schiena vero?”, disse Edgard a Charles ridendo. - “Si, lo so, ma non m'importa”, rispose lui sorridendo. Il viaggio continuava, la temperatura scendeva sempre più, Edgard starnutiva e cominciò a tremare, Charles fermò il cavallo: - “Hai freddo?” - “Si, un po'”, rispose l'altro. Charles prese la sua casacca e gliela mise addosso, e così smise di tremare. Edgard lo ringraziò con un sorriso. - “La meta è vicina non preoccuparti”, disse sorridendo Charles. Il sole era già tramontato, ma restava ancora la luce pastello che caratterizza il cielo in quel momento della giornata, Charles fece una richiesta insolita a Edgard cioè di chiudere gli occhi e di non aprirli fino a quando non glielo avrebbe detto esplicitamente. Edgard era perplesso, ma lo fece, e fu un susseguirsi di “siamo arrivati?” oppure “posso aprirli?”, fino a che stanco non si addormentò come un bambino. Charles sorrise quando sentì che si era addormentato. Proprio nel momento in cui aveva preso sonno, erano arrivati. Finalmente erano arrivati, chissà che gioia quando Edgard si sarebbe svegliato. Charles scese da cavallo e tentò di svegliarlo. Edgard infastidito disse: - “Lasciami dormire sul cavallo!”, e Charles gli rispose sorridendo: - “Non puoi, devi vedere la sorpresa!”. Edgard scese da cavallo e assonnato si guardò intorno, poi quando realizzò che era quella la sorpresa, sbarrò gli occhi e sorrise: - “Non ci credo, non ci credo”, diceva ridendo, “la torre, la torre dell'orologio, il mio castello!”. Era felicissimo e con lui anche Charles, che Edgard abbracciò: - “Non ci credo”, disse Edgard sottovoce. - “Credici, perché è veramente il tuo castello”, gli sussurrò Charles sorridendo, “e finalmente potrò entrarci!”. - “Andiamo dentro dai!”, urlò Edgard. Charles legò il cavallo e gli diede da mangiare, e dopo entrò. Edgard era entusiasta, le torce erano accese quindi l'orologio doveva essere ancora funzionante, era più caldo lì dentro. - “Che bello”, disse Charles, “e che tepore”. Edgard corse da lui e lo baciò in modo appassionato. - “Deduco che sei molto felice”, concluse Charles. Edgard si sedette in mezzo alla stanza e fece cenno a Charles di sedersi di fronte a lui. - “Che c'è?”, chiese Charles. Edgard lo abbracciò. - “Avrei voluto farlo mentre facevamo il bagno, ma qualcuno avrebbe potuto vederci, così...ho aspettato..”, gli slacciò abilmente la camicia, e lo baciò. Charles sorrise, lo guardò negli occhi compiaciuto e gli slacciò a sua volta la camicia. Poi fu la volta dei calzoni, delle scarpe, e di tutto ciò che era ostacolo, che venne lanciato lontano. Poco prima di penetrare Charles, Edgard si fermò, rifletté e disse: - “Adesso...siamo liberi”, e lo guardò sorridente. - “Liberi di urlare, urlare e fare l'amore quanto ci pare”, ribatté con fierezza Charles. Edgard entrò in lui, ma non gli bastava così gli prese il pene con la mano e fece eccitare Charles ancora di più. - “Aah”, urlò Charles di piacere, “aspetta non voglio stare a far niente”, e baciò Edgard con la lingua. - “Va bene, cambiamo posizione” - “Davvero? Ma tu..non vuoi che io stia sopra di te!” - “Ti amo, non posso fare sempre tutto io”, e disse questo sorridendo. Charles però era impacciato e al di là del toccargli il pene, non sapeva altro e si sentiva in imbarazzo. - “Forza fai come faccio con te” - “Non riesco...” - “Un po' di coraggio ragazzo” disse prendendo il giro. Charles si mise d'impegno e riuscì a entrare dentro Edgard. - “Bravo, così...”, lo incoraggiava Edgard, “dai spingi un po', non avere paura”. Charles gli prese il pene e lo eccitò, come aveva fatto prima lui. - “Impari in fretta...ooh si”, gridò Edgard. Charles rifletté e poi disse: - “Mettiti a quattro zampe”- “Perché?” - “Fallo, per logica dovrebbe venire meglio” - “Se lo dici tu”. In quella posizione sembrava essere meglio ed Edgard lo stava provando. - “Quindi?” - “Devo dire che viene...viene..vengo..ooh..meglio!” - “Fai provare anche me dopo!”, disse Charles e l'altro urlò in preda al piacere: - “No, ti prego...continua così!”. Charles era felice, poi provò anche lui e gran parte della nottata trascorse con turni e susseguirsi di orgasmi. Poi stremati ed eccitati uno accanto all'altro, mano nella mano, si riposarono e si addormentarono. Edgard si svegliò, a giudicare dalla luce doveva essere presto, anche Charles si svegliò dopo di lui. Mentre Edgard si alzava, Charles era disteso e vide le cicatrici delle ferite che aveva disinfettato la prima volta che si erano visti dopo tanto tempo. - “Dopo tutto questo tempo non mi hai ancora detto come ti sei ferito..”, disse indicando le ferite di Edgard. - “E' una storia lunga, ma sono disposto a raccontartela adesso, magari mentre torniamo al castello” - “Tornare al castello?” - “Dobbiamo tornare, se non torna l'erede il regno va in rovina” - “Non voglio tornare, né tanto meno essere l'erede al trono” - “Sembri il bambino capriccioso di 5 anni fa che mi parlava di regine e fiori e adesso sono io a rimproverarti..” - “Già...pensaci un attimo, se torniamo al castello, prima o poi...saremo separati” - “Ho una soluzione, se mi nomini tuo scudiero fidato, starò sempre al tuo fianco” - “E anche se fosse? Dovrò sposarmi... e mettere al mondo degli eredi!”, Charles cercò di trattenere le lacrime. - “Niente potrà separarci”, disse Edgard e lo abbracciò, “sei un po' freddo”. - “Tu sei caldo”, bisbigliò Charles e tirò un sospiro di sollievo. - “Vestiamoci e partiamo” - “Io sto nudo”, disse ridendo Charles. - “A me fa senz'altro piacere, ma non credo che ad altri possa sembrare opportuno”, rispose ridendo l'amico. Quando furono vestiti, Charles tirò fuori l'argomento delle ferite dicendo: - “Allora...la storia della tua vita?” - “Sono troppo felice di stare con te per raccontartela e rattristarmi...” - “Ah...ma se io ti amo e tu mi ami, dopo avermela raccontata tutto tornerà come prima, e tu sarai nuovamente felice”, disse sorridente il principe. - “La fai semplice tu...e va bene te la racconterò”, disse facendo un mezzo sorriso, “però non posso raccontare a cavallo, quindi dovremo stare seduti ancora per un po'...” - “Questo non mi dispiace...”, concluse Charles sorridendo. Edgard uscì dalla torre e si sdraiò sull'erba, Charles lo seguì. - “Sai”, cominciò Edgard, “in questi ultimi anni, ho vissuto sempre in viaggio, mi sono fermato solo per mangiare e dormire, per il resto ho camminato a lungo cercandoti...” - “E non avevi un cavallo?” - “Certo che no! Non avevo soldi per comprarlo, né voglia di salirci!”, rispose Edgard ridendo, poi continuò: - “Un giorno, circa un anno fa, un ragazzo, un nobile suppongo, dopo aver ascoltato la mia storia mi ospitò nel suo castello” - “Un nobile come me? Di quale paese era il regnante?” - “Non lo so, Charles, e in quel momento di certo non me ne occupai” - “Ah...continua...”. - “Restai al suo castello per qualche giorno, poi decisi di partire”. - “Com'era il suo castello?” - “Perché vuoi i dettagli?” - “Perché così è più bello, e perdiamo tempo”, rispose Charles sorridente. - “Già...Il suo castello era pieno di gente che non gli sembrava affatto fedele anzi da fuori si poteva benissimo intuire che sia servi che vassalli non obbedivano ai suoi ordini, quella gente non mi piaceva e la mia permanenza fu davvero breve. L'ultima notte che passai lì dissi al nobile che il giorno dopo sarei partito e lo ringraziai per l'ospitalità, ma mentre glielo dicevo la cosa che mi colpì fu senz'ombra di dubbio la sua espressione senza vita, lo salutai e andai a dormire nella camera che mi avevano dato”, tirò un sospiro e continuò: “quella notte, fu la peggiore di tutte le mie notti, mentre dormivo...quel ragazzo...mi svegliai e me lo ritrovai sopra”, inghiottì e si schiarì la voce, “tentai di scappare, ma mi tenne stretto, riuscì a liberarmi e a buttarmi dal letto, ma con un pugnale mi ferì, chiuse la porta col chiavistello, scappai da una parte all'altra della stanza per un po' di tempo, poi iniziai ad urlare, lui mi mise una mano sulla bocca”, Edgard inghiottì le lacrime: “mi spogliò e ogni volta che mi dimenavo mi colpiva col pugnale”. - “Mi gettò a terra e rimasi immobile disteso e nudo sul pavimento...lui, sopra di me, mi violentò, usò tutta la sua forza e più e più volte penetrandomi, mi fece davvero male, inutilmente mi dimenavo, mi teneva stretto...mi violentò per tutta la notte ininterrottamente, pensai di morire quella notte, pensai che dopo mi avrebbe ucciso o che sarei morto dal dolore...”. Charles abbracciò Edgard, che intanto si era alzato e messo a sedere: - “Che fai?, chiese Edgard un po' perplesso. - “Ti consolo”, rispose Charles come se fosse ovvio. Edgard sorrise anche se tristemente, poi ricominciò: - “Non gli bastò violentarmi e mi colpi col pugnale tante volte, leccò il sangue che mi usciva dalle ferite, fu orribile...scappai, riuscì ad aprire la porta, presi i soldi che avevo messo sotto il cuscino e corsi via, ma mi bloccò. Mi toccò ovunque, poi disse che sarebbe tornato, che mi avrebbe trovato, che sapeva dove sarei andato, che mi avrebbe violentato ancora, e con più forza e in tutto questo rideva, rideva come un matto...” - “Non ti ha trovato vero? Dimmi di no...” - “No, ci fu un'unica volta in cui lo vidi e scappai immediatamente.” “Per il resto prima di trovarti passai le notti insonni di un anno intero a vivere incubi e la paura che potesse trovarmi, so per certo che lo ha fatto, mi ha cercato, lo so, che sia maledetto!”, Edgard si sdraiò per terra, Charles era ancora attaccato a lui: - “Ora non devi avere più paura”, disse lui. - “Già”, concluse Edgard e si abbracciarono. - “E' ora di tornare al castello, Charles” - “Si... sali sul cavallo”, rispose ridendo il principe. - “Adesso so salire”, disse sorridente l'altro. Saliti a cavallo, si incamminarono sulla strada del ritorno. Edgard come al solito era abbracciato a Charles, ripensava a ciò che lui gli aveva detto...tutto tornerà come prima, e tu sarai nuovamente felice, ma Edgard non era ancora felice, pensava che forse quel ragazzo maledetto era ancora in giro e forse lo stava cercando... - “Quindi è per ciò che è successo, che non volevi che mi mettessi sopra di te... è per questo che ti sei irritato e hai pianto...” - “Si, purtroppo, e mi dispiace” - “Non fa niente...quando torneremo al castello ti proclamerò cavaliere, il mio cavaliere fidato”, concluse Charles, l'altro sorrise e lo abbracciò ancora più forte. Charles spronò il cavallo e l'andatura divenne più veloce. Fermatisi per far abbeverare il cavallo, i due ragazzi decisero di fare di nuovo il bagno e mentre erano nell'acqua tra uno schizzo e l'altro Charles notò una cosa: - “Ti sei ripreso bene dalla brutta esperienza...” - “In che senso?” - “In senso che se non ti fossi ripreso bene a quest'ora non avresti osato toccarmi” - “Ho sempre avuto paura di farti del male” - “Tu? Sei sempre stato così sicuro di te, non c'è stata una volta in cui mi hai toccato senza essere sicuro ed arrogante!” - “Ho finto...per non ferirti, se fossi stato insicuro mi avresti rifiutato” - “Non credo...” - “Ti conosco, sai?” - “Anche io mi conosco!”, ed entrambi risero a crepapelle. - “Tornando al discorso”, disse Edgard, “la nostra prima volta, ho cercato di farti meno male possibile per far si che non fosse traumatico per te...”, disse Edgard un po' imbarazzato, Charles buttò le braccia al collo di lui e lo baciò sulle labbra. Edgard percepì una strana sensazione, staccò le labbra da quelle di Charles e si guardò intorno. - “Qual è il problema?” - “Mi sento osservato”, disse guardandosi intorno, “usciamo dall'acqua”, e presa la mano di lui lo portò con sé fuori dall'acqua. - “Vestiti subito” - “Ma che c'è?” - “Fai come ti dico!”. Un individuo incappucciato si fiondò su Edgard, che si liberò. - “Sei più agile di come ti ricordavo...”, disse l'individuo sorridendo. - “Bastardo”, bisbigliò Edgard digrignando i denti. - “Deve essere quel ragazzo...”, pensava Charles. - “Stavolta ti affronterò, pagherai per quello che mi hai fatto!”, urlò Edgard attaccando il ragazzo e sferrandogli un pugno. Charles si affrettò a prendere la spada nella sella del cavallo, ma anche il ragazzo l'aveva e colpì Edgard, che cadde a terra...- “Edgard! Arrivo!”, disse Charles e partì all'attacco del nemico. - “Charles! No!”, urlò Edgard che non riusciva ad alzarsi. Charles ebbe la meglio e tenne testa all'individuo, ma in un momento di distrazione fu ferito e cadde a terra anch'egli, ed Edgard sforzandosi di alzarsi prese la spada che Charles aveva lasciato cadere e trafisse la gamba del ragazzo, che cadde in ginocchio e venne trafitto ulteriormente nel petto, da Charles che aveva preso la sua spada quando era caduto in ginocchio. Dopo aver controllato che fosse morto i due salirono sul cavallo e scapparono. - “Dobbiamo fermarci ancora, siamo a metà strada” - “Ancora in quella locanda?” - “Credo di si, non va bene?” - “Potrebbe buttarci fuori dopo quello che è successo”, ed entrambi scoppiarono in risa. - “Ora posso essere felice”, disse sorridendo Edgard. - “Così posso essere felice anche io”, concluse Charles sorridendo anch'egli. Arrivati alla locanda ed entrati in camera, si distesero entrambi sul letto presi dalla fatica, ma Edgard non sembrava stanco anzi sembrava piuttosto riposato: - “Facciamo l'amore anche stanotte?”, chiese lui come un bambino. Charles lo guardò con aria di rimprovero e di sfida: - “Ma non ti fa male il deretano?” - “No!”, e l'amico si mise a ridere. - “ Beh a me si, quindi stanotte dormirai”, concluse Charles. - “Mi dispiace, ma non ho voglia di dormire, ora che sono così felice perché dovrei sprecare un'occasione quando non potrebbero essercene più una volta arrivati al castello?”, disse un po' triste Edgard. Charles lo guardò e pensò che avesse ragione: - “D'accordo, ma è ancora presto, fammi dormire un po'...”, concluse lui. Edgard fece un giro lì vicino, quando tornò Charles dormiva ancora, non osò svegliarlo e gli diede un bacio sulle labbra. Charles dormiva come un ghiro, Edgard era un po' triste, avrebbe voluto unirsi ancora con lui...avrebbe voluto farlo ogni volta che ce ne sarebbe stata occasione, lui lo amava troppo e le sue parole gli rimbombavano in testa. - “Non voglio separarmi da te, non lo permetterò...”, diceva sottovoce. Charles si svegliò e non vedendo l'amico si preoccupò, guardò dalla finestra e lo vide, scese le scale e gli corse incontro per abbracciarlo da dietro prima che potesse accorgersi della sua presenza: - “Andiamo a fare l'amore”, gli sussurrò ridendo. Edgard era sorpreso: - “Ma non dormivi? E non ti faceva mal..” - “Shhh, adesso andiamo”, lo interruppe Charles. Tra un bacio e l'altro, prima dell'approccio vero e proprio, Charles ruppe l'atmosfera dicendo: - “Ma qui non possiamo urlare!” - “Urla ugualmente” - “Ci buttano fuori!” - “Lo facciamo sull'erba” - “Non scherzare!” - “C'è una soluzione a tutto, hai visto?” - “Non a tutto...”, Charles abbassò lo sguardo, ma Edgard gli sollevò con la mano il mento e lo guardò teneramente. - “Stanotte non si pensa e non si parla. Stanotte, si urla e si gode”, gli sussurrò Edgard. - “Ah, mi fa male tutto”, pensò Charles mentre si svegliava, Edgard gli mise un braccio sul petto e lo strinse a sé. - “Sei sveglio?”, gli chiese Charles. L'unica risposta fu un bacio sulla guancia. - “Alziamoci” - “No...fammi dormire...”, rispose assonnato. - “Lasciami...” - “No...voglio restare in eterno così...” - “Non mi stringere, mi fa male tutto” - “Anche a me...” - “Le ferite ti bruciano ancora?” - “Si...molto e a te?” - “Anche a me...perché sei così freddo?” - “Veramente sento caldo” - “Perché ti comporti in modo freddo..?” - “Lasciami dormire” - “Vuol dire che arriverai a piedi al castello..”. Edgard si alzò di malavoglia, ma non voleva lasciare Charles e andò dall'altra parte del letto e lo abbracciò. - “Che cos'hai Edgard?” - “Non voglio lasciarti..”. Charles lo baciò teneramente, accarezzandogli i capelli... Edgard lo spinse sul letto e continuarono a baciarsi. - “Va bene..adesso vestiti e incamminiamoci”, disse Charles staccando le labbra - “Charles?” - “Si?” - “Ti amo...” - “ Ti amo anche io...”, e sorrisero entrambi. Una volta sul cavallo, Edgard, che finalmente si sentiva più sicuro non rinunciò ad abbracciare Charles e a continuare a dormire sulla sua schiena...

  
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