Disclaimer: Trama, personaggi, luoghi e tutti gli elementi che questa storia contiene, sono una mia creazione e appartengono solo a me.
Quando la mano si serrò sul suo polso un brivido
percorse la
schiena della giovane ladra. Un uomo imponente sopra di lei la guardava
con aria truce.
“Adesso dovrei fartela tagliare”
sibilò
con voce pacata. La mano era ancora parzialmente infilata nella sacca
dell’uomo. Questi scrollò la testa.
“Sei ancora poco più di un
bambino…” mormorò.
La ladruncola non osò contraddire il signore. Era
talmente
sporca e malvestita che a malapena s’indovinava il colore
della sua pelle, figurarsi il sesso! I suoi occhi continuavano a
guardarlo sgranati per il terrore. Ma inspiegabilmente l’uomo
sospirò e alleggerì la stretta.
“Non mi piace questa città e non mi
piacciono i
suoi usi. Vieni, avrai fame”
La ladruncola annuì ancora con gli occhi
sbarrati.
“Sei muto ragazzino?” chiese incuriosito e per niente impietosito l’uomo. La ragazza si affrettò a balbettare un no e alla richiesta dell’uomo lì per lì gli disse il primo nome che le passò per la mente.
“Bene Ratto ti sei guadagnato un pasto caldo”
“Sei muto ragazzino?” chiese incuriosito e per niente impietosito l’uomo. La ragazza si affrettò a balbettare un no e alla richiesta dell’uomo lì per lì gli disse il primo nome che le passò per la mente.
“Bene Ratto ti sei guadagnato un pasto caldo”
Sempre tenendola per la mano, metà trascinandola,
metà strattonandola giunsero ad una taverna. La giovane
ladra non era sicura di potersi fidare, ma cosa avrebbe potuto lei nei
confronti di quell’uomo? Era alto e grosso, i capelli biondi
e riccioluti legati dietro al capo e una fluente barba
anch’essa bionda. Mentre lei era piccola e scura, solo gli
occhi verdi ed enormi risaltavano sul suo viso per il resto abbastanza
insignificante. Certo non tanto da lasciare immuni i sensi di suo zio,
giù alla fattoria. L’aveva accolta in casa quando
era rimasta orfana, vivevano insieme ai suoi molti cugini, ma quando le
sue forme erano cominciate a sbocciare lo zio aveva cominciato a
guardarla con uno sguardo avido e quando l’aveva stretta in
un angolo pronto a saltarle addosso lei era riuscita a divincolarsi e
fuggire. La città era poco lontana e lei si era rifugiata
lì sicura che tra le moltitudini dei ragazzi di strada
sarebbe stata relativamente protetta dalle ricerche dello zio.
“Allora ti ho chiesto cosa vorresti da
mangiare” le
parole dell’uomo interruppero le sue riflessioni, si riscosse
prontamente dandosi della stupida, era per distrazioni come quelle che
si era trovata nei guai. Minah si lasciò cadere sulla sedia
di fronte all’uomo e chiese un pasticcio di carne.
L’uomo prese lo stesso e guardò per lunghi secondi
il ragazzino di fronte a lui. Si era un ladro, si c’era poco
da fidarsi, ma lui era rimasto l’unico del suo drappello di
mercenari, era giunto in quella città sporco, esausto e
ferito. Era rimasto giusto il tempo necessario per far guarire la sua
ferita al braccio, poi si sarebbe messo in cammino. Non sapeva nemmeno
perché si prendeva la briga di aiutare quel ragazzo, ma
c’era un qualcosa che gli smuoveva una sensazione singolare
dentro. Forse per i suoi enormi occhi che lo facevano somigliare ad un
cucciolo smarrito. Jano l’osservò mangiare
voracemente il suo pasto, le guance quasi deformate nella fretta di
contenere più cibo possibile. Gli scappò una
risata.
“Piano piano! Quella carne non scapperà
da nessuna
parte!”
Minah arrossì violentemente e posò il
pane che
stava per ficcarsi in bocca. Jano le parlò, le disse che
aveva in mente di portarlo con sé, era rimasto solo e gli
serviva qualcuno che lo aiutasse. Mentre lo diceva aveva lo sguardo
incupito rivolto chissà a quale ricordo. Minah
inghiottì lentamente il boccone, le stava chiedendo di
andare con lui, lasciare quella puzzolente città, smettere
di rubare per sopravvivere. Minah non riusciva a crederci, non poteva crederci.
Che avesse capito che era una ragazza? Ma non vedeva come aveva potuto
riuscirci.
“Allora piccolo, accetti di venire con me e magari
imparare
anche qualcosa? O preferisci vivere di stenti qui?”
Minah si buttò, aveva forse qualcosa da perdere?
Ed
accettò.
Camminavano sulla strada principale che portava ad ovest, il
caldo era
intenso e Minah sudava copiosamente infagottata com’era. Jano
viaggiava a cavallo e si era tolto il mantello, la sua giubba color
ruggine spiccava sulla camicia bianca. Più volte aveva
invitato Minah a scoprirsi ma lei non ne aveva voluto sapere, troppa
era la sua paura di mostrare troppo e farsi scoprire. Procedevano
tranquilli verso il tramonto quando tre uomini saltarono fuori dai
margini della strada intimando loro di mollare l’oro se
avevano cara la vita. Minah rimase terrorizzata, il cavallo di Jano
s’impennò e con gli zoccoli colpì al
fianco uno dei briganti che lasciò cadere la sua spada.
Minah se la ritrovò in mano quasi contro la sua volontà e cominciò a menar fendenti, il più delle volte ad occhi chiusi. Sentiva i grugniti degli uomini che combattevano, le loro urla quando venivano colpiti. Prima di quanto pensasse la scaramuccia con i banditi era finita: a terra ne rimanevano due, un altro era fuggito. Ma il cavallo di Jano era rimasto gravemente ferito. Era disteso a terra e tremava, un lungo squarcio si apriva sul ventre.
Minah se la ritrovò in mano quasi contro la sua volontà e cominciò a menar fendenti, il più delle volte ad occhi chiusi. Sentiva i grugniti degli uomini che combattevano, le loro urla quando venivano colpiti. Prima di quanto pensasse la scaramuccia con i banditi era finita: a terra ne rimanevano due, un altro era fuggito. Ma il cavallo di Jano era rimasto gravemente ferito. Era disteso a terra e tremava, un lungo squarcio si apriva sul ventre.
“Mio buon amico” mormorava commosso il
mercenario.
Minah si lasciò cadere vicino la testa del cavallo
accarezzandogli la criniera. Sentì le lacrime pungerle gli
occhi, poi una solitaria scenderle lentamente lungo una guancia.
Tirò su col naso.
“Sei un ragazzo sensibile e lui era un buon
cavallo. Diamogli
la pace, ecco come si comporta un uomo” e con un gesto veloce
recise la giugulare dell’animale.
Minah trasalì, il sangue scuro si allargava sotto
la testa
del cavallo che tremò un ultima volta e rimase quieto. I
suoi grandi occhi color cioccolato divennero opachi. L’uomo
si alzò e per qualche secondo restò a osservare
il fedele compagno.
“Avanti Ratto scaviamo una buca per lui, non
lasciamo che gli
uccelli si nutrano della sua carne”
Ancora scossa Minah si alzò tremando ed
aiutò
Jano a scavare una grande fossa. Ci gettarono dentro delicatamente il
cavallo ricoprendolo di terra ed erba.
Poi Minah chiese che cosa avrebbero dovuto fare dei due
uomini morti
sulla strada, li guardò a malapena rabbrividendo.
“Per me possono essere lasciati ai vermi, presto
verrà qualcuno a toglierli di lì”
rispose l’uomo alzando le spalle con indifferenza.
“E così siamo rimasti
appiedati…oh
bè gamba in spalle amico mio” .
Minah si rese conto che non tutto il sangue che copriva Jano
era dei
banditi.
“Sei ferito!” esclamò. Jano
fece un
smorfia, accorgendosi solo allora del dolore. La gamba era stata
colpita solo di striscio, ma sentiva un bruciore d’inferno al
fianco destro.
“Adesso camminiamo, appena troviamo un posto
adatto ci
fermeremo”
Minah era colpita, lo guardò zoppicare davanti a
lei e si
affrettò a raggiungerlo.
Dopo un paio d’ore di cammino, durante le quali
procedevano
sempre più lentamente, scorsero in lontananza un
abbeveratoio per animali. Abbandonarono la strada e si diressero da
quella parte. Era una grande vasca collegata ad un pozzo lì
accanto ed era piena di acqua dolce e fresca. Jano si tolse lentamente
la giubba e la camicia ormai intrisa di sangue. Minah
l’aiutò maldestramente. Il petto
dell’uomo era possente e muscoloso, solcato da cicatrici,
come le braccia. Chissà quante battaglie aveva combattuto.
Sulla pelle chiara brillavano riccioli biondi. Minah toccò
delicatamente la ferita al fianco cercando di pulirla. Non era mai
stata così vicina ad un uomo prima d’ora,
soprattutto non aveva mai
toccato un uomo. Per fortuna Jano non si accorse del suo
turbamento, aveva gli occhi chiusi.
“La ferita è aperta? “
domandò soltanto. Quando Minah rispose positivamente lui le
ordinò di cucirla. Minah si rifiutò, non
l’aveva mai fatto, aveva troppa paura di sbagliare. Ma Jano
non volle sentire ragioni, se la ferita non si fosse richiusa si
sarebbe infettata e lui, rivolto a Minah, doveva cominciare a diventare
un uomo!
Minah sorrise amaramente, non aveva nessuna intenzione di
diventare un
uomo, ma avrebbe dovuto se questo era il prezzo della
libertà. Nella sacca trovò del filo e degli aghi,
con concentrazione estrema spinse l’ago nella carne del suo
compagno che aveva cominciato a sudare. Il suo odore le fece girare la
testa, ma Minah strinse i denti concentrandosi solo sul suo compito, fu
delicata e veloce e ben presto riuscì a suturare la ferita.
Quando sollevò la testa sorridendo vide che l’uomo
la guardava, le contemplava le dita sottili. Di colpo si
alzò in piedi e andò ad intridere una pezza
nell’acqua fredda.
“Quanti anni hai Ratto?”
Ne aveva sedici, rispose quattordici. L’uomo
continuava a
guardare il suo corpo magro e flessuoso che si muoveva
morbidamente. Poi distolse improvvisamente lo sguardo, confuso e
infastidito, non avrebbe mai ammesso di essere attirato da un ragazzo,
lui che aveva avuto tante donne quante erano le ferite sul suo corpo.
Minah si accorse con orrore che aveva cominciato ad ancheggiare, ecco
cosa accadeva a stare troppo vicina ad un uomo, il suo corpo la stava
tradendo. Si sforzò di assumere un’andature
più maschile, sperando che Jano fosse tropo preso dalla sua
ferita per fare attenzione a lei. Fasciò il fianco
dell’uomo con eccessiva rudezza facendo finta di non
accorgersi che lui trasaliva. Quella notte fecero campo lì
vicino.
La mattina seguente, mentre raccoglievano le proprie cose
Minah si
accorse di aver ancora con sé la spada del bandito, fece per
lasciarla lì, ma Jano la convinse a prenderla.
“Ieri sei stato coraggioso, ma hai rischiato di
far male
quasi più a te stesso che a quei cani! Un po’ di
lezioni non ti farebbero male!”
Minah guardò la spada che aveva in mano, era
pesante,
dall’impugnatura piuttosto rozza, non un’arma di
gran fattura. Ma il filo era ancora tagliente e sporco di sangue. Per
prima cosa Jano le insegnò che doveva sempre pulire la lama
e riporla con cura nel fodero. La sua spada era tenuta in una custodia
legata dietro la schiena, era il modo migliore per tenerla, sempre a
portata di mano, ma senza intralciare i movimenti. Poi le fece vedere
qual’era la posizione migliore: una volta sguainata la spada,
le gambe larghe lievemente flesse e di sbieco nei confronti
dell’avversario così da offrire un bersaglio
minore all’attacco dell’altro. Le fece ripetere
più volte i movimenti appena imparatati, guardia, affondo,
stoccata, guardia, ancora e ancora fino a quando Minah
lasciò cadere la spada a terra, esausta.
“Già stanco? –
sogghignò Jano
– va bene per oggi basta così!” e le
scompigliò gli arruffati capelli neri. Minah sedette
imbronciata nel suo angolo, tirandosi su le ginocchia tra le braccia e
guardò intensamente l’uomo che le sedeva davanti.
“Raccontami qualche tua avventura!”
implorò. Jano sorrise, c’erano cose che un
ragazzino sensibile come lui non dovrebbe sentire. Il suo sguardo
s’incupì, e
cose che uomini valorosi non dovrebbero fare,
pensò amaramente andando col ricordo all’ultima
“impresa” compiuta dai suoi compagni
d’arme…
”Adesso Ratto riposa, ti chiamo io per il tuo
turno” e Minah si lasciò cadere su un fianco
ascoltando il crepitio del fuoco e il respiro di Jano fino a che non si
addormentò.
Man mano che procedevano verso occidente Minah si sentiva
sempre
più inquieta, cominciava a riconoscere luoghi a lei
familiari, accorciava il passo, si guardava attorno sospettosa.
“Avanti Ratto che ti piglia? Conosci questi posti?
Bene,
allora saprai indicarmi una fattoria dove potremo fermarci. Questo
maledetto fianco fa un male cane”
Minah lo guardò inorridita, era proprio
l’ultima
cosa che voleva fare! E se avesse incontrato qualcuno che
l’avesse riconosciuta? Jano si fermò.
“Aspetta un momento…” le
alzò
il mento con una mano e la scrutò in viso attentamente.
“Ora ho capito…” il cuore di
Minah fece
una capriola poi smise di battere del tutto. Si costrinse a non
tremare.
“Sei scappato di casa! Ed è qui che
abitavi,
giusto?”
Minah quasi svenne dal sollievo. Annuì
più volte
con forza e farfugliò qualcosa sullo zio, Jano non
capì. Ma comprese la paura del ragazzo, vedeva bene che era
piuttosto effeminato e probabilmente per quel motivo era fuggito di
casa. Chissà se era solo timido, invece, fatto sta che
dubitava sarebbe riuscito a trasformarlo in un uomo, ma forse
a cavarsela da solo si.
“Va bene va bene! Calmati per l’amor degli
dei! Ma
troviamo un posto per rifugiarci, non lo senti il vento che si
è alzato?”
In effetti il cielo si era scurito, nuvole di piombo
gravavano su di
esso col loro carico di acqua. Una goccia cadde su quel momento sul
naso di Minah seguita da numerose sorelle fino a che le nubi non
lasciarono andare tutto il proprio carico. I due cominciarono a correre
infradiciandosi sempre di più. Minah ricordava che
c’era un ricovero per animali, più avanti, ogni
tanto si fermava per orientarsi e poi ricominciava a correre. Sentiva
che Jano dietro di lei teneva il passo brontolando ed imprecando.
Finalmente giunsero alla stalla, poco più che tre pareti di
legno tirate su alla bell’e meglio, meglio di niente. Minah e
Jano tremavano dal freddo. Accesero in fretta e furia un fuoco stentato
e si accoccolarono vicino ad esso.
Minah tremava non solo per il freddo, avrebbe voluto
accoccolarsi sul
petto di Jano e stare così protetta e al caldo. Non si era
mai sentita così, nessun uomo le aveva mai fatto battere il
cuore in quel modo. Anzi nessuno le aveva proprio mai fatto battere il
cuore. Non che ci fossero molti uomini alla fattoria a parte quello
sporcaccione dello zio e in città…in
città era troppo concentrata a sopravivere. Ma adesso si
sentiva languida e anelava un contatto che non ci sarebbe stato. E non
solo perché Jano fosse bello e forte, ma perché
era gentile e buono in quel suo modo ruvido. Chissà cosa
aveva dovuto vedere durante tutti quegli anni da mercenario. Ma nulla
di ciò che provava doveva trasparire dal suo volto o dal suo
comportamento, mai.
Avrebbe tradito la sua fiducia in lui, lei…sorrise
amaramente.
Jano era perso nei suoi pensieri, ricordava quando
qualche
mese prima aveva lasciato pieno di disgusto la sua compagnia, uomini
d’onore che si erano comportati come animali. Il loro
capitano era stato ucciso in uno scontro con i mercenari della parte
avversaria, pieni di rabbia e dolore si erano dati ad inseguirli fino a
giungere ad un villaggio e
lì…lì…sospirò, a
che serviva ricordare ancora e rodersi il fegato. Lui si era rifiutato
di seguire il loro esempio, aveva voltato il cavallo appena in tempo.
Scrollò la testa, com’era possibile che uomini
d’onore si comportassero come animali…se
lo ripeteva giorno e notte, come una cantilena, il punto di partenza e
d’arrivo di ogni sua riflessione. Ratto accanto a lui
tremava, era bagnato come un pulcino ma stava discosto, per conto suo.
Gli dei solo sapevano che problemi avesse!
Erano diversi giorni che camminavano e Minah non aveva la
più pallida idea di dove stessero andando. Neanche Jano lo
sapeva, la sua idea era quella di bighellonare fino a quando non avesse
trovato un ingaggio, certo con quel ragazzino appresso non sarebbe
stato facile. Improvvisamente si fermò e Minah
incespicò dietro di lui, andandogli quasi a sbattere contro.
“Ascolta Ratto, io devo cercarmi un incarico, ma
tu non sei
abbastanza grande e forte per venire con me. Sei molto coraggioso e
diligente, ma – alzò le spalle – non
tutti possono fare i guerrieri.”
Minah sentì il mento tremare ma non avrebbe
pianto.
“Mi allenerò di più! E puoi
dire che
sono tuo figlio e…”
“Al prossimo villaggio cercheremo qualcosa da
farti fare. Mi
dispiace, ma è la soluzione migliore…Sei un bravo
ragazzo” l’interruppe Jano curvando un
po’ le spalle.
“Ma non puoi! Perché mi hai preso con
te allora!
Perché non lasciarmi in città! Non
andrò in uno stupido villaggio a fare uno stupido lavoro!
Voglio venire con te Jano!!”
“Va bene, va bene, quando saremo
lì ci
penseremo” capitolò per il momento il grosso uomo
biondo.
Minah camminava davanti a lui a grandi passi, era delusa,
infuriata.
Aveva visto giusto allora, non c’era da fidarsi degli uomini,
di nessun uomo! E per fortuna che la prendeva per un ragazzo!
Al diavolo la sua barba bionda, al diavolo i suoi occhi buoni, al
diavolo tutto!
Jano la guardava un po’ dispiaciuto un po’ divertito, era un ragazzo, gli sarebbe passata, o almeno così sperava.
Jano la guardava un po’ dispiaciuto un po’ divertito, era un ragazzo, gli sarebbe passata, o almeno così sperava.
Sulla strada non potevano tornare, ormai i corpi dei banditi
dovevano
esser stati scoperti e c’era il pericolo che le guardie li
stessero cercando per riportarli in città, interrogarli e
magari incarcerarli o peggio. Conveniva che continuassero a tagliare
per i campi, o i boschi come quello che si apriva davanti a loro. Vi si
addentrarono con decisione.
“Sei mai stato da queste parti Ratto?”
“Non così lontano”
“Non così lontano”
Ma la foresta sembrava innocua. Si addentrarono nel folto.
Il sole
creava strani ghirigori arabescati nel sottobosco dando alla foresta
l’aspetto di un arazzo formato da grovigli bizzarri.
S’inoltrarono sempre più nella
ombrosità verde. Gli uccelli cantavano, trillavano,
fischiavano, ogni tanto un musetto faceva capolino tra i cespugli per
poi immergersi di nuovo nel sottobosco, industriosi scoiattoli
correvano su e giù lungo i tronchi degli alberi secolari.
Camminavano lentamente, adesso, godendosi la pace del bosco.
Man mano
che passavano le ore il caldo si faceva più opprimente e i
loro stomaci borbottavano insistentemente. Prepararono un bivacco.
Minah ne approfittò per allenarsi con la spada. La rabbia le
dava la forza per violenti colpi ai cespugli decapitandone parecchi.
Jano vedendo quella scena rise di cuore creando un altro impeto di
rabbia nella ragazza che raddoppiò i suoi sforzi. Jano la
prese da dietro.
“Adesso basta, ragazzo, basta”
Minah sembrò calmarsi al tocco delle sue mani
robuste,
appoggiandosi brevemente al suo petto ampio, ansimava, ma non poteva
rilassarsi e ricominciò a divincolarsi sempre più
violentemente. Come avrebbe potuto fargli capire che l’unica
cosa che desiderava al mondo era farsi tenere stretta da lui? Ma Jano
aveva perso la pazienza, la prese di peso e la scaraventò a
terra. Minah boccheggiò per l’impatto. La guardava
dall’alto, sprezzante.
“Portarti con me? Un ragazzino
isterico?” e si
voltò allontanandosi a grandi passi. Minah si
raggomitolò su se stessa, le braccia doloranti per la
stretta, il fianco sul quale era caduta le faceva male,
digrignò i denti, non avrebbe pianto, serrò gli
occhi per impedire che le lacrime inondassero il suo viso smunto.
Jano camminava furioso, più con se stesso che con
Ratto. Non
avrebbe voluto trattarlo così duramente, ma non era pentito. Ratto ne
aveva bisogno o non sarebbe mai diventato un uomo. Aveva la stoffa per
farlo, era solo molto giovane. Quando l’aveva stretto a
sé aveva provato un calore strano. Quando Ratto si era
appoggiato al suo petto, quell’unico momento, aveva sentito
dentro una ben nota sensazione, una sensazione che non aveva mai
provato per un ragazzo e ciò lo aveva spaventato e
disgustato ed era per questo che l’aveva gettato a terra,
lontano da lui. Non voleva sentirsi attratto da un maschio, non era un
maledetto invertito!
Razionalmente si era convinto che l’affetto che provava per
lui fosse dettato dalla pietà che provava per Ratto,
piccolo, solo, patetico ragazzino, e non nascesse da quei suoi occhi
verdi come pascoli montani o dai suoi fianchi rotondi o… maledizione!
Durante le sue elucubrazioni non aveva mai perso di vista il
sentiero
che aveva preso dal bivacco ed era arrivato ad un piccolo laghetto
alimentato da un fiumiciattolo che si perdeva tra il folto. Un bagno,
ecco, un bel bagno freddo
avrebbe fatto bene a tutti e due! E tornò sui suoi passi.
“Vieni con me” disse ad una Minah
ricomposta e
più cupa che mai. Seguì l’uomo fino
alla polla d’acqua, la guardò con desiderio.
“Avanti Ratto siamo luridi!”
“Vai avanti tu, io mi bagnerò
dopo…” provò a rimandare Minah.
“Dopo non c’è
tempo”
l’interruppe Jano togliendosi la camicia. Minah si strinse
ancora più nei suoi stracci. Jano era pressoché
nudo solo i lombi erano coperti da corte braghe. Si voltò,
sicuro che Ratto si fosse spogliato, anzi stupito che ancora non si
fosse buttato con impeto nell’acqua schiamazzando e ridendo
come facevano tutti
i ragazzi della sua età. E invece lo trovò
là con gli occhi sbarrati ancora tutto vestito. Ma che razza di problema aveva?
Esasperato Jano lo prese nuovamente di peso e lo buttò
nell’acqua tuffandosi poi a sua volta…e che diamine!
Minah riemerse sputando e imprecando, senza sognarsi di
levarsi nessuno
dei suoi stracci che però le intralciavano i movimenti
portandola a fondo. Jano in un primo momento aveva riso, poi
l’aveva presa tra le braccia cercando di toglierle gli
indumenti pesanti non senza fatica
“Buono su, sei allergico all’acqua? Eh
–
rise – ora capisco oerchè ti chiamano Ratto!”
Minah era disperata, doveva uscire di lì prima
che lui
riuscisse del tutto a spogliarla, prima che si rendesse conto che lei
non era un dannato ragazzo! Perciò continuò ad
agitarsi, a scalciare mentre sempre più strati di vestiti
venivano via galleggiando nell’acqua.
“Ehi ma che diavolo…”
Ecco! Minah chiuse gli occhi, Jano aveva appoggiato le mani
sui suoi
seni, una era scivolata lungo il fianco. Jano, al colmo della sorpresa
fece un balzo indietro lasciandola finalmente andare. Minah
arrancò fuori dall’acqua raccogliendo i vestititi
che trovava sulla sua strada. L’unica tunica che le era
rimasta addosso aderiva bagnata alla pelle modellandosi sulle sue
curve.
Jano era completamente sbalordito.
”Oh per gli dei, per tutti gli stramaledettissimi
dei, sei un
feminèn!
Sei uno di quegli scherzi di natura metà maschi e
metà…”
Minah avrebbe voluto ridere se non le fosse venuto da
piangere.
Possibile che per quel grosso stupido uomo fosse così
impossibile che lei fosse una ragazza, che fosse in grado di
sopravvivere tutta sola e imparare a combattere! Ma annuì
stancamente, disperatamente.
Jano era ancora stupefatto, uscì
dall’acqua e
velocemente si rivestì. Non disse una parola, mentre
accendeva il fuoco e rimase pensieroso tutta la sera. E il giorno dopo
le parlò solo quando era strettamente necessario. Minah
procedeva a testa china, non sapeva neanche cosa poteva fare ancora.
Sapeva che il suo destino era segnato, sapeva che lui ora provava solo
disgusto per lei, forse compassione, perché era un mostro, e
si sarebbe liberato di lei il più presto possibile.
Perché allora non dirgli la verità, lei non era
un mostro, lei era solo una sciocca e maldestra ragazza che
chissà cosa credeva di fare. Stava quasi per indursi a
parlare quando un verso ferino ferì loro i timpani. Dalla
vegetazione uscì un enorme orso con la bava alla bocca e lo
sguardo folle. Si fermò con sguardo malevolo solo un istante
prima di avventarsi su di loro. Minah urlò sguainando la
spada, non vedeva dov’era Jano, non le importava quasi
più, le zanne della bestia si chiusero un attimo prima che
il compagno la buttasse a terra con una spallata. Adesso era lui di
fronte all’orso selvaggio.
L’animale lo incalzava con gli artigli
incredibilmente
affilati, facendosi via via sotto. L’uomo saltellava cercando
di tenersi lontano dalla portata delle zanne e delle unghie
dell’orso ma non tanto da non poterlo colpire con la sua
arma. Minah si riscosse, maschio o femmina che fosse Jano era suo amico
e doveva aiutarlo. Con esasperante lentezza e il più
silenziosamente possibile si portò dietro l’enorme
schiena dell’orso, fulminea lo colpì ad un fianco
affondando fino all’elsa la sua spada. La fiera
s’inarcò urlando e lasciando indifesa la gola.
Jano affondò allora la sua spada nella gola
dell’orso, ma quello con un ultimo impeto si girò
verso Minah e le artigliò una gamba. Poi cadde pesantemente
a terra, già impregnata del suo sangue scuro. Jano dopo
essersi assicurato che l’orso fosse realmente morto si
lanciò a soccorre il ragazzo. Le unghie avevano colpito ad
una coscia, i pantaloni di Minah stavano inzuppandosi di sangue. Jano,
senza che lei potesse impedirglielo li tagliò per lasciare
scoperta la ferita. Minah gemette. Con fare esperto Jano
pulì la lesione mormorando parole incoraggianti. Per fortuna
non era niente di grave, non c’era neanche da ricucire. Le
mani di Jano si muovevano delicatamente sulla gamba bianca ed
affusolata della ragazza, il suo tocco lieve trasmetteva un delizioso
brivido di piacere misto a dolore. L’uomo era concentrato sul
suo lavoro cercando di non farsi distrarre dalla pelle sottile e
morbida del ragazzo.
“Fatto!” esclamò alzandosi.
“Ce la fai a camminare?” ad un cenno
affermativo di
Minah l’aiutò ad alzarsi in piedi e lentamente,
appoggiandosi l’uno all’altro proseguirono per
qualche altro tempo nel bosco. Finalmente si lasciarono la foresta alle
spalle ritrovando un tratto di strada, forse quella che avevano lasciato qualche giorno prima.
“La cosa migliore da fare è trovare un
qualche
posto dove poter riposare un po’, mangiare come si deve e
magari anche bere un buon boccale di birra!”
Minah era troppo esausta per rispondere ma approvava con
tutto il
cuore. Jano improvvisamente sbottò a ridere.
“Ma guardaci! Facciamo proprio una bella coppia!
Sembriamo
due cani randagi!” Minah ridacchiò.
C’era un po’ di traffico lungo la
strada, dei
contadini portavano i prodotti dei loro campi su carretti, un paio di
cavalieri, alcune donne che camminavano serratamente. Una locanda si
affacciava proprio sulla strada, Minah e Jano la guardarono con
sollievo allungando il passo per raggiungerla il prima possibile.
Sedettero ad uno dei tavolacci, mangiando e bevendo
silenziosamente.
Mentre Jano andava dal locandiere per prendere una stanza e altra
birra, Minah si guardava attorno, stava calando la sera e molti uomini
lì dentro stavano bevendo da prima ancora che i due
entrassero. Un uomo la guardava insistentemente, lei distolse in fretta
lo sguardo, l’uomo si chinò verso il suo compagno
mormorando una volgarità e l’altro rise
sguaiatamente. Poi i due si alzarono.
“Ehi ragazzino il tuo uomo ti ha lasciato
solo!”
Minah abbassò gli occhi ma non rispose.
“Allora, finocchio!” l’uomo
era
visibilmente ubriaco, Minah sentì la rabbia montarle dentro,
aveva una spada e sapeva usarla.
“Il finocchietto non parla, hai visto Buth,
chissà
quanto ne ha preso!”
Minah si alzò in piedi di scatto, intenzionata a
sguainare
la spada. Non aveva ancora detto una parola, ma avrebbe sbudellato quel
fanfarone. Dietro gli uomini comparve Jano pallido di rabbia, diede uno
sguardo d’intesa a Minah che si rilassò. Gli
uomini si voltarono e si ritrovarono uno Jano dagli occhi di brace,
furioso ma spaventosamente calmo. Gli uomini smisero di ridere.
“Adesso ve ne ritornate nella fogna dalla quale siete usciti mentre io accompagnerò questo ragazzo nella sua camera” disse con voce mortalmente bassa, i muscoli guizzanti di energia repressa. Gli uomini non ebbero il coraggio di replicare. Jano e Minah salirono le scale in silenzio entrambi risentiti ed accigliati.
“Adesso ve ne ritornate nella fogna dalla quale siete usciti mentre io accompagnerò questo ragazzo nella sua camera” disse con voce mortalmente bassa, i muscoli guizzanti di energia repressa. Gli uomini non ebbero il coraggio di replicare. Jano e Minah salirono le scale in silenzio entrambi risentiti ed accigliati.
“Lo vedi? Vedi anche tu che cosa succederebbe ogni
giorno!” sbottò Jano una volta in camera. Ma Minah
non voleva cedere.
“So difendermi da solo! L’hai visto, hai
visto
contro l’orso! Se solo mi dessi un po’ di fiducia
accidenti!” Jano scrollò la testa spazientito.
“Senti la questione non è questa. La
questione
è che io non sono un invertito e non voglio sembrarlo e lo
sembro invece con te appresso!” aveva alzato la voce, Minah
fece un passò indietro. Adesso era davvero furibonda e
triste e stufa di tutta quella commedia e cominciandosi a togliere i
vestiti urlò:
“Ma io non sono un maledetto ragazzo! Jano non lo
sono!”
L’uomo rimase per un momento sorpreso di fronte il
suo corpo
che si denudava poi cercando qualcosa per coprirla borbottò.
“Adesso calmati su, lo so, sei un feminèn,
lo so, l’ho visto…”
“E non sono neanche un mezzo maschio del
cavolo…Oh
Jano, accidenti a te,
sono una ragazza!!” esclamò infine togliendosi
l’ultima tunica e restando davanti all’uomo nuda e
con il mento proteso in avanti in segno di sfida.
“Stupido uomo ottuso”
Jano boccheggiò dalla sorpresa, Ratto non era un
ragazzo,
lui non era un invertito. Lo sapeva, lo sapeva, allora il suo corpo non
si sbagliava, non era attratto da un maschio, lui era una
ragazza…e lo
aveva ingannato, si era presa gioco di lui. Il suo sguardo
s’incupì. Gli venne voglia di schiaffeggiarla, di
farle del male, ma poi la prese per le spalle e
l’attirò violentemente a sé. Minah non
fece resistenza, sentì che lui le stringeva le spalle con
rabbia, sentì le sue labbra ruvide contro le sue, socchiuse
la bocca e lui la baciò rudemente, con furia. Rimase inerte,
non era così che se l’era immaginato.
Quando sentì le lacrime sul volto della ragazza
Jano si
fermò. L’allontanò da sé,
“Vestiti” disse solamente con voce
arrochita poi
uscì sbattendo violentemente la porta.
Minah si asciugò con rabbia le lacrime, poi si
vestì alla bell’e meglio con le mani che
tremavano. Era tutto perduto, adesso Jano l’avrebbe voluta
meno che mai. Si accoccolò sul letto, che importava ormai,
doveva imparare a contare solo su sé stessa.
Jano sedeva rabbuiato in un angolo con un boccale di birra
in mano,
ancora intatto. Si sentiva ridicolo, uno stupido, come aveva potuto
essere cieco per così tanto tempo. Aveva avuto tante di
quelle donne, alcune le aveva amate, sapeva riconoscere una donna
quando ne vedeva una, per dio! Non si capacitava come aveva potuto
essere tanto lento a capire questa volta. La verità era che
si sentiva solo, era abituato a muoversi con altri uomini, quando aveva
lasciato i suoi compagni a fare quello che stavano facendo, una smorfia
comparve sul suo volto, non si era reso conto che la cosa che
più gli sarebbe mancata era il cameratismo che condivideva
con i suoi compagni di ventura. Si sentiva talmente derelitto che
perfino un ladruncolo gli era sembrato meglio della solitudine. E
quando il suo corpo gli aveva lanciato dei segnali d’allarme
lui li aveva ignorati, comportandosi come l’ultimo dei
cretini. E lei, invece, lei era solo da ammirare, si rese conto. Una
ragazzetta magra e arruffata che si era impegnata per
diventare forte, indipendente, una ragazza che aveva più
lealtà e coraggio della maggior parte degli uomini che
conosceva.
Un’ombra gli fece alzare gli occhi.
“Il tuo finocchietto si è
addormentato?”
berciò un uomo alto e dalla pancia prominente del forte
bevitore di birra.
“Gli hai tappato
la bocca per bene eh?”
Jano si alzò lentamente col boccale di birra ancora in mano.
Jano si alzò lentamente col boccale di birra ancora in mano.
“Ne vuoi anche tu?” disse spaccando il
boccale
contro il tavolo e creando con l’impugnatura un rudimentale
ma letale tirapugni. I frammenti di vetro brillavano pericolosi alla
fioca luce delle candele. L’individuo impallidì.
“Oh uomo, stavo solo scherzando”
“Bhe, non farlo” e lanciò il
boccale
rotto sul tavolo, poi lentamente lasciò la sala. Nessuno
ebbe il coraggio di fiatare finché lui rimase in vista.
Jano aprì piano la porta, la stanza era in penombra, solo il pallido fuoco del braciere e la luce della luna la illuminavano. Ratto era là, sveglio ad aspettarlo. Ratto, che razza di nome! Jano fece un sorrisetto.
Jano aprì piano la porta, la stanza era in penombra, solo il pallido fuoco del braciere e la luce della luna la illuminavano. Ratto era là, sveglio ad aspettarlo. Ratto, che razza di nome! Jano fece un sorrisetto.
“Dimmi almeno il tuo nome – lei glielo
disse con
voce piana come svuotata – Minah…meglio di Ratto
sicuramente eh?” lei lo guardò con quei suoi
grandi occhi color bosco e sorrise alzando le spalle. Lui le sedette
accanto, non sapeva cosa fare
“Ti chiedo scusa per prima…e per essere
stato
così idiota”
Minah scosse la testa, come a dire che non ce
n’era bisogno.
“Che ne sarà di te?”
mormorò
ancora Jano. Rimasero in silenzio per un po’.
L’uomo guardava il profilo delicato di Minah e si
sentì ardere dal desiderio di toccarla, quasi senza
accorgersene si trovò da accarezzare il suo volto. Lei
appoggiò il viso alla sua mano sospirando. Lui le prese il
volto con entrambe le mani e la guardò negli occhi,
affogando l’uno negli occhi dell’altra.
Jano sorrise amaramente.
“E io che volevo trasformarti in un
uomo..”
Minah lo interruppe appoggiandogli un dito sulle labbra, il cuore ruzzolava nel suo petto, emozionata ma risoluta.
Minah lo interruppe appoggiandogli un dito sulle labbra, il cuore ruzzolava nel suo petto, emozionata ma risoluta.
“Ma puoi rendermi donna…se
vuoi” mormorò arrossendo. Jano deglutì
in preda all’incertezza, poteva? O si stava approfittando di
lei? Ma Minah avvicinò le labbra alle sue e l’uomo
abbandonò ogni scrupolo assaporando il respiro caldo della
ragazza. Le labbra si erano trovate e si erano unite. Lui la
esplorò accendendosi via via sempre più
intensamente, la strinse a sé sentendo i battiti del suo
cuore amplificati, o forse erano quelli di lei.
Minah rovesciò la testa, una sensazione di calore
si diffuse
per tutto il corpo, gli occhi chiusi furono sfiorati delicatamente
dalla labbra dell’uomo, poi scesero lentamente lungo la
guancia, sfiorarono il lobo dell’orecchio, scesero ancora
lungo il collo curvato di Minah. Dolci brividi la facevano gemere
piano. Jano sentì il fuoco dentro di lui farsi sempre
più impellente, ma si costrinse ad attendere, rendendo ogni
movimento dolorosamente lento. Il collo della ragazza era latteo e una
sottile vena blu pulsava del suo sangue affrettato, la baciò
in quel punto, con una mano le accarezzava i capelli, la schiena
inarcata, i fianchi rotondi. Stava quasi impazzendo dal desiderio.
Minah si allontanò da lui, e insicura cominciò a
togliergli il camiciotto, quando il suo petto fu nudo sfiorò
con dita incerte ogni cicatrice che solcava quel torace. Quelle che
aveva creato lei al fianco erano ancora gonfie e livide, lui le
fermò la mano. La serrò ancora a sé,
baciandola più intensamente. L’aiutò a
liberarsi della sottile veste, scoprì a poco a poco i
piccoli seni impertinenti, il ventre rotondo, la mano seguì
la stoffa accarezzando la pelle sottile. Non avevano detto una parola,
non ce n’era bisogno, adesso erano i loro corpi che
parlavano, comunicandosi a vicenda il desiderio che per tanto tempo era
stato represso. Delicatamente Jano fece sdraiare la ragazza,
continuando con tormentosa lentezza a suscitare la sua passione,
baciandola sull’ombelico rotondo, giocando con i piccoli
bottoncini irrigiditi sui suoi seni. Minah si struggeva al suo
contatto, Jano non pensava, non c’era niente da pensare, solo
non riusciva più a prolungare quella deliziosa tortura.
Quando Minah lo sentì entrare uno spasimo la
pugnalò, morirò,
pensò, si
morirò, aggrappandosi più forte a
lui, muovendosi seguendo il suo ritmo. Jano accelerò il
movimento e Minah fu invasa da una calda marea pulsante,
s’inarcò gemendo mentre Jano si abbandonava su di
lei, respirando forte sulla sua spalla.
Giacquero immoti per lunghi minuti aspettando che il loro
respiro si
calmasse e i loro cuori tornassero a battere regolarmente. Minah era
esausta ma un leggero sorriso le piegava gli angoli della bocca. Jano
si appoggiò sul fianco sano guardandola.
“Sembri un gatto che si è mangiato
l’
uccellino” anche le sue labbra s’incurvarono in un
sorriso.
“E ora?” la ragazza ebbe un impeto di
paura.
“E ora? Mi dici come faccio adesso a separarmi da
te…topolino?”
Minah si stirò languidamente mentre l’uomo, il suo uomo?, la baciava sui capelli.
Minah si stirò languidamente mentre l’uomo, il suo uomo?, la baciava sui capelli.
“Credi che quelli là sotto ci
rimarrebbero male se
ci vedessero adesso?”
“Non lo so, so che se un altro uomo ti vedesse
come ora ti
vedo io..non sopravvivrebbe per raccontarlo!” rispose
trucemente Jano. Minah sogghignò poi fintamente indignata
rispose:
“Ma io so difendermi da sola, ricordi? Ho ucciso
un
orso!” agitandogli scherzosamente un dito davanti. Jano lo
prese e lo baciò. Poi si fece serio
“Seriamente, non so cosa faremo”
“Tu vorresti cercarti un altro ingaggio da mercenario? Vuoi continuare a combattere?”
“Tu vorresti cercarti un altro ingaggio da mercenario? Vuoi continuare a combattere?”
Minah non era sicura che fosse la vita che voleva ma non
sognava
neanche di diventare una grassa fattrice circondata da
bambini…biondi come Jano. Insomma non lo sapeva. Da parte
sua l’uomo era insicuro, combattere era l’unica
cosa che sapesse fare, ma era stanco di sangue e morte.
“Non lo so. Adesso so solo che ciò che
voglio
è stare qui con te. Al resto ci penseremo domani”
“Si…domani”
mormorò Minah,
improvvisamente stanca, chiudendo gli occhi.
NOTA DELL’AUTRICE
Visto che mi piace essere corretta: la storia me l’ha ispirata un racconto di L.D. Woeltjen: Muori da uomo (cfr Storie fantastiche di draghi, maghi e cavalieri, a cura di M. Zimmer Bradley, vol. II, Mondatori 1994). Io ho solo ripreso la situazione iniziale.
Mannu: ho modificato un pò il layout della storia, spero che ora sia più leggibile.
ReadernotViewer: Ovviamente so che è un clichè molto usato, ho cercato di narrarlo dal mio punto di vista.
Grazie di cuore a tutti e due! ^__^
NOTA DELL’AUTRICE
Visto che mi piace essere corretta: la storia me l’ha ispirata un racconto di L.D. Woeltjen: Muori da uomo (cfr Storie fantastiche di draghi, maghi e cavalieri, a cura di M. Zimmer Bradley, vol. II, Mondatori 1994). Io ho solo ripreso la situazione iniziale.
Mannu: ho modificato un pò il layout della storia, spero che ora sia più leggibile.
ReadernotViewer: Ovviamente so che è un clichè molto usato, ho cercato di narrarlo dal mio punto di vista.
Grazie di cuore a tutti e due! ^__^
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