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Autore: Le Borelle    16/01/2013    0 recensioni
Anna è una fan degli 1D. Sa che sarebbe più comodo a volte non esserlo. Ma lo è.
"Cantavano le canzoni che la svegliavano al mattino e davano ritmo ai suo passi, al mordicchiare la penna mentre studiava al pigiare il bottone del semaforo in attesa del verde. Ed erano bellissimi. E non importa cosa ne pensasse il mondo, nella sua mente erano li per lei, lontani certo, ma cantavano per lei."
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Doveva studiare. L'esame era prenotato. Una data cerchiata di rosso su quella dannata agenda piena di impegni che non avrebbe voluto avere. Proprio quel giorno. Ma che contava, tanto non ci sarebbe andata comunque fino a Verona, da sola. Si, le piacevano, le piacevano proprio tanto, ma nessuno avrebbe dovuto saperlo. Era come essere una spia infiltrata sotto continua copertura. Amare profondamente qualcosa e non poterne assolutamente parlare. Gli One Direction. Aveva preso ad ascoltarli per caso, quasi sovrappensiero, ma da lì a poco quello che sembrava un semplice apprezzamento si stava trasformando in una preoccupante passione. “Tanto non ci sarei andata comunque” si ripetè per la decima volta di quella mezz'ora. Suonarono alla porta e quasi non cadde dalla sedia. Sapevano tutti che non voleva essere disturbata in vista di un esame, chi poteva essere tanto stupido da averlo dimenticato? Oh, ma certo. Sua cugina. “Ehi, hai già pensato cosa faremo per il tuo compleanno?” prese a girare per la casa in cerca di qualcosa da mangiare. La lasciò in compagnia di un sacchetto di patatine già aperto, sì che ci aveva pensato, regalo più bello sarebbe stato poter vedere loro. Ma non poteva certo dirglielo. L'avrebbe presa in giro a vita. Se ne tornò in camera per spegnere il computer, per quella sera poteva anche bastare. Arresta il sistema. Che silenzio. Non era da sua cugina, di solito quella saltava in giro parlando a vanvera e sfottendo ogni cosa le venisse in mente.. oh no. Corse in soggiorno, uno scatto fulmineo che le avrebbe fatto di certo vincere un qualche primato in altra sede. Il Cd. Lo aveva ascoltato la mattina durante la colazione, e lì era rimasta la custodia, aperta, bene in vista sul tavolo. “Stai scherzando vero?” sua cugina rideva rischiando di soffocarsi con le patatine non ancora inghiottite. “Dimmi che non è tuo” le scendevano le lacrime dal ridere. Si sentì ferita. Si che era suo, era il suo prezioso CD, aspettato e desiderato pazientemente, accarezzato dolcemente appena tolto dall'involucro di plastica. “Certo che è mio, sfotti pure quanto ti pare, non mi interessa” aveva alzato la voce, che bambinetta, che imbarazzo, ma sul serio. Era troppo presa. “Mi piacciono, puoi dire quello che vuoi ma non cambierai le cose e..” “a me no, a me non piacciono, ma se è una cosa che ti rende felice non posso che apprezzarla almeno per questo. Certo che però sei proprio caduta in basso..”. Anna sospirò di sollievo, andava bene così, non si aspettava di essere capita, non si aspettava certo che qualcun altro potesse capire quanto si fosse tremendamente persa. “C'è il concerto la settimana prossima vero?” Anna rimase sorpresa che Serena lo sapesse, ma per essere un hater uno deve anche tenersi relativamente informato no? “che ne diresti se io e te ci facessimo un giretto per Verona? Prometto che non lancerò loro le bottiglie di plastica. Forse quelle di vetro..” “mi prendi in giro” “sempre. Ma sta volta sono seria, se per farti il regalo più bello dovrò sorbirmi dei bambinetti che cantano che sia pure. Potrei sempre portarmi dietro l'Ipod e ascoltarmi qualcosa di più edificante.” Sorrise. 
Al diavolo l'esame, quello si che sarebbe stato un magnifico regalo di compleanno anticipato. Nonostante le prerogative.
 
C'era sul serio. C'erano sul serio. I biglietti. Li accarezzò come ormai era sua abitudine per tutto ciò che li riguardasse. “Così li consumi, ti rimarrà tutta la stampa sulla mano e dovrai lasciarla al bigliettaio” Serena non faceva altro che guardarsi attorno con aria di scherno, doveva pensare che tutta quella gente lì ammassata davanti all'ingresso dovesse essere stupida. Liam, pensò, avrebbe visto Liam dal vivo. Non avevano di certo i posti migliori, forse avrebbero visto solo un puntino, ma sarebbe stato lui, lì, nello stesso posto dove era lei. E non solo lui. Harry con quel sorriso immenso, Zayn così misterioso, Niall che le faceva così tanta simpatia e  Louis, tanto caro. Si sforzò di immaginare che fossero lì solo per lei. Le batteva il cuore, ok, le batteva sempre sennò non sarebbe stata di sicuro li, ma non con quelle frequenze, che le arrossavano le guance e le orecchie e le facevano danzare impazienti i piedi per terra, pregare che il mondo non stesse per finire adesso. “Non fare quell'espressione da allucinata o faccio finta di non conoscerti” la derise Serena che si scostava dai fan in attesa come se potessero contagiarla. “Non potrò mai ringraziarti abbastanza, non hai idea di quanto sono felice in questo momento, mi basterà per 10.000 esami”. Il tempo volò. Loro erano li. Cantavano le canzoni che la svegliavano al mattino e davano ritmo ai suo passi, al mordicchiare la penna mentre studiava al pigiare il bottone del semaforo in attesa del verde. Ed erano bellissimi. E non importa cosa ne pensasse il mondo, nella sua mente erano li per lei, lontani certo, ma cantavano per lei. Aveva pensato che non sarebbe stata in grado di stare ferma, ma la realtà era che non riusciva a muoversi. Dal momento che le note si erano alzate, famigliari e rassicuranti ne era rimasta tramortita. Immobile permetteva loro che la sommergessero. Dalla loro bocca diritte al proprio cuore. Ed era già tutto finito. Già ora di andare. “no” disse, ma il tempo non si fermò più. Finito. Li vide salutare, lontani, preziosi, inestimabili, terribilmente sconosciuti ma tanto vicini come non aveva mai sentito nessuno, cantavano per lei, quella musica era stata tracciata per lei. Dovevano saperlo. “Vorrei provare a chiede gli autografi” non era una domanda, voleva sul serio raggiungerli. “Sei fuori? Hai idea di quante isteriche ci saranno laggiù ad aspettarli?” ma Serena non gli avrebbe detto di no. Insistette. “Non troverò mai più il coraggio che sento ora, ti prego. Fammeli raggiungere” Serena scosse la testa, “sei proprio partita, sul serio, non capirò mai”. Scivolarono nella ressa. C'era davvero un sacco di gente. Si sentì mancare un po' il coraggio. Non era mai stata quel genere di persona, cosa le era preso? Che credeva di fare? Esitò. “ma muoviti, non stare qui impalata” la cugina la trascinò facendosi largo garbatamente fino alle transenne che avrebbero dovuto salvare il gruppo dall'essere calpestato dai fan. Al di là c'era un gran via vai. Membri dello staff che caricavano furgoni, riavvolgevano fili, addetti ai lavori. Dei protagonisti nemmeno l'ombra. Attesero per più di un'ora. Erano sempre in tanti, nessuno si arrendeva. Aspettavano. “Di solito escono da questa” commentava una ragazza davanti a loro all'amica “possibile che ci mettano tanto?”, “di solito?” Serena si intromise nel discorso, “be, naturalmente non è mica l'unica uscita, ma solitamente è qui che si aspetta se l'artista ha intenzione di farsi vedere..”. Anna si sentì strattonare per un braccio “..naturalmente loro non si faranno più vedere, saranno già scappati da un pezzo” “no, aspettiamo ancora, sono sicura che sono ancora là dentro” “certo che sono ancora dentro, ma non usciranno da questa, seguimi”. Fecero un giro assurdo, di corsa, più che altro seguendo altra gente con la loro stessa intuizione. “di qui” “ma loro vanno dall'altra” protestò Anna vedendo un gruppo allontanarsi. “e loro lo sanno..”. Ed eccoli. Irreali, impossibili, ma vivi, senza alcun dubbio presenti. Serena si fece da parte e Anna si trovò in mezzo al loro cammino. Non erano soli, della gente camminava con loro, parlandoci come se fosse la cosa più naturale del mondo, e forse poteva esserlo. Forse era possibile parare con loro, era possibile essere visti dai loro occhi. Con questi pensieri Anna rimase immobile, come uno scoglio in mezzo ad un fiume, con l'acqua che gli scorre attorno, e come l'acqua che scorre attorno ad un sasso loro la sorpassarono. Anna stinse solo più forte la penna e il foglio di carta ormai fradicio, le sue mani scottavano. “Scusate..” ma parlava da sola, loro erano già oltre. Loro erano già oltre, l'avevano lasciata sulla terra. Un turbine di vento, inafferrabile, ecco cosa sarebbero per sempre stati per lei, le loro voci potevano raggiungere il suo cuore, la la voce di lei non avrebbe mai raggiunto i loro. Era sempre stato ovvio. Eppure, un'ingrata parte di sé aveva sperato il contrario. Che sciocca. “Ehi voi” una ragazza, una ragazza li aveva raggiunti, aveva afferrato Zayn Malik per una manica, quel Zayn Malik e lo aveva strattonato obbligandolo a fermarsi sorpreso, e anche piuttosto irritato. “Vi sembra giusto trattare in questo modo una vostra fan? Questa poveretta è stata giù in strada per un'ora, aspettando soltanto voi, le dovete un minimo di considerazione..” poi cadde per terra, quasi lentamente. "Non scocciare, ragazzina" un inglese duro, affilato, non aveva nulla a che vedere con quello melodioso e sollecitante delle canzoni che tanto amava. "Datti una calmata Zayn, le potevi rompere qualcosa" un uomo che non riconobbe intervenne frapponendosi tra Serena e il giovane cantante. “E questi sarebbero i tuoi eroi? Non vedo che imbecilli come tanti altri” si tirò in piedi, non prometteva nulla di buono. "Perdonami se ti ho spinta, ma siamo molto stanchi, non è una stata una buona giornata." per un attimo i suoi occhi ripreso vita, ma si spensero subito "lasciateci passare, per favore" in tutta risposta Serena prese a ridere "credi di farmi paura?". Gli si avvicinò, troppo, decisamente troppo, Anna avrebbe voluto fermarla, sul serio, ma le sue scarpe si erano fatte di cemento mentre vedeva la cugina fronteggiare i suoi idoli con uno sguardo tutt'altro che conciliante. 
Ora si trattava di fare una scelta.   
  
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