Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Segui la storia  |       
Autore: RubyChubb    06/08/2007    9 recensioni
Una rivista, una ragazza incasinata e casinista, il suo coinquilino gay, la sua collega pazza... e tanti guai! 'scusate la stupidità del titolo e della presentazione, ma ho trenta gradi di caldo in casa....'
Genere: Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Life, Love and Hate by Tom and Mac' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

10. THIS AIN'T GOT NOTHING AT ALL TO DO WITH ME


Aveva appena iniziato a vestirsi, quando sentì il suo cellulare suonare nella borsa.
"Dove sei pazzoide?", tuonò Jutta.
"Sono in casa ancora...", rispose Mac ingenuamente.
"In casa? Sono le dieci! Stiamo tutti aspettando te e il tuo materiale!"
"Cazzo!", fece Mac, ritornando nel mondo reale, "Arrivo subito!"
Premette il tasto di fine chiamata e, in un batter d'occhio, era già nella sua celestina, pronta per andare al lavoro... il suo ultimo giorno di lavoro, perchè quando avrebbe mostrato loro cosa aveva fatto l'avrebbero buttata fuori a pedate nel sedere.
Davanti alla porta della redazione prese un ampio respiro ed entrò. In un attimo, Jutta si precipitò su di lei.
"Allora? Fammi vedere, fammi vedere!", disse lei, strappandole di mano la custodia della macchina fotografica e della videocamera.
"Vedrai meno di quello che ti aspetti.", fece Mac, appoggiando la borsa sulla scrivania dell'amica.
Jutta, senza nemmeno ascoltarla, collegò la macchina fotografica al pc e iniziò a guardare le foto. In poco tempo una piccola folla di suo colleghi si radunò alle sue spalle per vedere il risultato del suo lavoro. Scorse velocemente tutte le fotografie, poi afferrò la telecamera e la collegò al computer.
"Adesso vediamo i video.", fece, senza dire altro.
Di nuovo, tutti in silenzio guardarono le riprese fatte da Mac. Alla fine, gli sguardi si posarono su di lei.
"Nient'altro da mostrare?", le chiese Jutta, mentre gli spettatori tornarono alle loro scrivanie parlottando.
"A dire il vero... no...", rispose Mac, preparandosi a vedere spuntare il mega coltello affilato e lucente. 
"Bene, l'intervista?", le domandò, incrociando le mani sulla pancia, in attesa.
Mac non sapeva se la totale inespressività facciale di Jutta fosse un buono o un cattivo segno. Di solito era un brutto segno. Pessimo.
"L'intervista? Beh... ancora devo sbobinare tutto il materiale e quindi...", disse Mac, con voce tremolante.
"Non ti è bastata una notte intera per farlo? Eppure sicuramente qualcosa hai fatto, viste le occhiaie che hai sulla faccia."
"Sì, è vero… ma è talmente tanto materiale che... non mi è bastata tutta la notte.", aggiunse Mac, sperando che bastasse.
"Bene, allora domani voglio avere tutto sul mio tavolo per le otto."
"Le otto?", disse Mac, strabuzzando gli occhi. Tempo, le serviva tempo…
"Vuoi più tempo?"
"Se fosse possibile...", tentò Mac.
"Mi dispiace.", le negò all’istante Jutta.
"Allora per domani alle otto.", sospirò Mac, sconfitta.
"Perfetto, porta queste fotografie a Karl per farle sviluppare."
Con notevole e malcelata riluttanza, Mac prese la macchina fotografica, ne estrasse la memory card e andò al piano di sotto, dove aveva il suo studio Karl, un fotografo professionista e free lance, che sviluppava anche per conto di molte delle riviste e dei giornali della casa editrice Manila.
"Hey, com'è il rientro in redazione dopo un giorno da rockstar?", le chiese lui appena la vide. Era un ragazzo sui trent'anni, rosso di capelli e sempre ottimista e sorridente. I suoi genitori erano amici stretti del padre di Mac e lo conosceva già da molto anni. Si ricordava sempre quando era bambina e lui la portava in giro con la bicicletta, facendole sempre prendere grandi spaventi quando si metteva a fare il pazzo per le discese ripide.
"Lasciamo perdere...", gli fece, con aria mesta.
"Nottataccia?", osò lui che, nonostante la luce rossa, aveva notato le occhiaie sulla faccia di Mac, "Sembrano borse da fumo."
"Esatto, proprio così, ma tieni la bocca chiusa e sviluppa queste fotografie.", disse Mac, dandogli la memory card.
"Ok, saranno pronte per le tre. Vuoi vederle prima di stamparle?", le propose Karl.
"Volentieri... ancora non le ho viste per bene.", accettò lei.
Andarono nella stanza adiacente la camera rossa dove Karl, con il suo computer, mostrò le fotografie che Mac aveva scattato. Le caricò sul computer e poi le trasferì dove poteva vederle meglio: appoggiato su una robusta scrivania di legno, stava uno schermo gigante, forse di venticinque pollici, nel quale comparivano uno alla volta tutti gli scatti, così da poter notare tutte le imperfezioni delle foto.
Dopo una prima una visione veloce, si soffermarono su ogni singolo ritratto. Un Karl professionale e concentratissimo premeva i pulsanti della tastiera, cliccava qua e là, sistemava le impostazioni, estremamente silenzioso.
"Le hai fatte tu queste fotografie?", le chiese, accendendosi una sigaretta, dopo qualche minuto, tra uno scatto e un altro..
"Sì, ma non ne ho fatte tante perchè.... insomma, non ho avuto tempo.", disse Mac, cercando di giustificarsi.
"Un giorno intero con questi qua e non hai avuto tempo?", disse Karl, guardandola di sbieco.
"Karl, loro avevano impegni di lavoro e non sempre potevo intromettermi e fare fotografie a tutto spiano.", disse Mac, cercando di non scoppiare in lacrime. Non era proprio la verità, anzi, era parte della verità, "Dici che mi licenzieranno perchè ho fatto un cattivo lavoro?"
"Io non lo farei mai. Il tuo caffè è buonissimo.", le sorrise Karl, aspirando con gusto la sua sigaretta.
"Sarà perchè premo i pulsanti del distributore molto più gentilmente di tutti! Dai, parliamo seriamente."
"Te l'ho detto, io non ti licenzierei. Anzi...", fece Karl, posando la sigaretta sul bordo della scrivania e tornando con le dita veloci sulla tastiera, "Guarda queste qui, le ho selezionate perchè pensavo fossero le migliori. Qui la luce è perfetta, l'angolazione anche... sembrerebbe quasi che le abbia fatte io. Hai imparato molte cose al corso di fotografia a cui hai partecipato."
"Grazie… ma lo pensi veramente?", fece Mac, aspettandosi un nuovo scherzo dal suo collega.
"Davvero, non sto scherzando. Guarda questa foto."
Ne selezionò una che riprendeva Georg, con il basso in mano, durante le prove della mattina precedente. Aveva la testa piegata da un lato, si notava un sorriso compiaciuto molto carino, nascosto in parte da un ciuffo di capelli.
"Anche se la luce è un po' bassa c'è un gioco di ombre che la rende... particolare. Mi piace."
"Grazie Karl!", fece Mac, abbracciandolo.
"Portami un caffè, piuttosto. E fai qualcosa per quelle occhiaie, spaventapasseri!"
"Sarà fatto!", disse Mac, saltellando per l'ufficio tutta contenta.
“E poi…”, la recuperò Karl, “Se dovessero licenziarti… c’è sempre una porta aperta per te qua.”
Mac gli sorrise, gli fece la linguaccia e uscì dallo studio.

David chiese di creare un'atmosfera poco luminosa, dato che aveva paura che quei quattro spaventassero il pubblico televisivo con le loro maledette occhiaie. Non potevano certo starsene con gli occhiali da sole sulla faccia e, per evitare un calo di audience, così dovette pregare il regista di tenere le luci abbassate.
I ragazzi, nel loro camerino, si stavano cambiando e trovarono l’occasione giusta per parlare un po' della serata trascorsa.
"Mi ricordo poco e nulla.", disse Gustav, sedendosi su uno sgabello per togliersi le scarpe ed i pantaloni, "Sono rimasto lucido fino alla seconda sigaretta."
"Secondo me Mac ci ha fatto mettere qualcosa di poco legale.", disse Tom, che stava gia indossando la t-shirt che aveva scelto.
"Può darsi... dopo il terzo tiro mi sembrava di camminare sulle nuvole. Ma non ho poi così tanti vuoti di memoria...", disse suo fratello, togliendosi la maglietta.
"Gustav,”, gli fece Georg, “ti sei seduto sui pantaloni che devo mettermi..."
"Ah... pardon!”, si scusò il ragazzo, alzandosi dallo sgabello su cui si era accomodato.
Georg li prese e se li mise, guardandosi allo specchio per vedere come gli calavano addosso.
"Perfetto!", disse poi.
"Non cambi la maglietta?", gli chiese Tom, disinteressato.
"No... mi piace questa qui. E poi penso che quella mi faccia più grasso di quello che sono.", si giustificò Georg.
"Dai, poche storie prima che David si spazientisca!", esclamò Bill, lanciandogli la t-shirt che avrebbe dovuto indossare.
Georg la prese al volo, perplesso se doveva farlo o no…
Fece un lieve sospiro e si voltò.
"Hey hey hey... cosa fai? Ti vergogni adesso?", disse Gustav, notando quell’improvviso bisogno di privacy del bassista.
"No, non mi vergogno...", fece l'altro, che nel frattempo si era sfilato la sua maglietta e frettolosamente si stava mettendo l’altra.
"Allora voltarsi prego! Cos'è questa storia che ci dai le spalle!", borbottò ancora Gustav.
"Lasciami in pace Gustav.", disse l'altro, stizzito..
"Eh no! Adesso ti volti!", insistette Gustav.
"Va bene!", fece l'altro, ormai spazientito.
Si voltò e mostrò quello che aveva cercato invano di non far loro vedere.
"Quella cos'è...", fece Tom, avvicinandosi all'amico bassista, "Rock my life... quando te la sei scritta? Ma sei scemo?"
Come se fosse stato sotto l’occhio indagatore dell’Inquisizione, Georg avvampò, cercando di trovare una scusa plausibile a quella scritta che aveva sul petto. Gustav stava trattenendo una risata, mordendosi le labbra fino a farle diventare viola. Bill, invece, stava già macchinando qualcosa.
"Stupido, come può averla scritta lui?", esclamò poi Bill, "Ovviamente l'ha scritta qualcun altro... nevvero Georg?"
"Sì... nemmeno me lo ricordo come è successo.", fece lui, abbassando gli occhi e cercando di mantenere la pazienza.
"Com'è che tu ce l'hai e noi no?", gli chiese Gustav.
"E che ne so io? Ti ho detto che non mi ricordo come è stata fatta!", disse Georg.
"E comunque non è nessuna delle nostre scritture...”, fece Bill, toccandosi il mento con l’aria dello Sherlock Holmes della situazione, “Quindi, se ci autoescludiamo, rimane solo una persona..."
"E' stata Mac.", concluse il fratello, quale suo fedele Watson.
"Elementare Kaulitz...", disse Bill, incrociando le braccia, "E siccome posso affermare con certezza di ricordarmi quasi tutti gli avvenimenti della serata... non mi viene a mente nessuna scena in cui Mac ti scriveva sul petto... Quando te l’ha scritta?"
"Hai detto che di ricordarti quasi tutto... ma non tutto tutto tutto.", disse Georg, la cui sicurezza iniziava a vacillare. Con gli altri tre che stavano lì a guardarlo con le braccia conserte, era sotto interrogatorio. Più che lui voleva mantenere il riserbo, più loro insistevano.
"Georg, come te l'ha fatta quella scritta?", gli chiese ancora Gustav.
"Non me lo ricordo.", fece l'altro, seccamente.
"Non mentire.", puntualizzò Bill.
"Non me lo ricordo.", ripetè Georg, che stava perdendo le staffe.
"Ragazzi... e se vi dicessi che ieri notte ho avuto bisogno del bagno e l'ho trovato chiuso a chiave?", disse Tom.
"E questo cosa c'entra con me?", fece Georg, perplesso.
"Forse ero abbastanza stordito, ma mi sembra che né tu né Mac eravate dove vi avevo lasciato prima di addormentarmi.", si spiegò lui.
"Non vedo perchè dovrei darvi spiegazioni.", fece Georg, infilandosi la maglietta arrabbiato, "Non devo rendervi conto di niente!"
Detto questo uscì dal camerino e lasciò gli altri alle loro supposizioni.

Gabriel, il capo redattore di Pop My Life aveva già scelto quali fotografie pubblicare sul giornale e quali mettere su internet. Guardò il video fatto durante la mattinata, ma decise che lo avrebbe tenuto in futuro per altre cose.
Mac tirò un sospiro di sollievo, sperò che fosse finita, ma tornò di nuovo a tremare quando Gabriel le chiese dell'intervista. Gli spiegò che ancora aveva gran parte del materiale da trascrivere, che non aveva avuto tempo perchè era notte fonda e aveva sonno…
"Perchè non mi hai portato il materiale che intanto avevi trascritto?", le domandò, interrompendola nel mezzo della sua lista di scuse.
"Perchè pensavo che lo volesse completo, rivisto e corretto da Jutta.", disse Mac, sentendosi come vacillante sull’orlo di un burrone.
"Ma intanto avrei potuto dargli un'occhiata. Spero che sia molta roba, perchè ho intenzione di pubblicarlo in più parti, per garantirci maggiori vendite per i prossimi mesi."
"Sì... non la deluderò.", disse Mac titubante.
"Bene, puoi andare. Grazie Mac.", disse lui, tornando al suo lavoro.
Mac non lo aveva temuto tanto come in quei momenti, anche perchè non aveva avuto mai veramente a che fare con lui, essendo una semplice assistente di redazione.
Già si vedeva domani, in piedi davanti a Gabriel, mentre lui la offendeva per il suo lavoro fatto con i piedi e che poi le diceva: 'SEI LICENZIATA!'. Ebbe la conferma che questo sarebbe stato il suo ultimo giorno di lavoro.

Non aveva ancora ritrovato le chiavi di casa e Mac dovette di nuovo sperare che Thiago la sentisse mentre bussava pesantemente alla porta. Fu fortunata, di solito a quell’ora se ne stava in biblioteca a studiare, oppure a lezione, ma quel giorno se ne era rimasto profeticamente a casa.
"Domani ne facciamo un’altra copia, ciccia bella.", disse il ragazzo, mentre le teneva la porta aperta per farla entrare.
"Lasciamo perdere le chiavi…Thi, mi hanno licenziato!", disse lei, buttandosi a peso morto sul divano.
"Davvero?", esclamò Thiago, sorpreso. Si sedette accanto a lei, pronto per consolarla.
"Non ancora... ma succederà presto, sicuramente domani mattina.", piagnucolò Mac sulla sua spalla.
"E perchè, il tuo lavoro non è piaciuto?", le domandò.
"Le fotografie sì, il video no. Ma ancora devono avere l'intervista.", frignò Mac, disperata.
"Che problema c'è? Ti metti giù e ricopi quello che hai scritto.", fece Thiago, che non vedeva la situazione così nera come Mac.
"Thiago... non c'è nessuna intervista! Ci siamo fumati tre canne e abbiamo bevuto come sfondati! Non eravamo lucidi nemmeno per trovarci la bocca!"
"Allora sei nei guai ragazza... butta giù la storiella della giornata, forse andrà bene lo stesso. Anzi, sono sicuro che andrà bene!", provò a consolarla ancora Thiago, sapendo però che quando Mac cadeva nel baratro dell’autocommiserazione, era meglio lasciarla rosolare per bene nelle sue lacrime, perchè nessuna parola estranea sapeva consolarla.
"Vuoi il portatile?", le chiese, dato che non poteva ormai fare più niente per lei.
"Sì... vedo se scrivo qualcosa."
Il ragazzo si alzò e le portò il suo pc. Mac cercò di razionalizzare la passata giornata come meglio poteva, ma non era mai stata molto brava nella scrittura e tutto quello che appariva sullo schermo le sembrava una stronzata. Thiago preparò la cena, sperando che l'amica e coinquilina facesse una pausa per rifocillarsi un po', ma lei rifiutò ogni tipo di cibo per concentrarsi sul lavoro. Non era giusto quello che stava passando, pensò Thiago: lei non era una giornalista e non credeva fosse corretto affibbiarle tutte le responsabilità al riguardo. Avrebbero dovuto farla accompagnare da qualcuno che conosceva il mestiere, non lasciare tutto nelle sue mani!

Sorseggiava una tazza di tè sulla terrazza quando sentì che il cellulare di Mac stava squillando, totalmente ignorato dalla sua proprietaria.
"Rispondi Thi per favore.”, disse Mac, senza scollare gli occhi dallo schermo e le dita dalla tastiera, “Penso di aver scritto la prima cosa sensata dopo tre ore di scervellamento."
"Va bene...", fece l'altro.
Recuperò il telefono e, tornando seduto sul terrazzino, premette il tasto per accettare la chiamata.
"Pronto?", disse.
"Pronto... posso parlare con Mac?", disse una voce maschile.
"E' occupata adesso. Vuoi lasciarle un messaggio?", fece, cercando di capire a chi potesse appartenere. Non era di qualcuno a lui conosciuto… Mac gli stava nascondendo di avere una tresca con qualcuno? Il suo interesse si fece sempre più vivido.
"Beh... Proverò a ricontattarla domani con calma."
"Va bene... tu sei?", gli chiese.
"Ah, già, scusami. Io un suo amico."
“Amico e basta? Se devo dirle che hai chiamato, dovrò anche fornirle un qualche nome.”, insistette Thiago, che voleva proprio sapere chi fosse e non si accontentava di un semplice ‘richiamerò più tardi’.
Dille che ha chiamato Bill.”, disse il ragazzo, anche se con riluttanza.
Thiago, in circa un nanosecondo, si chiese quanti Bill potesse conoscere Mac.
"Aspetta un attimo... Mac non conosce nessun Bill tranne uno, cioè tu. Quindi… sei Bill Kaulitz!" disse Thiago.
Lanciò una rapida occhiata a Mac ma sembrava non aver sentito niente, era ancora concentrata e pensierosa sul suo portatile.
"Beh... sì, a dire il vero sono io...", balbettò l’altro.
“Sì certo… pensi che ti creda?”, sbottò subito Thiago, “Bellezza, dimmi chi sei veramente!”
Ok, ok… la richiamo io tra qualche ora.”, disse il ragazzo, abbastanza stizzito.
“Dammi una prova…”, riprese subito Thiago.
Il fantomatico Bill sospirò vistosamente.
"L’ho chiamata solo per dirle che abbiamo trovato la sua maglietta e un mazzo di chiavi. E anche che dopo domani partiamo, torniamo dalle nostre famiglie. E’ sufficiente?”, disse poi.
"Potevi dirlo subito che eri veramente tu!", esclamò Thiago, sentendosi quasi mancare, “Te la chiamo all’istante. Mac!”
La ragazza alzò gli occhi dal computer per vedere cosa voleva il suo amico, lui le stava facendo segno di raggiungerlo sulla terrazza.
"Che c'è? E’ per me?", gli chiese, vedendolo con il suo cellulare in mano.
"C'è qualcuno che ti vuole...", disse lui, facendo gli occhi ammiccanti.
Stancamente, Mac prese il cellulare.
"Speriamo sia un bel ragazzo.", borbottò Mac, sottovoce "Pronto?"
"Se sono un bel ragazzo dovresti giù saperlo!", disse Bill, che evidentemente l’aveva sentita alla perfezione.
"Ecco mister modestia Bill Kaulitz...", fece Mac, senza nascondere un certo imbarazzo per essersi fatta scoprire. Ma soprattutto perchè quella chiamata poteva voler dire che… era successo tutto con lui. Magari lui la stava chiamando perchè… voleva mettere in chiaro la situazione. Inghiottì il magone che le era salito in gola e si impose di calmarsi.
"Sì, proprio io. Ascolta Mac, hai lasciato in camera di Georg la tua maglietta e un mazzo di chiavi. Noi dopo domani ripartiamo, possiamo fartele avere se non possiamo incontrarci.", disse Bill, spedito come una macchina da corsa.
Mac sentì il sudore freddo scenderle lungo la schiena.
"Non credo che sia un problema... sicuramente domani mi licenzieranno perchè non vi ho fatto l'intervista...", disse, cercando di non balbettare troppo.
"Solo per questo? Ma dai, fai un giro su internet e ricaverai un'intervista coi fiocchi... oppure faccela quando ci incontriamo.", le disse Bill ridendo.
"Sarebbe un'idea fantastica ma devo consegnarla domani mattina alle otto.", disse Mac.
"Mi dispiace allora Mac...", disse Bill.
Cacchio, ma che atteggiamento era quello di Bill? Era stata con lui oppure no? Dall’impressione che le stava dando, avrebbe detto di no ma… altre tremila domande le piombarono in testa: se non era lui allora con chi? E l’altro se lo ricordava oppure no, come lei? Bill lo sapeva?
"Dai, Telespalla Bob non chiede mai scusa.", disse, scacciando via tutte le domande.
"Nemmeno Barbie rock'n'roll?", fece l'altro ridendo.
"No neppure lei.”, sbottò Mac, ridendo, “Comunque verso che ora possiamo trovarci domani?"
"Va bene alle quattro di pomeriggio?", le propose lui.
"Perfetto! Dove?"
"Allo studio?"
"Benissimo!”, disse Mac.
Presto avrebbe saputo con chi...
“Hey, ma chi ti ha dato questo numero?", esclamò poi Mac, rendendosi conto che non lo aveva dato a nessuno di loro.
"Ho fatto un paio di telefonate.", fece l'altro, “Sai… David ha diverse conoscenze in giro.”
“Mafiosi che non siete altro!”, proruppe Mac, ridendo.
"Cosa non si fa quando si è famosi... allora a domani alle quattro!", disse Bill, chiudendo la chiamata.

 

   
 
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: RubyChubb