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Autore: Blue_moon    17/01/2013    3 recensioni
Secondo libro della trilogia Similitudini.
Per la comprensione della storia, è necessario aver letto la prima parte, Prigioni.
Loki è fuggito con il Tesseract, portando con sè Khalida.
Ma qual'è la vera missione della donna?
E cosa sta architettando veramente il Dio dell'Inganno?
Qual'è la vera natura del Tesseract?
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Similitudini'
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Eccomi qui con il capitolo 4.
Ringrazio infinitamente Red_Sayuri e Blackdoll per aver recensito lo scorso capitolo.

Buona lettura.




All'animata conversazione riguardo il Tesseract e il passato di Khalida aveva fatto seguito un lungo e rancoroso silenzio che aveva occupato l'angusto spazio della grotta come uno scomodo terzo inquilino.
Khalida sapeva che Loki stava solo attendendo il momento più opportuno per farle pagare caro il suo affronto e, anche se era consapevole di non essere in grado di prevedere le mosse dell'alieno, non riusciva a fare a meno di domandarsi in continuazione cosa si sarebbe inventato.
Si sforzava di rimanere tranquilla, ma faticava ogni minuto di più a mantenere il controllo.
Aveva voglia di muoversi, anche solo fare quattro passi l'avrebbe aiutata, ma lasciare la Bocca del Demone era fuori discussione.
Era sempre stata una donna dinamica, fisica. Restare immobile la stava logorando, ma non poteva lasciarsi andare. Non avrebbe permesso a Loki di vederla debole, gli aveva già concesso troppo.
Ora come ora, restare concentrata era la priorità, se voleva essere ancora viva alla fine della missione.
Un invisibile conto alla rovescia ticchettava nella sua testa.
Doveva tenere duro ancora venti giorni.
Per mantenersi in allenamento, come faceva ormai da molti anni, Khalida aveva l'abitudine di fare dei semplici esercizi di allungamento, per non permettere ai muscoli di perdere l'elasticità. Per farlo, sfruttava le prime ore della mattina, in cui la temperatura era ancora sopportabile.
Alla fine della sua abituale seduta, prese la piccola borraccia e ne bevve un lungo sorso, poi si versò il resto dell'acqua in testa, cercando un minimo di refrigerio dalla calura.
Si godette la sensazione dell'acqua sulla pelle per qualche istante.
Ancora con gli occhi chiusi, Khalida intuì subito l'istante in cui Loki le comparve accanto e non se ne stupì più di tanto.
Quando aprì gli occhi, vide che sul tavolo davanti a lei Loki aveva posato qualcosa.
Osservò con attenzione l'oggetto, cercando di capire a cosa assomigliasse.
Era un'asta lunga circa un metro e mezzo. Non era dritta, seguiva una forma lievemente curva, come se fosse un pezzo di un'enorme circonferenza. Il cuore centrale era di un materiale simile all'acciaio, lucidato a specchio, intorno a cui si aggrappava, risalendo a spirale, una filigrana di un materiale più scuro, dai riflessi azzurri. In cima, sostenuto da quella ragnatela di metallo, pulsava un cristallo oblungo, simile a quello che si trovava sullo scettro di Thanos.
Khalida capì finalmente dove aveva già visto una cosa del genere.
Sembrava una delle armi che i Chitauri avevano portato con loro durante l'attacco a New York, anche se la somiglianza era piuttosto vaga.
Passandosi una mano sul viso per asciugare le ultime gocce d'acqua ferme sulle guance, Khalida cercò gli occhi di Loki.
L'alieno appariva imperturbabile, il volto serio illuminato dalla luce del Tesseract.
Un campanello d'allarme risuonò nella mente di Khalida, come un istinto.
Qualcosa dentro di lei la avvertì che il momento era arrivato.
Stava per assistere alla vendetta di Loki nei suoi confronti.
«Cos'è?», domandò, deglutendo il disagio e cercando di non apparire turbata.
«Un'arma», rispose lui. «Per te», aggiunse.
Khalida per poco non rimase a bocca aperta. «Se non l'hai già notato, ho già abbastanza armi», replicò, aggressiva.
Era spaventata, più di quanto immaginasse.
Ciò che stava accadendo esulava da tutti i suoi piani o presupposizioni.
Loki ridacchiò brevemente, e scosse la testa. «Non come questa», osservò. «Prendila», ordinò poi, ritornando serio.
Khalida esitò solo un'istante, prima di ubbidire. Doveva recitare bene, e non far capire a Loki che era sulla difensiva.
Non appena la sua mano si chiuse intorno all'asta, che sembrava essere modella perfettamente per la sua mano, il cristallo rifulse d'un bagliore bluastro e fu attraversato da una scarica d'energia bianca.
Khalida avvertì un malessere alla bocca dello stomaco.
Qualcosa non andava, aveva la sensazione di valicare un confine finora inviolato da un essere umano.
Percepì la superficie dell'arma riscaldarsi, fino a raggiungere una temperatura gradevole.
Il metallo sembrava vivo, come se fosse di carne e sangue. Era esattamente la stessa sensazione che aveva provato nei brevi istanti in cui aveva tenuto in mano lo Scettro.
«L'hai creata tu?», domandò.
Loki la guardò come se avesse detto un'ovvietà e per la prima volta lei si sentì davvero stupida.
Aveva capito da sola che il Tesseract era perfettamente in grado di manipolare la materia. Creare quell'arma doveva essere stato facile come respirare, se veramente nel manufatto era contenuta tutta la sapienza di un popolo estinto.
«Cosa ci dovrei fare?», continuò Khalida, quando vide Loki voltarle le spalle e allontanarsi di qualche passo.
L'alieno si fermo a circa tre metri da lei. «Difenderti».
Una scarica d'adrenalina attraversò le vene di Khalida e il cristallo sulla sua arma brillò con più intensità. «Come, se non la so usare?», domandò, in un sussurro.
In fondo, conosceva già la risposta.
Loki non si fece attendere oltre, un sibilo crebbe dal nulla e Khalida fece appena in tempo a gettarsi di lato, rotolando sulla nuda terra. Una sfera d'energia disintegrò il tavolo dietro di lei.
Oltre la polvere, osservò il volto divertito di Loki.
Un sorriso le nacque spontaneo sulle labbra.
Sentì un'onda di energia attraversare l'asta fino al cristallo.
«Imparerai», disse Loki, prima di lanciarsi nuovamente all'attacco.

Come le orchidee, che quando sfioriscono sembrano morte, Loki era sempre stato in attesa, pronto a rinascere. Al momento più opportuno e meno aspettato, sarebbe tornato più forte di prima.
Khalida l'aveva pensato la prima volta che l'aveva visto, imbavagliato e incatenato nel laboratorio di Selvig.
Gli Avengers e Fury avevano imparato quella verità a proprie spese, con la perdita del Tesseract, e lei non aveva intenzione di fare la loro stessa fine.
La notte, mentre inquieta si rigirava sullo scomodo materasso, incapace di prendere sonno a causa delle troppe contusioni che subiva durante gli estenuanti combattimenti con Loki, cercava di percorrere i ragionamenti dell'alieno, per capire quale fosse il suo piano e il suo vero obiettivo.
Per adesso, aveva solo capito che voleva sfruttarla, nel senso più pieno del termine, per imparare a gestire al meglio il potere del Tesseract.
Era solo una cavia, o una vittima, dei suoi esperimenti.
Giorno dopo giorno, lo vedeva diventare più forte, più veloce e più imprevedibile.
Anche se lei era migliorata nell'uso di quell'arma aliena, che sembrava reagire ai suoi stessi pensieri ed alimentarsi della sua energia, faticava sempre di più a reggere gli allenamenti feroci cui Loki la sottoponeva.
Sbuffando, la donna si alzò di scatto dalla branda, gemendo per la fitta improvvisa al fianco, dove un taglio recente aveva probabilmente ricominciato a sanguinare.
Non avrebbe dormito, tanto valeva usare il tempo in un altro modo.
Rabbrividendo per l'aria fredda della notte, indossò una felpa sopra la canotta e si incamminò verso l'ingresso, che ormai era diventato una sorta di palestra.
Le pareti della grotta recavano le tracce degli scontri, come cicatrici.
Khalida poggiò la mano su una crepa recente, che lei stessa aveva aperto quella mattina, dopo che Loki l'aveva scaraventata contro il muro.
Anche se all'apparenza non si risparmiava, la donna sapeva che l'alieno stava sempre attento a non provocarle danni gravi, come fratture o commozioni cerebrali.
Lei era come un giocattolo, lo divertiva troppo usarla, per rischiare di romperla.
Strinse le dita intorno all'asta della sua arma.
Tra di lei, le piaceva chiamarla Match, fiammifero, per il modo in cui il cristallo brillava non appena la toccava.
L'ormai familiare onda di energia le attraversò i nervi, fino alla testa.
Non aveva idea di come funzionasse, o di che danni potesse provocare al suo fisico, ma le piaceva la sensazione di calore che le donava impugnarla. Si sentiva in grado di fare qualsiasi cosa.
Già da qualche giorno aveva capito che quell'energia, catalizzata dal cristallo, era manipolabile e che rispondeva ai suoi pensieri, alla sua forza di volontà.
Non era ancora in grado di usarla durante i combattimenti, ma aveva già ottenuto dei buoni risultati a riposo.
Focalizzò i propri pensieri su una sfera, e iniziò a convogliare l'energia.
Perle di sudore si formarono sulla sua fronte, mentre dal cristallo emergeva lentamente un globo di luce della grandezza di un'arancia.
Khalida lo lasciò fluttuare nell'aria per qualche secondo, poi lo lasciò andare con un sospiro.
Si piegò sulle ginocchia per riprendere fiato.
«La cosa più patetica della tua razza...», iniziò la voce di Loki, alla sua destra.
La donna si voltò e lo vide avanzare lentamente, entrando nel cono di luce che filtrava dalla bocca d'areazione. Fuori, c'era la luna piena.
«È la totale incapacità di comprendere i vostri limiti», concluse l'alieno, ormai di fronte a Khalida.
Lei si rimise in piedi, reggendosi all'arma.
«Non sarai mai in grado di usarla», rimarcò Loki, con sarcasmo pungente.
«Perché me l'hai data, allora?», replicò Khalida.
Loki sorrise, e una fastidiosa sensazione di pericolo, ormai fin troppo familiare, corse nelle vene della donna.
«Perché grazie a questa, dovunque tu vada, io saprò rintracciarti».
Khalida non mostrò la sua sorpresa. «È una minaccia, o una promessa?», domandò, sollevando il mento con aria di sfida.
Loki la guardò negli occhi.
«Non faccio mai promesse».

Khalida rotolò a sinistra, schivando la punta dello Scettro che affondò per qualche centimetro nella terra, sollevando uno sbuffo di polvere.
Fece leva con le reni, rimettendosi in piedi. Mirò allo stomaco di Loki con la punta di Match, ma lui bloccò il suo gesto con lo Scettro, imponendo la propria forza. La donna rinunciò subito al confronto e guadagnò di nuovo una distanza di sicurezza.
Loki ridacchiò, e il familiare sibilo annunciò che il Tesseract era pronto a colpire, ma Khalida non si fece ingannare. Si voltò di scatto e fermò l'assalto di Loki incrociando l'asta della sua arma con lo Scettro.
Sorrise, mentre l'illusione alle sue spalle svaniva.
Anche se non sempre, riusciva a riconoscere le proiezioni astrali di Loki. Il trucco era osservare le ombre e i riflessi. L'aveva imparato a spese di troppi lividi ed escoriazioni, e non l'avrebbe dimenticato facilmente.
Loki la spinse lontano, e per un attimo sembrò guardarla con occhi diversi, quasi furenti.
Khalida non si concesse il lusso di pensare, ed attaccò, usando Match come se fosse un bastone, cercando di colpire Loki ai fianchi o dietro alle ginocchia, i punti più scoperti e dove avrebbe sentito più dolore.
Anche se non era un essere umano, a livello anatomico l'alieno non era diverso da lei, e Khalida intendeva dare fondo a tutti i trucchi più sporchi che conosceva per riuscire a strappargli almeno una smorfia di dolore.
Loki sembrò subire i suoi assalti limitandosi a difendersi.
In realtà, Khalida se ne accorse troppo tardi, l'alieno la stava costringendo in una trappola.
In una manciata di secondi, la donna si ritrovò con lo Scettro che premeva sulla giugulare e le spalle al muro. Con forza, Loki le premette il ginocchio contro il polso, costringendola ad abbandonare la sua arma con un gemito di dolore.
«Sei ripetitiva», la accusò lui. «Ieri hai fatto le stesse identiche mosse, e sei caduta nello stesso trucco», aggiunse, scrutandole gli occhi. Spinse di più lo Scettro e Khalida sentì che iniziava a mancarle l'aria.
Strinse i denti, deglutendo a vuoto.
Loki ascoltò, soddisfatto, il battito del cuore accelerato della donna. Lo sentiva pulsare attraverso il metallo dello Scettro. Gli sarebbe bastato un gesto, e Khalida sarebbe morta senza nemmeno rendersi conto di quello che stava succedendo.
Per quanto la prospettiva lo allettasse, non era ancora il momento.
La guardò negli occhi. Aveva un'adorabile aria da uccellino spaventato, il volto arrossato per il combattimento e la carenza d'ossigeno. Per essere un'umana, era tenace, di questo gliene dava atto. Loki allentò un poco la stretta. «Se vuoi sperare di battere il tuo nemico, devi sorprenderlo», sentenziò.
Khalida sollevò appena un sopracciglio, quasi sorpresa, poi ubbidì.
Scattò in avanti, coprendo la distanza tra il suo volto e quello di Loki.
Fu con foga, probabilmente dettata dallo spirito di sopravvivenza, che le sue labbra si scontrarono con quelle gelide dell'alieno.
Stupefatto, Loki lasciò immediatamente la presa sullo Scettro e Khalida ne approfittò per afferrarlo e allontanare da sé il Dio.
Entrambi con il respiro accelerato, i due si guardarono per un secondo che si dilatò fino ad occupare minuti interi.
«Ottimo suggerimento», disse Khalida, stringendo le dita intorno allo Scettro.
Loki fu velocissimo, la donna si sentì sbalzare nuovamente contro la parete, il corpo schiacciato da quello dell'alieno. La guardò solo per un'istante, prima di premere la bocca sulla sua.
Le dita di Khalida persero forza e lo Scettro cadde nella polvere con un tonfo secco. Esitò un momento, poi qualcosa dentro di lei si spezzò e ogni controllo andò in frantumi.
Ricambiò il bacio di Loki con vigore, affondando le mani nei suoi capelli, ubbidendo a un bisogno che non sapeva nemmeno di avere.
Il tempo perse importanza, fino a che Khalida non percepì un movimento con la coda dell'occhio.
Loki si allontanò impercettibilmente e la sua mano scattò, stringendosi intorno al collo di Khalida con forza inaudita.
Lei gemette, mentre leggeva dentro gli occhi cristallini dell'alieno la propria condanna a morte.
La pressione aumentò e l'aria sfuggì dai polmoni in un rantolo indistinto. La vista si sfocò e allarmanti luci le lampeggiarono dietro le palpebre.
Ormai sull'orlo dell'incoscienza, Khalida cercò lo sguardo di Loki.
Non sapeva perché lo stava facendo.
Chiedere perdono non sarebbe servito.
Forse sperava solamente che lui vedesse qualcosa per cui valesse la pena di salvarla.
Ma cosa potesse essere, Khalida non riusciva ad immaginarlo.
Nemmeno lei era in grado di spiegare ciò che era appena accaduto.
Loki mollò la presa di colpo, e Khalida scivolò lungo la parete, tossendo. Si accompagnò con le mani fino a mettersi seduta.
I polmoni le facevano male e i tendini del collo bruciavano.
Le sarebbero rimasti dei lividi per settimane.
Sollevò gli occhi, ma Loki non la guardò.
«È il secondo avvertimento, donna. Non ce ne sarà un terzo», disse e a Khalida sembrò che la sua voce fosse meno tagliente e più amara del solito.
Mentre lo guardava allontanarsi, Khalida seppe con certezza di essere riuscita nel suo intento.
Aveva ferito Loki.
E per farlo era bastato un bacio.
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Siamo a metà della seconda parte.
Non credo che questo capitolo abbia bisogno di molte spiegazioni.
Temo le vostre impressioni perché è, diciamo, un pochino audace. :-P
Naturalmente, mi sono inventata tutto quanto.


Alla settimana prossima.
Nicole
  
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