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Autore: Michelle Guns    17/01/2013    1 recensioni
Una volta ho letto un commento su Facebook di una ragazza che diceva che, a differenza di molti, associava la canzone Safe and Sound a Madge, mentre il distretto 12 veniva distrutto. Quel commento mi ha colpito tanto che qualche giorno fa mentre ascoltavo quella canzone ho scritto questa One Shot. So che non è un capolavoro, ma ringrazio chiunque leggerà. c:
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Madge Undersee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                         Just close your eyes,
                                                        the sun is going down. 
                                                           You'll be alright,
                                                      no one can hurt you now.
                                                        Come morning light,
                                                  you and I'll be safe and sound...



Suo padre ci aveva provato. Ci aveva provato davvero a metterla al sicuro. Ci aveva provato davvero a darle un futuro in quel mondo pieno di sofferenza. Quel mondo che il futuro non sapeva neanche cosa fosse. Diciassette anni e una bellezza fuori dal comune nel suo distretto, il 12. Lì in qualche modo era vista come una "favorita". Ma non nel senso con cui ci si rivolge con quel termine ai tributi dei distretti 1, 2 e 4. Lei, in cuor suo, aveva sempre saputo che, in mezzo a tutte le ingiustizie che avvolgevano Panem, poteva ritenersi fortunata. Era la figlia del sindaco e, seppur facesse parte di uno dei distretti più poveri, la buona sorte era sempre stata dalla sua parte. Eppure in tutta la sua vita c'era sempre stato quel manto di malinconia e angoscia che l'avvolgeva. Non aveva mai avuto amici, nessuno aveva voglia di parlare con lei, e con il tempo ci aveva fatto l'abitudine. Aveva una sola amica. Il suo nome era Katniss Everdeen. La scintilla che aveva appiccato fuoco a Panem. La ghiandaia imitatrice. Madge sorrise. Quella spilla gliel'aveva data lei e, in un certo senso, si sentiva parte della rivolta. Era mattina presto, il sole era appena sorto e lei non aveva chiuso occhio per tutta la notte. Per quanto tempo sarebbe rimasta nascosta lì? E a che serviva scappare? Se davvero doveva morire avrebbe voluto farlo a casa sua, nel suo distretto. E invece suo padre l'aveva costretta a rimanere lì, in quella casa tra i boschi, dove casa sua poteva vederla solo in lontananza.  "Andrà tutto bene" le aveva detto suo padre "tu starai bene". Ma sapeva che non era così. Sapeva che sarebbe giunto il momento anche per lei. Era inutile fingere che le cose stessero andando nel modo giusto, lo facevano da troppo tempo ormai. Improvvisamente si alzò un forte vento che risuonò per tutta la casa. Durò un secondo. Il secondo dopo tornò la pace. Madge iniziò a tremare, lo stomaco le si chiuse. Rimase immobile in attesa di quel rumore assordante. Poi lo sentì, l'orribile suono di disperazione e morte provocato da un'esplosione. Poi, di nuovo, il silenzio. Corse alla finestra della piccola casetta in legno e subito si fermò alla vista del fuoco che divorava le case del Giacimento. Si sentì impotente, si sentì inutile, il suo distretto stava scomparendo troppo in fretta e lei poteva solo guardarlo morire. Appoggiò una mano sulla fredda lastra di vetro che la separava dall'esterno, che la rinchiudeva in un mondo a parte, sconosciuto alla realtà. Poi eccola, un'altra esplosione. Il Giacimento era ormai distrutto. Madge indietreggiò dallo spavento, mentre le esplosioni si facevano sempre più ripetute e avanzavano verso il centro del distretto. Fu lì che lo ricordò, suo padre. Lui che fuori da quella casa le aveva preso il viso fra le mani tremanti e, tra le lacrime, le disse di aspettarlo lì, che sarebbe tornato a prenderla e che, mentre lei gli urlava di non lasciarla lì da sola, le disse "non ti lascerò mai andare", per poi scomparire velocemente dietro la recinzione del Prato. Nel profondo sapeva che non sarebbe più tornato. La sua era la stessa consapevolezza che ha un tributo di appena dodici anni quando sente pronunciare il suo nome durante la mietitura. Guardò di nuovo fuori dalla finestra, mentre cercava di mantenere viva quella briciola di speranza che le era rimasta. Ma poi lo vide. Il palazzo di giustizio avvolto dalle fiamme della ribellione. Le braccia le caddero lungo i fianchi e lo sguardo si perse in quella distesa di fuoco che, lo sapeva, le aveva appena strappato quell'infantile pensiero che forse sarebbe potuta stare bene davvero. Sapeva che suo padre era lì dentro. Sentì le gambe cederle e cadde a terra, con la schiena poggiata alla parete e le lacrime che avevano iniziato a bagnarle il viso. Sembrava essere diventata sorda a tutti i rumori esterni, l'unica cosa che poteva sentire erano i suoi pensieri assordanti. I pensieri di chi sa che è la fine. Rimase immobile fin quando non si udì alcun suono che non fosse il canto delle Ghiandaie Imitatrici che abitavano i boschi. A quel punto si alzò e lanciò un'occhiata all'esterno. Era tutto finito. Il distretto 12 non esisteva più, ma lei si sentiva in dovere di fare qualcosa. Qualcosa di estremamente importante. Doveva dirgli addio. Si asciugò le lacrime che le avevano arrossato gli occhi verdi, passò una mano fra i suoi morbidi capelli biondi e infine lisciò il suo vestito bianco, lo stesso che aveva indossato il giorno della Mietitura prima dei settantaquattresimi Hunger Games. Lentamente si avvicinò alla porta e uscì. Lì fuori regnava il silenzio. Improvvisamente si ricordò di una ninna nanna che suo padre le cantava quando era piccola e, senza accorgersene, cominciò a canticchiarla. Le Ghiandaie, che fino a quel giorno si erano ammutolite solo al canto di Katniss e suo padre, tacquero. Quando Madge ebbe finito la melodia, gli uccellini cominciarono a riprodurla. Prima uno, poi un altro, poi tutti. E sotto quel canto che sapeva di disperazione, accompagnarono la ragazzo al suo distretto, dove tutto ciò che vide erano le macerie del suo mondo. Ispezionò lentamente tutta la zona, finché non arrivò a casa sua, anch'essa ovviamente distrutta. Vi si fermò davanti, e senza farsi scappare una lacrima, la osservò attentamente. Dove sarebbe andata ora? Cosa avrebbe fatto? Non aveva importanza. Niente ormai ne aveva. Niente poteva più ferirla, in nessun modo. Si sedette su quelli che dovevano essere gli scalini di fronte a casa sua e, con una calma disumana, rimase ad aspettare in silenzio, la mente sgombra da ogni pensiero. Poi lo vide. Avrebbe dovuto aver paura, e invece sorrise, perché sapeva che ormai era salva. Respirò profondamente e chiuse coraggiosamente gli occhi. Poi, senza nemmeno riaprirli, disse addio al distretto 12, prima che un'ultima esplosione le strappasse quell'ultima briciola di vita che le era rimasta.



Ok questo è un mio piccolo sclero nato dal bisogno assoluto di scrivere qualcosa, anche senza senso.
Detto questo, scompaio. c:
*si volatilizza*

-Michelle.
  
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