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Autore: Eruanne    18/01/2013    11 recensioni
E se non fossero soltanto i tredici Nani conosciuti ne "Lo Hobbit" a partire per riconquistare Erebor, strappata ai suoi abitanti dal drago Smaug? Se alla Compagnia di Thorin si aggiungesse un nuovo membro che non è propriamente accettato dagli altri e soprattutto dal loro re per un evento cruciale accaduto durante la battaglia? La loro missione sarebbe compromessa o i conflitti potrebbero risolversi col tempo e la fiducia?
Questa fan fiction ripercorre la trama del primo film e del libro, e a me non resta che augurarvi buona lettura!
Genere: Avventura, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bilbo, Gandalf, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO QUATTRO


Aspettarono tutti col cuore in gola, nervosi; il bosco sembrò divenire cupo e spaventoso, chiudendosi attorno alla compagnia come se volesse inghiottirli. Benché fosse giorno era calata un'improvvisa oscurità, o forse era solo una loro impressione; non respirarono per paura di provocare ulteriori rumori che li avrebbero distratti. Ora più che mai, la loro concentrazione doveva essere al massimo.

Rumori di infinite foglie calpestate li fecero stringere maggiormente l'uno con l'altro, formando un cerchio compatto, le armi sguainate e pronte ad accogliere chiunque fosse comparso nel loro campo visivo. L'intruso correva veloce, e si avvicinava rapidamente: potevano capirlo dal frusciare violento dei rami toccati, e dal rumore infernale che provocavano le zampe sul terreno duro e scuro. Karin sentiva le vene gelate, il cuore che batteva irregolare; le mani, strette attorno all'impugnatura della spada, erano sudate e fredde. La calma tipica dei guerrieri, che invadeva i nani più anziani ed esperti, non l'aveva raggiunta: sentì il panico montarle in petto, e tentò di respirare a fondo per calmarsi. Niente, non ce la faceva: non finché il nemico non le si fosse mostrato, finché non lo avesse trafitto.

I rumori ora si fecero più vicini ed insistenti: non era un solo individuo, ma molti di più, impossibili da quantificare; Karin tentò di deglutire, ma la gola era troppo secca per compiere quel semplice gesto. Si guardò attorno nervosa, scorgendo lo sguardo terrorizzato di Bilbo, accanto a Dwalin, e quello che tentava di mostrarsi coraggioso e per nulla spaventato di Ori; ma l'ansia cresceva di minuto in minuto, poiché non avevano idea di ciò che avrebbero incontrato.

Videro i rami più bassi degli alberi muoversi e, capendo che non avrebbero dovuto attendere molto per combattere, alzarono meglio le armi, pronti ad attaccare: con un rumore assordante, il nemico si palesò alla loro vista. Dagli alti cespugli comparvero grossi conigli, attaccati l'uno all'altro per sostenere una grossa slitta marrone costruita con lunghi rami sottili, sulla quale si ergeva un uomo dall'aspetto e dalle vesti improbabili ed eccentriche.

Dallo stupore generale, si levò la voce sorpresa di Gandalf.

<< Radagast? >>.

Quello si fermò, tirando le briglie della strana vettura, arrestando la sua folle corsa; guardò lo stregone con sguardo allucinato, spalancando i grandi occhi chiari. Finalmente, dopo una lunga occhiata, parve riconoscerlo.

<< Gandalf! Fortuna che ti ho trovato! >>.

<< Perché, noi lo stavamo aspettando? >> bisbigliò piano Bofur, facendosi comunque sentire dai suoi compagni.

Karin tirò un enorme sospiro sollevato ed abbassò la spada, rinfoderandola; Thorin, invece, era ancora in allerta, osservando guardingo i due stregoni che, nel frattempo, parlottavano.

Lo strano copricapo che Radagast il Bruno – lo stregone di cui aveva parlato Gandalf - indossava, lo faceva assomigliare agli animali che si stavano riposando ai loro piedi o si grattavano il pelo con le lunghe zampe; impegnato in una conversazione piuttosto inquietante con il Grigio, scuoteva spesso la testa, ed i lunghi capelli arruffati e sporchi di escremento di uccello si muovevano qua e là.

A quanto pareva, un ulteriore problema affliggeva quelle terre, specialmente il luogo dove abitava lo stregone: Rhosgobel aveva ricevuto la visita inaspettata di grandi ragni neri, che avevano tentato di penetrare nella casa. Gandalf si accigliò alla notizia, specialmente quando l'altro gli rivelò che, seguendo una pista, era giunto a << Dol Guldur. Proprio così, Gandalf. E là, là ho... percepito qualcosa, una grande e potentissima magia nera, che aleggiava nell'aria! L'oscuro potere ha trovato il modo di tornare nel mondo! Io... >> tremò al ricordo, e lo sguardo gli si fece annebbiato << … che ti stavo raccontando? >>.

<< Tieni questa, amico mio; vedrai che il “vecchio Tobia” ti aiuterà a rilassare i nervi >> gli porse la lunga pipa, e Radagast ne aspirò una boccata, calmando i nervi e riuscendo a ricordare ciò di cui doveva mettere al corrente lo stregone grigio.

<< Ah sì, grazie! Ora ricordo: dunque, ti dicevo che sì, l'ho visto. Ho visto lo spettro che abita la fortezza, bianco come un lenzuolo! Mi ha attaccato ma sono riuscito a cavarmela, disarmandolo; poi non ce l'ho fatta a rimanere lì, sono scappato! Tieni >> gli porse un fagotto dalla forma allungata; Gandalf scostò un piccolo lembo di tessuto, alzando le sopracciglia irsute non appena capì cos'era quell'oggetto.

<< Non proviene dal mondo dei viventi >> continuò grave, lo sguardo allucinato << Eppure c'era dell'altro che dovevo dirti, ma proprio non ricordo >> ammise sconsolato, accarezzandosi pensieroso la lunga barba grigia.

Forse fu un'impressione dei nani, eppure sembrò quasi che Gandalf avesse avuto un brivido, inorridito.

Avrebbero voluto chiedergli spiegazioni, ma dovettero rimandare: degli ululati ruppero quell'apparente quiete facendoli nuovamente scattare, pronti all'azione.

<< E' stato un lupo? Ci sono i lupi qui, vero? >> chiese piano Bilbo, gli occhi spalancati.

<< Lupi? No, quello non è un lupo >> rispose Bofur, il piccone saldo tra le dita.

<< Ma gli ululati di prima... >>.

<< Ah, ecco! Certo! Dei Mannari stanno venendo qui! >> Radagast non fece in tempo ad aggiungere altro che una grossa testa pelosa apparve dalle rocce sopra di loro, ringhiando e sbavando, la pellaccia irta. Scoprì le lunghe zanne e, con un balzo, si avventò su di loro, famelico.

Le urla impregnarono l'aria per lunghi attimi mentre Thorin, Nori e Dori cercavano di abbattere la bestia, riuscendoci.

<< Kili! >> urlò il re, non appena scorse un altro mannaro spuntare tra le felci; il giovane non se lo fece ripetere due volte, tese la corda dell'arco ed incoccò una freccia nel momento esatto in cui il mostro si avventò su Thorin, pronto a divorarlo. Con un gran tonfo cadde a terra, ancora vivo; ringhiò feroce, ma Dwalin lo uccise senza troppi complimenti. Tutti si avvicinarono, tornando compatti, ancora scossi dall'incontro.

<< Un mannaro ricognitore; un branco di Orchi non è molto distante >> esclamò Thorin, sfilando la spada dalla pelliccia dell'animale.

<< Orchi hai detto? >> chiese lo hobbit, incredulo da ciò che aveva udito.

<< A chi hai parlato della tua impresa oltre che alla tua famiglia? >> domandò Gandalf, avanzando minaccioso verso il re, il bastone in pugno.

<< A nessuno >>.

<< A chi l'hai detto! >> gridò Gandalf, furioso.

<< A nessuno, lo giuro! >> ribatté il nano.

Lo stregone distolse lo sguardo da lui, sbuffando e riconoscendo la sua innocenza.

<< In nome di Durin, che succede? >>.

<< Vi stanno dando la caccia! >> replicò scocciato Gandalf, lo sguardo che vagava dappertutto, come a cercare nuovi nemici.

Alla notizia, i nani si allarmarono: chi mai avrebbe potuto seguirli?

<< Dobbiamo spostarci >> convenne Thorin.

<< Sì, e in fretta >>.

<< Non possiamo! Non abbiamo i pony, sono scappati! >>.

I nani che erano ancora sulle alte rocce sopra di loro diedero la cattiva notizia; il cuore dei membri della compagnia si fece pesante, e la speranza sembrò allontanarsi.

Finché non intervenne Radagast << Posso depistarli >>.

<< Ti raggiungeranno, sono mannari! >> proruppe Gandalf.

<< Questi sono conigli di Rhosgobel; vorrei che quelli ci provassero >>.

Il tono perentorio e minaccioso dello stregone pose fine ad ogni dibattito, per quanto Gandalf avesse voluto dissuaderlo.

<< Così sia >> disse infine.

Radagast augurò a tutti loro buona fortuna, mentre richiamava all'attenzione i conigli e saltava sulla slitta; li salutò un'ultima volta e, con un gran vociare di ordini, sparì nel folto del bosco lasciandoli soli.

Non sprecarono altro tempo in inutili discorsi: scapparono il più velocemente possibile schivando rami bassi, saltando massi che sporgevano dal terreno finché il bosco non terminò, lasciandoli senza una qualche copertura. Ora, la pianura desolata e spoglia battuta dal vento si perdeva a vista d'occhio, e solo qualche grande roccia solitaria permetteva loro di nascondersi ai nemici che, nel frattempo, stavano alle calcagna dell'altro stregone.

<< Venite >> ordinò Gandalf, dopo che questi furono passati.

In fila indiana, la compagnia lo seguì, cercando nel contempo di non inciampare sul terreno accidentato dato da sassi che sporgevano e il non farsi scoprire dagli orchi: ma, per quanto provassero a seminarli, se li ritrovavano poco più in là, dovendo per forza cambiare percorso.

Karin rischiò di inciampare su una sporgenza di cui non si era accorta, impegnata com'era ad osservare il branco di mannari inferociti e il non gemere di dolore per la botta alla schiena; Fili, che ora le correva accanto, la prese per il gomito prima che potesse cadere, rimettendola in piedi. Ma, per quanto provasse a correre più veloce, si ritrovò ad essere l'ultima del gruppo, col fiatone e le gambe doloranti e deboli; la botta doveva essere stata più grave del previsto.

Stringendo i denti, riuscì a raggiungere i compagni che, nel frattempo, si erano nuovamente nascosti dietro un grande macigno per lasciar passare avanti l'esca e gli orchi; ad un nuovo cenno di Gandalf avanzarono, lasciando lo stregone e Thorin per ultimi.

Quando passò loro accanto, sentì il nano chiedere dov'erano diretti, ma non udì la risposta dell'altro. Corsero ancora, scorgendo un gruppo di rocce ricoperte di sterpaglie gialle che facevano al caso loro: essere esposti a poche leghe dai nemici non giovava affatto al loro umore.

Un brivido percorse la compagnia quando si resero conto di un mannaro proprio sopra di loro, intento ad annusare l'aria per scovarli.

Trattennero il fiato per timore di venir anche solo odorati; con grande calma, Thorin fece un cenno verso Kili, che preparò una nuova freccia. Rapido, la scoccò dritta nel muso della bestia, ma quella lanciò un grido terribile che, di sicuro, anche gli altri più lontano avrebbero udito. Mentre alcuni nani si lanciarono per uccidere il mannaro e l'orco che lo cavalcava, Karin sbirciò dalla roccia, cercando di scorgere movimenti sospetti: sentì vari ululati, e le si accapponò la pelle.

<< Presto, correte! >> li incitò Gandalf, capendo che li stavano raggiungendo.

Si arrampicarono su per la lieve salita del terreno, correndo stremati dal peso delle armi e del cuoio e dell'acciaio che indossavano; stavolta non si nascosero ma avanzarono all'aperto, anche se per poco: ben presto si trovarono circondati e si fermarono, mentre gli orrendi orchi rimasero ancora sulle lievi alture ad osservarli come dei cacciatori fanno con le prede. Con un nodo allo stomaco, Karin concluse che la metafora non poteva essere più azzeccata.

<< Kili! Uccidili!!! >> ruggì Thorin rivolto al nipote.

Tutti si preparano alla battaglia, armi in pugno: avrebbero lottato con ogni fibra del loro corpo, anche se la loro inferiorità numerica era schiacciante.

La ragazza si portò vicina a Bilbo, la spada luccicante che mandava bagliori; l'avrebbe difeso, per quanto avesse potuto.

<< Siamo circondati! >> urlò Fili, stringendo il suo grosso maglio; il fratello tese l'arco e scoccò, perforando un orco poco distante.

<< Si stanno avvicinando! >>.

<< Dov'è Gandalf? >>.

Il panico sembrò pervaderli, mentre i pochi sparpagliati si giravano per raggiungere il resto del gruppo a formare una qualche sorta di difesa.

<< Ci ha abbandonati! >> proruppe Dwalin in tono minaccioso, reggendo un'ascia per mano.

<< Mantenete le posizioni! >> ordinò Thorin, avanzando verso il mannaro che aveva schivato il sasso lanciato dalla fionda di Ori.

Altri lamenti ed ululati minacciosi si aggiunsero da tutte le parti, mentre altri orchi si avvicinavano al gruppo: erano spacciati, non ce l'avrebbero mai fatta.

<< Da questa parte, stupidi! >>.

I nani si girarono, sentendo la voce dello stregone alle loro spalle; stava dietro una roccia scura, ed il suo sguardo piuttosto eloquente fece loro capire che non dovevano perdere un attimo, o sarebbe stato troppo tardi! I mannari continuavano ad avanzare lenti ed inesorabili, mentre si pregustavano la vittoria ed il sapore della carne di nano che li avrebbe saziati.

<< Presto, andiamo! Svelti, tutti voi! >>.

Gli altri non se lo fecero ripetere e, incitandosi l'un l'altro, si girarono scattando verso la salvezza; si gettarono dentro l'imboccatura di una caverna, uno dietro l'altro, scivolando fino a toccare terra, dove Gandalf li attendeva e li contava.

Karin, che stava ancora aspettando d'entrare e girava le spalle agli orchi, vide Thorin impugnare la nuova spada guardando un punto imprecisato dietro di lei, gli occhi azzurri minacciosi e battaglieri; si girò, l'elsa stretta a due mani e, con un unico fendente, entrambi uccisero il mannaro che aveva spiccato un salto per aggredirli.

Si guardarono un istante poi lei, con un balzo, scivolò dentro.

Per ultimi, si aggiunsero Thorin e Kili, rimasto fuori a scoccare frecce verso gli orchi: non appena li raggiunsero, udirono il suono di un corno e i mannari, giunti all'imboccatura, si fermarono.

Tutto si svolse così velocemente che Karin non seppe spiegarselo nemmeno in seguito: si sentirono sibilare frecce, grugnire gli orchi e guaire i mannari, mentre un nuovo rumore di zoccoli sembrava amplificarsi da dove erano nascosti. Un orco, colpito, cadde dentro la grotta rotolando verso di loro, morto.

Thorin si abbassò, estraendo la punta d'acciaio dal cadavere << Elfi! >> esclamò sprezzante.

Ci fu un breve silenzio e la ragazza, senza volerlo, venne percorsa da un brivido, notato da Bilbo; al quale non sfuggì nemmeno il gesto che compì: le dita sfiorarono la manica del braccio, stringendo così tanto la stoffa da far sbiancare le nocche. Solo in un secondo momento, lo hobbit ricordò che lo stesso gesto disperato e convulso l'aveva già visto: la sera in cui le aveva preso la mano per guardarle la fasciatura. Anche lì, lei lo aveva insospettito.

Quali altri segreti celavano quegli occhi neri?

<< Non vedo dove porta questo percorso! >> esclamò qualcuno, allarmato.

<< Lo seguiamo? >>.

<< Certo che lo seguiamo! >>.

<< La trovo una cosa saggia >> sussurrò Gandalf rivolto a se stesso, o a Bilbo, lì vicino.

Si misero tutti in fila indiana, entrando nell'oscurità della stretta galleria; Karin rimase per ultima, la mente troppo confusa e terrorizzata. Avrebbe voluto gridare di trovare un'altra strada, ma non le uscì alcun suono; avrebbe preferito uscire da lì e percorrere le terre desolate da sola, piuttosto che infilarsi in quell'apertura.
Il cuore sembrava scoppiarle in petto, e un freddo gelido penetrò le sue ossa, sconvolgendola. Non ce la faceva, non ce l'avrebbe mai fatta!

<< Karin? >> la voce pacata di Gandalf la raggiunse da molto lontano, o così le sembrò. Il volto dello stregone le apparve alla sua altezza, ma non ricordò né d'averlo visto arrivare, né d'averlo sentito inginocchiarsi; le mise una grande mano sulla spalla, sorridendole leggermente.

<< Forza, bambina >>.

Non seppe se fu questo a darle forza o gli occhi azzurri e scintillanti dell'Istari che sembrarono infonderle coraggio; si sentì annuire mentre le gambe, senza il permesso del cervello, agirono da sole portandola verso un'apertura stretta e claustrofobica. Le alte pareti rocciose ai lati si perdevano a vista d'occhio e, in alcuni punti, sembravano restringersi.

Karin respirò profondamente mentre seguiva gli altri, ed addirittura trattenne un sorriso quando udì le imprecazioni di chi era dietro il povero Bombur, ed era costretto a spingerlo perché troppo grasso. Ora l'oscurità si rischiarava e, molto sopra le loro teste, potevano scorgere una lieve striscia di cielo.

Finalmente quello stretto corridoio finì e, scesi alcuni gradini e girata una sporgenza di roccia, rimasero tutti basiti, incapaci di parlare: la Valle Nascosta si mostrò ai loro occhi in una luce soffusa e rosata, che lambiva le meravigliose strutture sottili, così leggere che parevano crollare da un momento all'altro. Da un lato, gli edifici erano incastonati tra le alte pareti della rupe coperte di muschio, dall'altra, le cascate cristalline conducevano l'occhio verso lo strapiombo profondo che portava a valle.

Uno spettacolo così... bello e meraviglioso, per un attimo fece scomparire ogni paura dal cuore di Karin: finché non ricordò a quale popolo apparteneva tutto quello splendore.

<< Dunque era questo il tuo piano, fin dall'inizio? Portarci qui, dagli elfi? >> il tono di Thorin era alterato, visibilmente irritato per essere stato raggirato in quel modo dallo stregone che, tuttavia, mantenne la calma.

<< Se te ne avessi parlato prima avresti fatto di tutto per non venire, ed ora ti ritroveresti morto e senza compagni. Era l'unica soluzione >>.

<< Ma davvero? >> sbottò ironico il re << Perché dovrei chiedere il loro aiuto quando loro non vennero in nostro, anni fa? >>.

<< Re Elrond è l'unico in grado di aiutarci a risolvere l'enigma delle rune; metti da parte le divergenze, Thorin! Troverai che qui, l'unico che porta rancore, sei tu >>.

Senza ulteriori parole lo stregone si avviò a costeggiare la parete che li avrebbe condotti verso il sentiero principale di pietra; gli altri nani, rivolgendo un breve sguardo di scuse verso il loro re lo seguirono, troppo stanchi e scombussolati dal precedente incontro per badare a certe sottigliezze, come il fatto che vi abitavano elfi. Bilbo, eccitato all'idea che finalmente li avrebbe incontrati di persona, non si accorse che Karin era rimasta nuovamente indietro, le braccia e la schiena che parevano bruciarla viva.

<< Muoviti! >> le ordinò brusco Thorin, vedendola ferma; si accigliò non poco nel notare lo sguardo per nulla arrabbiato o orgoglioso della ragazza, come quello che gli riservava ogni volta che le parlava; lo vide spento e atterrito, nella sua profondità. Ma non indagò, aveva altro a cui pensare.

La sorpassò, senza curarsi se lo stesse seguendo o meno.


Giunsero ad una piattaforma circolare di pietra intagliata, preceduta da due grandi statue di elfi guardiani con la spada in pugno conficcata nel pilastro; rimasero a guardarsi attorno, ammirando il panorama che si stendeva ai loro occhi: convennero che gli elfi si trattassero piuttosto bene, per essere una razza... particolare.

<< Mithrandir >>.

Un elfo alto e slanciato dai lunghi capelli castani scendeva i gradini d'entrata del palazzo, avanzando verso di loro; parlò in elfico, rivolgendosi a Gandalf, dando solo una rapida occhiata agli altri.

<< Dov'è sire Elrond? >>.

<< Non qui >>.

Karin si irrigidì nel sentire rumori di zoccoli che si avvicinavano ed anche gli altri si mossero, irrequieti; si strinsero l'uno all'altro in un cerchio, trascinando Bilbo al centro, così da proteggerlo se li avessero attaccati. Dal sentiero di pietra giunsero elfi a cavallo, bardati da battaglia: portavano elmi e lunghe lance, oltre agli archi sottili ma robusti. Li accerchiarono, guardandoli da sopra le cavalcature, così da considerarli ancora più bassi di quel che erano.

Uno di loro smontò dalla sella, togliendosi l'elmo ed avvicinandosi a Gandalf, salutandolo nella propria lingua; lo stregone chinò il capo in segno si rispetto, di fronte alla nobile figura del signore di Gran Burrone.

<< Abbiamo attaccato un branco di mannari vicini al passo nascosto; non si erano mai spinti così vicini al nostro territorio. Qualcosa li ha condotti lì >>.

<< Oh, temo sia stata colpa nostra! >> esclamò Gandalf, il buon umore ritrovato; Elrond non fece ulteriori domande, ma posò lo sguardo saggio su ognuno dei nani, e su Bilbo. Karin, istintivamente, cercò di nascondersi dietro Dwalin, arretrando lenta.

Elrond non se ne accorse, ma pronunciò un'altra frase in elfico, che fece infuriare Gloin.

<< Ci sta insultando! >> ruggì, brandendo la sua ascia.

<< No amici! Vi sta solo offrendo del cibo >>.

Alle parole di Gandalf, Gloin borbottò imbarazzato: si voltò e iniziò a confabulare con gli altri se accettare o meno pasti elfici, ma il bisogno di mettere qualcosa di sostanzioso nello stomaco e riposarsi un po' mise fine ad ogni dubbio e rivalità.

<< D'accordo, va bene >>.

<< Ne sono lieto >> disse Elrond << ma prima, permettetemi di mostrarvi le vostre stanze; c'è un'ala del palazzo più riservata che potrebbe fare al caso vostro. Seguitemi >>.

Li accompagnò personalmente attraverso lunghi corridoi aperti da un lato, che mostravano loro il paesaggio; le arcate di legno pregiato si poggiavano su esili colonnine intagliate, troppo sottili per poterne reggere il peso. Sul muro alla loro destra, alcune pitture mostravano immagini di un'epoca passata, i colori leggeri e delicati, quasi trasparenti. Girò a destra, ad una parte più interna: molte porte chiuse si mostrarono, e lì Elrond li lasciò, dando appuntamento per la cena a qualche ora più tardi; non appena furono soli, aprirono le porte con un gran schiamazzare, esclamando di stupore alla vista di veri letti morbidi e grandi. Passò qualche tempo prima che tutti fossero sistemati, chi in una stanza singola o in compagnia.

Karin fu costretta a sceglierne una piccola ed un po' più lontana rispetto alle altre; quando vi entrò, la luce del tramonto la investì, ed una leggera brezza proveniente dalla porta-finestra aperta le scompigliò i capelli. Slegò la cintura della spada, poggiandola sulla morbida coperta e, con passi incerti, si avvicinò al balcone di pietra, poggiando le mani sul parapetto: il grosso macigno che sentiva nel cuore da quando aveva messo piede a Gran Burrone sembrò svanire, mentre lo sguardo si attardava ad ammirare la vallata verde, la roccia che si ergeva alta nascondendoli, dalla quale proveniva lo scrosciare potente dell'acqua. Persino il vento sembrava dolce ed etereo come quel luogo, pacato nell'accarezzarle il volto, al contrario dello sferzare pungente e furioso a cui era abituata.

Eppure, per quanto potesse affascinarla, le bastava uno sguardo all'interno della stanza semplice ma che trasmetteva ricchezza e nobiltà, per rammentarle vecchie sensazioni e ricordi dolorosi; le mani strinsero la roccia, fino a farle sbiancare le nocche: le pareti parvero restringersi, facendola sentire in trappola.

Come un uccellino in gabbia.



Un lieve bussare alla porta di legno la fece sobbalzare, richiamandola dallo stato di trance nel quale era caduta; sbatté le palpebre confusa mentre si precipitava ad aprire, incontrando la piccola figura dello scassinatore.

<< Ehilà, posso? >>.

Si era lavato, ed i suoi abiti sembravano meno logori dei giorni passati a camminare; il suo sorriso gioviale ed allegro si affievolì, mentre la squadrava.

<< Va tutto bene? >>.

<< Co-cosa scusa? >>.

<< E' successo qualcosa? >> chiese, ancora più preoccupato nel vederla così pallida.

<< No, no! Entra >> si fece da parte, permettendogli di entrare nella camera; accigliata, notò che il sole era calato da un pezzo, e l'oscurità aveva invaso lo spazio: ma da quanto tempo si era fatto buio?

Da una tasca della camicia tirò fuori un acciarino, accendendo le candele poste sopra il basso tavolino di legno, appoggiato alla parete; Bilbo era silenzioso, osservando ogni minimo gesto della ragazza e domandandosi se era il caso di chiederle spiegazioni.

<< Tra poco è ora di cena: non so te, ma io sto morendo di fame! >> disse sfregandosi le mani, il vecchio spirito Baggins che si risvegliava. Karin mugugnò qualcosa, non condividendo il suo entusiasmo. Desiderava solo allontanarsi quante più leghe possibili da lì.

<< Andiamo? >> propose invece; non ce la faceva più a stare tra quelle quattro mura. Forse, se si fosse trovata in mezzo agli altri, si sarebbe calmata. Lo sperava con tutto il cuore.


Il resto della serata le sembrò tutto confuso, come se non fosse stata presente; era distratta, lontana mille leghe, la mente rivolta a pensieri cupi e tristi. Più di qualcuno se ne accorse, e a nulla valsero i tentativi di Kili, Fili e Ori di parlarle e coinvolgerla: sorrideva a stento alle battute, oppure la sorprendevano con lo sguardo fisso in un punto, gli occhi spalancati. Mangiò poco niente, ed il loro ciarlare allegro ben presto la infastidì, come la dolce musica che alcuni elfi stavano suonando per loro. La irritò ogni gesto che vedeva, come quando Nori – sedutole accanto - nascose alcune posate d'argento e calici di vetro colorato sotto le vesti, o notando quanto Bombur riuscisse ad ingozzarsi di cibo, oppure quando Ori chiese, petulante, se avevano le patatine fritte; i palmi delle mani iniziarono a sudarle, ed un fastidioso fischio nelle orecchie le fece chiudere gli occhi: sentì un gran caldo al volto, il mondo che, improvvisamente, iniziava a vorticare.

I suoni ed i richiami degli altri le giunsero ovattati, e non si accorse nemmeno di essersi alzata dalla sedia; deglutì più volte a vuoto, riaprendo gli occhi. Tutti gli sguardi le erano addosso, compresi quelli di Gandalf, Elrond e Thorin, seduti ad un altro tavolo; fece un accenno d'inchino verso l'elfo, biascicando che non si sentiva molto bene. Non aspettò la risposta, girando i tacchi e ripercorrendo a ritroso la strada che l'aveva portata lì: camminava con difficoltà, appoggiandosi di tanto in tanto al muro per riprendere fiato; più volte le salirono alla gola dei conati, ma li respinse mentre, imperterrita, avanzava verso la stanza. Le sembrò di non arrivarvi mai, ed ogni passo non era che una tortura. Ma poi, finalmente, riconobbe la porta ed entrò; si deterse il sudore dalla fronte, le dita tremanti e gelide su pelle bollente. Cercò il catino e la brocca d'acqua limpida che aveva notato prima e, dopo averne versato un po', si sciacquò il viso, cercando di respirare; purtroppo la situazione non migliorò, ogni cosa attorno a lei ruotava senza sosta. Si portò verso il letto, aggrappandosi alla sedia che stava nel mezzo e, con uno sbuffo, si sdraiò sopra le coperte; esausta e scocciata chiuse gli occhi, sperando che il malore passasse: ogni suono, ogni più piccolo rumore, sembrò amplificarsi nel silenzio che regnava; poteva persino percepire le infinite goccioline di sudore che le scendevano dal collo ai seni fino all'ombelico, appiccicandole la camicia. Ma non le importò, aveva solo una gran voglia di dormire per non dover pensare a nulla: da quando era arrivata lì non faceva altro che rimuginare, rimuginare, rimuginare.

Terribilmente snervante.
Sempre tenendo chiusi gli occhi cercò a tentoni la parte superiore degli stivali, sfilandoli e buttandoli a terra: rimase vestita, senza coprirsi con la coperta e si rannicchiò su un fianco, cercando di riposare.

Cercando di dimenticare.


Crac.

Non deve fermarsi.

Crac.

Le unghie si spezzano.

Crac.

Reprime a fatica un singhiozzo.

Crac.

Il sangue cola.

Crac.

Piange, ma non si ferma.

Crac.

Non deve fermarsi.

Crac.

E' l'unico modo per non impazzire.

Crac.

Non deve fermarsi.

Crac.

Non deve fermarsi.

Crac.

Non deve fermarsi.



<< Thorin >>.

<< Thorin >>.

<< Zio! >>.

Il re si svegliò del tutto all'ennesimo richiamo del nipote.

<< Cosa succede? >> chiese preoccupato e con la voce impastata, temendo un qualche complotto degli elfi; forse gli altri erano stati catturati e sbattuti nelle segrete, a giudicare dal volto teso di Kili. O forse, era accaduto di peggio.

<< Devi seguirmi subito. Karin... >>.

Il ragazzo non riuscì a terminare la frase che l'altro lo spinse bruscamente di lato, scendendo dal letto: afferrò la camicia blu notte e le brache, indossandole in fretta. Se c'era una cosa che lo rendeva irrequieto come poche, era sentire le parole “seguirmi subito” e “Karin” nella stessa frase: si chiese cosa avesse combinato la traditrice, e la risposta che si diede non gli piacque.

<< Portami da lei, e ti conviene informarmi di tutto mentre camminiamo >> ordinò perentorio; prese la spada elfica Orcrist – fendiorchi – e precedette il nipote nel corridoio, lasciando poi che lo guidasse verso la stanza.

<< Stavo andando a dormire, quando ho sentito dei rumori strani provenire dalla sua camera: sentivo gemere e delle flebili grida, così ho bussato, ma non ho ottenuto risposta; in quel momento è arrivato Gandalf, che è entrato; mi ha mandato a chiamarti, così sono corso qui >> rapido e conciso, proprio come il re gli aveva insegnato: inutile perdersi in tanti discorsi, ciò che importava era saper trasmettere l'essenziale.

<< Gli altri? >> volle sapere Thorin; il suo cuore si era in parte sollevato nel sentire che i nani erano al sicuro e stavano bene. O, almeno, quasi tutti.

<< Nelle loro stanze; ero rimasto fuori solo io. Ah, eccoci >>.

Bussò una volta, ed entrambi udirono la voce dello stregone chiamarli: lo videro seduto sul materasso, gli occhi chiusi e l'espressione concentrata, una mano posata su quella più piccola di Karin e l'altra sulla sua fronte madida di sudore. La ragazza era stesa a letto e respirava affannosamente, come se avesse corso; a poco a poco, mentre lo stregone mormorava parole in una lingua sconosciuta, l'espressione sofferente si rilassò, ed il respiro divenne calmo e tranquillo. Solo allora, nel vederla nuovamente nell'oblio del sonno, le lasciò la mano, alzandosi.

<< Nulla di grave, solo un incubo >> annunciò ai due; ma, benché avesse accennato un sorriso, Thorin capì che nascondeva dell'altro. E non voleva farlo sapere al ragazzo.

<< Kili, vai a dormire >>.

Il giovane nano guardò lo zio, accigliato << Ma, Thorin... >> provò a protestare, volgendo lo sguardo alla figura addormentata di Karin.

Anche Thorin fece altrettanto << Ora sta bene, l'hai visto anche tu. Torna a letto, è tardi >>.

Kili combatté con la voglia di opporsi e fare di testa sua, e l'obbedire al suo re e parente; infine, dopo molti secondi, chinò il capo sconfitto, lasciando la stanza. Solo quando furono certi d'essere soli, Gandalf parlò.

<< Ho dovuto ricorrere ad un po' di magia per calmarla; era molto agitata >>.

<< Era sveglia quando sei arrivato? >> chiese, misurando la stanza a grandi passi, le mani dietro la schiena; gesti che gli permettevano di scaricare la tensione, più che altro.

<< No >> rispose mestamente Gandalf; sospirò, grattandosi pensieroso la barba. Gesto che non placò l'inquietudine del re dei nani.

<< Hai visto ciò che stava sognando? >>.

Lo stregone annuì, alzando le sopracciglia irsute << Il suo passato e quello che ha dovuto affrontare prima e dopo l'esilio >>.

Thorin non disse nulla, spostando lo sguardo lungo la stanza ben arredata: gli occhi intravidero l'elsa della spada della traditrice, custodita nel fodero. Molti pensieri, per lo più nefasti, si affacciarono nella sua mente, facendogli contrarre la mascella.

<< Non sei l'unico ad essere stato ferito nell'animo, per colpa del drago; e, spesso, alle cicatrici del cuore se ne affiancano altre >>.

Gandalf gli si avvicinò, posandogli una mano sulla spalla in un gesto che valeva più di mille parole; il re sostenne il suo sguardo azzurro, orgoglioso e testardo come solo lui poteva essere. Non disse nulla, e forse nemmeno l'altro si aspettava una sua parola: eppure, anche i silenzi come quelli gravavano come non mai. Lentamente, si avvicinò alla porta di legno, andandosene; Thorin non seppe spiegarselo, ma si ritrovò accanto a Karin, guardandola dormire. Stavolta non gli dava le spalle ma dormiva su un fianco, verso di lui: il volto era sereno, la bocca leggermente socchiusa, i respiri regolari e calmi, come se nessun oscuro pensiero potesse sfiorarla. La mano sinistra era sotto il cuscino, l'altra era a penzoloni fuori dalle coperte.

Dovette rimanere presente a se stesso per non prendergliela e riporla al sicuro, al tepore delle lenzuola; si impose di ricordare chi era in realtà quella donna, e cosa aveva fatto. Ogni traccia di pietà e di un qualcosa che non riuscì a definire provata fino a quel momento svanì; il suo cuore si indurì e nemmeno il vederla lì, inerme e pacata, smosse le sue convinzioni.

Scosse la testa e si passò una mano sul volto, sentendosi vecchio e stanco, incredibilmente stanco: aveva bisogno di dormire, di allontanarsi da lì.

Di allontanarsi da lei.

Si avviò a passi pesanti verso la porta, chiudendola piano nonostante il tumulto interiore che lo dilaniava; eppure, se poco prima fosse stato più attento, avrebbe scorto qualcuno sbirciare dentro, grazie alla porta socchiusa; quella creatura aveva notato il suo stato d'animo, vedendo la debolezza dietro l'alterigia e la sicurezza che lo contraddistinguevano.

Ed aveva compreso alcune cose che gli erano state taciute.



Il sole irradiò la stanza, lambendo prima le coperte e poi spostandosi sul suo volto, riscaldandola e facendole prudere il naso; aprì prima un occhio e poi l'altro chiedendosi dove si trovasse, ma le bastò un'occhiata ai mobili finemente intagliati ed alle tende azzurre quasi impalpabili per capire: era ancora a Gran Burrone.

Con un gemito sconsolato si alzò, massaggiandosi il collo: forse aveva dormito in una posizione sbagliata, le doleva tantissimo.

Si sciacquò il viso, ricordando il malore della sera prima, durante la cena: lo stomaco le si contrasse, come se qualcuno glielo stesse stringendo in una morsa; inoltre, il pensiero di mettere qualcosa sotto i denti le fece venire la nausea, ma non sapeva se per la troppa fame o no.

Dando un'occhiata al cielo dedusse che era mattina inoltrata, quindi decise che avrebbe aspettato il pranzo e, nel frattempo, sarebbe andata fuori a prendere un po' d'aria, cercando di rimanere il più in ombra possibile. Non l'entusiasmava l'idea di incontrare degli elfi.

Prese la spada, ancora nel fodero, e lasciò la stanza, percorrendo il lungo corridoio dove alloggiavano; non incontrò nessuno, né nani né elfi, mentre scendeva alcuni sottili gradini di pietra lavorata e liscia, seguendo poi uno stretto sentiero costeggiato da alberi verdi, i cui rami venivano mossi dal venticello appena frizzante. Continuò a camminare per un po', facendo saettare lo sguardo nell'intercettare qualcuno, ma fu fortunata; si sedette su una panchina di pietra, sfoderando la spada d'acciaio che, al contatto col cole, sembrò brillare.

Si mise a pulirla ed affilarla, gesti che compiva ogni giorno, mettendola a suo agio: anche solo toccandola provava una immensa quiete, ed una pace interiore che le scacciava qualsiasi pensiero negativo.

<< Se continuerai ad affilarla in quel modo la rovinerai, ragazza >> una voce anziana e conosciuta le fece alzare lo sguardo, riconoscendo prima la barba bianca biforcuta e poi il volto di Balin; le stava sorridendo, ed il tono con cui le aveva parlato non era affatto minaccioso o sgarbato, anzi: celava quasi una sorta di divertimento.

<< Non accadrà, mastro nano; dopotutto, è il mio tesoro più prezioso >>.

<< Cos'è il tuo tesoro più prezioso? >> fece eco una voce più giovane; Kili si fece avanti, seguito da Bilbo e Bombur. 

Karin sospirò affranta: addio all'idea di rimanere per un po' da sola!
Bombur le si avvicinò, reggendo tra le mani una ciotola di vetro, con dell'uva bianca all'interno.

<< Ho pensato di portarti un po' di frutta, visto che stamattina non eri a colazione >> disse, leggermente imbarazzato.

<< Se vedi che mancano dei chicchi, non preoccuparti: è che se li è mangiati mentre venivamo qui >>.

Le guance paffute del nano si colorarono di un bel rosa, mentre borbottava rivolto a Kili che, nel vederlo così, aveva riso di gusto.

Karin scosse la testa, sorridendo all'indirizzo di Bombur << Grazie mille. Avevo giusto un languorino >> si fermò, prendendo un grappolo dai grossi acini dorati, guardandolo << ma ce ne sono così tanti che rischierei di rovinarmi l'appetito per dopo: perché non mi aiuti a finirli? Anzi, se ne volete anche voi >> chiese, rivolta agli altri.

Balin annuì, sedendosi pesantemente sulla panchina, accanto a lei.

<< Questa spada mi ricorda molte battaglie: rammento bene quando l'impugnava tuo padre >>.

Il chiacchiericcio allegro degli altri si interruppe, mentre posavano lo sguardo sulla lama d'acciaio e sull'elsa, riconoscendola.

Kili sgranò gli occhi, e persino Bombur smise di mangiare << Questa è la spada del tuo clan? Quella che le leggende raccontano? >>.

Karin annuì, mentre fu Balin a rispondere << Questa, figlioli, è Iris. Fulgore d'Oriente. Una delle spade più belle che la stirpe dei Nani potesse realizzare, seconda solo alle armi degli antichi re >>.

I nani rimasero a bocca aperta, stupiti; anche Bilbo subì il fascino che mandava la spada, ammirandone la forma allungata e sottile, ma ciò che lo colpì di più fu la forma della guardia d'acciaio: si apriva in quattro petali di iris, abbastanza distanziati tra loro che culminavano nel manico, permettendo così un riparo al polso di chi l'impugnava. Sembrava quasi che la lama fuoriuscisse dal fiore, una manifattura così delicata e perfetta che si chiese come avessero fatto i nani a realizzarla; era senza dubbio un'opera d'arte creata dal miglior fabbro, destinata ad una stirpe nobile e grande.

Notò che sulla scanalatura del forte vi erano delle rune << E queste, che significano? >>.

<< Da questo lato è inciso il suo nome, Iris, e l'appellativo con cui l'ha chiamata Balin; dall'altro >> Karin la girò, mostrandogli altre rune << Coraggio. Lealtà. Passione. Tre qualità che il portatore deve possedere, se vuol vincere ogni battaglia; altrimenti, è destinato a perire. Questa spada è stata tramandata dai padri ai figli del mio clan per molte generazioni e, ora, è la mia compagna >>.

<< E' meravigliosa >> ammise Kili, pensando con rammarico alla sua spada: non era altrettanto bella.

<< Oh sì; e sono certo che compirà grandi gesta anche con questa portatrice >>.

La ragazza chinò il capo in segno di rispetto verso il nano anziano, ringraziandolo per le sue parole; Balin le mise una mano sulla spalla, in un gesto paterno che le riscaldò il cuore.

<< Sei una brava ragazza, Karin: sono felice che tu faccia parte della compagnia. Bene >> esclamò infine, alzandosi in piedi << non so voi, ma io me ne ritorno in camera; preferisco un po' di buio a tutta questa luce elfica. Oggi ci sarai a pranzo? >>.

<< Sì, e anzi, mi scuso per il comportamento di ieri a cena; ero solo molto stanca >> cercò di farla passare per una possibile giustificazione, non accorgendosi della strana occhiata che si rivolsero Bilbo e Kili.

Balin annuì, sembrando rincuorato dalla risposta: forse, si era preoccupato per lei. Se ne andò, lasciandoli soli ed in silenzio mentre Karin rinfoderava la spada con cura, ammirandola ancora.

<< Sei certa di sentirti meglio? >> le chiese Bilbo, preoccupato.

<< Certo, avevo solo bisogno di dormire, tutto qui >>.

<< Ti... ricordi qualcosa di ciò che è successo dopo che te ne sei andata? >>.

<< In che senso? >> chiese perplessa lei, di fronte alla domanda dello hobbit.

<< Vorremmo sapere se sei svenuta o cose del genere, mentre cercavi di tornare in camera, tutto qui >>.

<< No. No, sono riuscita a buttarmi sopra il letto e mi sono addormentata; non ricordo altro finché non mi sono svegliata stamattina >>.

Entrambi fecero un strana espressione tra il sollevato e l'affranto, mentre Bombur, ormai, aveva finito da solo i grappoli d'uva. Karin si accigliò, volendo chiedere loro qualcosa in più sul perché di quelle domande, ma non poté: Fili arrivò prima che potesse farlo.

<< Cercavo proprio voi, ragazzi: il pranzo verrà servito tra poco, mi è stato chiesto di venirvi a prendere! Come ti senti stamattina, Karin? >> le chiese, dandole una pacca sulla spalla.

<< Bene, grazie >> borbottò, sulla difensiva: non era abituata a tutta quella confidenza.

<< Ehi fratello, vacci piano: non vedi come è ancora pallida? >>.

<< Ci conviene andare, sapete >> propose Bilbo, prevedendo già i battibecchi che sarebbero nati tra i due nani; lui e Karin si avviarono per primi, sentendo i fratelli iniziare a discutere e, l'attimo dopo, ridere forte per una qualche battuta.

La ragazza si sentì inaspettatamente meglio dopo aver passato la mattinata in loro compagnia, ma si ripromise di pensare anche alle strane domande a cui aveva risposto; guardando di sottecchi Bilbo, si convinse che c'era dell'altro che non voleva rivelarle. E, prima o poi, avrebbe scoperto di cosa si trattava.



In un battito di ciglia volò anche il pomeriggio, passato fuori con i ragazzi: si erano presentati alla sua porta tutti sorridenti, trascinandola in giardino per una fumata; si erano seduti a terra e, poiché gli alberi erano esili e non li avrebbero coperti con la loro ombra, erano rimasti sotto il sole caldo a parlare e raccontarsi storie. Karin aveva per lo più ascoltato, sorridendo ogni qual volta ce ne fosse bisogno, ma non aveva partecipato al loro tuffo nel passato. Avevano posto molte domande a Bilbo, essendo di una razza diversa e lui, con un'espressione nostalgica e felice in volto, aveva raccontato della sua vita nella Contea.

E poi, quando ormai si erano accorti che il sole stava tramontando ad ovest, avevano deciso che era tempo di rientrare e si erano incamminati continuando a ridere e cantare allegri.

Karin si sorprese a pensare di come fosse cambiata la situazione dalla sera precedente; a pranzo, infatti, tutti le avevano chiesto se stesse meglio e persino Dwalin – che, di norma, l'ignorava o le si rivolgeva in tono burbero – si interessò della sua salute.

Aveva risposto con gentilezza a tutti, non senza però una buona dose di sospetto e distacco: non era abituata a ricevere tutte quelle attenzioni, né che le parlassero così tanto. Aveva trascorso troppo tempo da sola.

Fece un cenno con la mano agli altri che, nel frattempo, aprivano le porte delle stanze per fiondarcisi dentro e, con un leggero sorriso sulle labbra al ricordo della tranquila giornata trascorsa senza intoppi, aprì la porta della camera.

Il sorriso svanì, ed un'espressione stupita ne prese il posto alla vista di chi vi era all'interno.

Thorin era entrato senza il suo permesso. E, tra le mani, reggeva Iris.








CANTUCCINO DELL'AUTRICE

Holaaaaaa!!! Come state ragazzuole mie? ^^

Sotto minacce di morte da parte della cara e vecchia Carmaux_95, eccomi qui a postare il quarto capitolo!
Devo dire che mi sento abbastanza soddisfatta di come è venuto, anche se ho scritto poco rispetto allo scorso :( ; è che mi è sembrato doveroso scrivere qualcosa di un po' più... diverso, ecco! Non mi sono nemmeno dilungata troppo con tante parole, ed ho diviso il capitolo in alcuni paragrafi: non so perché l'ho fatto, avevo voglia di provare uno stile nuovo ^^. Inoltre, avrei voluto scrivere meglio alcune parti ç___ç; chiedo già scusa a MrsBlack90, perché mi sa che anche stavolta non ho descritto granché del paesaggio: è sempre stata un'ardua sfida descrivere Gran Burrone, e credo d'aver toppato :( perdonatemi!!! Ok, mi sa che la definizione "abbastanza soddisfatta" non rientri molto bene :D

Non sapete quanto sia stata felice nel leggere le vostre recensioni, mi danno sempre una carica ed una dose di autostima troooooppo grande: siete tutte fantastiche, dico davvero! E non smetterò mai di ringraziarvi :D

Dunque, torniamo al capitolo – adoro commentare ciò che scrivo *____*: qui entra in scena il grandissimo Radagast! Quanto mi piace quello stregone, sono stata felicissima che P.J. abbia voluto svilupparlo!
Con l'arrivo della compagnia nella Valle Nascosta nascono nuovi problemi: fate attenzione a ciò che leggete, perché alcune situazioni/frasi sono un preludio a ciò che accadrà più avanti, e riguarderanno il passato di Karin ;) ;)
Spero d'essere riuscita a rendere la magnifica spada Iris: nella mia testa la immagino perfetta, ma magari l'ho descritta male... aiutoooooo!!!!!

Con questa spiegazione, credo che ormai abbiate capito a cosa si riferisce il titolo della storia: alle due fedeli armi dei protagonisti, lo scudo e la spada. Non so voi, ma io la trovo una cosa dolcissima *_______*, non credo di resistere ancora per molto a farli litigare e basta >.<: ho bisogno di fluffosità, anche se non riesco a scrivere nulla del genere ahahahhahaha, cielo!

Bene, quindi come sempre vi esorto a lasciare una recensione per farmi sapere cosa ne pensate! Anche voi che leggete solamente, fatevi sentire: mi sarebbe d'aiuto per capire se sto seguendo il sentiero giusto verso Erebor XD XD XD!!!

Ringrazio tantissimo le persone che l'hanno inserita nelle liste delle storie preferite, seguite e ricordate (scusate se non vi elenco ç___ç ) e un grazie di cuore a chi ha recensito: Lady of the sea, jaybeautifldarkangel, Jollyna, nini superga, erica0501, MrsBlack090 e Carmaux_95.

Thaaaaaanks ragazze, alla prossimaaaaaa!!! :* :*

Anna <3

  
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