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Autore: Aretusa    18/01/2013    2 recensioni
Jonathan Christopher Morgenstern, ha deciso di consegnarsi al Conclave e chiedere di essere perdonato per le colpe commesse da suo padre. Sa di non avere alcuna possibilità, ma che importa quando sei solo al mondo e ciò che ti resta non è altro che te stesso?
Il rituale di legame con il suo fratellastro Jace sembra averlo cambiato definitivamente, al punto che forse... forse, potrebbe anche arrivare ad innamorarsi.
Ma chi mai potrebbe ricambiarlo?
Chi amerebbe mai, una bestia?
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Izzy Lightwood, Jonathan
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Tratto da City of Glass

 
Simon parlò senza pensare. — Lui e Isabelle... C'è qualcosa tra di loro? Questo fece ridere Alec. — Isabelle e Sebastian? Difficile. Sebastian è un bravo ragazzo. A Isabelle piace uscire solo con ragazzi assolutamente inadeguati, che i nostri genitori non potrebbero mai sopportare: mondani, Nascosti, piccoli truffatori...

***
 
 
La notte negli occhi e il fuoco dentro al cuore. L’orgoglio e la risolutezza che solo pochi Shadowhunters possedevano davvero. Uomini, per di più.
Isabelle.
Era bella. Oh, se lo era. I capelli lisci e lunghi le accarezzavano la schiena come un mantello di raso del colore della notte più nera. Il suo corpo era flessuoso, attraente,la pelle bianca e immacolata celata sotto lo strato pesante della divisa da cacciatrice che lasciava esposta la zona vulnerabile del collo e le morbide rotondità dei seni punteggiate da dolci sfregi di luna. Cicatrici di battaglie passate che invece di deturparla la rendevano ancora più bella.
Bella e, ne era sicuro, altrettanto letale.
Una vita di cicatrici e morte. Dopotutto, era questo il destino dei figli degli angeli.
Una lacrima le si staccò dalle ciglia e iniziò la sua caduta, posandosi poi sulle labbra, soffici e rosse come i petali di una rosa in boccio. Lei ci passò sopra con la lingua, senza curarsene, poi fece un sorriso ironico, come se si stesse prendendo gioco di se stessa.
 

 

1

ASSOLUZIONE

 
 

La confessione di tutti i suoi  peccati e la totale assoluzione da ogni colpa.
Il torto più grande di tutti. Il suo peccato originale: essere nato come il figlio di suo padre.
 Neanche nei sogni più luminosi avrebbe immaginato che un crimine del genere potesse essere soppresso dal perdono.
Il perdono.
Una parola vuota, priva di ogni significato, un insieme di lettere senza senso sentiti per caso, qualcosa che conosceva soltanto per averla appresa dalle pagine di un vocabolario.
Fino ad allora.
Chi mai avrebbe detto, che un giorno, proprio lui, si sarebbe ritrovato in quella situazione? Era di fronte ad un istituzione che, fino dai tempi in cui era ancora in fasce, gli era stato insegnato a disprezzare.
Lui. Jonathan Cristopher Morgernstern, figlio di Valentine, si era inchinato al cospetto dell’intero Conclave riunito nella sala degli accordi ed aveva chiesto di essere perdonato. Non si era mai nemmeno sognato che la sua supplica fosse anche solo presa in considerazione. La realtà che rincorreva l’immaginazione, superandola. Tutta la sua vita non era stata altro che il continuo susseguirsi di macchinazioni e soprusi da parte di persone che avrebbero dovuto amarlo e che alla fine lo avevano abbandonato. Sua madre, suo padre, Lilith…
E poi c’era stata lei.
Clarissa, sua sorella. La prima volta che l’aveva vista aveva pensato che si trattasse di un sogno. Quella ragazzina era esattamente come l’aveva sempre sognata, ogni notte, da quando era venuto a conoscenza della sua esistenza.
Clarissa.
Il motivo per cui adesso si trovava li.
Era merito suo se avevo deciso di provarci.
Di provare ad essere diverso.
Di provare ad essere libero.
Libero.Quella parola continuava a rimbombargli nelle orecchie come l’eco di qualcosa di troppo lontano, per poter essere raggiunto. Sebbene lui stesso faticasse a crederci, le espressioni sui volti degli Shadowhunters che avevano preso parte al consiglio non lasciavano spazio ad alcun dubbio. Il console aveva deciso. Il verdetto era stato dato.
Assolto.
Erano  stati sua sorella e Jace a giocare il ruolo decisivo in quella difficile decisione. Entrambi avevano testimoniato a suo favore.
L’avevano salvato.
Lui e Jace erano stati legati l’uno all’altro per settimane, i loro corpi e i loro pensieri erano arrivati ad essere quasi un tutt’uno, e nonostante all’inizio aveva creduto di essere lui la metà più forte, quello che sarebbe riuscito a dominare l’altro, in realtà era stato Jace a cambiare lui.
Il sangue dell’angelo che scorreva nelle vene del suo fratellastro, aveva messo a tacere il demone che da sempre aveva albergato all’interno del suo corpo. Corrodendogli l’anima.
Ma poi qualcosa era cambiato.
Lui, era cambiato.
I suoi pensieri avevano iniziato a prendere direzioni diverse, a considerare cose che prima aveva dato per scontato, sentimenti di cui fino a quel momento aveva ignorato persino l’esistenza.
La gioia di una famiglia, la fiducia, l’amore di qualcuno che avrebbe fatto qualunque cosa, pur di rimanergli accanto. Era questo, più di ogni altra cosa, ciò che Clary e Jace gli avevano insegnato nel poco tempo trascorso nella gabbia invisibile di Valentine. Non avrebbe saputo dire con certezza quale fosse stato l’esatto momento in cui aveva iniziato a desiderare qualcosa di più che la sola vendetta, ma ad un certo punto, qualcosa dentro di lui era cambiato. Forse era stato proprio il giorno in cui Clary aveva seguito Jace all’interno della piega interdimensionale, pur sapendo i rischi che avrebbe corso, o quella volta a Praga, in cui tutti e tre avevano combattuto insieme contro quei demoni all’interno della bottega, dopo essersi appropriato dell’adamas, o ancora a Parigi, quando quella testarda di sua sorella si era messa in testa di seguirlo di nascosto e si era poi ritrovata a dover combattere contro ben cinque demoni, rischiando la vita. Quella volta avrebbe potuto lasciarla li a morire, infondo, il solo fatto che lo stesse spiando era la prova che non avrebbe potuto fidarsi di lei, che non avrebbe dovuto, fidarsi di lei. Eppure quando l’aveva vista li, stesa per terra, ricoperta di veleno e sangue, non ci aveva pensato due volte, prima di accorrere in suo aiuto. In un certo senso, quella era stata la prima volta, in cui aveva pensato a Clarissa come a sua sorella, il suo stesso sangue da proteggere, qualcuno che avrebbe potuto amarlo davvero.
E poi, quasi per caso, si era ritrovato ad ascoltare quella conversazione. Le parole sussurrate piano dietro alla porta chiusa di una stanza, credendo di non essere ascoltati.
 
Era stato allora che aveva capito che quelle settimane trascorse con Clary e Jace, all’interno di quella casa, credendo di aver trovato finalmente una famiglia, non erano state altro che un illusione. Il sogno di un pazzo convinto di poter costringere qualcuno ad amarlo con la forza. A loro non importava nulla della ricchezza, del potere, del lusso in cui aveva concesso loro di vivere solo per avere qualcuno accanto. Clary e Jace volevano tornare a casa, volevano tornare dalle loro famiglie, dai loro amici, da coloro che li amavano.
Sarebbero scappati, l’avrebbero abbandonato, e lui sarebbe rimasto di nuovo solo.
Questa volta per sempre.
E lui, cosa voleva lui? Ultimamente aveva iniziato a pensare sempre meno spesso al piano di Lilith. Si, perché quello di trasformare quanti più Shadowhunters possibili in guerrieri oscuri, creati dando loro da bere il suo sangue e quello di Lilith dalla nuova coppa mortale che fatto realizzare da Magdalena, una ex Sorella di Ferro che viveva in Francia, era un piano ideato da Lilith, e lui aveva accettato solo per compiacere la donna che molto tempo aveva considerato sua madre, solo per non restare da solo. Una parte di lui era quasi felice di poter finalmente avere qualcuno di tanto simile a lui.
Metà Demone, metà Shadowhunters.
E poi era arrivata Clary. E lui aveva capito, guardando come lei guardava Jace, come Jocelyn aveva guardato lei, che quello di Lilith, allo stesso modo di quello di Valentine, non era amore. Non lo era mai stato.
Fin da prima ancora di nascere, non era stato altro che un esperimento, un mezzo, l’arma per poter vincere una guerra.
Lui, Jonathan Christopher Morgenstern, non era mai stato amato da nessuno al mondo, e se avesse continuato in quel modo solo per compiacere qualcuno che in realtà l’aveva soltanto usato, e poi abbandonato, le cose non sarebbero mai cambiate.
Jace, libero, anche se temporaneamente dal controllo esercitato dal legame di sangue che aveva con lui, si sarebbe consegnato al Conclave, facendosi ammazzare, piuttosto che rimanere con lui. E allora, che cosa ne sarebbe stato di lui? Sarebbe morto, seguendolo. Che altra scelta gli rimaneva? Per un attimo nella sua mente era balenato il pensiero di impedirgli di andarsene con la forza, ma in fondo, non era questo, ciò che voleva. Non voleva costringere qualcuno a rimanere con lui con la violenza, quello non sarebbe mai stato amore.
E poi Clarissa gli aveva chiesto di seguirli.
«Vieni con noi, Sebastian».
Sebastian. 
Clary non l’aveva mai chiamato Jonathan. Il solo pronunciare quel nome doveva farla sanguinare dall’interno. Il ricordo di qualcuno che non c’era più, che per lei non c’era mai stato, il fratello che gli era stato negato, la sofferenza della madre.
Sua madre.
Jocelyn.
In realtà era stata sempre e solo la madre di Clary, non la sua.
«Che cosa stai dicendo?».
«Ti sto chiedendo di costituirti, di rinnegare Lilith e consegnarli volontariamente al Conclave».
«Sai che non posso farlo. Sarebbe un suicidio. Tanto vale che mi uccidiate voi adesso».
«Ma se dici a loro ciò che hai detto a me, che i demoni stanno invadendo il nostro mondo in massa, che non sei come Valentine, che vuoi solo proteggere gli umani…»
«E pensi che loro crederebbero ad una sola delle parole che esce dalla mia bocca? Non essere ridicola, quello che stai dicendo è assurdo! Non mi crederebbe nessuno».
Neanche lui, avrebbe creduto alle sue stesse parole.
«Io però ti credo!».
«Cosa?»
«Io ti credo, Sebastian. Mi fido di te. Dimostrami che non mi sbaglio, che non sono solo un illusa».
Lo era. Oh, se lo era. Ma era così bello sentire quelle parole, che per un attimo, uno soltanto, si concesse di illudersi anche lui.
«Non è un’idea del tutto assurda», aveva detto Jace,  «folle si, ma non assurda. E’ già successo in passato, infondo, che il Conclave concedesse la grazia a qualcuno che avesse infranto la legge. I miei genitori adottivi, Marise e Robert Lightwood ne sono un esempio, e Hodge, il mio tutore, facevano tutti parte del Circolo di Valentine».
«Ma io sono il figlio di Valentine. Lui ha fatto di me ciò che sono ora. E sono in parte demone, il sangue che scorre nelle mie vene è avvelenato, maledetto. Io non andrò mai bene, non sarò mai come te».
«Ma tu puoi ancora scegliere. Puoi scegliere di essere chi vuoi, di essere te stesso. Non devi essere per forza il figlio di Valentine, non devi più di quanto non debba io, o Jace. Puoi essere semplicemente Sebastian».
«Sebastian Verlac è morto. Non esiste più. E sono stato proprio io a ucciderlo».
«Allora sii Sebastian e basta. Non importa quale sia il tuo cognome, la cosa importante è il modo in cui vivi, le azioni che compi. Puoi scegliere di fuggire per sempre, oppure puoi scegliere di venire con noi, mostrarti davanti al Conclave e chiedere di essere perdonato… solo tu puoi decidere chi essere. Tu e nessun altro».
 
Perdono.
Così era iniziato tutto.
Così era iniziata la nuova vita di Sebastian.
   
 
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