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Autore: furetchen90    19/01/2013    0 recensioni
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Genere: Angst, Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lettera di un Tedesco alla cugina Francese

Cara Cateline,
a scriverti è Ragnol, il tuo poderoso, di nome e di fatto, cugino bavaro. Come ogni quindicesimo del mese ti tumideggio.
Sono molto auspicale, oggi, perché ho gioito del tuo superamento dell’auscultazione d’iscrizione per l’ammissione al Franche-Comtè di cui mi hai accennato nella lettera precedente. Qui in Germania noi stiamo celebrando il
Karfreitag, il venerdì santo della Pasqua. Curioso, vero? Fu proprio questo il giorno in cui ricevetti la tua prima lettera, e da allora ti scrivo sempre, tutti i quindici di ogni mese. Oggi, dopo quattro anni, il Karfreitag è nuovamente capitato il quindici di Aprile, e la giornata, per me, è ancora più speciale. Memorio perfettamente gli eventi di quel giorno solingo e ne sottorido, sebbene il casellario che ho in testa, solitamente, li macula. Quel giorno marzolino, in cui tu, siduta da sola sotto quel pino nel parco di Dummer, a Bersenbruk, con quel tuo cicerone tra le tue manine e la bambolina di pezza sulle gambe conserte, distaccata dai tuoi zii, intenti a chiacchierare del più e del meno, mi scorgesti rincorrere la giaccia garrula sfarfallante a causa del turbine. Non ti notai subito, ma quando sgranasti per ridere della mia impacciosità, istantaneamente cogliesti la mia attenzione. E vidi quella fanciulla flava e cerulea, il cui sguardo, condiscendente, era ravvivato da quel torello negricrinato impacciato nei movimenti.
Ci capimmo all’istante, appena incrociammo gli occhi: sia io che te mantacavamo interiormente. Comuque ci salutammo, ci introducemmo, e sebbene inizialmente ci fosse seccaia, bastò qualche chiaccierata per conoscerci meglio e per sguainare, recirpocamente, un tesoro. Usando un eufemismo, rimasi choccato; eri stupenda, non come quelle pocofile addobbate di nero e autolesive. Ti ricordi il cafè in cui passammo tutta la pasqua? Si chiamava…
Moin-Moin! Si! “Giorno-Giorno! Che nome simpatico aveva! Eri impasta di cioccolatini e dolciumi, non risparmiavi niente, i Lebkuchen, gli Swiss roll, i Gugelhupf inorridivano innanzi a te. La contenevi la tua golosità, comunque; la malacia veniva soppressa dal beccolare una sola quadra di dolce a pasto, lambiccandone tutte le quadre. Io, invece, finivo tutto quello che avevo in pochi istanti, perché abituato ad una vita celere, e tu ridevi, perché rimanevi sbigottita, abituata a vedere quelli del tuo rango a mangiare con un certo savoir-faire ipocrita, e mi consideravi spontaneo, sempre, pure quando mangiavo, perché discoprivo me stesso, non vallandomi dietro sciocchi precetti imposti dall’etica spicciola. Sei l’unica persona che mi ha imposto la Pasqua, durante la mia vita claustrale.
Risacchi?
Bene, perché ti appulcra, il riso.
A pensarci bene, se non ci fosse stata quella tua prima lettera che ricevetti molti anni fa, qualche mese dopo la nostra separazione, in estate, quando io rimasi qua con mio padre per lavorare, mentre tu tornasti lì a Bourgoin Jallieu, per continuare gli studi, non ci saremmo più tenuti in contatto. Sarei una persona diversa.
Senza il tuo supporto, non sarei diventato così, sarei rimasto malferace, proprio come quando non avevo nessuno con cui potermi relazionare, perché nessuno capiva la mia passione per la lettura e la volontà di diventare uno scrittore per vocazione.
In cambio, purtroppo, ogggi, posso permettermi solo di scriverti, cara cugina. Avrei voluto augurarti di persona di putare bene sulle griglie universitarie, di ignorare le pressioni sulle tue spallucce virgulte e elisee; avrei voluto sciaperonarti al Cafe Moin-Moin un'altra volta, per ganzarti quei succulenti
Lebkuchen dalle forme bizzarre, per poi vedere i mazzieri delle giostre dedicate al Karfreitag, dove tutti quanti spingano, e ludono per glorificare il Signore. Il Signore, già.
Proprio lui, di cui adesso tu sei ospite, nei suoi cieli, mentre io sono ancora confinato al regno terreno, e poggio questa lettera sul tuo avello, l’avello di una persona morta prima ancora di maturare del tutto.

  
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