Due passi
Uno sguardo. Respiri profondi. La punta della scarpa
affonda ancora di più nel terreno, occhi bassi, cappuccio
sulla
testa. Passerebbe le ore a stare così, a nutrirsi delle sue
occhiate, del profumo del suo shampoo portato dal vento, della sua
risata che arriva sbiadita alle sue orecchie. Non si avvicinano, non
parlano; rimangono lì, lontani, ognuno perso nei propri
pensieri,
non sapendo di essere nella mente dell'altro. Lui aspira ancora una
volta dalla sigaretta, immaginando di respirare lei. Poi fa finta di
ridere ad una battuta di uno dei suoi amici, una battuta che in
realtà non ha neanche sentito. I sorrisi nascono spontanei,
guardandola. Le fossette nelle guance gli spuntano automaticamente,
sfiorando con lo sguardo i suoi occhi. Sono nocciola, ma di un
nocciola che gli ricorda il cioccolato al latte, la pelle di un
bambino nero, il tronco degli alberi, la terra subito dopo aver
piovuto. Sono quel tipo di occhi che attraggono, ipnotizzano,
stregano. O, per come la pensa lui, ti fottono del tutto.
Perché un
istante dopo aver visto quegli occhi, aveva capito di essere rimasto
fottuto da una perfetta sconosciuta. Conosceva a malapena il suo
nome, ma già si era innamorato. Butta la sigaretta per
terra, e si
volta verso di lei con discrezione. Gli sguardi sono la cosa
più
strana del mondo, pensa. Uno sguardo non dura neanche una
piccolissima frazione di secondo, eppure a volte ti lascia impressi
dettagli superflui, come il pallido colore della sua pelle, il neo
che risalta sul dorso della mano destra, l'incisivo che sporge
leggermente quando ride. Tutte piccole imperfezioni, che
però la
rendono ancora di più meravigliosa di quanto non sia. Non ci
ha mai
parlato, non sa come sia il suono della sua voce, non ha idea di come
sia la sua scrittura, se le piaccia disegnare oppure se lo odi, se le
piacciano le fragole o il limone, se vada bene a scuola, se abbia un
fratello o una sorella, e non sa un altro milione di cose. Sa solo
che adesso, vorrebbe andare di fianco a lei e prenderle la mano.
Nient'altro. Anche il tempo è una cosa strana, riflette il
ragazzo.
Ogni passo che fa verso di lei sembra durare miliardi di anni, e
quando è di fronte a lei è già troppo
vecchio per riuscire a dire
qualsiasi cosa. Le mani gli tremano, e non riesce a non sudare sotto
il suo sguardo confuso e un po' stordito. E poi arrivano. Le parole,
in ritardo, arrivano troppo velocemente per riuscire a riguadagnare
il tempo perduto, e dalla bocca alla fine gli esce solo una
centrifuga di suoni sconnessi, incomprensibile anche per lui. Respira
ancora, il suo odore che gli pizzica le narici. Poi, ci riprova.
-
Vieni a fare due passi?
Lei sorride,
un sorriso capace di
illuminare il mondo. E quando lei annuisce, lui pensa di non aver mai
avuto tanta voglia di fare una passeggiata in vita sua.