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Autore: holls    19/01/2013    32 recensioni
Un investigatore privato, solo e tormentato; il suo ex fidanzato, in coppia professionale con un tipo un po' sboccato per un lavoro lontano dalla luce del sole; il barista del Naughty Blu, custode dei drammi sentimentali dei suoi clienti; una ragazza, pianista quasi per forza, fotografa per passione; e un poliziotto un po' troppo galante, ma con una bella parlantina.
Personaggi che si incontrano, si dividono, si scontrano, si rincorrono, sullo sfondo di una caotica New York.
Ma proprio quando l'equilibrio sembra raggiunto, dopo incomprensioni, rimorsi, gelosie, silenzi colpevoli e segreti inconfessati, una serie di omicidi sopraggiungerà a sconvolgere la città: nulla di anormale, se non fosse che i delitti sembrano essere legati in qualche modo alle storie dei protagonisti.
Chi sta tentando di mettere a soqquadro le loro vite? Ma soprattutto, perché?
[Attenzione: le recensioni contengono spoiler!]
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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- Questa storia fa parte della serie 'Nathalan'
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Prologo.

 
 
Ottobre.
Espirò lentamente. Davanti a lui si formò una nuvola di fumo, che presto si confuse con l’aria inquinata che lo circondava. Perfino l’odore della sigaretta, in tutto quel traffico, gli sembrava quasi gradevole.
Nathan se ne stava seduto sul marciapiede di quell’enorme viale, divertendosi, nell’attesa, a scrutare le macchine lì di passaggio. All’improvviso, gli parve di scorgere l’auto che stava aspettando. La osservò meglio, ma si accorse che la targa era diversa. La macchina si fermò al semaforo, proprio davanti a lui, e ne approfittò per dare un’occhiata dentro. Poté vedere un bambino e un cane che giocavano insieme: il povero bambino tentava disperatamente di fuggire dalle leccate di quel cane che era almeno due volte la sua stazza, mentre i genitori, che parlavano di tutt’altro, non si accorgevano di nulla. Scattò il verde e la macchina ripartì.
La mano destra cominciava a congelarsi e si domandò per quale assurdo motivo avesse acceso quella sigaretta. Nonostante fosse ottobre, sembrava quasi di essere in pieno inverno, con l’unica differenza che, ancora, non aveva nevicato. Ma il gelo che gli stava intorpidendo la mano era tutt’altro che autunnale.
Una raffica di gelido Barber lo costrinse a stringersi in quel misero cappotto che aveva e in quel momento pensò che, con tutti i soldi che guadagnava col suo lavoro, poteva mettere qualcosa da parte per comprarsi un cappotto vero e non quella banale imitazione che portava da secoli.
Il semaforo fu di nuovo rosso. Davanti a lui si fermò un Suv, che gli ricordava qualcosa. O meglio, qualcuno. Al suo interno vi era però un’altra famiglia, questa volta senza nessun cane gioioso. Non annoverava nessuna famigliola felice tra le sue conoscenze, ma qualcosa scattò in lui quando osservò meglio l’uomo alla guida. Non appena l’occhio gli cadde sulla particolare stempiatura che aveva, figurò immediatamente l’identità del guidatore: era un suo cliente. L’uomo si voltò casualmente verso Nathan e quest’ultimo gli lanciò uno sguardo malizioso. A quel gesto, l’uomo tornò immediatamente a guardare il semaforo, per poi ripartire subito al verde appena scattato.
Il lampione sopra la testa di Nathan cominciava a fare cilecca. Si augurò solo che Hank arrivasse presto. Ormai aveva anche finito di fumare e aveva nascosto le mani dentro il cappotto sperando di trarne qualche beneficio. Un’altra raffica, e cominciò a battere i denti.
Ma come per un intervento divino, l’auto di Hank si fece largo tra le altre, fino ad accostare proprio davanti a Nathan. Il ragazzo si alzò e si avvicinò alla macchina; Hank tirò giù un finestrino.
« Allora, quanto vuoi? »
« Sarebbe comunque troppo per te! »
Hank scoppiò a ridere.
« Dai, sali. E muoviti, che fa un freddo boia. »
Nathan entrò nella macchina e chiuse la portiera. Qualcuno cominciò a suonare dietro di loro.
« Ma che cazzo volete? Ora partiamo! »
Nathan sorrise.
« Adoro la finezza che ti contraddistingue, Hank. »
 
I due partirono, in direzione di quello che definivano ormai ‘il loro luogo’.
Nathan tentò di accendere il riscaldamento, nel tentativo di scongelarsi un po’. Hank, intanto, era impegnato a mandare al diavolo ogni automobilista sul suo cammino.
Aspettò un po’ di tempo, ma dai bocchettoni dell’auto continuava a uscire aria fredda. Era disposto a sopportare quel freddo iniziale, ma cominciava a pensare che preferiva quasi tenersi il gelo che aveva già.
Primi e fermi al semaforo, Hank placò per un momento gli epiteti che fino a quel momento aveva lanciato.
« Mi sembrava che fuori facesse freddo, ma non mi pareva così tanto. »
Seguì un momento di silenzio, finché lo sguardo di Hank non si posò sui comandi dell’auto.
« Ma che hai combinato? Non dirmi che hai acceso l’aria! »
« Be’, sì, perché? »
Hank sospirò.
« È rotta, cazzo! Congeleremo! »
« Oddio! Scusa. La spengo subito. »
Nathan si imbarazzò un poco, ma al contempo la cosa lo aveva divertito – soprattutto la faccia di Hank.
« Ah, non puoi immaginare chi ho visto prima. Ti ricordi il cliente di due sere fa, quello un po’ stempiato col Suv? È passato prima con tutta la famiglia al completo. Se l’è fatta addosso appena mi ha visto, tra poco faceva un incidente! »
« Sai che sorpresa ancora più grande, se tu un giorno gli piombassi in casa. Potrebbe avere un infarto. »
« Effettivamente sarebbe divertente. Non l’infarto, s’intende. »
 
Mancava ormai poco all’arrivo e Nathan cominciava ad acclimatarsi.
« Al tuo ragazzo dici sempre che vai a lavorare al bar? »
« Sì. Anche se ho il sospetto che non ci creda più molto. »
« Potresti sempre dirgli la verità. Non è mica un lavoro disonorevole. »
« Hank, non credo che gli farebbe molto piacere sapere che tutte le sere do il mio… didietro a una manciata di sconosciuti. »
« Digli che sei attivo. »
Nathan sospirò.
« Non capirai mai, Hank. D’altronde mi stupirei più del contrario. »
« Già, per fortuna non sono coinvolto in nessuna schifezza romantica. Ah, eccoci arrivati. »
Hank parcheggiò la macchina in una strada laterale, dopodiché scesero. Si incamminarono verso la strada principale e si fermarono dopo poco. Lì, sul marciapiede, di fronte al solito condominio color salmone.
 
Passarono gran parte del tempo ad aspettare che qualcuno arrivasse ma forse, complice anche il clima, non si vedeva nessuno all’orizzonte.
Nathan si strofinò le mani e si rivolse a Hank.
« Pensi che verrà qualcuno stasera? »
« Be’, chiunque sia, spero che abbia il riscaldamento in auto. Potremmo mettere un cartello: ‘Chi è senza riscaldamento, paga 10 dollari in più’. »
« È incredibile. Io avrei messo: ‘Sconto di 10 dollari a chi ha il riscaldamento’. »
I due ragazzi dettero ancora un’occhiata, ma non si vedeva nessuno. Qualche macchina passava di lì, ma erano solo auto di passaggio non interessate ai loro servizi. Anche se in realtà riconoscevano subito i loro clienti: con quelli più intimi, che tornavano più volte, avevano stabilito di dare un colpo di abbaglianti per farsi riconoscere. Ma, quella sera, l’unica luce intorno a loro era quella dei lampioni.
Alla fine Hank sbuffò.
« Che ne dici di tornarcene a casa? »
« Non sai quanto sia allettato dalla tua offerta, ma l’affitto a fine mese richiede pagamento in soli contanti. »
Hank sorrise e tornò a guardare le foglie sotto il suo piede, ormai prossime a incastrarsi in un tombino.
 
Passò ancora del tempo e Nathan cominciò a passeggiare sul marciapiede, cercando di scaldarsi. Aveva parlato con Hank del più e del meno, ma ormai aveva esaurito ogni argomento di conversazione. Si stava davvero convincendo che la cosa migliore fosse tornare a casa, anche se lo preoccupava il pensiero che Alan, il suo ragazzo, potesse chiedergli perché era tornato prima, sempre che non fosse già a dormire.
Faceva quel lavoro già da quattro anni e non ne aveva mai parlato con nessuno. Soltanto Hank, ovviamente, era a conoscenza della sua vera professione. Per tutti gli altri, lui lavorava in un bar di periferia e gli era sfortunatamente toccato il turno di notte. In questo modo, sarebbe stato plausibile il fatto che nessuno lo avesse mai visto nei paraggi.
 
Il flash di due abbaglianti lo destò dai suoi pensieri. Nathan e Hank si guardarono subito, sorridenti. Aspettarono che l’auto si fermasse davanti a loro, ma non lo fece. Accostò invece un po’ più avanti, in una zona più buia rispetto al resto, a causa di un lampione che non funzionava più.
Aspettarono un po’, tentando di capire se in quell’auto ci fosse un cliente o no; ma quando videro che l’auto si era proprio fermata, intuirono che era interessato a loro. I due si mossero, sbuffando, verso la macchina. Appena arrivati davanti, l’uomo al suo interno abbassò il finestrino.
« Sarei interessato a Nathan. »
Quella frase li colse di sorpresa e i due ragazzi si guardarono stupiti. Nathan fu colto da un senso di inquietudine, per svariati motivi. Quell’uomo, di cui non si ricordava affatto, aveva l’aria di conoscerlo bene; e, cosa ancora più strana, non gli aveva nemmeno chiesto quanto volesse.
Ma visto che era il primo cliente che in quella serata gelida si era degnato di fermarsi, Nathan accettò. Salì in auto, chiuse la portiera e lanciò un ultimo sguardo a Hank.
La macchina ripartì, ma, dopo pochi metri, le portiere si chiusero da sole. Il cuore di Nathan cominciò a battere più forte e il notare che la porta era effettivamente chiusa – il perno di sicurezza si era abbassato -  fece nascere in lui un’inquietudine ancora più forte.
Il silenzio fu spezzato solo dalla voce dell’uomo.
« A quanto pare non puoi più uscire. »
Nathan riuscì solo a spostare lo sguardo verso quell’uomo e notò che aveva uno strano sorriso sul viso. Non si sentiva sicuro. Aveva quasi l’impressione che il cuore gli sarebbe fuoriuscito dal petto, da quanto lo sentiva battere; e anche il suo respiro, ormai, si era accorciato drasticamente.
L’auto finalmente accostò, ma le portiere non potevano ancora essere aperte. Nathan si voltò spaventato verso l’uomo, che invece lo fissava con sorriso sadico sul viso. E lo guardava così, senza vergogna, come se si divertisse nel vedere la paura stampata sul volto di Nathan.
« Che cosa vuoi da me? »
La voce gli tremava, anche se cercava di simulare una certa calma.
« Oh, niente. Solo farti una proposta. »
La  voce dell’uomo era lenta e melliflua e scandiva ogni parola con una maniacale accuratezza.
« Non me ne frega niente delle tue proposte, fammi uscire di qui! »
« E invece credo proprio che ti interesserà. So tutto di te. Innocente studente di giorno e… » Nathan sentì una mano infilarsi sotto il suo cappotto. « audace puttana di notte. »
Nathan ricacciò via la mano con veemenza.
« Non mi toccare! Dimmi che cosa vuoi! »
« Osi parlarmi così? Mmm, chissà cosa direbbe il tuo bel fidanzatino Alan se lo scoprisse… »
« Tu… Come fai a … »
« Questo non deve interessarti. Parliamo di affari, ora. Sai, mi piaci molto – ah, mi scacci ancora così? Non lo farei se fossi in te. Io ti voglio. »
Nathan cominciò a sentirsi in pericolo. Il battito del suo cuore era aumentato talmente tanto che gli sembrava di sentirlo rimbombare negli orecchi. Ma, pensò, doveva mantenere la calma. Rispose con un tono fermo e deciso.
« Sono 200 dollari. »
« Un po’ cara, come tariffa. No, voglio di più. Voglio scoparti, » disse l’uomo, avvicinando il suo viso all’orecchio di Nathan, « a casa tua. »
« Che cosa? »
« Sì, proprio così. Nella tua bella camera da letto che condividi con quel tuo sciocco fidanzatino. »
« Non parlare così di Alan, non te lo permetto! »
« Ah no? Prendere o lasciare. Una scopata e la tua vita continuerà come se niente fosse, altrimenti… »
Al solo pensiero di quello che sarebbe potuto accadere se avesse rifiutato, Nathan impietrì. Immaginò il volto di Alan, la sua delusione, il suo disgusto. Lo avrebbe mollato e non avrebbe più voluto sapere nulla di lui. Di fronte a una tale scena, gli mancò quasi l’aria. Non ebbe il coraggio di dire nulla all’uomo che aveva di fronte, ma fu lui a continuare.
« Deciderò io la data e l’ora del nostro incontro. Capirai subito quando avrò deciso. In ogni caso, ti lascio il tempo per pensare. »
All’improvviso, le portiere dell’auto si sbloccarono. Di fronte a quel click, Nathan sobbalzò.
« Allora, carino, torniamo indietro? »
D’istinto, Nathan afferrò la portiera e l’aprì. Scappò via da quell’essere viscido senza pensarci due volte e cominciò a correre a perdifiato, mentre nella sua mente avvertiva solo la paura e la repulsione. Pensò alle mani di quell’uomo sulle sue cosce, nel tentativo di toccarlo sotto la maglia che portava. Immaginò poi l’avverarsi della richiesta che gli aveva fatto l’uomo e sentì la voglia di vomitare.
 
Era davanti a un bivio ed entrambe le strade avrebbero portato alla sofferenza: se avesse accettato, la sua storia sarebbe stata salva, ma sarebbe stato come fare a se stesso un torto troppo grande; dall’altro lato, avrebbe perso per sempre la persona che amava, che mai, e lo sapeva, avrebbe accettato una bugia che andava avanti da tre anni, oltre a ciò che quella bugia implicava.
 
***
 
Nathan sentì il bisogno di fermarsi. Non sapeva perché, dopo due mesi, gli fosse tornata in mente quella scena. Eppure era prigioniero del sonno e, benché tentasse di fermare quell’incubo, la sua mente non aveva voglia di svegliarsi. Si girava e rigirava in quel letto solitario, cercando una pace che non voleva arrivare. Avrebbe voluto svegliarsi e gridare, ma non ce la faceva. Il sonno lo stava trascinando verso un nuovo incubo. E questo, purtroppo, non tardò molto a presentarsi.
 
***
 
Sentì le chiavi girare nella serratura. Provò sollievo e tentò di emettere un sospiro, ma ogni suo tentativo fu strozzato da una spinta lancinante, che gli lacerò ancora una volta l’anima, oltre che il corpo. Ogni violazione che subiva suscitava in lui la voglia, il bisogno, di gridare, ma sentiva di non avere più le forze neanche per ribellarsi. Si sentì cingere i fianchi da quelle mani fetide, quelle stesse mani che avevano forzatamente esplorato tutto il suo corpo e che ora lo tenevano fermo per ottimizzare i movimenti.
Si sentiva ormai privo di qualsiasi forza, tant’è che non fu in grado di implorare aiuto, né di attirare l’attenzione di colui che aveva fatto ritorno a casa. Riuscì a muovere solo gli occhi, ormai spalancati, veicolanti, come ultima speranza, un flebile messaggio di salvezza verso l’unico che poteva soccorrerlo.
Il dolore di una nuova spinta lo costrinse a strizzare gli occhi, e si accorse amaramente che non aveva nemmeno più la forza di piangere.
« Nathan? Amore? »
Nutrito di nuova speranza, reclinò la testa cercando di emettere un suono udibile. Ma come tentò di farlo, ecco che arrivò punitiva una nuova, feroce spinta. Quella bestia era tremendamente silenziosa e Nathan si augurò con tutto se stesso che Alan venisse in camera a controllare, anche solo per sicurezza.
Sentiva le ginocchia ormai doloranti, per non parlare degli spifferi gelidi veicolati da quelle finestre di scarsa finitura. Ma fu anche in parte grato a quel freddo, che sembrò cristallizzare il dolore di quella brutale penetrazione, che stava avvenendo senza il minimo rispetto per la sua dignità di essere umano. Udì nuovi passi farsi strada verso la camera.
Era giunto il momento. Era salvo.
Poté scorgere la sagoma di Alan dirigersi verso la soglia, finché non fu lì.
Si aspettava la sua reazione. Era sbigottito.
« Che cazzo significa tutto questo? »
Lo sguardo di Alan era vitreo, la bocca spalancata che, invano, cercava le parole.
« Aiutami! »
Sentì qualcosa fuoriuscire. Qualcosa di massa decisamente non trascurabile. E poi, qualcosa di caldo. Nathan socchiuse gli occhi. Sperò solo di non essersi beccato qualcosa di spiacevole.
« Sei stato proprio una brava troietta. Hai un culo fantastico. »
Nathan tentò di rispondere. Fece per mettersi supino, nel tentativo di guardare in faccia quel mostro. Ma le gambe lo abbandonarono, facendolo rimbalzare sul letto. Tentò di controbattere a parole, ma qualcuno lo fece prima di lui; un violentissimo pugno sul muro lo zittì.
« Chi cazzo è questo figlio di puttana nel mio letto?! »
Nathan sussultò. La vibrazione di quel colpo si scagliò prepotentemente in ogni centimetro dei suoi tessuti e si sentì improvvisamente come soffocato dal suo stesso respiro, percependo il suo petto alzarsi e abbassarsi a un ritmo calzante. Timido e tremante, scostò il suo corpo verso quello che un tempo rappresentava per lui l’amore e che ora era una belva inferocita, volgendogli un braccio nel tentativo di farlo ragionare.
« Amore, ascoltami… »
« Non chiamarmi in quel modo! Puttana! »
Lo sguardo di Alan pareva ormai svuotato da ogni sentimento benevolo. Puntò il dito verso la bestia sul suo letto.
« E tu, porco! Fuori da casa mia, subito! »
L’uomo si fece da parte con gesti lenti.
« Sbrigati, cazzo! »
Sembrava quasi che le sue corde vocali stessero per spezzarsi. Era la prima volta che Alan urlava in quel modo.
Le parole furono accompagnate presto dai fatti. Si avvicinò a passi svelti verso l’ospite indesiderato, strattonandolo per i capelli con sguardo assassino.
« Fuori-da-casa-mia. Ora! »
L’uomo non se lo fece ripetere due volte. Non ebbe nemmeno il tempo di vestirsi completamente che era già fuori dall’appartamento.
 
Nathan era sconvolto. Fissava vacuo il lenzuolo macchiato da più di un’impurità, tenendolo stretto come un bambino impaurito. Sentì passi pesanti venire verso la camera. Aveva paura. Non temeva le urla o la violenza – semmai avesse alzato le mani su di lui. Alan gli avrebbe creduto?
Eccolo lì, davanti a lui. Accecato. Completamente fuori di sé.
« Quanto a te… »
« Alan, ti prego, ascoltami! »
« Ascoltarti? Cosa cazzo devo ascoltare? Ho già visto abbastanza! »
« Alan, ti prego… »
Nathan trovò, inaspettatamente, la forza di piangere nuovamente.
« Ti prego, mi ha costretto… »
Quelle parole lo aizzarono ancora di più.
« Certo, ti ha costretto! Solo uno scemo ti crederebbe! »
Sbarrò gli occhi. Si sentì squarciato da una ferita ancora più lacerante di qualsiasi spinta o percossa. Un leggero alito di vento asciugò ogni lacrima di quel viso ormai inerme. Era immobile.
« Ho ragione, dunque! »
Tentò di negare con la testa ma fu inutile. Era pietrificato.
« Sei uno stronzo! Non farti vedere mai più! »
Alan arraffò gli abiti gettati per terra e li scagliò sprezzante verso il ragazzo.
« Sparisci dalla mia vita! »
Dopo aver urlato quella sentenza, Nathan trovò le forze per rivestirsi almeno parzialmente, in fretta e furia, per quanto possibile. Non staccò nemmeno per un momento gli occhi da quelli di Alan.
Il suo sguardo lo trascinò verso la porta di casa. La sofferenza di Nathan nel raggiungere la porta era indicibile, ormai provato dalle ripetute violazioni. Camminava a gambe larghe e a piccoli passi, uno più difficile dell’altro.
Giunse infine alla porta. Gli occhi velati di lacrime, il groppo in gola. Fece un ultimo disperato tentativo.
« Alan, io… »
« Stai zitto! »
Non c’era più niente da fare, almeno per quel giorno. Alan non voleva ascoltarlo. E, d’altronde, gli sarebbe stato anche difficile giustificare in tutto e per tutto quella situazione. C’erano tante, troppe cose che Alan non sapeva di lui. Ma non era il momento. Non ancora, almeno.
Non rifuggì il suo sguardo, nemmeno una volta. Abbassò la maniglia di quella porta e abbozzò un sorriso al cigolio che, ancora, emetteva. Uscì sul pianerottolo, le sopracciglia corrugate, il corpo tremante. E, accompagnato da un rumore sordo, la sagoma di Alan scomparve.
 
***
 
Nathan si svegliò, madido di sudore. Fissò il soffitto, flebilmente illuminato dai raggi del sole filtrati dalle sue tende: era mattina. Stette immobile per qualche tempo, poi si asciugò la fronte.
Di nuovo quell’incubo. Di nuovo.
 

Finalmente, dopo tre mesi, torno a pubblicare questa storia. Prima di tutto, i ringraziamenti. Il mio "Grazie" più sentito va sicuramente alla mia beta Silvia, che ha fatto un lavoro TITANICO, aiutandomi sempre con precisione e passione, e riuscendo nell'impresa di rendermi orgogliosa di questa storia quando ormai non ci credevo quasi più. Penso proprio che ti farò una statua d'oro! XD Grazie, grazie, grazie! *__*
Un "Grazie" va anche a briciolaj7, che ha continuato a tenersi informata su questa storia durante tutto il periodo della revisione. Ti ringrazio davvero, ha significato tanto per me.
Un sentito ringraziamento va anche ad Alberto, che mi ha aiutato a stendere la presentazione della storia, visto che sono un po' negata quando si tratta di essere concisi.
Ringrazio anche il mio ragazzo, che mi ha fornito supporto morale e ha sopportato tutti i miei dubbi e le mie indecisioni.
E ringrazio anche tutti i lettori silenziosi, quelli che hanno seguito la vicenda senza esporsi. Grazie :)
È proprio a voi che vorrei dare alcune indicazioni su questa revisione. Il capitolo 1 ha un pezzo aggiuntivo, mentre i capitoli dal 2 al 6 (compreso) hanno subito variazioni minime, ma che ritengo comunque importanti. Magari leggete un rigo sì e un rigo no XD. Dal capitolo 7 in poi, invece, vi consiglio di leggere tutto, sia perché ci sono capitoli inediti, sia perché potrete godervi maggiormente il climax.
E con questo, passo e chiudo. Al prossimo capitolo! :)

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