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Autore: Desir de Lilas    21/01/2013    1 recensioni
Due personaggi in cerca di sé o di una tazza di tè?
Due galassie che hanno perso la gravità o la quantità?
L'ambiguità sarà dannata o beata?
Insomma, dovranno vedersela loro e spartirsi la tela equamente, se vogliono sopravvivere.
A noi non resta che scrivere.
E vivere un po' insieme a loro...
Incomprensibile?
Proviamo a spiegarci:
Tutti e due studiano: Lui giurisprudenza, lei sta al quinto dello scientifico.
Tutti e due viaggiano: Lei in bici, lui in cicli sinaptici.
Tutti e due vivono: nella mia testa, s'intende.
Tutti e due scrivono: lui fiabe, lei saghe.
Tutti e due amano: lei il vento, lui il mare.
Tutti e due sognano e indagano, in uno specchio le cui crepe li condurrà al reale... o al surreale?
Let's swim to the moon, uh uh
Genere: Angst, Comico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Consanguinei
[o Prologo]



“Il buio loquace dei tuoi occhi non riesce ad estirpare l’idea che possa contagiare anche me.
Affatto.
Non c’è una sola goccia di verbo, non una di azione.
Apatia, forse, quella che ti fa soccombere, o
è l’incapacità di sostenere troppe emozioni che ti rende così compressa?
Un buco nero di colori ed odori.
Non passa più niente, ormai,

nulla scalfisce la tua caparbia anoressia di avventure.
Cazzo, VIVI!
Non ti nascondere lì, dietro alla tua sigaretta spiegazzata come il fazzoletto che ti spunta sotto la maglietta nera. Nera e basta. Lungi da te, come diresti, o meglio, soffieresti, uscire dal lutto della tua infanzia, dalla presa di coscienza di un senno appena fuori dai tuoi giochini che fai passare per innocenti.

Innocenti un CAZZO!
Sei più immorale tu che il Parlamento messo insieme! Subdola, infida, viscida, sguisci tra i riserbi e i rossori di chi ci casca, nei tuoi occhioni! Tanto chi ci affonda dentro, mica sei tu! Tu ne esci sempre e comunque illesa. Sempre e comunque innocente.
Eppure credi di essere riuscita ad attirare la mia fottuta attenzione, di nuovo, come se non fossero bastate tutte le volte finite con me a pezzi e tu che schiacciavi i cocci per evitare che la colla attecchisse e io restassi viva per metà, no!, anzi, ora hai la pretesa, ma che dico?!, il diritto!, di avvicinarti. Avvicinarti, ho perso il senso della realtà?

Tu mi hai invasa.
Senza scrupoli o titubanze. “Ci ho riflettuto a lungo, sai…”
Quante vale a lungo, per te?! Ci arriviamo a un centesimo di secondo, con le tue stime?
Ma perdonami, sto esagerando. Ci hai riflettuto a lungo, hai deciso di essere prudente, cauta, ti sei mossa con delicatezza, cura… Fino a insinuarti sotto l’inchiostro che ricopre la mia pelle.
Eccoti, di nuovo qui, tra i fili blu dei miei capelli.
Il tuo respiro, pneuma dei miei polmoni, giace di nuovo sulla camicia che hai detto dovrei buttare. Non ti piace.
Ma tanto non ti piaccio neanch’io.
Eppure torni qui, ogni volta.
Qui nel mio bosco di silenzi urlanti e lucciole stremate.
Conservami un po’ di labbra, la prossima volta.
Non li voglio più i tuoi occhi.
Non voglio più il tuo buio.
Sono più nera di loro, ormai.
Non voglio altro: solo un tè, senza biscotti perché sono borghesi, senza latte perché siamo inglesi.
Abbraccia il mio tuono mentre dormi tra gli aghi di un abete filante.
Accarezza il mormorio dei tuoi perbenismi mentre attraversi il lete dei tuoi martiri autoindotti.
E poi spera.

Confida.
Sogna me e basta.
Ma torna da lui, poi, d’accordo?

Lui e”

 
Il foglio giaceva inanimato tra le sue dita inermi.
Non avrebbe dovuto, lo sapeva, raccoglierlo: era avvolto nel suo intimo self-abbraccio, custode geloso e introverso senza cori di sottofondo, deturpato dal fango delle foglie arancioni capitolate da troppo tempo per concorrere ancora con il presente. Forse aspettavano anche loro di essere raccolte, ma la disperazione in cui si trastullavano impediva che chiunque se ne rendesse conto… forse semplicemente riposavano dopo tante lotte… o forse non si erano accorte di essere lontane dal loro ramo… oppure… Basta. Alla fine erano un paio di foglie impiastricciate che insozzavano pure una pagina strappata a quadretti da superiori. Dietro c’era pure una funzione trigonometrica sbagliata.
Insomma, il punto di tutto questo era che il cumulo di scarti semi-agonizzanti fosse esattamente sotto la panchina, la stessa su cui aspettava da 7 minuti e 36 secondi di rock-psichedelico che
Federico si facesse vivo. E come non provare una sorta di affinità, una specie di legame consanguineo con quei parenti più vicini del previsto, in uno stato di tale apertura al mondo?  
Solo che ora gli era presa a male.
E pure tanto.
Queste storie pseudo romantiche un po’ saffiche un po’ improbabili non lo avevano mai entusiasmato. Insomma, non era tipo dalla catarsi facile o sul drammatico-andante. Di norma. Solo che quando certe pseudo storie ti si presentano così, per caso o per destino, non vicine, ma proprio irrotte dentro le tue vene non poco rilassate, non puoi restare impassibile.
Certo che gli ormoni rincoglioniscono proprio. Ma ti pare che una deve finire a scrivere cose del genere perché non ha un’autostima abbastanza elevata da dire “No, basta, non voglio più avere niente a che fare con te”? Poi è l’altra l’irresponsabile? E tu che le permetti di “insinuarsi sotto l’inchiostro che ricopre la tua pelle”? E poi un po’ di lirica in meno, sembri finta quanto… ah, si doveva aggiornare sulle cose più finte del momento, troppo tempo che sua sorella non comprava Cioè… ma esisteva ancora, Cioè? Bah, il peso dell’età a soli 23 anni. Che tempi di merda. Non ci sono più le mezze stagioni. Eh, c’è crisi, c’è crisi, ma tutti hanno almeno due macchine! E la parità dei sessi? Qui dobbiamo fare la rivoluzione maschilista! Tutta colpa del buco dell'ozono…
Mentre il suo flusso di coscienza passeggiava insieme a lui tra le conversazioni dei frequentatori del circolo dell’Originalità, la sua tasca iniziò a vibrare paurosamente. Altro che Bon Chan kara, aveva un terremoto nei pantaloni!
“Nuovo messaggio da: Federico”
Cuore in palpitazione.
Giugulare pronta al collasso.
Occhi incendiari puntati sul polpastrello pronto alla detonazione supersonica.
Schermo blu per 3,2,1…
Una sfilza di blasfemie non riportabili iniziò a sfilare nella sua testa come fossero al Carnevale di Rio.
Quello schermo non era intenzionato a cambiare il suo aspetto.
Possibili soluzioni:


  1. l’attesa – fallita
  2. Pressione uniformemente distribuita sullo schermo- fallita
  3. L’attesa, 2.0 – fallita
  4. Insulti a ripetizione- fallita
  5. L’attesa,  3.0- fallita
  6. Distruzione del dispositivo mobile in corso- in cor: “SCUSA, SCUSA, SCUSA,IMMENSAMENTE
SCUSA!
Imploro il sacro perdono di Sua Divinità!
Uncinetti ha finito solo ora di spiegare e sto uscendo dall’uni-correndo alla metro-faccio un salto a casa che puzzo come un merluzzo marcio! Ce la fai a resistere un’altra mezz’oretta?
O mi raggiungi a casa?
Tanto Monica c’è e ti apre lei, in caso!
Vabbè, porta pure un po’ di sashimi che ho saltato il pranzo, così ceniamo insieme!
A tra poco!”
Meglio di come temeva, alla fine.
20 minuti di distanza, se beccava tutte le coincidenze.
Uno sbuffo sonoro e girò i tacchi, verso l’uscita principale, a due passi dal Circo Massimo… al primo

cestino gettò il suo ormai vecchio parente
                                                                          
 
 
    
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Come si comincia un saluto ai lettori?
Delle scuse vanno bene?
Bene, allora, vi chiedo umilmente perdono.
Perché questa storia non è l’apice dell’armonia, il sublime, o qualcosa del genere.
La sto scrivendo perché è tanto che provo a scrivere qualcosa di meno pesante del filosofico o del distopico che mi ostino a perseguire senza voler pubblicare. Solo che poi ho bisogno di qualcuno che legga anche la parte meno astratta di me, che non sia quella che traspare di norma. Solo che lo faccio con tanto timore e alla fine non riesco mai ad andare oltre i primi tre capitoli, e avevo messo da parte ogni progetto simile.
Poi ho iniziato a scrivere questa storia senza pormi pressione alcuna.
E ha superato i 15, quindi magari è la volta buona…
E anche perché mi sono affezionata ai suoi attori, e magari è ora di vedere come si muovono davanti a un pubblico u.u
Quindi questo è anche un appello… più o meno. Insomma, mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate, se siete arrivati fin qui u.u
Ma di cosa parla questa storia?
Beh, diciamo che ci sono due protagonisti essenziali, da cui si snodano due storie che tenderanno ad allacciarsi (in)consapevolmente, con i loro mondi riflettenti e metamorfici… e i Doors sono parte essenziale del mio processo creativo, quindi il titolo della storia è quello di una delle loro più celebri canzoniXD
Quanto sproloquio.
Ah, sì… diciamo che l’amore è senza frontiere di alcun genere, in questa storia u.u Quindi qualsiasi tipo di fobia abbiate, state lontani…
Altro?
Per adesso, noXD
Ah, ecco. Finchè il flusso è costante, ho intenzione di pubblicare almeno una volta a settimana, salvo imprevisti di rete…
E ora a voi...
Un’ultima cosa, di solito non sono così antipatica, solo che questa presentazione mi ha reso un po’ nervosa… siate clementi!!
Alla prossima,

Desir 

  
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