Luxure.
Ero giovine anch’io in tempi remoti,
ove le mie sgargianti ali
inebriavano baccanali di profumi e di aromi,
di colori,
di passioni,
di vite entranti e di vite uscenti.
Ero ‘sì tale e leggiadra fata,
che posava le sue rosee labbra troppo peccanti ove la rosa poggiava il petalo,
ove tra petali gocciolava biancastro liquore,
ubriacando il mio silente respiro,
ammaliando il mio divino gusto.
Lussuria il mio nome era, perché bramavo peccato,
ambivo bocche carnose,
in perversione mi perdevo.
In lussuria le mie ali morirono,
quando tal fatale giorno,
macchiato fu il mio corpo,
violentato il mio fiore,
che tanto bramava quel peccato,
quella lacerante, struggente ossessione.