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Autore: Flarya    23/01/2013    5 recensioni
Kensi respirò di nuovo profondamente, si sentiva a pezzi nonostante si fosse appena svegliata. Prese coraggio e stancamente si trascinò fino in cucina, al tavolo ingombro ancora di bottiglie di birra vuote e carte oleose. Guardandole arricciò il naso, le ignorò ed aprì il frigo.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kensi Blye, Marty Deeks
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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 È una festa. Ci sono tante persone che conosco, sembrano tutte rilassate. Dei bambini si inseguono tra la gente, sgusciando tra le gambe e sotto i tavoli ridendo ed urlando.
 Deeks viene verso di me con un sorriso stupefacente, e dice qualcosa di stupido, come al solito. Ad un tavolo ci sono anche gli altri, G., Sam, Eric, Nell, persino Nate. E invece lì, vicino al buffet, c’è Hetty, con un calice in mano, che intrattiene e tiene a bada alcuni uomini d’affari.
Fa caldo.

Siamo fuori, vicino le scale. Credo sia il terzo, o il quarto piano. L’ambiente è luminoso e dai colori chiari.
Sono stanca, davvero stanca. Dovrei salutare ed andarmene. Loro capiscono.
Mi allungo verso Deeks per salutarlo, gli mordicchio la guancia, quel poco di barba mi solletica, e lui ride.

G. tende un dito con aria furba, penso per punzecchiarmi la guancia, o il naso, invece lo mordo e lo guardo con sfida.
È la fine: la falange si stacca come se fosse stata una bambola di cera, il pezzetto cade a terra con un suono lieve, G. mi guarda sgranando gli occhi, tutti, tutti mi guardano sconvolti.
Che ho fatto? Sono un mostro.

 



 

Kensi aprì gli occhi d’improvviso, raggelata.
Freddo, faceva freddo, e rabbrividì. Si guardò intorno sperduta, piena d’ansia, respirando veloce, ma vedere il caos familiare della sua stanza non l’aiutò per niente. Si mise seduta spostando appena il piumone, si strinse nelle braccia, ed ancora senza fiato e con il cuore a mille pensò che voleva qualcuno, che voleva davvero parlare con qualcuno, ma la casa era vuota e disordinata come sempre. Pensò di telefonare, ma sicuramente chiunque sarebbe stato impegnato, e si strinse debolmente addosso la coperta, sentendosi ghiacciata, ma non riusciva a scaldarsi. Era quel freddo inspiegabile che non andava via neanche con una doccia bollente, che magari poteva riscaldare la pelle, ma il freddo dentro rimaneva lo stesso.
 Guardò la sveglia, erano le nove, ed era domenica.
Se anche avesse chiamato Deeks, certamente non avrebbe risposto, lui che il sabato sera si dava alla pazza gioia e che chissà a casa di quale donna era in quel momento. Rabbrividì ancora, e si sentì sola. Non aveva nessuno su cui fare affidamento. Neanche il suo partner poteva ascoltarla. Si sentì triste, come non lo era da tanto, e le sfuggì un singhiozzo, poi un altro, poi un altro ancora. E pianse, pianse e singhiozzò quasi disperata, come non faceva da quando era  bambina, con il cuore in gola e sentendosi soffocare.
Ma non fu che qualche minuto: pensò che lei in verità era forte, e che non era successo nulla. Calmò il respiro, guardandosi ancora intorno con occhi grandi e lucidi da cerbiatta, studiò il suo personale caos, perché non poteva e non voleva dividerlo con nessuno.
Lei non era un mostro, né era cattiva o roba simile, tutto ciò che faceva per il suo lavoro, come sparare, ferire e mentire, era per giustizia. E suo padre sarebbe stato fiero di lei.
Lei era stata una ragazzina forte, e poi era diventata una donna forte.
Kensi respirò di nuovo profondamente, si sentiva a pezzi nonostante si fosse appena svegliata. Prese coraggio e stancamente si trascinò fino in cucina, al tavolo ingombro ancora di bottiglie di birra vuote e carte oleose. Guardandole arricciò il naso, le ignorò ed aprì il frigo.
Dopo aver mangiato qualcosa di dolce si sentì meglio. A mente fredda si vergognò del suo momento di debolezza, e fu lieta di non aver chiamato nessuno e non averlo mostrato. Decise di fare qualche giro di corsa, che sicuramente avrebbe contribuito a migliorare una giornata iniziata nel modo peggiore.
 

Corse a lungo, con passo regolare e le cuffie dell’ipod nelle orecchie, per tenere fuori tutto ciò che non fosse la musica e la corsa stessa.
Un imprecisato tempo dopo, si ritrovò a pochi passi dalla casa del partner. Si guardò intorno confusa, mentre prendeva fiato, non riuscendo a spiegarsi come ci fosse arrivata. In quel preciso momento, la porta si aprì, e Marty Deeks uscì. Scese i gradini distrattamente, e poi la vide. Dunque si fermò, e si guardarono in silenzio per qualche secondo.
«Ma dai, ti mancavo già?»  disse poi scherzosamente, aprendosi in un sorriso.
«No.» Rispose più duramente di quanto avrebbe voluto, guardandolo storto.
«Buongiorno anche a te.» La scrutò corrucciato. «Qualcosa non va, Kens?»
«Tutto okay. Stavo solo passando» e fece per andarsene. Lui però non fu soddisfatto della risposta.
«Hey, hey, aspetta! Stavo andando a prendere un caffè, vieni con me! …o una bibita energetica, se preferisci.»
«Grazie, no. Non vorrei disturbare te e le tue amichette, o rovinare i tuoi piani.»
«Sono da solo, in verità.» Le poggiò una mano sulla spalla, costringendola a camminare con lui. «E per oggi non avevo piani.»
 Kensi sbuffò e si scostò, ma lo seguì ugualmente, ostinatamente in silenzio. Sedettero al bancone del bar lì vicino, e lei prese una bottiglietta d’acqua mentre lui ordinava il suo caffè.
«Avanti, che c’è?»
Lo guardò negli occhi per un lungo momento prima di rispondere, osservando i ciuffi chiari che quasi lo accecavano, e gli occhi azzurri ancora un po’ lucidi dal sonno. «…ho avuto una brutta mattinata.»
Marty guardò l’orologio prima di scoppiare in una risata. Lei notò che le risate si estendevano agli occhi, che brillavano quando sorrideva. «Ma sono le dieci, che mattina intensa puoi mai aver avuto fin ora? La sveglia ha suonato troppo presto? Ti è caduta la tazza del latte sui piedi? O hai finito le merendine?»
«Sì, continua a giocare. Vado a casa, ci vediamo domani.» Inforcò la porta stizzita, e lui ingollò il caffè in un sorso per seguirla immediatamente.
«Kens, scherzavo, lo sai!» Le si affiancò. «Vuoi salire da me? …non ho cattive intenzioni, lo giuro. Ti calmi un po’, ti riprendi, e poi ti accompagno a casa. Sei a piedi, no?»
«Mh.»
 

La stanza era luminosa, e stranamente ordinata. Appena entrati, Monty corse loro incontro scodinzolando. Kensi pensò ancora una volta che assomigliava al proprietario in modo impressionante. Deeks accese la radio a basso volume, poi sedette sul divano, e picchiettò il posto accanto a lui per dirle di sedersi. Lo fece, mantenendo i dovuti centimetri di distanza di sicurezza, e si guardò intorno. Osservò i libri sugli scaffali, le raccolte di CD e DVD, le piccole piantine d’appartamento, il quadro di dubbio gusto con i cani che giocavano a poker. Marty invece osservò lei. I capelli legati, la pelle abbronzata, il completo da corsa che lasciava ben poco all’immaginazione. Quando infine si girò verso di lui, appariva più serena.
«Quel quadro terribile… »
«No, no, le ragazze lo amano. E piace tanto anche a Monty, quel quadro è parte della nostra famiglia!»
Kensi si lasciò sfuggire un sorriso, e si rilassò sistemandosi meglio sul divano. Il partner era stranamente silenzioso, quindi lo squadrò velocemente. «Che stai fissando?»
«Uhm, te.»
«Sì, ho notato, chiedevo perché-»
«Nulla, pensavo…» si stiracchiò strategicamente, allungando il braccio sulle sue spalle.
«Che idiota.» Lo guardò intensamente. «Deeks…grazie» mormorò arricciando il naso e distogliendo lo sguardo.
«Di cosa?»
 «Di esserci.»
Marty aspettò che lo guardasse di nuovo prima di rispondere. «Puoi contare su di me, Kensi. Io ci sarò.»
Lei rimase senza parole, e lo fissò in silenzio.
Si alzò all’improvviso. «Beh, su, accompagnami a casa, devo fare una doccia.»
«Ooookay!»
«No, guido io. E tu a casa mia non entri.»
Deeks rise.
 

 

 

 
   
 
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