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Autore: JennyWren    24/01/2013    3 recensioni
Era ancora solo e apprezzò quel momento di assoluto silenzio, il solo rumore proveniva dal suo respiro, dal suo battito che si stabilizzava dopo la lunga camminata.
Ma se chiudeva gli occhi poteva ancora sentire quel suono.
Il suono delle risate di quei quattro ragazzini dallo stesso taglio di capelli che suonavano insieme e si divertivano un mondo, quei quattro ragazzini che ormai non erano più loro.
Quanti ricordi che gli invadevano la mente: la prima volta che ci erano entrati si sentivano tanto piccoli rispetto a quella sala così grande, così inesperti davanti a tutto ciò che li attendeva.
Ora quella sala sembrava troppo stretta per contenerli tutti insieme.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Lennon , Paul McCartney , Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1969. January



Fa un dannatissimo freddo. 

Fu questa la sensazione con la quale l'ormai adulto John Lennon si svegliò quella mattina di Gennaio.
Fa un dannatissimo freddo e mi rincresce da morire di alzarmi da questo letto.
Aprì gli occhi stiracchiando le gambe e guardando la sveglia notò di essere in anticipo rispetto la sua solita tabella di marcia.
Rotolò su un fianco e decise di alzarsi cercando i vestiti sparsi per la camera da letto.

Oggi avrebbero dovuto incontrarsi in studio per finire di registrare quell'album di cui nessuno aveva poi tanta voglia, era stanco dei soliti battibecchi, Paul che vuole il lato A, George che vuole più canzoni e Ringo che diceva di sentirsi escluso.
L'atmosfera non era dellle migliori in quel periodo, sembrava quasi peggiorare ogni giorno sempre di più.

Proprio il giorno prima c'era stata una delle solite scenate tra John e Paul.
Il bassista dopo una feroce discussione aveva di buttato a terra il suo basso e senza nemmeno preoccuparsi di coprirsi con una giacca era uscito a grandi passi dagli Studios
John non si era preoccupato più di tanto, facevano sempre così, ma poi tornavano sempre indietro.

Quel giorno non avrebbe portato Yoko con sé, preferiva andare da solo e, una volta arrivato, cominciò a sistemarsi nella sua postazione fumando qualche sigaretta seduto a gambe incrociate.

Era ancora solo e apprezzò quel momento di assoluto silenzio, il solo rumore proveniva dal suo respiro, dal suo battito che si stabilizzava dopo la lunga camminata.
 
Ma se chiudeva gli occhi poteva ancora sentire quel suono.
 
Il suono delle risate di quei quattro ragazzini dallo stesso taglio di capelli che suonavano insieme e si divertivano un mondo, quei quattro ragazzini che ormai non erano più loro.
Quanti ricordi che gli invadevano la mente: la prima volta che ci erano entrati si sentivano tanto piccoli rispetto a quella sala così grande, così inesperti davanti a tutto ciò che li attendeva.
Ora quella sala sembrava troppo stretta per contenerli tutti insieme.

- John! Che ci fai già qui? - La voce di Ringo fece sobbalzare il chitarrista che, nel frattempo, era rimasto immobile come una statua.
- Niente, stavo solo pensando - rispose gettando a terra il mozzicone di sigaretta.

Ringo dal canto suo voleva solo che le cose tornassero come prima ma, esattamente come gli altri, non aveva il coraggio di ammetterlo, prima di tutti, a sé stesso.
I due non parlarono molto, Ringo continuava ad aggiustare la sua batteria e John non si muoveva dal suo posto: si limitava a continuare le sue funzioni vitali, quali respirare e, di tanto in tanto, spostava lo sguardo per la stanza.

George arrivò con la sua solita camminata, attento a non fare troppo rumore e, posato il cappotto, salutò gli altri con un semplice "Hey"
Ringo scambiò uno sguardo d'intesa con George, il quale lo invitò ad avvicinarsi. 
I due parlavano sotto voce, attenti a non far trapelare nessun suono alle orecchie del chitarrista seduto a terra e voltato di spalle.

- Non puoi fingere di non saperlo George! - Ringo sussurrava a denti stretti
- Ti rendi conto di che succede se lo viene a sapere così? - George unì le mani appena sopra le labbra.
- No Geo, non è giusto io non ce la faccio a non dirlo, è nostro amico dopotutto - Ringo indicò l'amico di spalle.
I due si fissarono, ognuno fermo nella propria convinzione.

- Hey John, cominciamo? - George alzò il tono di voce per farsi sentire dall'amico.
Ringo scoccò un' occhiata truce al più piccolo e cominciò a prepararsi per il peggio.
- Manca Paul - John si voltò appena inarcando leggermente un sopracciglio.
Ringo non voleva essere chiamato bugiardo quindi raccolse tutto il coraggio e si decise a parlare
- John è inutile che aspettiamo, Paul non verrà oggi e nemmeno domani, ha deciso di lasciare il gruppo.
Al batterista mancò il fiato per pronunciare le ultime parole.

"Ha deciso di lasciare il gruppo, ha deciso di lasciare il gruppo, ha deciso di lasciare il gruppo"

Erano le uniche cose che John aveva capito.
Quello stronzo di McCartney non sarebbe venuto.
Il sangue gli ribollì dentro e gli altri potevano giurare di non aver mai visto Lennon in quello stato.
Era più che rabbia quella che si celava dietro la maschera dura di John, era follia.
Si alzò di scatto facendo cadere con un tonfo sordo la chitarra e corse come un furia all'uscita sbattendo le porte degli studios.


John correva, correva come non aveva mai corso in vita sua. Era accecato dalla rabbia e tutto questo perché Paul aveva deciso di andarsene.
Come cazzo si permetteva quel figlio di puttana?
Lui era il capo, il fottutissimo gruppo era suo e lui decideva se finirla o meno.
Qualche giorno prima John aveva detto di lasciare il gruppo, ma proprio Paul aveva insistito perché non lo facesse.


Arrivò fuori al cancello di casa di Paul a Cavendish Avenue e dopo aver battuto calci su calci a quel cancello decise di arrampicarsi.

Non sarebbe stato un cancello a fermarlo.

"MCCARTNEY!" Urlò a pieni polmoni, il viso rigato da lacrime di rabbia.
Quel vigliacco non si decideva ad uscire ma John non se ne sarebbe andato così, facendogliela passare liscia.
Battevi i piedi a terra fissando la facciata della casa del bassista dalla quale non proveniva alcun rumore.
A terra c'era ancora qualche mattone, dato che avevano ristrutturato da poco e John non ci pensò due volte:  ne prese uno e, con tutta la forza e la rabbia che aveva dentro, lo scagliò contro una delle vetrate che andò in frantumi provocando un rumore assordante.

Nel momento in cui Paul sentì quel rumore si passò le mani nei capelli ormai lunghi, consapevole di chi ci fosse lì fuori. Uscì dalla sua camera per scendere al piano di sotto più velocemente possibile.
Aprì la porta appena in tempo, prima che John potesse lanciare qualche altro oggetto contro casa sua.

- John! - Paul urlò a sua volta fissando l'uomo che, in preda alla rabbia, ora se ne stava immobile, ancora con un sasso in mano, segno della sua colpevolezza.

John non sapeva cosa provare in quel momento, la rabbia che lo aveva accecato era scomparsa nel momento in cui Paul aveva aperto quella porta.
Inconsapevolmente allentò la presa su quel sasso fino a farlo scivolare dalle sue lunghe dita, sul prato del giardino. 
Nessuno dei due si mosse ma John non poteva mantenere quel contatto, gli faceva troppo male, e si arrampicò di nuovo su quel cancello che ora gli sembrava più alto per tornare a casa sua.

Come erano arrivati a tanto?
Da questo momento basta, niente Lennon/McCartney, niente più canzoni,
I Beatles sono finiti.
   
 
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