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Autore: Rebecca_Daniels    24/01/2013    3 recensioni
E se poi ti rendessi conto che tutta la tua vita non sta andando per il verso giusto?? Potrà forse una canzone far scattare un cambiamento radicale?? Se volete scoprirlo, Lizzie vi sta aspettando...
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ecco a voi il mio secondo racconto!!! Ringrazio tantissimo chi ha recensito il primo ma, soprattutto, chi ha trovato un po' di tempo per soffermarsi a leggerlo =) Spero vi possa piacere... Aspetto le vostre opinioni!!

xo xo

Rebecca_Daniels


 

Stava aspettando di prendere il treno che l'avrebbe portata all'Università... L'ennesima lezione di un corso che non le interessava. Stava ascoltando la musica come tutte le mattine, concentrata a cercare una canzone che potesse migliorarle la giornata. “Come al solito, non c'è niente...” pensò.
Ormai erano tre settimane che non aveva più tempo per respirare, figurarsi per cercare canzoni nuove e qualche band che potesse fargli sentire almeno la presenza di un brivido d'emozione. Perché il problema era proprio quello: erano mesi che non aveva più alcun tipo d'emozione. Era sparito tutto dopo l'ultima volta che aveva avuto fiducia in una ragazzo. No,non un ragazzo qualsiasi... No , il ragazzo dei suoi sogni. Steven era esattamente ciò che ogni ragazza rispettabile poteva desiderare dalla vita: studente di legge ad Harward, media dei voti tra le più eccellenti del campus, di famiglia ricca (o come meglio preferiva lui: facoltosa), colletto della camicia mai tirato su, perché per lui lo stile si vedeva dalle piccole cose(come il Rolex che aveva sempre al polso).
I genitori di Lizzie lo adoravano, d'altra parte come sarebbe stato possibile il contrario? Aveva la così detta “testa sulle spalle”, un progetto di vita improntato, che conteneva la grande prospettiva di una moglie e tanti figli in una casa nell'East Village, con colf a tempo pieno. Tutto questo, per Lizzie, rappresentava la realizzazione di un sogno: quel ragazzo, come un vero principe azzurro, l'aveva notata tra tutte le ragazze della sua scuola, l'aveva invitata al ballo e quando si erano diplomati, erano stati eletti re e reginetta del ballo...
Ma Lizzie doveva ancora imparare una lezione importante della vita: non è oro tutto ciò che luccica. E lei lo scoprì solo qualche tempo dopo.
Il passaggio all'Università era stato veramente duro per Lizzie: avrebbe perso tutte le sue amiche, che sarebbero andate nel college della città, mentre lei sarebbe andata a Yale. Quella scelta non era di certo dettata da una sua particolare predisposizione, ma dalle pressioni che Steven aveva fatto sul suo futuro: se voleva diventare la signora Dust, cosa che lui veramente si augurava, doveva per lo meno essere laureata in un'Università prestigiosa, per mantenere alto il livello della famiglia. Lizzie non aveva ancora mai incontrato i genitori di lui, ma credeva fosse solo colpa della sua “condizione sociale”, come la chiamava lui: non era abbastanza in alto nella sua gerarchia. Per questo doveva avere quella laurea e per questo aveva chiesto ai suoi genitori di farsi in quattro per lei, pur di trovare i soldi per il college. Infatti le borse di studio sembravano essere fuori discussione... A quanto pareva non era mai stata una grande atleta e nemmeno un genio in alcuna materia; se l'era sempre cavata in tutto, ma niente di più... Solo il teatro era una vera liberazione per lei ed ogni volta che saliva su un palco sembrava risplendere di luce propria.
Aveva cominciato i corsi ormai da un trimestre e sinceramente non ci trovava niente di stimolante, ma Steven continuava a prospettarle la loro felice vita assieme e lei non poteva che stringere i denti e studiare diritto. Poi avvenne. Erano ormai dieci giorni che non si vedevano di persona, lei e Steven, ed al telefono lui sembrava distante e scostante... Decise che fargli una sorpresa sarebbe stata l'idea perfetta per capire che cosa stava accadendo tra di loro.
Arrivò al campus alle sette di sera “In tempo per cenare assieme... Magari mi presenterà anche ai suoi amici...” pensava Lizzie. Chiese ad un gruppo di ragazzi se sapevano dove si trovasse la stanza di Steven e le dissero, con un sorriso che sembrava gentile, sulle labbra che “Poteva trovarlo in camera”. Le dissero che era la numero 13... “Strano,” pensò lei “mi pareva fosse la 27”. Cercò la stanza e bussò... Non ottenne risposta, ma la porta era aperta così entrò e vide un camera che era l'esatto opposto di quella che poteva aspettarsi.
C'era qualcosa che non andava: per terra c'erano scarpe con il tacco, sulla libreria delle foto di compagne di corso che sorridevano con assurdi cappellini brillantinati con il numero 2013 appeso sopra. “Sono così buffe e simpatiche” e Lizzie sentì una fitta di nostalgia per le sue di amiche, che aveva abbandonato per il suo futuro marito. Sulla scrivania c'erano un'infinità di trucchi ma, soprattutto, per terra vicino al letto, c'erano degli abiti maschili... No, non erano abiti maschili, erano i boxer di Steven, lo sapeva benissimo, perché erano quelli che aveva indossato la prima volta che avevano fatto l'amore, la sera del ballo di fine anno. Poi le sentì. Erano delle voci provenienti dal bagno. Erano un uomo ed una donna. No, non era la voce di un uomo qualsiasi: era la voce di Steven.
Uscì dalla stanza e cominciò a camminare, ripassando davanti a quel gruppo di ragazzi che ora stava ridendo perché sapeva, loro sapevano chi era lei e che cosa aveva appena visto e ridevano perché sapevano che il loro amicone era stato colto in castagna.
E lei sapeva che non si era mai sentita così stupida in vita sua.
Mai così umiliata.
Salì in macchina ed urlò. Urlò così forte che le venne mal di testa, poi tornò in quell'Università che ormai odiava con tutta sé stessa.
Lui la chiamò. Una, due, tre volte. Ma non sprecò mai tempo a chiamarla una quarta volta.
Due settimane dopo, lo incontrò con i suoi genitori. Non poteva credere a quello che stava vedendo: assieme a loro c'era la ragazza delle foto, quella per cui aveva provato un moto di simpatia.
Cambiò strada e non lo rivide più.
Eppure le ferite che le aveva lasciato erano tutto fuorché invisibili. Anzi erano sempre lì a far sentire la loro presenza, con le lacrime, mancanza d'appetito, notti insonni ed ormai con la completa assenza di emozioni.
Stava pensando per l'ennesima volta a tutto questo e a quanto si completamente vuota, mentre aspettava il treno per quell'Università che odiava con tutto il cuore. Prima del suo passava un altro treno: era diretto a Philadelphia.
Lizzie aveva sempre pensato che quella città fosse perfetta per lei poiché lì c'era la compagnia teatrale per cui avrebbe fatto follie pur di entrare a farne parte. E mentre si scervellava su tutto questo, alzò gli occhi verso le scale che conducevano ai binari e lo vide avanzare per poi appoggiarsi ad una colonna.
Era alto, con capelli un po' lunghi e scomposti, castani. Aveva una giacca di pelle nera, dei pantaloni skinny neri che gli fasciavano le gambe lunghe e degli stivali a punta sempre di pelle nera. La maglietta bordeaux che indossava faceva intravvedere un fisico asciutto e sul volto si scorgeva un filo di barba incolta. Ma quello che colpì Lizzie era che mentre sceglieva il brano sul suo I-pod cambiava espressione a differenza della canzone che capitava... Ed il più delle volte era dolore e solitudine quella che si poteva tradurre sul suo volto, ma per un breve istante ci fu un piccolo sorriso sghembo a solcare quei lineamenti delicati.
Arrivò il treno per Philadelphia e lui si avvicinò agli scalini per salirvi a bordo.
Lizzie doveva scoprire a tutti i costi qual'era la canzone che gli aveva fatto comparire quel meraviglioso sorriso sul volto.
Lo vide accomodarsi all'interno del vagone.
Quel vuoto che aveva sentito dentro di lei fino a pochi istanti prima, non c'era più. Ed ora una curiosità estrema la stava assalendo.
Voleva ascoltarla anche lei quella canzone, per vedere se anche a lei avrebbe fatto comparire quel sorriso sincero sul viso, che Lizzie sapeva essere scaturito dalla vita, vita che lei ormai aveva perso.
Lizzie ne era sicura: quella canzone le avrebbe ridato la vita. O forse sarebbe stato chi la stava ascoltando...
Dopo pochi istanti era seduta accanto a lui, su un treno per Philadelphia.
Lizzie Devenson aveva preso il treno per tornare a vivere.
 

  
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