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Autore: hachicat    25/01/2013    5 recensioni
Katniss ha scelto Peeta perchè di lui aveva bisogno, il suo dente di leone che fiorisce a primavera. Quindici anni dopo, scopre la differenza tra necessità e amore: ora che sa finalmente ascoltare il suo cuore, può compiere una nuova scelta. Gale.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gale Hawthorne, Katniss Everdeen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La fine della trilogia mi aveva lasciata con l’amaro in bocca. Sapevo di non potermi aspettare del romanticismo da parte di Katniss, ma fino all’ultimo ci ho sperato.
Invano, inutile dirlo.
Non riuscivo a darmi pace, così, in una notte insonne, ho deciso di darle una seconda possibilità, di farla crescere. Ecco com’è nata questa one-shot.
E ora Katniss sa amare.


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Sono passati 15 anni.
Quindici anni e finalmente riesco a provare qualcosa. Sento il mio cuore battere, accelerare, riscaldarsi, fremere.
Non per la persona giusta però.
 
Peeta è stato la mia scelta, la mia ancora di salvezza. Un piccolo sole solo per me. Mi ha accarezzato l’anima innumerevoli volte con la sua bontà, col suo sorriso sincero. Ha rimesso insieme i miei pezzi e mi ha fatta ricominciare a vivere. Ho voluto avere dei bambini con lui, da lui.
 
Ma il mio cuore batte per Gale.
 
Aveva ragione sin dall’inizio: ho scelto ciò che ritenevo più utile per la mia sopravvivenza.
Ma ora che sono di nuovo intera, ora che finalmente vivo, mi rendo conto di quanto la mia fredda mente calcolatrice sia stata cieca sui miei sentimenti. Non posso più calcolare e basta. Ora che posso amare, voglio farlo. Amare. Amare Gale.
 
Due squilli.
“Gale”
“Catnip?”
“Vieni a caccia con me”
Silenzio.
“…ok”
 
Il bosco non è più lo stesso di quando eravamo ragazzi. E’ cresciuto, come noi. Ma riconosco ancora quelli che per anni sono stati familiari punti di riferimento. Ritrovo il nostro luogo, mi siedo sulla roccia, arco in spalla.
Un fruscio e lui è li. Mi stava aspettando nascosto tra le fronde, probabilmente incredulo che io mi sia davvero presentata, ancora scosso dalla mia inaspettata telefonata.
Mi alzo e mi avvicino.
Sta immobile, non sa cosa aspettarsi da me e così mi lascia la prima mossa.
 
Per anni non ho voluto sentirlo, incapace di distinguere la morte di Prim dal pensiero di lui. Per anni l’ho tenuto lontano. Ma si sa, il tempo cura tutte le ferite. Pensare a Prim è diventato un dolce, dolente e nostalgico ricordo. Pensare a Gale, una violenta fitta di mancanza, un’assenza auto inflitta, una necessità.
 
Sono a un passo da lui. Riesco a sentire il suo odore, insieme a quello del bosco. Mi fa venire i brividi. Non resisto, colmo la distanza e mi alzo sulle punte, la testa reclinata, sfioro col naso il suo collo, inspiro il suo profumo.
Lo sento fremere. E’ come un arco con la freccia incoccata e la corda tesa.
Scatta.
Mi stringe a sé, mi abbraccia.
Affonda il volto nei miei capelli.
“Catnip”
Quanto tormento, quanta sofferenza nella sua voce.
 
“Sono qui” Eccomi Gale, sono tornata da te.
Mi stringe più forte. Ha capito.
 
Con una mano, tira fuori qualcosa dalla sua borsa.
Una mora, come le tante mangiate insieme.
Mi allontana quel tanto che basta per passarmela sulle labbra e imboccarmi. Gli inumidisco la punta delle dita nell’accogliere il dolce frutto.
Mordo, lascio che il succo mi riempia la bocca.
Poi cerco le sue labbra.
Esalo un respiro, reso dolce dal frutto, direttamente sulla sua bocca.
Comprende all’istante e s’infiamma.
Colma la distanza e le nostre labbra s’incontrano, pronte, bramanti.
 
E poi sono solo respiri l’uno nelle labbra dell’altro, sono battiti del cuore dritti in gola, sono morsi, sono succo, sono scie di mani bollenti, sono pelle ruvida, sono emozioni talmente intense da far mancare l’aria.
 
Sono le nostre bocche che fanno l’amore, le nostre mani che fanno l’amore, i nostri corpi.
E noi, noi che ci amiamo.
 
Eccomi Gale, sono tornata da te.
  
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