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Autore: Princess_Klebitz    25/01/2013    4 recensioni
Amici fino alla morte ed oltre; nemici controvoglia. Musica, amore e morte nella metà sbagliata degli anni '90, scaraventati avanti volontariamente per non poter più tornare indietro.*
La tregua tra la Ragione ed il Caos durava da troppo tempo; quando si accorsero dell'errore, corsero ai ripari, e l'Immemore e l'Innocente si trovarono faccia a faccia, dopo anni di ricerche, per riportare la situazione in parità.
Un errore troppo grosso, la persona sbagliata, un imprevisto che non doveva assolutamente accadere.
Storia scritta nel 1997, e l'epico tentativo di riscriverla senza snaturarla.
Spero qualcuno apprezzi.
Genere: Drammatico, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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L'INTERA STORIA è FRUTTO DI FANTASIA, SIA per quanto riguarda I PERSONAGGI, CHE I LUOGHI DOVE SI MUOVERANNO. Spero riusciate a immaginarli così come ho fatto io. Per quanto riguarda riferimenti a luoghi, personaggi esistenti, e fatti accaduti essi non mi appartengono, e sono puramente casuali.
Buona lettura

"EVERYTHING YOU KNOW IS WRONG" (U2)



1. L’angelo di Linayr e l’irridente poeta
 
Il cielo di Linayr, nella mattina del 15 luglio 1997, era incredibilmente radioso sopra la testa di Dorian, che all’incrocio tra la caramelleria ‘Sweetest way’ (che non avrebbe mai ammesso, ma era la sua preferita) e la Cotton street, aveva assunto la sua posa preferita.
Quella dell’angelo in una cittadina di provincia, in un frenetico e accaldato lunedì mattina estivo.
Stava attento a non muoversi, conscio del fatto che il sole stava donando bellissimi riflessi rossicci alla sua chioma bionda, e dispensava a tutti il suo sguardo assorto, nonostante nella sua testa riecheggiasse il discorso di consacrazione di ‘Ragazzo più bello della scuola’, chiedendosi anche se appariva vanitoso come credeva di essere.
Lo preoccupava non poco il fatto di essere considerato un anonimo fighetto senza personalità, capace solo di apparire alla moda e pensare al suo aspetto fisico, così come per contrappasso inconscio, non badava molto a come si vestiva, prediligendo lo stile grunge, complice la sua sconfinata passione per i Nirvana; ma ogni tanto ci cascava.
Il suo giochetto di assumere delle pose.
Anche se la considerava una cosa stupida, intimamente gli piaceva calarsi nei panni di un angelo ed osservare l’umanità scorrere davanti a lui, studiarla senza esserne partecipe, come invisibile, specialmente quando aspettava Eddie , e alle volte doveva persino trattenersi per non compiere gesti strani ed eterei, tanto era forte quell’ illusione.
Quella soleggiata mattina, in jeans logori ed una leggera camicia bianca, mentre aspettava Eddie da ventitre minuti, attesa destinata a prolungarsi conoscendo l’amico, si sentiva più che mai un angelo irlandese destinato a precipitare nell’inferno come ribelle per il futuro omicidio della persona che attendeva…. Anche se sarebbe morto prima di ammettere che si stava godendo da pazzi il suo risplendere sotto il sole.
‘Il cielo sopra Berlino’  gli aveva letteralmente fottuto il cervello, due anni prima.
O almeno così dicevano di lui gli amici.
 
Il traffico sulla Cotton street, la via principale di Linayr, si svolgeva apparentemente pigro, ma era un trucco che ben conoscevano i locali; se qualcuno avesse incautamente tentato di attraversare, in quel pezzo senza semafori, non se la sarebbe cavata senza qualche strombazzata e l’invito ad andare in posti poco piacevoli.
Dorian osservava il via vai di manager diretti alla Camera di Commercio dietro l’angolo, ragazzi poco più grandi di lui, quasi cloni. Giacca-cravatta-estensione genetica Nokia alle orecchie-cartella ventiquattrore.
Parlavano apparentemente al vuoto con lo sguardo assente, notava, da bravo angelo in jeans strappati e camicia con le maniche rimboccate al gomito; lo sguardo talmente preoccupato per le sorti dell’umanità, sul suo bel viso, lo faceva apparire ancora più immaturo, facendolo sembrare davvero un essere ultraterreno.
I giovani manager, apprendisti manager, portaborse, con ancora sulle guance le tracce dell’ acne adolescenziale che lui aveva scampato (ovviamente), gli lanciavano uno sguardo assente che lui ricambiava con solenne gravità.
-Abbiamo scelto srade diverse…- sembravano dire quegli incroci di sguardi –Io maturo, tu ragazzo. Ero già maturo prima della tua età, tu sarai giovane per molto dopo della mia, se non per sempre, dentro. E’ solo una scelta. Auguri.-
L’asfalto della strada sembrava colare sotto il raggio martellante dell’anonimo sole nel cielo d’Irlanda, che rifletteva nei suoi occhi verde acquamarina la sua preoccupazione e la sua ingenuità.
Sì, si sentiva effettivamente in giornata, Dorian.
Edward, che trascinava dietro allo scomposto ciuffo ramato uno zaino Nike imbottito di Guinness e vodka, lo avvistò fin dall’inizio della Cotton street, duecento metri più indietro, bellissimo ed appoggiato al vetro rosa a specchio della dolceria (che considerava di orrido gusto), intento a giocare alla bella statuina, come al suo solito dopo essersi rivisto il film di Wenders.
Giudicò che la visione di Dorian Patrick Kierdiing era quasi indispensabile al lunedì mattina di Linayr, troppo grande per essere un paese, troppo piccola per essere una cittadina, a loro giudizio (mai richiesto, in verità) il buco più noioso del sistema solare e proprio qui da noi , con solo due locali, di cui uno frequentato da fighettini ed il ‘loro’ Queasy, che era però difficilmente raggiungibile dopo le nove, quando passava l’ultimo bus.
D’estate quei cinque chilometri non li spaventavano mai, e se la chiacchieravano o si sorreggevano, arrivando a casa a piedi in qualche modo, e stavano fissi tutte le sere, d’inverno ci andavano solo qualche sabato sera in macchina col fratello maggiore di Eddie, Edmond, e solo quando questi era di umore particolarmente benevolo.
Quasi mai.
 
Il primo sentimento di Eddie, quando lo vedeva, OGNI volta che lo vedeva, era di invidia.
Invidia malefica,  pura e semplice, che si stemperava nel giro di due secondi netti, col pensiero che, se avesse voluto, Dorian si sarebbe potuto comportare come il più stronzo tamarro fighetto possibile da immaginare, mentre era semplicemente il più pazzo, ingenuo, ottimista che conoscesse e specialmente suo miglior amico, che usava la sua bellezza solo per giocare all’angelo cittadino o per autoironizzare sulle sue vanità. Memorabili le scene da Oscar Wilde in erba.
Quando vide di essere stato avvistato, Eddie tentò di nascondere la sua solita faccia, ma si trovò di fronte a due svantaggiose alternative: mantenere la sua espressione noncurante, che tutti consideravano perennemente destinata al carcere minorile, o scoppiare a ridere in faccia a Dorian, che aveva assunto un atteggiamento tra il seccato e l’indifferente che, a suo parere, gli stava bene come una secchiata d’acqua ad un gatto.
Gelida, oltretutto.
Lo attendeva una bella tirata da suocera, poco ma sicuro.
Non appena arrivò, infatti, Dorian smise di studiare la sua faccia da incazzato-in-realtà-altamente-indifferente-che-se-ne-frega-ma-fa-la-predica-per-dovere (ed i lecca lecca a foma di pagliaccio nel vetro) e si voltò verso di lui, piegando la testa e le labbra in una smorfia.
TRENTAQUATTRO MINUTI, Edward Joyce! Grazie a te abbiamo perso il bus delle nove e mezza!”
“E prenderemo quello delle dieci, eddài, non urlare che ho mal di testa…!”
“Non è questo il punto!”, continuò Dorian, senza ovviamente ascoltarlo, con tono petulante.
“Il fatto è che sei sempre il solito pressappochista, credi che ti stia ad aspettare in eterno perché sono tuo amico, ma un giorno o l’altro piano qui TE ad aspettare, e vediamo che farai! Oltre berti una cassa di Guinness!”
Eddie alzò lo spalle, con un sorriso disarmante.
“Aspetterò.”
Dorian alzò lo sguardo ironico all’adesivo attaccato sopra agli orari del bus per Dublino, raffigurante lo scheletro che diceva ‘Waitin’ for the bus…’ e Eddie capì di dover arrendersi.
L’angioletto suburbano di Linayr non era per niente in vena di una sana e massiccia dose di ironia Eddie Joyce, bensì solo di immutabili giudizi targati Dorian Kierdiing.
Come al solito.
La solita scena balenò nel cervello di Eddie, che evitò accuratamente ogni espressione facciale, ma che rideva come un cretino internamente.
 
<All’improvviso delle impreviste scosse telluriche hanno colpito la zona di Linayr, a metà mattinata, proprio sulla via principale… Guardate signori,un vero cataclisma, cartelli rovesciati, dolcetti sparsi ovunque, scaglie di specchio rosa, tabellone e panchina dell’autobus divelte e… oh mio Dio, un cadavere! I suoi documenti lo identificano come Edward Joyce!Una vittima innocente di questo disastro, signori!
Questo ci deve insegnare che non dobbiamo MAI, MAI E POI MAI, sottovalutare le forze della natura, ma ci poniamo anche questo interrogativo: questo disastro…. –pausa suspense, il giornalista guarda severo ed allo stesso tempo addolorato il pubblico, ed il loro cappuccino con brioche- … poteva essere evitato?>
 
Trovando Dorian che lo fissava, tornato dalla sua fase onirica, represse a stento una risata
 -Smettilasmettilasmetilaaaa!!-
L’ amico, incurante, si riavviò i capelli, gettando un ultimo sguardo all’incrocio, e si sedette sulla panchina d’attesa dell’autobus, imitato scompostamente da Eddie.
“Come sta l’angelo di Linayr?”
“Vegeta… e passa la sua esistenza ad aspettare cretini in ritardo.”
“Kierdiing- Joyce uno a zero, suppongo…”
“Presumi giusto.”
“Non sei divertente, sai?”
“Lascia stare… è humor troppo sottile per te…”, sbuffò Dorian, falsamente seccato.
“E’ humor stupido, Dorian, Stephen King pagherebbe per NON avere battute simili nel suo libro!”
Dorian continuava ad osservare il via vai di giovani manager, ma senza lo sguardo preoccupato di prima, mentre ribatteva prontamente all’amico, sfruttando le solite schermaglie, provate e riprovate negli anni.
“Qua c’è solo una cosa stupida…e non è il mio umorismo.”
“Hai ragione, sono i tuoi jeans…”, fece finta di riflettere Eddie.
“Sai, io immagino che nessuno te l’abbia detto, ma Kurt Cobain è morto… e tu non ci assomigli. Mi spiace per il brutto colpo, amico mio!”
“MMMMMMGGGGGRRRRRFFH!!!”
“Capito…”
Eddie si stravaccò meglio sulla panchina, osservando il vecchio bus che arrancava per la salitella della Cotton, e poi sorrise al cielo.
Dorian gli faceva sempre quell’effetto: lo metteva di buonumore, non che fosse un’impresa difficile parlando di Edward Joyce, figlio di mamma Joyce a tutti gli effetti, che vantava una lontanissima parentela con la famiglia dell’ autore dell’ Ulysses, probabilmente risalente ai tempi di Adamo ed Eva…
Se non prima.
Aveva provato a leggere qualcosa del suo illustre antenato, da buon ultimo rametto di quel maestoso e frondoso albero che aveva, come solido tronco, il buon James Joyce, ma si era arenato dopo due pagine del maledetto Ulysses, anche se gli piaceva moderatamente The Dubliners, ma preferiva di gran lunga Clive Barker ed il suo idolo incontrastato, Stephen King.
Assieme al compianto e funambolico Keith Moon, ed Eddie Irvine, suo idolo da sempre.
Essi costituivano il sacro trio pagano del:
 
SANTISSIMO (…signore e signori, niente da dire niente da fare, perché qui abbiamo l’esempio della santità irlandese della Chiesa di Madre Birra Guinness…), Edward Joyce jr, Eddie per gli amici.
 
Niente a che fare con quella del:
 
BELLISSIMO (…oh sì, signori, trattenere le vostre signore perché sta per apparire Lui!...) Dorian Patrick Kierdiing (Kurt Cobain, Edge degli U2 e Oliver Stone).
 
O con quelle dei loro due migliori amici, il…
 
FORTISSIMO (…credete di essere i più forti? Lui vi supererà facilmente!...), Shane Haynes, che adorava letteralmente Shane McGowan dei Pogues, la memoria di Cliff Burton dei Metallica e Brendan Kennely.
 
Per non dimenticare,
 
l’ASSENTISSIMO (…signore e signori, un vero esempio di viaggiatore mentale, altrochè Syd Barrett, venite venite!,  questo è…) Justin Andreas Swanson, cultore di Oscar Wilde, David Bowie e Quentin Tarantino.
 
L’imbonitore da circo tacque nella sua testa, mentre reprimeva l’ennesima risata, e pensava a quello che aspettava loro nei prossimo giorni, mentre Dorian fermava il bus, che sospirando cigolante, apri la porta a soffietto per farli salire.
“Tu muovi, buffone? Il bus non aspetterà te! E neanche io, penso!”
“Ooooh, fottiti passerotto, sposta il tuo bel culo dal posto vicino al finestrino!Let’s go!”


Salve; nonostante passi quasi tutto ad una mia amica, non ho una vera e propria beta-reader, perciò si incontreranno sovente piccoli errori grammaticali e sintattici (spero siano PICCOLI, almeno, povera me...); come ho detto, ho scritto questa storia quando è stata ambientata. 
La scrittura era enfatica, ingenua, ridondante come solo quella di una pre-teenage potesse essere. 
Amavo gli U2 ad un livello folle come solo una pre-teenager può fare, e Stephen King, ora come allora.
Spero piaccia, è interamente frutto del mio cuore.
Poche saranno le note in fondo, poichè preferisco non intromettermi. 
Perciò perdonate l'intrusione.
"E' la storia, non colui che la racconta." (Stephen King)

   
 
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