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Autore: Nocturnia    25/01/2013    1 recensioni
Colpa. Rimorso. Redenzione.
Se avessi dovuto descriverti, avresti usato queste tre, piccole, parole.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Helena Bertinelli, John Diggle, Oliver Queen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Oliver Queen, Laurel Lance e tutti gli altri personaggi appartengono a George Papp e Mort Weisinger, alla DC Comics e a chi detiene i diritti sull'opera. Questa storia è stata scritta per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo. Nessun copyright si ritiene leso. L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell’autrice (Nocturnia) e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.

"Il tempo è come un fiocco di neve:

scompare mentre cerchiamo di decidere che cosa farne."
- Romano Battaglia -


L'inganno della speranza


È pulita l'aria di Starling City.
Ha un odore nitido, terso, quasi innocente.
Si dirama sotto i tuoi piedi, scivolando sinuosa tra un palazzo e l'altro, strade ricolme d'oro e d'utopie fallite.
E' una bella donna Starling City, giovane e fresca, una pelle candida e la lingua di un serpente tra le labbra piene.
Non ha nulla della forza disperata di Gotham City, nulla dell'alterigia di Metropolis.
Intreccia il filo della Vita e lascia che scorra tra le sue dita sottili, sorridendo alle sue sorelle e concedendo una benedizione che pare più un rogo annichilente.
Tagliava e tagliava Gotham City, puttana sfiorita e ventre già molle, la cupa grazia della belva e della femmina senza compromessi.
Creava e piangeva invece Metropolis.
Tesseva senza sosta alcuna, madre e protettrice di tutti quei figli soli e affranti.
E lì, tra due forze inamovibili, vi era lei: Starling City.
La città dei sogni.
La città della menzogna.

Ti dondoli sui talloni, ascoltando il lento frusciare del vento tra gli alberi del parco sottostante.
È una notte pigra quella in cui ti concedi il lusso di pensare, una notte che ha il sapore fasullo della salvezza.
Helena è un'ombra alle tue spalle, occhi troppo grandi e troppo pieni d'odio.
"Hai intenzione di stare qui tutta la sera?"
Silenzio.
"Fai come ti pare."
Non ha bisogno di permesso alcuno la figlia di Bertinelli, perché imbracciare un'arma e una vendetta la rende guerriera e criminale, la legge una mera catena con cui non fare neppure i conti.
È la città delle illusioni, Starling City.
Sei bella e sei forte, capelli corvini e nel cuore il buco d'un amore consumato - spezzato - troppo in fretta.
Puoi fare tutto, andare in ogni dove.
Puoi bere champagne costoso e spremere ciò che rimane dei soldi tuo padre, aprendo le gambe all'ennesimo figlio dell'aristocrazia di Starling City.
Oppure puoi vestirti con una lorica di rancore e rabbia, puntando una balestra - un'anima - verso la feccia della città, saggiando nel loro sangue la tua tristezza.
Helena ti abbandona sul tetto delle Queen Industries, un mantello viola e una smorfia contrariata sul viso.
Riporti lo sguardo sul cielo stellato, una trapunta di luci e piccole scie fumose.
Sorridi.

"Così...sei vivo."
Annuisci, sprofondando in quelle pupille dilatate e angosciate.
"Sei...vivo."
E' quasi un gemito, una recriminazione quella che esce dai denti serrati di Laurel: un pugno dritto al petto.
"Mi dispiace."
Laurel stira le labbra in una riga sottile e durissima, un filo che pare una cicatrice biancastra.
"Mia sorella è morta. E' morta, Oliver."
Hai ancora parole da opporle?

"Si indossa una maschera per proteggere chi si ama."

Avevi fallito nel farlo, Oliver.
Avevi fallito e ora ti rimanevano solo le schegge d'una vecchia realtà a fare da testimoni.
Ti rimanevano un arco e una freccia già incoccata: la punta d'un dolore che sarebbe stata la tua lama.

"Nessun criminale all'orizzonte?"
John Diggle è una voce rassicurante al tuo fianco, una risata a mezza bocca e la tenacia dei veri soldati.
"No, John. Sembra di no."
Diggle tossisce leggermente, chiudendo il pugno e poggiandolo sotto il mento.
"E' una bella notte, Oliver. Forse, anche il giustiziere di Starling City può prendersi qualche ora di riposo."
Non c'è pace nell'anima di conosce solo la guerra. avresti voluto rispondere, ma ti eri limitato a sorridere da sotto il cappuccio.
"Forse. O forse no. C'è sempre qualcosa che agita il cuore di questa città, John. Basta stare in ascolto. Basta scavare oltre i suoi bei modi e i suoi lussuosi gioielli."
Si siede Diggle, lasciando penzolare i piedi oltre il cornicione.
"E tu sei sicuro di capire quello che dice Starling City, Oliver?"

Colpa. Rimorso. Redenzione.
Se avessi dovuto descriverti, avresti usato queste tre, piccole, parole.
Avevi sempre cavalcato il dorso della tigre senza curarti degli altri, uccidendoli senza nemmeno doverli toccare.
Ti eri lasciato blandire da una città che era proprio come te: superficiale e bellissima e senza alcuna remore.
Non eri l'uomo d'acciaio di Metropolis, un alieno dal cuore di uomo.
Non eri un pipistrello di bruma e sangue, spada e scudo d'una città spietata e perversa.
Eri forse il più umano, il più chiaro.
Eri il volto che tutti potevano comprendere, ma che nessuno avrebbe mai accettato davvero.
Eri un ragazzino che aveva imparato a vivere, tra i morsi della fame e un sacrificio così estremo da essere un paradosso.
Eri un'arma, una freccia: una luce nel buio desolante dell'inganno.

Una sirena tuona in lontananza, diventando un fischio acuto e poi un borbottio incostante e ovattato.
Ti alzi in piedi, sistemandoti la faretra e agganciandoti l'arco alla cintura.
Diggle apre la bocca, quasi a voler dire qualcosa, ma la richiude subito dopo.
"Devo andare."

"È un cammino solitario quello del crociato. È un cammino all'ombra della vita e tra gli incubi della gente. È un cammino al di fuori della nostra pelle."

Te l'aveva detto un uomo che aveva perso tutto e viveva ancora nel rimpianto.
Te l'aveva detto con un sorriso allucinato sul volto e la folle mimica degli psicopatici negli occhi.
Non dormiva, non mangiava, non vacillava: combatteva con la stessa pratica efficienza della macchina da guerra.
Un mostro tra i mostri.

"Picchia duro, Oliver." ti replica poi John, sistemandosi la giacca "Torno da tua madre per comunicarle che ho perso, per l'ennesima volta, suo figlio."
Annuisci, buttandoti oltre il bordo dell'edificio e lasciandoti afferrare dalla notte.
È un puntolino dietro di te Diggle quando tocchi il suolo, il grido agonico della polizia un rumore intenso e lontano.
Sembra quasi sorridere Starling City a tutta questa sofferenza, a tutta questa cattiveria.
Sorride e si nutre di essa, perno d'una bilancia che vede, sui due piatti, una puttana e una madre.
Un'assassina e una salvatrice.
È nel mezzo Starling City e non prende posizione, ma sarai tu a farlo per lei.

"Torno da tua madre per comunicarle che ho perso, per l'ennesima volta, suo figlio."

Forse, Oliver Queen non era mai davvero tornato da quell'isola fangosa.
Forse, del ragazzo d'oro di Starling City non era rimasto altro che un mucchio d'ossa e rimorsi, il pallido fantasma d'una vita che non t'appartiene più.
Forse.
Ma adesso non hai il tempo di pensare, di compatire, d'amare.
Perché sei la forza che piega i deboli, il nerbo che affonda nella gola dei vigliacchi e degli avidi.
Sei la cifra d'una giustizia pagata con il sangue, una rinascita sofferta e mai voluta appieno.
Sei una freccia di carne e speranze, un solco nel silenzio della notte.
Cominci a correre, perché questa è l'unica cosa che ti sia mai stata congeniale davvero: correre.
Correre e combattere.

L'arco è pronto, la corda tesa.
Le dita vibrano come una tempesta trattenuta, il bersaglio è nell'orbita accesa dei tuoi occhi.
Sorridi e fai la tua mossa.
Sorridi e colpisci.


   
 
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