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Autore: Another_Life    25/01/2013    16 recensioni
È giusto cambiare?
Mutare il proprio modo di pensare, le cose in cui si crede, rivoluzionare il proprio carattere?
È giusto imporsi di diventare un’altra persona, abbondando così tutte le minime particolarità che ci distinguono dagli altri?
È giusto lasciare il sorriso, la timidezza, la semplicità che ci differenziava per evitare di essere presi in giro un’altra maledetta volta?
Is it right to change your mind?
Sentimenti non confessati, paura mascherata come odio, un segreto che tiene tutti ancora troppo legati al passato.
Un passato dove la felicità era la parola chiave.
Un passato dove le cose erano più semplici.
Un passato dove ognuno era chi mostrava di essere.
 
IN FASE DI REVISIONE.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'When The Past Come Back'
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Change My Mind

Capitolo 2
 
Guardò l’ora sul cellulare: le otto e un quarto.
Bene, poteva uscire. I suoi se n’erano andati dieci minuti prima per fare un giro in centro e lei poteva finalmente “incontrare la sua amica”.
Si guardò un’ultima volta allo specchio: aveva gli stessi vestiti di prima ma il trucco era stato perfezionato, mentre i capelli lunghi e castani cadevano mossi sopra il seno.
Si sorrise cercando di essere ottimista, prese un paio di euro da mettere in tasca e il cellulare con le immancabili cuffiette blu.
Aprì la porta, scese le lunghissime scale e consegnò le chiavi alla reception per poi uscire e inspirare subito l’aria fresca della sera; il cielo era ancora chiaro e il sole sarebbe tramontato tra circa un’ora. Guardò affascinata tutta la gente che camminava, i negozi aperti e le varie attrazioni per i turisti, i tandem che sfrecciavano nella pista ciclabile e qualche auto che arrivava.
Riprese il controllo di sé quando il suo sorriso le riapparve nella mente, facendole ricordare il suo scopo per quella serata: capire cosa le stava succedendo, o almeno trovare degli indizi.
Girò a destra ammirando le varie botteghe e attività, dirigendosi sempre di più verso la fine della zona gremita di gente; risalì un’altra via che portava alla spiaggia e poi i gradini, vedendo finalmente lo spettacolo del mare che infrangeva le sue onde sulla battigia.
Era un sollievo sentire tutti quei piccoli suoni che le trasmettevano pace e tranquillità e in un attimo si sentì leggera come una farfalla. Riaprì gli occhi dopo un momento infinito e andò a sedersi su una panchina vuota; da lì riusciva perfino a scorgere il loro ombrellone e i vari giocattoli che la sorella aveva lasciato. Infilò gli auricolari e fece partire la play list per l’ennesima volta in quella giornata.
Canticchiò a bassa voce le parole in inglese di Katy Perry perdendosi ancora una volta nei suoi pensieri.
Perché quel ragazzo misterioso le aveva fatto quell’effetto?
Era la prima volta che le capitava e ora era molto confusa. Allora, ripetiamo: prima la reazione del cuore che aveva cominciato ad andare decisamente troppo veloce, poi i suoi occhi trapassanti e la scarica elettrica di quando si erano stretti la mano. Anche l’altro era sembrato sorpreso quindi dedusse che doveva essere successo anche a lui e questo, non sapeva come mai ma la sollevò.
Continuò a massacrarsi la mente cercando di trovare un filo logico a quegli eventi e dopo circa dieci minuti sentì qualcuno avvicinarsi per poi salutare con un “Ehilà” che udì a malapena a causa della musica. Non si voltò subito, di certo non era rivolto a lei, ma la curiosità era troppa e alla fine cedette. Girò la testa a sinistra e si ritrovò davanti un ragazzo dall’aria familiare che le sorrideva.
Oh cazzo.
Era lui.
Proprio lui.
Il ragazzo.
Quel ragazzo.
Merda.
Spalancò gli occhi inebetita e lo fissò interrogativa.
«Ciao», sussurrò con la voce roca qualche secondo dopo, ricordandosi che lui l’aveva già salutata.
«Che ci fai qui?», le chiese tanto per attaccar bottone, spezzando il silenzio che si era creato.
«Potrei farti la stessa domanda»
Lui ridacchiò ed lei arrossì. Ma perché si imbarazzava? Era solo la sua risata.
Già, la sua risata… Cristo Santo, che bella…
«Posso?», le chiese indicando il posto vuoto di fianco a lei.
Annuì diventando ancora più rossa. Gesù, non bastava la confusione che le aveva creato prima, no, adesso arrivava lì - e non sapeva ancora il perché - e le chiedeva di sedersi accanto a lei.
Pensò che il sole oggi gli avesse dato alla testa.
Cercò di riprendere le redini della sua mente con la razionalità anche se la sua vicinanza non aiutava.
Sentì il suo sguardo su di lei così, dopo un piccolo respiro, alzò anche lei il suo e si mise a guardarlo. I suoi occhi la trapassarono un’altra volta, la sua espressione misteriosa e piena di curiosità la fece tremare impercettibilmente e il suo mezzo sorriso distrusse tutte le sue barriere. Ora era completamente vulnerabile e la sensazione di debolezza la pervase.
«Non hai risposto alla mia domanda», sussurrò sorridendo malizioso.
Rimase un attimo interdetta dalle sue parole e poi si voltò verso il mare.
«Riflettevo», rispose con un filo di voce continuando a fissare le onde del mare, «Tu?»
«Safaa ha dimenticato il suo pallone ed è terrorizzata che glielo portino via, quindi i miei mi hanno spedito a prenderlo», rispose ridacchiando. Ritornò a guardarlo e lui riprese a studiarla cercando di leggere i suoi occhi.
«Quanti anni hai?», gli chiese qualche secondo dopo.
Lui si stupì della sua domanda, rimanendo per un momento scombussolato e lei fece lo stesso, meravigliandosi che quella a parlare fosse stata proprio lei.
«Sedici», rispose mentre lei poggiò lo sguardo su una coppia di anziani che stavano passando.
Li lasciò che li scrutassero e poi si rivolse di nuovo a lui.
«E che cosa hai fatto di così terribile da essere in vacanza con la tua famiglia?», gli chiese sorridendo.
Ancora una volta lo prese alla sprovvista e lui la osservò attentamente.
«Perché me lo chiedi?», sussurrò facendo un mezzo sorriso.
Arrossì ancora di più e per cercare di non farglielo notare distolse lo sguardo e guardò il sole che stava calando, portando con sé un magnifico tramonto.
«Perché non hai l’aria del tipo che alla tua età va ancora in vacanza con i suoi genitori», rispose senza neanche pensarci.
Riesaminò con la mente le parole che le erano appena uscite e adesso sì che diventò color pomodoro.
«Oddio scusami, non posso credere di averlo detto davvero, scusami», sussurrò alzandosi dalla panchina imbarazzata come non mai.
Prima che potesse fare un passo si ritrovò la sua mano che stringeva il suo polso sinistro e per poco non le venne un infarto. Il suo cuore cominciò a battere in un modo impressionante e la sua mente si annebbiò in un istante, lasciandola senza parole e senza la sua razionalità; una scarica elettrica la attraversò proprio come la prima volta e la sua stretta ferrea non la lasciava.
Lui si sporse in avanti e lei lo guardò perdendosi di nuovo in quegli occhi così apparentemente impenetrabili ma che invece, se li scrutavi bene, riuscivi a leggerci i suoi stati d’animo.
«Non te ne andare, mi piace chiacchierare con te», la supplicò con una voce un po’ spezzata.
Lo fissò confusa mentre il suo cuore perdeva un altro colpo e smetteva completamente di respirare.
Okay, questo doveva essere di sicuro un altro dei suoi sogni impossibili, non c’era altra spiegazione.
Vedendo che rimaneva lì come un’ebete a fissarlo la strattonò un poco facendola ritornare seduta. Lei riprese il controllo di se stessa e scosse la testa ancora imbarazzata.
«Scusami, fai finta che non abbia detto niente», sussurrò con un filo di voce.
Lui ritornò a studiarla, però lei questa volta non si arrese alla sua straordinaria bellezza e continuò a guardare le onde scure che si infrangevano sulla costa e il cielo arancione che vi faceva da sfondo.
«In effetti ci hai azzeccato», disse ridacchiando.
Si voltò verso di lui e sorrise di rimando. Quel ragazzo la metteva in un imbarazzo tremendo, è vero, ma sapeva anche come farla tranquillizzare.
E le domande su di lui aumentavano sempre di più.
«Diciamo che negli ultimi mesi sono successe un paio di cose che hanno portato i miei a costringermi a venire in vacanza con loro per badare a quel marmocchio che ho come sorella», continuò sorridendo qualche secondo dopo.
Annuì ricambiando il gesto e poi se ne restarono in silenzio per un po’.
«Da dove vieni?», gli chiese. La sua voce era talmente bella che non riusciva più a farne a meno, non poteva continuare a farlo star zitto.
«Pakistan», le rispose continuando a studiarla.
Ma non si rendeva conto che così non faceva altro che metterla in imbarazzo?
Sì che se ne rendeva conto e lo faceva apposta, gli leggeva il divertimento negli occhi.
«E sai così bene l’italiano?», domandò stupita.
«Vivo qui da quando avevo pochi mesi», le spiegò senza togliere quel sorriso dalle sue labbra. Annuì distrattamente e poi ritornò a guardarlo. Si tuffò in quelle sfere scure che sembravano così impenetrabili e illeggibili e perse di nuovo il controllo di se stessa.
«Tu di dove sei?», le chiese qualche secondo dopo senza staccare il suo sguardo dal suo. Se li avesse visti qualcuno non sapeva cosa avrebbero potuto pensare, magari che erano una coppia di giovani innamorati.
«Da un paese che dista due ore da qui e che è molto poco conosciuto», rispose sorridendo.
Lui annuì ricambiando il gesto e quando fece per aprire la bocca per farle un’altra domanda lei lo precedette.
«Ho quasi quindici anni», gli disse guardando un gabbiano che volava appena sopra il livello del mare. Con la coda dell’occhio vide la sua faccia sorpresa per un momento e ritornare poi seria e allegra contemporaneamente. Ritornò a scrutarla come se fosse una cavia da laboratorio e questo la faceva sentire tremendamente in imbarazzo ma allo stesso tempo non le dava così fastidio.
Restarono per qualche minuto in silenzio e poi lui le fece una proposta che la lasciò perplessa e stupita.
«Ti va se facciamo un giro sulla spiaggia?», le chiese sorridendo.
Dopo aver analizzato per bene le sue parole si voltò di scatto a guardarlo, come impaurita. La sua espressione sincera e il suo sorriso abbatterono tutte le sue barriere facendola vacillare. Okay, forse avrebbe dovuto rifiutare, nessuno le aveva mai chiesto una cosa del genere e probabilmente anche lui era uno di quelli che pensavano solo a farsi le ragazze e poi a dire addio, ma lei non era come loro e di certo lo avrebbe respinto se solo ci avesse provato. Eppure quegli occhi così gentili e autentici le dicevano che lui non voleva farle niente.
Restò qualche secondo a scrutarlo per capire se nella sua espressione c’era qualche traccia di presa in giro o simili, ma niente.
«Okay», sussurrò dopo alzandosi in contemporanea con il moro.
Si inoltrarono tra gli ombrelloni restando per un po’ in silenzio, ascoltando solamente il rumore delle onde del mare che si infrangevano sulla battigia. Il ragazzo si avvicinò per un momento ad una postazione non lontano da quella sua e della sua famiglia e ne prese un pallone. Sorrise quando le ritornò vicino e lui fece lo stesso.
Camminarono vicini fino ad arrivare alla riva e mentre lei continuava a guardare l’orizzonte sentiva il suo perenne sguardo su di lei. Il sole se n’era completamente andato per fortuna, almeno così lui non poteva vedere le sue guance in fiamme.
«Quanto ti fermi qui?», le chiese ad un certo punto.
«Oh, beh, sono arrivata stamattina e torno a casa sabato prossimo. Tu?»
«Una settimana anche io», le rispose tranquillo.
Il silenzio che c’era fino a poco prima ritornò e fu abbastanza imbarazzante; non riusciva a trovare un argomento di cui parlare, le sembravano tutti stupidi e senza senso, ma osservando il ragazzo di fianco a sé si consolò: anche lui sembrava abbastanza in difficoltà.
Ad un certo punto lo sentì allontanarsi ma non ci fece caso; dopo un paio di secondi dell’acqua le arrivò addosso bagnandole i pantaloni e un po’ la maglietta. Si voltò di scatto con occhi sbarrati e lo trovò a qualche passo da lei, con le bermuda anch’esse inzuppate come le sue e un sorriso furbo dipinto sul volto. Rimase incantata da tanta bellezza, non aveva mai visto niente del genere: quel ragazzo dall’aspetto perfetto era illuminato dalla luce tenue della luna e il suo fascino aumentava sempre di più, secondo dopo secondo. Dopo un momento di totale ammirazione verso quel dio greco riprese le redini di se stessa e infilò il cellulare in tasca per poi buttarsi verso di lui e cominciare a bagnarlo con degli spruzzi.
«Ehi, aspetta, che fai? No, i capelli no, ti prego», cominciò a protestare lui mentre lei rideva e continuava a bagnarlo.
«Hai cominciato tu, ragazzo pakistano», rispose ancora tra le risate.
Improvvisamente lui fece uno scatto avanti prendendola per i polsi e costringendola a fermarsi.
Alzò lo sguardo e si perse in quegli occhi scuri e trapassanti mentre il cuore cominciava ad andare decisamente troppo veloce e il fiato si faceva corto. Non riusciva più a pensare, la sua mente era completamente annebbiata e non era capace nemmeno di sciogliersi dalla sua presa ferrea; si fissarono intensamente per alcuni secondi e intanto i suoi polsi andarono letteralmente a fuoco sotto il suo tocco. Vide nel suo sguardo un po’ di confusione, anche lui non riusciva a capire cosa gli stesse succedendo e cercava di mascherarlo con un sorriso, ma lei riusciva lo stesso a leggerglielo.
Dopo circa un minuto che parve interminabile lui arretrò di qualche passo, tenendo però ancora salda la sua mano sul suo polso destro. La fece avanzare di poco sull’acqua, senza smettere di guardare l’orizzonte e poi ad un tratto si fermò. Volse il capo verso di lei e le fece un sorriso sincero e bellissimo, forse con un pizzico di furbizia ma comunque paragonabile a quello degli dèi greci.
Successe tutto in attimo: mentre lei era ancora ammaliata da quel fusto di ragazzo lui si abbassò e le tirò un botto d’acqua, inzuppandola completamente. Il contatto con il liquido freddo la fece rabbrividire e tornare in se stessa e un’espressione mista tra incredulità, stupore e sorpresa si dipinse sul suo volto. Guardò i suoi vestiti: la maglietta per fortuna era nera così non si notava molto, ma i pantaloni… Sembrava decisamente che si fossi fatta la pipì addosso.
Gli sfrecciò un’occhiata omicida e poi si abbassò anche lei cominciando a tirargli acqua; lui provò a lamentarsi ma lei continuò forse anche più del dovuto, ma nessuno poteva bagnarla, nessuno.
Dopo un paio di minuti si fermò e cominciò a scrutarlo: la t-shirt blu elettrico era completamente zuppa, così come le bermuda in jeans. Quando notò i suoi capelli, poi, scoppiò in una fragorosa risata: erano tutti grondanti di acqua e il ciuffo che fino a prima era sparato in alto e tenuto così da gel e lacca ora era afflosciato sulla fronte del moro e gli copriva in parte l’occhio destro.
Adesso fu lui a lanciarle una fulminata piena d’odio ma vedeva dalla sua espressione che stava trattenendo le risate. I suoi occhi brillavano di una strana luce e facevano contrasto con il buio che c’era attorno a loro e che notò solo allora. In una circostanza normale avrebbe avuto paura, stare nell’oscurità di notte le aveva sempre fatto un certo che ma adesso no, sentiva che era al sicuro, protetta per certi versi. Lui emanava una strana sensazione di tranquillità e riparazione, come se fosse il suo custode e che con lui non doveva temere niente.
Okay Nicole, stai sparando una cazzata dopo l’altra, in fondo neanche lo conosci, ma che ti metti in testa?!
Ancora una volta la razionalità si era impossessata di lei, facendole crollare le sue ipotesi più assurde.
«Ehi fermo, no non ti azzardare, adesso siamo pari», sussurrò appena lo vide avvicinare le mani all’acqua. Lui inchiodò i suoi occhi sui suoi e cominciò a sorridere in modo strano.
«Ma io ti avevo detto che non mi dovevi toccare i capelli», fece lui in tutta risposta.
«E tu non mi hai lasciato altra scelta, dal momento che hai cominciato tu a lavarmi completamente», rispose sostenendo il suo sguardo per quanto le fosse possibile.
Non aveva mai parlato in quel modo ad un ragazzo e per questo ne fu anche sorpresa, ma cercò di concentrarsi sul moro che stava davanti a lei, pronto a schizzarle acqua un’altra volta.
Lui continuava a fissarla mentre il cuore pompava sempre più veloce nel petto, come se da un momento all’altro dovesse fare un infarto per aver corso la maratona senza aversi allenato.
«Dammi un buon motivo per non bagnarti», sussurrò poi ancora con quel sorriso illuminato appena dai raggi della luna.
«Se ci provi, giuro che mi vendicherò. Non mi sfidare, ho parecchie conoscenze», rispose con le gambe che tremavano. Non era vero, non era capace di vendicarsi e non conosceva praticamente nessuno, ma poco importava. In fondo il pakistano mica sapeva chi era o che cosa era capace di fare. Si erano incontrati per la prima volta qualche ora prima e, a meno che non avesse dei superpoteri di cui non era a conoscenza, poteva filare tutto liscio.
«Stai mentendo, ma tranquilla, giuro che non ti bagno, non adesso almeno», le disse lui lasciandola letteralmente di stucco nello sentire la prima parte della frase.
Okay, le sue amiche le dicevano sempre che era un libro aperto ma adesso ci si mettevano anche gli sconosciuti a capire che non sapeva dire le bugie nemmeno sotto la luna?
Si voltò per tornare a riva, attenta che lui non ricominciasse, ma questo invece restò di parola e la seguì.
Si stritolò la maglia cercando di far scendere tutta l’acqua e lui fece lo stesso con la sua.
«Non ti immaginavo così vendicativa», ridacchiò qualche secondo dopo mentre cercava di risistemarsi il ciuffo.
«In che senso?», chiese mentre controllava che il cellulare funzionasse ancora.
«Nel senso che sembravi tanto tranquilla e timida e invece…», rispose lui lasciando la frase in sospeso.
«E invece?», ripeté lei.
«Invece ho provato sulla mia pelle che anche tu hai il tuo caratterino», confessò lui con una punta di imbarazzo mascherata con delle piccole risate.
«Scusami, ma hai cominciato tu e hai fatto una delle peggiori cose che potessi farmi», disse arrossendo sotto il suo complimento. Lo potevo considerare tale, no?
«Bagnarti?», chiese lui mezzo sorpreso e mezzo divertito.
«Già, una cosa che odio», sussurrò mentre ricominciarono a camminare lungo la riva.
«E scusa, ma come fai con il mare?»
«Quello è diverso, ci vado consapevolmente e poi puoi contarli sulle dita di una mano i bagni che farò io in questa settimana», rispose sorridendo.
Lo lasciò sorpreso perché lo vide con la coda dell’occhio che cominciava a scrutarla un’altra volta. Sentirsi osservata l’aveva sempre messa in imbarazzo e lo faceva ancora adesso, ma essere studiata da lui… Non sapeva, la metteva allo stesso tempo tranquilla e felice.
L’influenza che aveva su di lei quel ragazzo era davvero strana.
Restarono per qualche secondo in silenzio mentre lui continuava a guardarla.
«Ti farò vedere la bellezza di fare i bagni al mare», le sussurrò poco dopo.
«Cosa?», chiese sbalordita.
«Ti farò ricredere. In questa settimana farai più bagni di quanti tu non ne abbia mai fatti, è una promessa», le disse lui facendole letteralmente andare a fuoco le guance.
«Okay», sussurrò senza sapere cos’altro dire.
Lui posò il suo sguardo su un punto indefinito davanti a lui e lei si voltò per vedere i suoi lineamenti perfetti che brillavano sotto la luce della luna. Era spettacolare, non aveva mai visto nessuno di più bello.
«Come... Come mai sei interessato a me? Cioè, voglio dire, non che ti piaccia perché è una cosa assolutamente impossibile, ma perché prima ti sei messo a chiacchierare con me e poi mi hai chiesto di fare un giro qui intorno?», gli chiese ad un tratto rompendo il silenzio che si era creato.
Lui voltò la testa verso di lei e cominciò a leggerla dentro mentre lei si lasciava trapassare da quelle sfere così scure. Era una sensazione indescrivibile quella che stava provando, mai sentita prima di allora.
«Quando lo scoprirò sarai la prima a saperlo», le rispose.
Le sue parole le entrarono nella testa e cominciarono a girare vorticosamente. Tutto si sarebbe aspettata, tranne che quella risposta. Quel ragazzo era un mistero, davvero, più tempo ci stava assieme e più le domande su di lui aumentavano. Non sapeva cosa le stava succedendo, non riusciva veramente a capirlo; quella sera era uscita da sola per trovare delle soluzioni, ma il suo arrivo inaspettato non aveva fatto altro che incrementare i suoi dubbi.
Chi era veramente Zayn?
Cosa voleva da lei?
Perché un ragazzo come lui si era avvicinato ad una come lei?
Queste e altre milioni di domande le frullavano per la mente, pronte per essere poste ma non lo fece, si limitò soltanto a continuare a fissarlo. Ormai era diventato una specie di droga per lei. Guardò i suoi lineamenti, i suoi occhi che brillavano nel buio, il suo naso e la fronte, ora mezza coperta da quel ciuffo di capelli, la barba appena accennata che lo rendeva ancora più bello.
Guardò il corpo muscoloso, la maglietta aderente ancora bagnata e la pelle ambrata. Tutto di lui era tremendamente, maledettamente e stupendamente perfetto.
Senza accorgersene avevano preso la strada che portava al suo residence e dopo aver constatato che ora fosse fu costretta a rompere quel silenzio.
«Ehm, adesso io dovrei rientrare», mugugnò osservandolo.
Lui la trapassò con gli occhi facendole scendere un brivido sulla schiena. Restò qualche secondo così, come se volesse accertarsi che dicessi la verità, poi distolse lo sguardo e annuì.
«Sì, anch’io», sussurrò piano guardando dritto davanti a sé con un’espressione tesa e dura.
Quel cambio di umore la lasciò molto sconcertata, non riusciva veramente a capirne il motivo.
Prima che potesse proferire un suono si voltò verso di lei, le sorrise in un modo che la stese completamente e la salutò.
«Ci vediamo. Buonanotte Nicky», le disse facendole l’occhiolino prima di sparire dietro l’angolo, immerso nell’oscurità e nel caos della sera.
Rimase lì, imbambolata per alcuni minuti, ancora traumatizzata. In senso positivo.
Ripensò ai vari momenti di quella sera, da quando era arrivato alla loro chiacchierata, dal bagno con l’acqua del mare ai vari momenti di silenzio per nulla pesante fino ad arrivare al suo saluto.
Le aveva dato un soprannome, in pochi lo avevano fatto e le piaceva anche. Quando l’aveva pronunciato il suo cuore aveva cominciato ad andare ad una velocità folle, avrebbe potuto benissimo stare dietro ad un treno di ultima generazione.
Non sapeva cosa le stava facendo quel ragazzo, non sapeva cosa stava succedendo dentro di lei però di una cosa era sicura: non era come gli altri e, sebbene lo conoscesse da poco, poteva dire che era una brava persona.
Intanto i dubbi e le domande crescevano sempre di più, ma pazienza. Voleva indagare su di lui e capire meglio se stessa. Stargli vicino era l’unica soluzione possibile. Sempre che lui lo avesse voluto.
Entrò nel residence e salì le scale fino al suo appartamento, bussò piano alla porta e trovò la madre alzata ad aspettarla. Dopo una mini ramanzina sul ritardo andò a cambiarsi e a farsi una doccia per togliersi di dosso l’acqua salmastra del mare. La sorella e suo padre dormivano già così fu costretta a coricarsi anche lei, ancora però con milioni di domande che lei frullavano in mente e una sola certezza: voleva rivedere Zayn.



Angolo Autrice:
*Spunta da sotto il tavolo con una piccola bandierina bianca*
Scusatemi.
Questo è tutto quello che vi dico.
Scusatemi davvero, non era mia intenzione infrangere la mia promessa di postare ogni settimana già al secondo capitolo ma vedete… Ci sono state delle complicazioni più grandi di me.
Due giorni prima di quello che doveva essere il nuovo aggiornamento il mio carissimo computer ha deciso di passare a miglior vita; in poche parole, se n’è andato. Dopo ben sette lunghi anni di amorevole convivenza, lui se n’è andato.
*un minuto di silenzio per lui*
Così sono dovuta rimanere senza la mia ragione per più di un mese D:
Credevo di morire D:
E adesso rieccomi qui, pronta per continuare questa storia, sperando nel vostro appoggio:)
Cercherò di aggiornare nel minor tempo possibile, quattro o cinque giorni, una settimana al massimo, promesso:)
Grazie mille se siete arrivate fino a qui, grazie mille di cuore:)
Se volete e se vi fa piacere, lasciatemi una recensione:) Due paroline, positive o negative che siano, mi bastano, sapere la vostra opinione per me conta moltissimo:)
Okay, adesso me ne vado definitivamente:)
Grazie ancora,
Another_Life
xoxo
   
 
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