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Autore: Vitzi    25/01/2013    5 recensioni
1° Classificata al contest “A song that brings to your heart” di Misaki_ + Premio "Tematica e Originalità".
Basata sulla celebre canzone degli Evanescence “My Immortal”.
Introduzione [Sono così stanca di stare qui soppressa da tutte le mie paure infantili e se devi andartene vorrei che tu te ne andassi e basta perché la tua presenza indugia qui e non mi lascerà mai da sola. Queste ferite sembrano non guarire questo dolore è troppo reale, c'è semplicemente troppo che il tempo non può cancellare.]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lunch, Tenshinhan | Coppie: Lunch/Tenshinhan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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TENLUNCH Titolo: Presence
Autore(Su Efp e sul forum):
Vitzi (Efp); Dafne_18 (Forum)
Paring:
Lunch/Tenshinhan
Canzone:
My Immortal - Evanescence
Genere:
Angst/Introspettivo/Sentimentale
Rating:
Giallo
Avvertimenti:
/
Note autore:
È la seconda Lunch/Tenshinhan che scrivo, devo dire che è stato particolarmente difficile sperimentare questo genere. Con la frase che mi è capitata lo è stato ancora di più. Spero di aver reso IC entrambi i personaggi, spero che vi piaccia e che non deluda gli amanti di questa coppia (ç__ç). Buona lettura! :)♥
Introduzione:
Questa OS si è classificata 1° al contest “A song that brings to your heart” di Misaki_. Basata sulla celebre canzone degli Evanescence “My Immortal”. Introduzione [Sono così stanca di stare qui soppressa da tutte le mie paure infantili e se devi andartene vorrei che tu te ne andassi e basta perché la tua presenza indugia qui e non mi lascerà mai da sola. Queste ferite sembrano non guarire questo dolore è troppo reale, c'è semplicemente troppo che il tempo non può cancellare.]



Presence


Sono così stanca di stare qui soppressa da tutte le mie paure infantili e se devi andartene vorrei che tu te ne andassi e basta perché la tua presenza indugia qui e non mi lascerà mai da sola. Queste ferite sembrano non guarire questo dolore è troppo reale, c'è semplicemente troppo che il tempo non può cancellare.


Lunch giocherellava con il bicchiere di vodka che teneva fra le mani. Lo faceva girare su se stesso, per poi osservare i movimenti lenti del piccolo cubetto di ghiaccio all'interno. Abbassò la testa, sino a raggiungere la sommità del tavolo, poi ci si accasciò sopra, chiudendo gli occhi pesantemente. Era passato un bel po' dall'ultima ubriacatura.
Con un tonfo cadde dalla sedia: le braccia stese lungo i fianchi, il viso voltato verso il cuore. Una piccola goccia di sangue le appannò la vista, non era la prima volta che si riduceva così. Cercò la forza per rialzarsi, invano. Il pavimento sembrava così confortevole e comodo al momento.
Dopo qualche minuto un dolore lancinante al petto la fece girare, facendole appoggiare la schiena contro il freddo marmo. Vide il bicchiere a terra, distrutto e, senza accorgersene qualche lacrima le solcò il viso pallido. Voleva reagire, ma l'unica cosa che riusciva a muovere in quel momento era la mente. Con essa ripercorse il suo corpo, i suoi lineamenti, il suo volto, i suoi occhi...
Improvvisamente sentì un rumore vicino alla porta, sembrano passi.
Trovò la forza di strisciare verso il divano, si mise su di esso e chiuse gli occhi, coprendosi il corpo gelato con una coperta.
La porta si aprì appena, lasciando che uno spiffero di aria fredda entrasse. Bastarono una decina di passi per mettere Lunch in allarme, l'unico che aveva le chiavi era...
«Sei tornato.» disse, mantenendo un tono calmo. Era strano come la sua visione potesse calmarla a tal punto, era sempre stato l'unico a riuscirci.
Lentamente tentò di mettersi a sedere composta, ma riuscì solo a mostrare sempre di più il fatto di non essere affatto in condizioni di parlare. Le mani erano bagnate e la stanza puzzava di liquore, il suo tanfo penetrò nelle narici della ragazza. Si tappò velocemente il naso, se avesse starnutito sarebbe cambiato tutto. Tentò di mettere a fuoco la figura, avrebbe riconosciuto quei passi fra mille, sapeva chi era, ma avrebbe dato di tutto pur di rivederlo.
«Un gatto ti ha morso la lingua?» sputò, tentando di risultare offensiva.
Si spostò una ciocca di capelli dalla fronte, notando che era ben attaccata con il sudore e, sì, forse anche con della vodka.
Si spostò su un fianco, tentando di fermare il dolore che, di nuovo, puntuale, le aveva attaccato il petto. Facendo quel movimento poco aggraziato riuscì finalmente a intravedere la sagoma dell'uomo, strano a dirsi ma era nudo, se non per un paio di miseri boxer.
«Perché giri così per la strada? Non ti verg...»
L'uomo le prese il braccio che la ragazza teneva sulla testa, utilizzandolo per mantenere una posizione decentemente sobria. Fu un attimo di panico, attimo in cui Lunch perse l'equilibrio, cadendo sotto il triplice sguardo dell'uomo.
«Tenshinhan sei il solito bastardo.» biascicò a fatica, tentando di non mordersi i capelli, o peggio, la lingua.
Nemmeno il tempo di finire la parola, che il guerriero la colpì in faccia con un calcio, facendole sputare così tanto alcool che per poco le sembrò di non averne bevuta nemmeno una goccia.
La sua risata cupa riecheggiò nelle orecchie della bionda, mentre tentava, invano, di massaggiarsi la mandibola ferita. Il guerriero, non ancora soddisfatto, la tirò per la bionda chioma, sollevandola di qualche metro da terra. La ragazza si accorse di essere debole e fragile, solo quando la mano di lui le sfiorò con dolcezza i fianchi, sollevando la maglietta fine.
«Lasciami subito!» strillò lei, non trovando, malgrado tutto, la forza per difendersi.
Tentava di muoversi, ma il corpo continuava a non voler ubbidire.
Tenshinhan scoppiò a ridere, poi la sua voce scomparve. Con essa, lentamente, il suo corpo si dissolse, lasciando la bionda a terra, fra le lacrime.
Lunch si girò su un fianco, sentendo di nuovo il dolore lancinante al petto. Con uno scatto si appoggiò ad una sedia e riprese a respirare normalmente. Purtroppo sapeva che quello era stato solo uno stupido sogno. Le lacrime continuarono a scendere copiose dal suo viso, un solo pensiero aleggiava nella sua testa. Un pensiero impuro, un pensiero egoista e anche un po' masochista. Lei voleva Tenshinhan tutto per lei. Non era giusto che se ne fosse andato all'altro mondo, non era giusto che l'aveva lasciata sola. Era lui l'egoista! Il problema era che non riusciva ad odiarlo, perché lui era puro, era
perfetto. Non si era mai comportato male con lei, non l'aveva mai sfiorata senza che non fosse stata lei a chiederlo; eppure lei l'aveva tante volte minacciato, l'aveva spaventato... ma lui c'era sempre stato.
E allora perché proprio adesso andarsene?
«Ti odio, idiota!» strillò con la voce rotta, tentando di far capire bene le parole, rivolgendole lassù in alto.
Altre lacrime bagnarono il pavimento, unendosi a schizzi di liquore.
La bionda si rimise sulla sedia e si versò un altro bicchiere di vodka, cercando di affogare di nuovo i suoi pensieri.
Guarda come ti sei ridotta Lunch! Immagino che al mio ritorno la casa sarà completamente sporca, hai pensato a come dirlo a Jiaozi? So che farai pulire a noi due, sei sempre la solit...
«Stai zitto!» strillò la ragazza lanciando l'ennesimo bicchiere contro il muro.
Ehi così ci toccherà anche riverniciare, perché non ti dai una calmata Lunch? Solo per un att...
«Basta! Zitto, zitto, zitto, zitto, zitto!» gridò, coprendosi le mani con le orecchie e battendo i piedi a terra.
Ben presto il petto iniziò a farle di nuovo male, costringendola a fermarsi per riprendere fiato.
«Perché sei ancora qui? Mi hanno detto che te n'eri andato, perciò non stare qui! Vattene subito! Sei morto ricordi?
Morto! Non voglio più vederti in casa mia!» sussurrò, quasi volesse parlare a se stessa.
Una mano le sfiorò il viso «Adesso esageri Lunch. Sai che non me ne posso andare finché non mi mandi via, sono solo parte della tua immaginazione.»
Lei lo guardò un attimo negli occhi, ma purtroppo non vide altro che il riflesso della propria anima in pena. Era così terribile vederlo ma non poterlo stringere.
La ragazza si contorse su se stessa, lasciandosi trasportare dal dolore al cuore, un dolore che solo una persona avrebbe potuto curare.
Lentamente si sollevò da quella posizione e si tolse la maglietta fradicia. Con essa fra le mani si gettò sul pavimento ed iniziò a strofinare, mentre altre lacrime ricoprivano il pavimento.
Strofinava per cancellare, cancellare i momenti belli, il dolore, le sofferenze. Strinse forte quella maglietta e continuò a grattare via le lacrime, anche quando le forze l'abbandonarono, anche quando le mani iniziarono a sanguinare.
Infine, stanca, si abbandonò al destino gridando verso il cielo «Mi manchi Tenshinhan! Se mi senti, sappi che ti aspetterò, non mi interessa per quanto, io... io...», strinse la maglietta, ormai ridotta ad uno straccio, bagnata, mentre altre lacrime sporcavano il pavimento, «...io ti aspetterò perché ti amo, idiota!».
Si stese sul pavimento, strillando il suo dolore, mentre dall'alto un uomo, silenziosamente, piangeva.


   
 
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