Autore(Su Efp e sul forum): Vitzi (Efp); Dafne_18 (Forum)
Paring: Lunch/Tenshinhan
Canzone: My Immortal - Evanescence
Genere: Angst/Introspettivo/Sentimentale
Rating: Giallo
Avvertimenti: /
Note autore: È la seconda Lunch/Tenshinhan che scrivo, devo dire che è stato particolarmente difficile sperimentare questo genere. Con la frase che mi è capitata lo è stato ancora di più. Spero di aver reso IC entrambi i personaggi, spero che vi piaccia e che non deluda gli amanti di questa coppia (ç__ç). Buona lettura! :)♥
Introduzione: Questa OS si è classificata 1° al contest “A song that brings to your heart” di Misaki_. Basata sulla celebre canzone degli Evanescence “My Immortal”. Introduzione [Sono così stanca di stare qui soppressa da tutte le mie paure infantili e se devi andartene vorrei che tu te ne andassi e basta perché la tua presenza indugia qui e non mi lascerà mai da sola. Queste ferite sembrano non guarire questo dolore è troppo reale, c'è semplicemente troppo che il tempo non può cancellare.]
Presence
Sono
così stanca di stare qui soppressa da tutte le mie paure infantili e
se devi andartene vorrei che tu te ne andassi e basta perché la tua
presenza indugia qui e non mi lascerà mai da sola. Queste ferite
sembrano non guarire questo dolore è troppo reale, c'è
semplicemente troppo che il tempo non può cancellare.
Lunch
giocherellava con il bicchiere di vodka che teneva fra le mani. Lo
faceva girare su se stesso, per poi osservare i movimenti lenti del
piccolo cubetto di ghiaccio all'interno. Abbassò la testa, sino a
raggiungere la sommità del tavolo, poi ci si accasciò sopra,
chiudendo gli occhi pesantemente. Era passato un bel po' dall'ultima
ubriacatura.
Con un
tonfo cadde dalla sedia: le braccia stese lungo i fianchi, il viso
voltato verso il cuore. Una piccola goccia di sangue le appannò la
vista, non era la prima volta che si riduceva così. Cercò la forza
per rialzarsi, invano. Il pavimento sembrava così confortevole e
comodo al momento.
Dopo
qualche minuto un dolore lancinante al petto la fece girare,
facendole appoggiare la schiena contro il freddo marmo. Vide il
bicchiere a terra, distrutto e, senza accorgersene qualche lacrima le
solcò il viso pallido. Voleva reagire, ma l'unica cosa che riusciva
a muovere in quel momento era la mente. Con essa ripercorse il suo
corpo, i suoi lineamenti, il suo volto, i suoi
occhi...
Improvvisamente
sentì un rumore vicino alla porta, sembrano passi.
Trovò la
forza di strisciare verso il divano, si mise su di esso e chiuse gli
occhi, coprendosi il corpo gelato con una coperta.
La porta si
aprì appena, lasciando che uno spiffero di aria fredda entrasse.
Bastarono una decina di passi per mettere Lunch in allarme, l'unico
che aveva le chiavi era...
«Sei
tornato.» disse, mantenendo un tono calmo. Era strano come la sua
visione potesse calmarla a tal punto, era sempre stato l'unico a
riuscirci.
Lentamente tentò di mettersi a sedere composta, ma
riuscì solo a mostrare sempre di più il fatto di non essere affatto
in condizioni di parlare. Le mani erano bagnate e la stanza puzzava
di liquore, il suo tanfo penetrò nelle narici della ragazza. Si
tappò velocemente il naso, se avesse starnutito sarebbe cambiato
tutto. Tentò di mettere a fuoco la figura, avrebbe riconosciuto quei
passi fra mille, sapeva chi era, ma avrebbe dato di tutto pur di
rivederlo.
«Un gatto ti ha morso la lingua?» sputò, tentando
di risultare offensiva.
Si spostò una ciocca di capelli dalla
fronte, notando che era ben attaccata con il sudore e, sì, forse
anche con della vodka.
Si spostò su un fianco, tentando di
fermare il dolore che, di nuovo, puntuale, le aveva attaccato il
petto. Facendo quel movimento poco aggraziato riuscì finalmente a
intravedere la sagoma dell'uomo, strano a dirsi ma era nudo, se non
per un paio di miseri boxer.
«Perché giri così per la strada?
Non ti verg...»
L'uomo le prese il braccio che la ragazza teneva
sulla testa, utilizzandolo per mantenere una posizione decentemente
sobria. Fu un attimo di panico, attimo in cui Lunch perse
l'equilibrio, cadendo sotto il triplice sguardo dell'uomo.
«Tenshinhan sei il solito bastardo.» biascicò a fatica,
tentando di non mordersi i capelli, o peggio, la lingua.
Nemmeno
il tempo di finire la parola, che il guerriero la colpì in faccia
con un calcio, facendole sputare così tanto alcool che per poco le
sembrò di non averne bevuta nemmeno una goccia.
La sua risata
cupa riecheggiò nelle orecchie della bionda, mentre tentava,
invano, di massaggiarsi la mandibola ferita. Il guerriero, non ancora
soddisfatto, la tirò per la bionda chioma, sollevandola di qualche
metro da terra. La ragazza si accorse di essere debole e fragile,
solo quando la mano di lui le sfiorò con dolcezza i fianchi,
sollevando la maglietta fine.
«Lasciami
subito!» strillò lei, non trovando, malgrado tutto, la forza per
difendersi.
Tentava di muoversi, ma il corpo continuava a non
voler ubbidire.
Tenshinhan scoppiò a ridere, poi la sua voce
scomparve. Con essa, lentamente, il suo corpo si dissolse, lasciando
la bionda a terra, fra le lacrime.
Lunch si girò su un fianco,
sentendo di nuovo il dolore lancinante al petto. Con uno scatto si
appoggiò ad una sedia e riprese a respirare normalmente. Purtroppo
sapeva che quello era stato solo uno stupido sogno. Le lacrime
continuarono a scendere copiose dal suo viso, un solo pensiero
aleggiava nella sua testa. Un pensiero impuro, un pensiero egoista e
anche un po' masochista. Lei voleva Tenshinhan tutto per lei. Non era
giusto che se ne fosse andato all'altro mondo, non era giusto che
l'aveva lasciata sola. Era lui l'egoista! Il problema era che non
riusciva ad odiarlo, perché lui era puro, era perfetto.
Non si era mai comportato male con lei, non l'aveva mai sfiorata
senza che non fosse stata lei a chiederlo; eppure lei l'aveva tante
volte minacciato, l'aveva spaventato... ma lui c'era sempre stato.
E
allora perché proprio adesso andarsene?
«Ti odio, idiota!»
strillò con la voce rotta, tentando di far capire bene le parole,
rivolgendole lassù in alto.
Altre lacrime bagnarono il
pavimento, unendosi a schizzi di liquore.
La bionda si rimise
sulla sedia e si versò un altro bicchiere di vodka, cercando di
affogare di nuovo i suoi pensieri.
Guarda
come ti sei ridotta Lunch! Immagino che al mio ritorno la casa sarà
completamente sporca, hai pensato a come dirlo a Jiaozi? So che farai
pulire a noi due, sei sempre la solit...
«Stai
zitto!» strillò la ragazza lanciando l'ennesimo bicchiere contro il
muro.
Ehi così ci toccherà anche
riverniciare, perché non ti dai una calmata Lunch? Solo per un
att...
«Basta! Zitto, zitto,
zitto, zitto, zitto!» gridò, coprendosi le mani con le orecchie e
battendo i piedi a terra.
Ben presto il petto iniziò a farle di
nuovo male, costringendola a fermarsi per riprendere fiato.
«Perché
sei ancora qui? Mi hanno detto che te n'eri andato, perciò non stare
qui! Vattene subito! Sei morto ricordi? Morto!
Non voglio più vederti in casa mia!» sussurrò, quasi volesse
parlare a se stessa.
Una mano le sfiorò il viso «Adesso esageri
Lunch. Sai che non me ne posso andare finché non mi mandi via, sono
solo parte della tua immaginazione.»
Lei lo guardò un attimo
negli occhi, ma purtroppo non vide altro che il riflesso della propria
anima in pena. Era così terribile vederlo ma non poterlo stringere.
La
ragazza si contorse su se stessa, lasciandosi trasportare dal dolore
al cuore, un dolore che solo una persona avrebbe potuto curare.
Lentamente
si sollevò da quella posizione e si tolse la maglietta fradicia. Con
essa fra le mani si gettò sul pavimento ed iniziò a strofinare,
mentre altre lacrime ricoprivano il pavimento.
Strofinava
per cancellare, cancellare i momenti belli, il dolore, le sofferenze.
Strinse forte quella maglietta e continuò a grattare via le lacrime,
anche quando le forze l'abbandonarono, anche quando le mani
iniziarono a sanguinare.
Infine,
stanca, si abbandonò al destino gridando verso il cielo «Mi manchi
Tenshinhan! Se mi senti, sappi che ti aspetterò, non mi interessa
per quanto, io... io...», strinse la maglietta, ormai ridotta ad uno
straccio, bagnata, mentre altre lacrime sporcavano il pavimento,
«...io ti aspetterò perché ti amo, idiota!».
Si stese sul
pavimento, strillando il suo dolore, mentre dall'alto un uomo,
silenziosamente, piangeva.