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Autore: V a l y    25/01/2013    5 recensioni
Quella nuova era uno stecchino coperto di panni sporchi e spessi due dita del colore della terra fangosa mischiata ad acqua. Aveva le guance gonfie di sorrisi larghi che Jayne non capiva mai.
(Ambientata prima e durante il pilot)
{ Jayne/Kaylee }
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jayne Cobb, Kaylee Frye
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quella nuova, all'inizio era solo questo. Il capitano la chiamava Kaylee, ma per Jayne non era né un nome né una parola, solo un suono inconsistente che non si accostava ad alcuna persona.
Il primo giorno Jayne non la chiamava Kaylee, ma solo “ehi” o “nuova” o “macchinista”, e le spiccicava qualche parola saltuaria e scontrosa, dato che Jayne era scontroso anche quando era di buon umore.
Quella nuova era uno stecchino coperto di panni sporchi e spessi due dita del colore della terra fangosa mischiata ad acqua. Aveva le guance gonfie di sorrisi larghi che Jayne non capiva mai.
Gli aveva sorriso salutandolo, il secondo giorno, senza motivo e instancabilmente allegra. Jayne si trovava a disagio con le donne di quel tipo, la loro vitalità semplice e quotidiana era un enigma senza logica e riposta.
“Ho appena riparato un tubo della condensazione”, gli aveva detto Kaylee dopo averlo salutato senza che Jayne gli avesse chiesto niente, “perché se si fosse surriscaldato avrebbe potuto far fondere la valvola principale,” ma dopo altri termini tecnici Jayne aveva smesso di seguirla, visto che non seguiva mai nulla che andava oltre il suo linguaggio tribale e conciso di cazzotti, battute e constatazioni semi ovvie.
Era stato allora che un odore più insistente del sorriso di Kaylee stuprò le narici di Jayne con una violenza animalesca e inaspettata. Era un forte fetore di bruciato e carburante e del motore della Serenity che imbrattava la salopette della nuova arrivata.
“Puzzi di benzina,” le disse facendo seguire alla sua dichiarata constatazione una smorfia. Kaylee spense il suo sorriso.
Tornò a lavorare senza dire nulla.

***

Quella che puzza di benzina aveva cominciato a lasciare tracce di sé per tutta la Serenity, come un cane che piscia per marcare il territorio.
Jayne sentiva puzza di benzina ovunque camminasse. La cucina odorava di benzina, il suo cibo odorava di benzina. L'acqua che beveva era benzina incolore.
E poi c'era quel modo suo di ridere chiassosamente che si mischiava all'odore già forte e intollerante della sua presenza. Chiacchierava a voce alta con Inara, l'altra nuova che tutto l'equipaggio chiamava “l'accompagnatrice” ma che solo lui e il suo capitano avevano l'accortezza di denominarla “la puttana”. Le parole sono le stesse, ma una è la sfumatura rosa e profumata dell'altra, e per Jayne che andava sempre dritto al sodo le sfumature erano come un cancro nella salubre semplicità dell'evidenza.
Kaylee, invece, adorava le sfumature. Le piacevano le graduazioni dei colori e l'eterogeneità nei suoni, nei volti e nelle parole, le infinite connotazioni di certi linguaggi impalpabili e silenziosi, come la mano di Inara che si appoggiava sul proprio petto per descrivere stupore, senza che si scomponesse altrettanto, persino nelle situazioni rischiose; Inara dal viso di una bambola pregiata e contegnosa, era il quadro occidentale di una geisha perduta nello spazio.
Le sfumature di Kaylee trascendevano la realtà e si rifugiavano in una poesia immaginaria. Per questo sorrideva sempre imbambolata a fissare le cose attorno a sé, anche con le macchie di olio e il puzzo di benzina.
Jayne cominciò a voler bene al suo sorriso largo, ma, visto che non era capace di cogliere alcuna sfumatura della realtà, non ne sapeva il motivo. 

***

Quella dal sorriso largo canticchiava sempre strane canzoni dalla lingua incomprensibile mentre stringeva con la chiave inglese i bulloni del motore. Alla sua voce acuta si mischiò lo stridio gracchiante dell'altoparlante. Il capitano disse che di lì a poco sarebbero atterrati in un nuovo pianeta.
A fine comunicazione, Kaylee, come sempre, fu la prima a sfrecciare nella sala di controllo della Serenity.
“In che pianeta atterriamo?” chiese eccitata. “È un pianeta orientale? O forse è un pianeta con tante oasi e piscine?”
“È un pianeta coperto di deserto, con casette di legno, palle di fieno, tanti cowboy e, indovina un po', per ricalcare ancora meglio il cliché la città in cui atterriamo si chiama Far West City,” rispose Mal arcuando il sopracciglio che dei due era il più lungo e più riboccante di ironia.
“Spero che ci sia un ristorante che cucini delle bistecche. Non ho mai assaggiato le bistecche,” continuò Kaylee allegramente.
“Con i soldi che abbiamo possiamo a malapena mangiarci una porzione di spaghetti precotti.”
“Io dico che se puntiamo la pistola allo sceriffo possiamo anche mangiarci la sua cena,” interferì Jayne mettendosi i guanti da tiratore.
“Jayne, lo sceriffo è il nostro cliente. A lui non puntiamo proprio niente.”
“Ma non subito. Solo dopo aver riscattato il bottino,” propose Jayne sorridendo a metà.
“A-ah! In che casino vuoi cacciarci stavolta?” s'intromise preoccupato Wash girandosi sulla sedia di fronte ai comandi. “Sento puzza di guai.”
“Io l'unico puzzo che sento è quello di Kaylee,” considerò Jayne fissandola dritta negli occhi. “Lascia benzina ovunque passa. Non posso più fumare una sigaretta qui dentro che mi prende fuoco tutta la Serenity.”
Kaylee, accompagnata da una buona dose di inconsueto broncio, gli diede uno schiaffo al braccio, e Jayne rispose dandole un forte pizzicotto che la lasciò di stucco.
“Razza di bifolco idiota!” urlò Kaylee tirandogli la chiave inglese addosso. Jayne la schivò per un fortuito e casuale miracolo.
“Oh, ehi, poteva fare male! Ma che...?”, e quando vide Kaylee raccogliere la chiave inglese avvicinandosi minacciosamente a lui, cominciò a correre per tutta la Serenity inseguito da una furia più scricciola di uno stuzzicadenti inzuppato nella benzina.
“Attenta a non scaldarti troppo che prendi fuoco!” scherzò Jayne prima di far definitivamente spegnere il proprio sorriso al pugno inaspettato della macchinista.
Gli si rovesciò addosso come un cane che si scontra con un altro cane, simulando con una lotta goffa e macchinosa la labile differenza tra un azzannamento e un gioco canino.
Jayne capì di essere al sicuro quando Kaylee sorrise, annaspando come uno dei tanti malaugurati che avevano incontrato sulla propria tempia la canna della mitragliatrice di Jayne, ma senza la paura negli occhi.
“Adesso ti scusi e mi offri una bistecca,” disse con lo stesso cinguettio vitale che per giorni era stato solo un'eco distante che l'aveva affiancata assieme al puzzo di benzina.
Jayne trasformò la sua smorfia incredula in un sorriso che non riuscì a controllare.
Una strana sfumatura sconosciuta cominciò a insinuarsi nella sua testa.

***

Quella che puzza di benzina aveva lasciato la sua salopette color melma sul tavolo della cucina impregnando tutta la stanza del suo fetore. Jayne adorava gli spuntini notturni più di qualunque altro pasto: appoggiava i piedi sul tavolo senza i rimproveri di Zoe o del capitano, contemplando tra un boccone e l'altro il silenzio, le luci spente della Serenity e l'universo che si stagliava oltre la vetrata sgombra da qualsivoglia ostacolo umano. Ma una salopette color melma aveva rovinato tutto.
“Ehi!” urlò incavolato prendendo il corridoio fin quando non adocchiò Kaylee, un'ombra indistinta tra i bauli e il lavandino del bagno aperto che si trasformò presto in una nitida sinuosità senza ingombranti panni e pieghe.
Kaylee era Kaylee come non l'aveva mai vista. Indossava soltanto biancheria intima, e al contrario delle sciocche reazioni femminili che manifestavano con volontaria esagerazione un vergognoso oltraggio a chi osava guardarle pur incidentalmente dove non doveva, Kaylee rimase a proprio agio allo stesso modo di quando incrociava l'equipaggio nella Serenity infagottata di vecchia stoffa.
“Sto provando un vestito che mi ha prestato Inara,” spiegò semplicemente dipingendo sul volto il suo consueto e onnipresente sorriso.
“Non... lo stai provando,” fu l'unica constatazione che riuscì a esprimere Jayne.
“Stavo per provarlo,” si corresse Kaylee ruotando gli occhi divertita.
“Non va per nulla bene.”
“Cosa... il vestito?” chiese dispiaciuta Kaylee buttando un occhio sui panni piegati sulla lavatrice.
“No, che tu sia coperta solo per metà... per un quarto, o forse un quinto al massimo...” spiegò Jayne guardando la sua piccola compagna esibire con totale indifferenza i propri attributi femminili, i quali provocarono in lui la più elementare e scontata reazione maschile.
Jayne andava dritto al sodo e lo faceva in maniera brutale e silenziosa. Non c'era bisogno di chiedere permesso, solo compiere azioni: se una donna non ci fosse stata avrebbe tirato un calcio negli stinchi, e se non lo avesse fatto meglio così, Jayne avrebbe eluso tutta la tiritera per adempiere a stupidi, noiosi e coniati riti di seduzione. Così pensò di prendere Kaylee, girarla e spingerle il busto sul lavandino, sfilando un po' le mutandine e abbassando la zip dei pantaloni, l'essenziale per una scopata veloce in bagno.
Pensò di farlo.
“Jayne?” chiese perplessa Kaylee vedendolo dopo mezzo minuto rigido tre passi da lei sotto la soglia del bagno che non aveva mai oltrepassato.
“Ti conviene vestirti subito, altrimenti...” affermò Jayne gonfiando il tono e avvicinandosi lentamente a lei, “ti beccherai un raffreddore.”
“Sei carino a preoccuparti per me,” considerò Kaylee regalandogli un tenero sorriso.
“Non sono carino!” s'inasprì Jayne alzando il tono della voce. “E lavati, che puzzi di benzina anche senza vestiti!”
Si allontanò senza dire altro, ma non riuscì a evitare il suo fetore fastidioso che lo seguì fino in camera, anche dopo che chiuse la porta d'acciaio e si rotolò sulle lenzuola sfatte del letto.
La benzina prese forma in uno scricciolo di donna infagottato e sorridente che si adagiò sul materasso con lui; l'odore gli assalì la mente fino a drogargli tutti i sensi.

***

La chiamò Kaylee per la prima volta solo sei mesi dopo. L'odore di polvere da sparo inaspriva l'aria, la canna della pistola dello sconosciuto fumava sul suo volto incerto.
“Kaylee!” la chiamò di nuovo Jayne accovacciandosi a lei, un grissino caduto a terra avvolto da una salopette sporca di nero e rosso.
La mano di Kaylee passò sul foro nella pancia. Aveva lo sguardo atterrito e rassegnato di chi sta subendo una rivelazione spaventosa e ineluttabile.
“Kaylee!” urlò Jayne, ma lei non sentì nulla. I suoni si spensero con le luci della sala.
La mano di Jayne si posò sulla sua guancia. La sua impronta calda lenì il dolore del proiettile e del freddo, prima che Kaylee si abbandonasse in un limbo buio tra la vita e la morte.
***

Kaylee, la chiamò più volte, Kaylee... Kaylee...
Le palpebre di Kaylee tremolarono mentre a fatica si socchiusero in due spicchi sottili e incerti per mettere a fuoco l'infermeria. Intravide una sagoma evanescente oltre la porta svincolata da ogni forma e colore: era una persona immobile tanto quanto gli oggetti con cui si confondeva.
In silenzio le si avvicinò, e a un passo di distanza Kaylee riuscì a riconoscerlo.
“Jayne...”
Le si avventò con la stessa forza di quando giorni prima avevano lottato a terra come cani, ma senza spingerla o dibattersi. La chiuse in una stretta che la sorprese. Le mancò il fiato.
Gli addominali le fecero male. Emise un verso di dolore, ma Jayne non si discostò.
“Kaylee,” la chiamò, e lei sentì per la prima volta il suo nome pronunciato da quelle labbra.
Chiuse gli occhi, cullandosi in quell'abbraccio goffo e violento.
“Puzzi di benzina...” gli mormorò con una voce lenta affaticata dalla ferita.
“Ho dovuto pensare alle macchine mentre tu non c'eri.”
La mano di Kaylee si adagiò sulla schiena di Jayne, cogliendo una sfumatura mai vista prima. Era agrodolce, dai colori scuri e intensi, odorava di benzina ed era arrivata a scaldarle il cuore più intensamente di quanto avrebbe fatto qualsiasi parola.








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Perché secondo me loro funzionavano *sospira*. Nella serie accade quel che accade, e chi vuole qui può leggere che Kaylee lo ama o gli vuole solo un gran bene, ma di certo Jayne aveva una grossa cotta per lei (lo dice anche Josh Weadon).
I miei OTP sono sempre un po' sfortunati.
  
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