Serie TV > Sherlock (BBC)
Ricorda la storia  |      
Autore: Taila    26/01/2013    3 recensioni
John era rimasto a fissarlo mentre beveva il suo tè, sentendo una sensazione di familiarità incominciare a pizzicargli il petto. All’improvviso si era sentito catapultato nuovamente in una di quelle mattine al 221b di Baker Street, quando, seduto al tavolo della cucina, commentava con Sherlock i fatti di cronaca nera che riportavano i vari giornali, in un rituale quotidiano che esplicitava la reale natura della loro convivenza: per alcuni anni il suo strampalato coinquilino gli aveva regalato le piccole, impagabili gioie di una famiglia ed era il pensiero di tutto quello che aveva perduto a fargli più male.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Titolo: Ritorni
Autore: Taila
Genere: Sentimentale, malinconico, angst
Tipo: One-shot, slash
Raiting: Verde
Pairing: John Watson x Sherlock Holmes
Ambientazione: Post 2x03, “The Reichenbach fall”
Disclaimers: I personaggi presenti in questa shot non appartengono a me, ma a Sir Arthur Conan Doyle in primis, a Moffatt e Gattis e alla bbc, e a tutti coloro che ne detengono i diritti. Io ho preso in prestito John e Sherlock senza scopo alcuno di lucro, ma soltanto per soddisfare i miei loschi fini.
Note: Gironzolare su tumblr alla ricerca di fanart Johnlock e Shwatsonlock fa veramente male e la dimostrazione è la shot che segue. Mi ero fatta punto di non scrivere mai fic ambientate dopo la 2x03, perché quella puntata mi ha intristito troppo e se penso che debbo aspettare al 2014 perché qualcosa là in Inghilterra cominci a muoversi, mi sento male ç_ç Comunque, tornando alla shot, l’idea per scriverla è nata dopo aver trovato una fanart (la trovate qui: http://fyeahshwatsonlock.tumblr.com/image/22205059795) in cui si vede John che ride, seduto a un tavolo, insieme a uno Sherlock dalla faccia insanguinata, nella didascalia era specificato che era ambientata dopo la 2x03… L’idea che John bramasse talmente il ritorno di Sherlock, da evocare un suo fantasma, mi ha colpita subito. Mi sono messa al lavoro subito, ma non mi decidevo a postarla. Alla fine, dopo una settimana di correzioni, taglia e cuci, mi son decisa a postarla e quindi eccomi qui. Spero che il risultato sia decente, di assicurato c’è tutta la mia buona volontà e tutto l’amore che provo per il Johnlock *ç*
Ringraziamenti: Ringrazio kiba91: Ciao ^__^ Il Simposio è uno dei discorsi che amo di più (il mio preferito è l’Apologia di Socrate *.*), il film “Image me and you” non l’ho visto ma la citazione che hai fatto è perfetta per descrivere il legame di amicizia, amore, complicità, fiducia e mille alre cose esistente tra Sherlock e John. Sono contenta che “Thanks, God!” ti sia piaciuta e spero che anche questa shot ti soddisfi ^.^ Ringrazio fulvia70: Sono contenta che “Thanks, God!” ti sia piaciuta: Sherlock e John secondo me sono LA coppia, hanno un rapporto che rasenta la perfezione e ogni gesto riesce a trasmettere tutti sentimenti che provano l’uno per l’altro *_* Ringrazio manimanu1988: Sono sparita per un po’, ma alla fine non ho resistito e sono tornata sulla scena del crimine ^__^ Inizio con il dirti che sei in buona compagnia: anch’io adoro il personaggio di John Watson *ç* Ah-ehmm… mi riprendo… Le fanart di Saint Sam sono sempre bellissime *__* quindi il merito della shot è tutto suo ^^’’ Sono contenta di sapere di essere riuscita a trasmettere parte dei sentimenti che provano l’uno per l’altro. Sherlock non è l’essere senza cuore per cui vuole passare, altrimenti non sarebbe saltato da un tetto simulando il proprio suicidio, per salvare John, Lestrade e Mrs. Hudson ù.ù Inoltre secondo me è quello più portato all’introspezione sentimentale, mi spiego: John sa già quello che vuole, ma il CI no, quindi riflette su ciò che prova per il suo dottore e anch’io lo trovo sempre dolcissimo quando lo fa *ò* Spero che anche questa shot ti piaccia -__^ Ringrazio Jessie Loneliness: Sono contenta di sapere che sono riuscita a scrivere una shot all’altezza della fanart di Saint Sam ^o^ e che la shot ti sia piaciuta ^__^ Sono particolarmente attratta dal lato militaresco di John, perché secondo me è molto più capace di quanto voglia apparire nelle situazioni pericolose e adoro quelle parti in cui spicca maggiormente il soldato *__* Va beh, sto uscendo fuori tema ^^’’ Spero che ti piaccia anche questa shot ^__^
Ringrazio: midnight89, MrsMiLetovic e senny che hanno inserito “Thanks, God!” tra i preferiti. Ringrazio: BackCobra, kiba91 e manumanu1988 che hanno inserito “Thanks, God!” tra le fic da ricordare.
Ringrazio tutti coloro che hanno anche solo letto le fic precedenti e tutti coloro che leggeranno e commenteranno questa.
Adesso la smetto e vi lascio alla lettura, alla prossima gente ^O^/



Ritorni


La prima volta che accadde, John provò un distacco che, a posteriori, avrebbe giudicato quantomeno preoccupante.
John era seduto al tavolo della cucina nel suo nuovo appartamento, lontano da Baker Street e da tutto ciò che rappresentava per lui, quando Sherlock era entrato dalla porta d’ingresso accompagnato dal solito svolazzo del suo cappotto nero, come se niente fosse, si era seduto di fronte a lui e, con estrema nonchalance, si era versato una tazza di tè usando la sua. Il problema nasceva dal fatto che Sherlock Holmes si era suicidato il mese prima, quindi era fisicamente e razionalmente impossibile che fosse lì, davanti a lui. John lo stava osservando perplesso, non sapendo bene cosa fare, registrando ogni dettaglio di quel viso amato che non aveva più sperato di poter rivedere, sporco di sangue rappreso e vecchio nella sua metà sinistra.
Esattamente come quel giorno sul marciapiede del Bart’s.
Doveva essere un parto di quella parte della sua mente che bramava il ritorno del suo amico, aveva deciso la porzione razionale del suo cervello, perché, per quanto disperatamente lo avesse desiderato, Sherlock non sarebbe mai risorto dal suo sepolcro e non si sarebbe presentato davanti a lui come se non fosse accaduto nulla. Non c’era niente per cui preoccuparsi o spaventarsi, sarebbe bastato solo chiudere un attimo gli occhi e quella bellissima, dolorosa illusione sarebbe sparita nel nulla. John aveva abbassato le palpebre ed era rimasto fermo per alcuni secondi, le labbra piegate in una buffa smorfia, ma quando aveva riaperto gli occhi, Sherlock era ancora al suo posto e lo stava fissando con quel mezzo sorriso sornione che faceva ogni volta che a comprendeva qualcosa che all’altro era sfuggita.
A quel punto John aveva semplicemente deciso di lasciar perdere e, dopo aver sbuffato sonoramente, si era alzato da tavola e aveva riposto la tazza sporca nel lavabo: che Sherlock si divertisse a prenderlo in giro anche da morto, lui doveva andare a lavoro se voleva ancora mangiare, riscaldarsi e usare l’elettricità.



§§§



La seconda volta che accadde, John fu un po’ più recettivo.
Erano trascorse due settimane da quel primo ritorno, come lui l’aveva denominato, e John lo riteneva ormai un episodio chiuso e da gettare nel dimenticatoio. Anche quella mattina stava centellinando una tazza di tè caldo mentre leggeva il giornale, qualche giornalista si ostinava ancora a proporre articoli sulla colossale truffa che il suo coinquilino aveva confessato di aver architettato poco prima di gettarsi dal tetto del Bart’s, e lui doveva aggrapparsi al marziale autocontrollo che gli era stato inculcato sotto le armi, per mantenere la calma. Ogni volta che leggeva le idiozie contenute in quegli articoli, John sentiva qualcosa che si ribellava violentemente dentro di lui, perché nessuno si era mai preso la briga di conoscere i fatti prima di sputare sentenze sull’ormai defunto consulente investigativo, ma tutti credevano di sapere tutta la verità su quella storia e volevano soltanto scrivere un articolo sensazionale, disinteressandosene se per farlo dovevano usare il sangue e la carne viva delle persone coinvolte.
Proprio mentre stava per iniziare a inveire contro il giornalista che aveva scritto l’articolo sul quotidiano che ancora stringeva tra le mani, il rumore della porta d’ingresso del suo appartamento che si apriva attirò la sua attenzione. John si girò di scatto, pronto a fronteggiare una qualsiasi minaccia, e vide Sherlock Holmes che faceva il suo ingresso trionfale, accompagnato dal consueto sfarfallio dell’orlo del cappotto e dalla metà sinistra del viso insanguinata. Come la prima volta, l’amico si era seduto sulla sedia di fronte alla sua e gli aveva rubato la tazza – ovviamente era troppo pigro per prendersene una dal pensile sopra il piano cottura.
John era rimasto a fissarlo mentre beveva il suo tè, sentendo una sensazione di familiarità incominciare a pizzicargli il petto. All’improvviso si era sentito catapultato nuovamente in una di quelle mattine al 221b di Baker Street, quando, seduto al tavolo della cucina, commentava con Sherlock i fatti di cronaca nera che riportavano i vari giornali, in un rituale quotidiano che esplicitava la reale natura della loro convivenza: per alcuni anni il suo strampalato coinquilino gli aveva regalato le piccole, impagabili gioie di una famiglia ed era il pensiero di tutto quello che aveva perduto a fargli più male.
John, a quel punto, avrebbe dovuto incominciare a interrogarsi sulla sua sanità mentale, perché era piuttosto sicuro che se avesse parlato alla sua psicologa di questi ritorni di Sherlock, la dottoressa lo avrebbe fatto immediatamente internare. Non che avrebbe potuto dare torto alla donna, sapeva bene che quello poteva essere il primo passo verso la pazzia – o magari era già impazzito e non se n’era accorto – ma dopo giorni infiniti e tutti uguali di dolore e malinconia e perdita, poter riavere con sé il suo Sherlock era la cosa migliore che potesse capitargli.
Un sorriso tranquillo scivolò sulle labbra del dottore, mentre spostava lo sguardo dal suo amico e lo riportava sulla pagina del giornale che stava leggendo.



§§§



La terza volta che accadde, segnò la svolta in quella strana situazione in cui si era venuto a trovare il dottore.
John non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura, ma aveva incominciato a sperare in quei ritorni di Sherlock. Dopo il suicidio del suo compagno, lui si era pian piano ritrovato a vivere in solitudine. Gli amici veri come Greg, Molly e Sarah rimanevano, ma tutti gli altri si erano si erano rapidamente allontanati, ritenendolo un truffatore come e più del suo ex coinquilino. Persino i pazienti che venivano all’ambulatorio lo scrutavano sospettosi e più di uno aveva chiesto all’infermiera all’accettazione di essere visitato da un altro medico. C’erano volute settimane prima che la gente smettesse di additarlo in strada e di parlottare alle sue spalle. All’inizio quella situazione era dispiaciuta a John, che aveva fatto dell’onore il perno della sua vita, ma poi aveva compreso che di persone così superficiali, buone soltanto a farsi imbonire da scribacchini da due soldi, non ne aveva bisogno. Adesso viveva bene in quella solitudine, rotta solamente dagli incontri con Greg, che lo invitava di tanto in tanto a bere una birra o due per controllare come stesse – all’inizio John aveva fatto parecchie storie, perché non aveva alcuna voglia di incontrare l’ispettore: l’uomo gli ricordava troppo quegli idioti di Donovan e Andersen, che avevano accusato Sherlock solo perché lo ritenevano un pazzo, accelerando così gli eventi e dandogli una spinta per saltare giù; e questo serviva a solamente ad alimentare la sua collera. Era nei momenti in cui si soffermava a pensare ai due poliziotti, che John sentiva il soldato riemergere e mandare in frantumi tutti i giuramenti che da medico aveva fatto sull’inviolabilità della vita umana: sarebbe stato fin troppo facile per lui sperimentare su di loro quello che aveva appreso in guerra in materia di tortura e interrogatori, a fermarlo era soltanto il pensiero di quanto sarebbe stato inutile fare una cosa simile. Fare del male ad Andersen e Donovan non gli avrebbe ridato indietro il suo Sherlock.
John, a quel punto, aveva scrollato la testa, per allontanare il pensiero dai due Yarder. Anche Molly lo chiamava saltuariamente, ma John non aveva mai più messo piede all’obitorio. Quel luogo sapeva troppo di Sherlock, trascorreva intere giornate lì dentro a fare i suoi esperimenti quando non era impegnato in un caso ed era il primo posto dove andavano insieme, dopo essere stati convocati da Lestrade su una scena del crimine. L’ultima volta che aveva visto Sherlock, prima che decidesse di saltare giù dal tetto dell’ospedale, era stato proprio nell’obitorio e John, ogni volta che ci pensava, non poteva fare a meno di sentirsi in colpa. Il rimorso era terribile e lo stava logorando pian piano, un lento e inarrestabile stillicidio che lo faceva morire un po’ alla volta, ogni giorno, perché dopo tanto pensare e ripensare a quel giorno John era arrivato alla conclusione che, nel lasso di tempo che era intercorso tra il momento in cui lo aveva accusato di essere un essere senza cuore abbandonandolo senza battere ciglio e quello in cui l’amico era salito sul cornicione del Bart’s, era accaduta qualcosa di grave.
Sherlock aveva avuto bisogno di lui, del suo aiuto in quell’istante, più di qualsiasi altra volta nel corso della loro convivenza, e John non c’era stato. Era quell’abbandono in un momento così drammatico e cruciale a pesare come un macigno sulla sua coscienza e John si era scoperto a pensare ai ritorni di Sherlock come a una seconda opportunità, per poter fare per l’altro quello che non aveva voluto fatto quand’era in vita. E, senza rendersene conto, aveva iniziato a desiderare di vederlo entrare ancora dalla porta di quell’appartamento che non era il loro, con indosso il solito cappotto nero impolverato e la metà del viso imbrattata di sangue, come monito delle mancanze che aveva avuto verso il suo compagno.
Quindi John aveva ripreso l’abitudine di apparecchiare la tavola per due ogni mattina, si sedeva al suo posto e aspettava fino al limite massimo di tempo che gli permetteva l’orario di lavoro, ma Sherlock ancora non ritornava da lui. E John pensava. Ripensava ai primi giorni dopo la morte di Sherlock, quando preparare la colazione per entrambi era ancora un’abitudine e si scopriva a chiamare per nome il coinquilino, ricevendo in risposta soltanto un silenzio vuoto e gelido che gli rammentava che l’altro non c’era più e non ci sarebbe più stato. Allora il dottore crollava a sedere, sulla sedia o sul pavimento poco importava, fissando il vuoto mentre gli dolore gli invadeva tutto corpo e lui non sapeva più quale parte gli facesse più male. John aveva dovuto aggrapparsi alla rigida disciplina militare per riuscire a uscire da quel circolo vizioso che minacciava di portarlo alla pazzia: aveva lasciato l’appartamento di Baker Street, si era imposto di non pensare a Sherlock più del dovuto e, in capo a due settimane, era riuscito a imparare di nuovo a preparare la colazione solo per se stesso.
Ma a quanto sembrava la pazzia doveva essere stata soltanto rimandata, considerò mentre il consulente investigativo entrava finalmente nell’appartamento, dopo un mese trascorso senza che ritornasse da lui. Una sensazione di profondo sollievo aveva invaso John da capo a piedi, mentre lo osservava sedersi ancora una volta davanti a lui e scartare la tazza che gli aveva preparato puntando dritta alla sua. Lo osservava mentre sorseggiava soddisfatto il suo tè e il dottore era giunto alla conclusione che niente di quello che gli altri, la sua psicologa in primis, avrebbero detto sulle sue attuali facoltà mentali, avrebbe potuto costringerlo a rinunciare a quei ritorni. John sapeva che non era reale, che Sherlock non era seduto sulla sedia davanti la sua, ma sepolto in una bara due metri sottoterra, eppure quella fantasia, che sembrava preannunciare la sua prossima pazzia, era un balsamo per il dolore che la sua perdita gli aveva causato.
John si rese conto che, ora che aveva l’amico davanti ai propri occhi, il senso di solitudine andava sparendo, come se quel vuoto che si era aperto dentro di lui con la sua morte, si stesse pian piano riempiendo e forse quello era davvero il miracolo che aveva tanto invocato tra le lacrime sulla tomba dell’altro.
- Allora Sherlock, com’è l’Aldilà?- domandò con un sorriso, decidendo di accogliere a braccia aperte quella forma di follia.



§§§



Era trascorso un anno dalla prima volta che Sherlock si era presentato nel suo appartamento, dopo il suicidio dal tetto del Bart’s. ogni mattina il consulente investigativo entrava come se quella fosse casa sua e si sedeva al tavolo, gli rubava la tazza e sorbiva piano il suo tè. Non parlava mai Sherlock, si limitava a fissarlo e a rivolgergli quei suoi piccoli e rari sorrisi, e John, per riempire quel silenzio che gli sembrava innaturale quando si trattava di loro, aveva iniziato a raccontagli di come andassero le sue giornate, dei pazienti che visitava e delle malattie che diagnosticava loro, di come alcuni di quelli più anziani chiedessero ancora del consulente investigativo e dell’infermiera che avevano assunto da poco, la signorina Morstan, che a ogni turno gli portava una tazza di caffè prima di iniziare il giro visite.
Gli raccontava tutto, anche gli episodi più stupidi e inutili, riempiendo il silenzio di parole senza senso, con cui cercava di riannodare i fili spezzati di una normalità che non avrebbe mai più potuto vivere. E Sherlock, contrariamente a quanto facesse quand’era ancora vivo, lo ascoltava e sorrideva appena da dietro il bordo di ceramica della tazza. Per quanto fosse assurda e irrazionale, tutta quella situazione era consolante: dopo interi mesi trascorsi a resistere per non annegare nel dolore, per resistere all’ossessione sempre più seducente di salire sul tetto del Bart’s e saltare anche lui nel vuoto, adesso, stando insieme a un uomo che avrebbe dovuto essere morto, si trovava in una strana condizione di benessere.
John non sapeva per quanto quella situazione si sarebbe protratta, per quanto tempo ancora quello Sherlock avrebbe abbandonato la tomba per tornare da lui, ma era fermamente determinato a non gettare via quella seconda opportunità che gli era stata concessa, anche se questo avrebbe significato che fosse totalmente impazzito.
  
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Taila