Storie originali > Soprannaturale
Ricorda la storia  |      
Autore: k4nkuro    16/08/2007    2 recensioni
Ci sono tante prigioni. Nessuna è come questa
Genere: Sovrannaturale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
A ventiquattro anni venni condotto in prigione. Non so perché, non l’ho mai saputo o meglio, probabilmente lo seppi a suo tempo, ma ormai il ricordo di quanto accadde prima della mia prigionia è del tutto svanito; tuttavia sono sicuro che sia meglio così.
Come ho detto venni condotto in prigione,o precisamente, gettato in una sorta di grotta tramite una botola di legno scuro, ricoperto da una scivolosa e viscida quantità di muffa che mi lasciò intendere quanto fosse antica e disusata la mia cella. Una spinta datami da chissà quale sorta di aguzzino mi fece cadere senza complimenti per almeno un paio di metri; atterrai su un pavimento di pietra umido e scivoloso.
Battei la testa. Svenni. Rimasi incosciente sicuramente per almeno un giorno, visto che al mio risveglio avevo sulla faccia la barba di un giorno, corta e ispida. Mi alzai. Ricaddi. Finalmente riuscii a riprendere controllo di me, mi alzai in piedi e feci la prima constatazione: ero completamente al buio. Non un bagliore, non uno spiraglio di luce. Nulla. Buio completo.
A tastoni raggiunsi il muro della cella, era anche questo umido e bagnato. Mi tolsi una scarpa e la posai in terra accostata al muro, poi iniziai ,sempre toccando il muro con la mano, ad avanzare.
La mia intenzione era percorrere il perimetro della cella per valutarne le dimensioni e la scarpa,sulla quale sarei senza dubbio inciampato, sarebbe stata il punto di arrivo della mia ispezione. Sia io maledetto per non essere restato fermo dove mi trovavo.
Camminai per quelle che sono sicuro furono ore, senza mai tornare al punto dove avevo lasciato la scarpa, anzi, senza mai incontrare un angolo che mi rivelasse la presenza della fine di quel lato di muro. Sfinito mi accasciai al suolo. Dormii profondamente. Ma quando mi svegliai qualcosa era decisamente cambiato.
Non mi trovavo più accanto al muro dove mi ero addormentato, ma nel bel mezzo del buio più totale. Per quanto tentassi, non trovavo più nessun muro di riferimento, corsi a caso in tutte le direzioni. Caddi più volte e mi ferii. Ma non trovai più nessun muro. In compenso qualcosa trovò me, o forse qualcuno.
Stavo ancora disperatamente cercando un muro quando da lontano sentii un rantolio. Sembrava provenire da lontanissimo, e infatti non fui neanche sicuro di aver realmente sentito qualcosa. Continuai a camminare ma mi accorsi presto che il rantolio continuava. Anzi cresceva. Mi seguiva. Fui preso da un orrore che definirei inimmaginabile per chiunque non abbia vissuto quel momento. Rimasi paralizzato dal terrore. Il lieve e tetro rumore si faceva più vicino. Improvvisamente iniziai a fuggire. Fuggì come un pazzo.
La cosa mi seguiva, la sentivo affaticarsi per starmi dietro. All’improvviso sbattei con forza incredibile contro qualcosa di duro. Era il muro. La botta mi gettò a terra. Svenni nuovamente. Mi risvegliai Dio solo sa quando e dove, ovviamente avevo nuovamente cambiato posizione.
Mi ricordai della mia fuga e del mio inseguitore. A quanto pare aveva perso le mie tracce. Accanto a me trovai una ciotola con dentro qualcosa che assomigliava molto alla lontana a della zuppa. Evidentemente un secondino o qualcosa del genere era entrato per portami da mangiare. Tutto mi sembrò così incredibile. Mi soffermai solo ora a ragionare sul fatto più incredibile della mia situazione. La geometria della mia prigione.
Sono assolutamente sicuro di aver camminato per chilometri interi dato che contai i passi. E per chilometri non trovai mai un muro, un angolo. Impossibile che la mia cella fosse lunga chilometri! Pensai forse che fosse una sorta di grotta naturale e che la dividessi con qualche altro prigioniero, il che spiegherebbe la presenza che avevo sentito rantolare nel buio. Probabilmente era un prigioniero di vecchia data che impazzito era divenuto simile ad una bestia. Me ne convinsi. Mi sbagliavo.
Passarono quelle che credo fossero almeno un paio di ore quando in lontananza notai due lievissimi bagliori rossi. Strillai. Non so perché. I bagliori svanirono. Udii nuovamente il rantolio e fuggì nuovamente. Questa volta mi fermò un rumore. Un rumore che lacerò il silenzio tombale ed oscuro che regnava nella cella. Era il grido di un uomo. Non ci sono dubbi.
Al grido seguirono altri rumori. Qualcosa mi bagnò il volto. Come uno spruzzo. Cercai nel buio più totale di tastare il liquido che mi era schizzato in faccia. Misi il dito in bocca per assaggiarlo e scoprire di cosa si trattava. Sangue. Svenni, questa volta per almeno due giorni, calcolando la lunghezza della barba. La mia posizione era nuovamente cambiata. Ora mi ritrovavo accanto alla mia scarpa. Nuovamente erano stati messi accanto a me una ciotola con della zuppa e una brocca d’acqua. Qualcosa si mosse alla mia destra. Un mormorio smorzato mi raggiunse. Erano parole. Nella mia lingua. C’era qualcun altro, un uomo come me.
Con lieve timore lo chiamai, chiesi chi fosse. Ascoltare nuovamente la mia voce mi stupì, era cambiata. Era roca. Il mio compagno di cella rispose molto flebilmente. Quello che mi disse mi levò definitivamente la ragione. Aveva appena compiuto il perimetro della cella. Lui aveva posto una ciotola della zuppa come segno di arrivo. Gli chiesi quanto ci aveva impiegato. Non rispose. Cercai freneticamente la sua barba nell’oscurità. Lanciai un grido. Tastai le sue unghie. Caddi al suolo. Barba e unghie al tatto si rivelarono spropositatamente lunghe. Ci sarebbero voluti anni per farle crescere in quel modo. Chiamai nuovamente lo conosciuto. Lo pregai di parlarmi, volevo sentire la voce di qualcuno. Non rispose, lo cercai a tentoni. Non c’era più. Non lo rividi mai.
Dopo quell’ incontro non mi mossi più dalla mia posizione attuale. Persi la ragione. Parlavo spesso da solo. Spesso qualcuno mi rispondeva. Ma non nella mia lingua, anzi in nessuna lingua di questo mondo. Ma grazie a Dio ero troppo pazzo per spaventarmene.
Non ho mai saputo quali creature vivessero come me in quell’abisso maledetto. Un giorno mi svegliai. Ma non ero più nella prigione. Ero in una stanza pulita, con le parenti bianche. Ero al letto. Comparve un giovanotto, era un medico. Mi disse che ero stato trovato svenuto davanti all’ospedale nel quale ora mi trovavo. Disse che ero un caso che i telegiornali e i media avrebbero seguito con ferocia. Ero infatti stato dato per disperso dalla mia famiglia 60 anni prima. 60 anni! Dunque la mia prigionia era durata 60 anni? Ne avevo quindi 84 ora? Mi guardai ad uno specchio. Il vetro riflesse l’immagine di un vecchio. Due giorni dopo fui rilasciato dall’ospedale. I miei familiari non erano più in questo mondo.
Nessuno mai seppe dirmi qualcosa sulla mia giovinezza. Nessuno mai seppe dirmi qualcosa riguardo una fantomatica prigione di chilometri di lunghezza.
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: k4nkuro