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Autore: Tristo    26/01/2013    1 recensioni
Sono qui narrate le fantastiche avventure di Arbel, un rinoceronte antropomorfo che rinoceronte antropomorfo non è.
Genere: Avventura, Comico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Arbel belava, belava, belava…e io viaggiavo, viaggiavo, viaggiavo…[1]
Arbel era un rinoceronte antropomorfo.
I rinoceronti squittiscono[2] nel deserto alimentare dei Tarmelli.

Prologo
All’inizio fu Arbel. Non so perché sto scrivendo questo. Forse perché la mancanza di neuroni mi ha reso una persona molto.  Sono il non protagonista di questa storia reale, che sfiora il sabato ma passa dritta per la domenica.
È estate, e ho caldo. La febbre mi rende febbricitante. Ed ecco che vengo catapultato in…
 
 
I- Espressioni d’inverno
 
Sul treno per andare al molo a prendere l’aereo, stavo leggendo una scimmia, quando arriva uno strano tipo che mi chiede se voglio vedere i suoi mandaranci. Ma, tirati fuori dalle mutasche ho capito che erano mandananas. A quel punto cominciai a correre su e giù, usufruendo dei poteri donatami da Donato. Uraldo, il controllore del bus e buttafuori in una casa di riposo, mi corse contro, ma non era della Corsica.
Arrivato al molo, ho notato che mi mancava qualcosa. Non gli occhi, né le orecchie, né la bocca…Bensì il trasmettimucchi di materia. Senza preavviso il bus varò. Allora io cercai di raggiungerlo camminando sull’acqua, ma venni trascinato dalla corrente e finii nei Tarmelli.
Ed è qui che comincia la nostra storia.
In quel periodo i Tarmelli erano in pieno inverno, e faceva molto caldo, 50° scolastici all’ombra.
Però era un deserto molto strano, perché ogni oggetto era commestibile: i granelli di cioccolato, infatti, erano sabbia e le noci di cocco erano di legno. In questo posto mi ritrovai con il mattino sulle labbra. No, gli occhi li avevo chiusi, però era domenica, quindi il signore delle ginocchia stava cercando dei clandestini.
 
Quando mi vide, fece un’espressione sorpresa e arrabbiata, e una semplice divisione lo portò a capire che la somma di due noci di cocco non è un mobile dell’Ikea. Quindi chiamò le sue dodici spille da balia, che catapultarono questo testo in un suo monologo esteriore.
 
“Ho geliddo investate tue participe fuck in the lesson de francese. Tu che odi l’emi erime don’t me laisse not solo.”
 
Ovviamente, non capii un acca. Però la elle sì. Dunque, mi portarono in prigione in modo da farmi un’intervista non troppo amichevole.
“Quante volte è stato sulla luna?”
“Nessuna”
“Qual è il significato della parola difapjdoiafdi”
“Trifincultura invernale?”
“Sua madre è siodso?
“Non penso”
E dopo aver passato gli snodi autostradali mi ritrovai con un sonnifero piantato nelle chiappe.
Mi risvegliai in primavera che ero un figurino.
Gli occhi marroni avevano lasciato il posto agli occhi marroni, e i budini del deserto erano sbocciati, illuminando il contenuto del periodo sintattico.
Tutto era composto da atomi. Il mio cuore si era riempito di gioia, e non riusciva a digerirla.
Le guardie vennero a chiamarmi e mi portarono in giardino, per discutere del mio letargo.
Infatti ero molto diverso da loro: avevano infinite teste, sei gambe, erano sprovvisti di apparati auditivi ed erano pure tristi. Però mi donarono una creatura molto strana, che a prima vista sembrava un cactus. No, aspetta, era completamente diverso, ma ne parlerò nel capitolo successivo.
Io decisi di dargli dei soldi, e loro cominciarono a piangere: non sapevo come scusarmi, allora ho fatto una capriola. E! Miracolo! F! Miracolo! Rap Gesùtristico! Di - O!
 
 
Nota dell’aumucchi: Volevo inserire una prefazione carina per ogni capitolo, o almeno occupare un po’ di spazio. Ma questa vi farà riflettere: è un personal trainer.
Un due, un due, un due, ci abbiamo capiti. Vi ricordo che questo libro non sarà censurato perché la censura è proprio una *biiiiiip*


[1]  Le capre muggiscono pesantemente sull’erba del Pacifico, creando distorsioni spazio temporali.
[2]  Cioè creano delle nuove Mafalda incinte di un marinaio russo sterilizzato.
  
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