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Autore: Little Black Dragon    26/01/2013    1 recensioni
Una convention. E mille ricordi.
Genere: Fluff, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scusate il ritardo. Non è stato un periodo particolarmente allegro, ma ora… ora è tutto a posto.
Sempre a Lei, naturalmente, e so che leggerà fra le righe – ma anche direttamente le righe.
(E Fra, giuro che se appena finisci di leggere inizi a scartavetrarmi per il quinto, Mish rimane vedova.)

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Reneé osservò la scena, lo sguardo lievemente spaesato e che – dentro – aveva voglia di devastare ciò che le rimaneva dentro di solo vagamente tranquillo, o calmo.
Le labbra le tremarono. E guardando Lucy e Rob ondeggiare piano, fra gli xeniti così entusiasti di vederli assieme; così felici, in fondo - realizzati – nel vedere la loro coppia che entusiasta si abbracciava lì, poté percepire… tutte le incertezze… i dubbi, le domande, le ansie, le insicurezze rinascere. Le poté percepire annodarsi in gola, da dove le aveva represse, senza che potesse far nulla per sopprimerle di nuovo; e allora, prendendo un corridoio riservato, scappò in bagno.
Non corse solo perché aveva i tacchi.
I pochi fan che fecero caso a lei non le diedero troppo spazio; erano troppo presi dai loro idoli, troppo cechi.

Si era fidata di lei. E lei l’aveva fatto comunque.
Sapeva che era giusto così – non potevano stare insieme, non potevano – eppure le sembrava allo stesso tempo così… così fondamentale. Come se non avesse potuto andare diversamente.
Si guardava intorno, ci pensava – e si rendeva conto che quei momenti che avevano vissuto erano i risultati di tutte le difficoltà che avevano attraversato… erano i risultati di tutte le volte che si erano guardate, e Reneé aveva abbozzato un sorriso, Lucy sorriso più ampiamente e le labbra della bionda illuminate di più. Perché il sorriso di una era il sorriso dell’altra. Erano i risultati delle lotte interiori, combattute chiedendosi se fosse giusto o meno; se le distanze che dovevano spesso – anche troppo spesso - dividerle sarebbero riuscite a rovinare quello che c’era fra loro; se ne valesse la pena. Se davvero ne valesse la pena.
“Oh, andiamo” sussurrò a sé stessa mentre si fissava allo specchio, “Non aveva scelta”.
Eppure, solo qualche secondo dopo sentì un boato immenso - l’ennesimo, quella sera - e non le ci volle molto per capire cos’era successo.
Chiuse gli occhi verdi.
“Dannazione” sussurrò.
Strinse fra le dita sottili il bordo del lavandino e si costrinse a non versare lacrime: le si sarebbe sbavato il trucco. Non poteva permetterselo. Non poteva permettersi di essere così dannatamente evidente. Doveva essere forte.
Ma più pensava a tenere indietro e a controllare le gocce d’acqua sul suo viso, più queste cercavano impellenti di uscire; cos’era? Una sorta di autodistruzione?
Sbatté le palpebre e si costrinse a guardarsi negli occhi. Erano irritati, e la voglia di piangere faceva risplendere ancora di più il loro colore.
“Perché reagisci così?” si mormorò. “Ti sei sempre nascosta bene. Dov’è il problema ora? Lo hai sempre saputo. In fondo, lo hai sempre saputo. E’ questo? Che lo sapessi? Che lo sapessi non essere riuscita ad evitarlo?”. Prese un respiro profondo. “O forse il fatto di aver fatto tutti quei merda di sacrifici per lei, e lei non sia riuscita nemmeno a evitare un ballo con il suo maritino ufficiale davanti a te?”.
Si morse il labbro inferiore.
Colpito e affondato.
“Dannazione” bisbigliò. E non era per la lieve sbavatura del rossetto che si era procurata.
Si sfregò con delicatezza una guancia, attenta a non rovinare il fondotinta, e si sistemò il trucco sotto gli occhi. Provò a fare un sorriso. Provò a ridere un po’. E cercò di replicare la luce nello sguardo che aveva fino a pochi minuti prima – quello di quando aveva la sua Luce davanti – ma subito sentì dei passi risuonare appena fuori dalla porta.
Sgranò gli occhi.
-          Ma che cazzo. – Imprecò, nascondendosi velocemente nella toilette, la schiena contro la piccola porta.

Respirò piano.
Conosceva i passi di Lucy. E per quanto desiderasse che fossero suoi, non lo erano…
Eppure… anche quelli… le tornavano, in qualche modo, familiari.
Le ci volle un attimo per scavare nella sua mente, ma poi se ne rese conto. Sgranò gli occhi. “Ma cos… No… No, no, no, merda, no”. Si stava sbagliando. Si stava sbagliando per forza.
La porta del bagno si aprì e una camminata sfarzosa riempì il silenzio. Si fermò davanti agli specchi, dopo poco prima si trovava Ren.
La bionda salì sulla tavolozza, in equilibrio precario; si sollevò sulle punte e il suo caschetto biondo spuntò da dietro la cima della portellina.

E fissò il riflesso nello specchio di quei capelli ricci, e castani, che incorniciavano il viso magro e bello… quasi angelico… il fisico asciutto, le labbra sottili, gli occhi grandi. La figura si stava passando del rossetto color sangue sulla bocca, attenta a non sbaffarsi, e si sistemava con precisione l’acconciatura.
“Dannazione” sussurrò Ren, impercettibile, prima di scendere con delicatezza sul pavimento senza far rumore.
Adrienne non si accorse della sua presenza, e la bionda sperò solo che quel supplizio finisse in fretta. Che potesse uscire da lì come vi era entrata – e magari anche tranquilla, sapendo che la sua Luce l’amava. Anche se, davanti a quel ballo, tutto quanto era come svanito in una nebbiolina sottile – tutti i ricordi, risate, baci, lacrime – tutto andato all’aria. Aveva l’impressione che Lucy, con quello sguardo di scuse, le avesse chiesto perdono per ogni male che le aveva fatto, che le stava facendo, e che era sicura le avrebbe fatto. Uno scusa perché non avrebbe smesso facilmente.

Si appoggiò di nuovo con delicatezza alla porticella, senza osar fiatare, il pianto silenzioso che voleva inondarle le guance.
Perché?
Perché l’aveva fatto?
Non aveva alcun senso. Ne avevano passate a migliaia, e ora? L’abbandonava così? Perché?

Ma ecco, altri passi. Altri passi. Altri passi, che si avvicinavano al bagno… di corsa.
Percepì Adrienne bloccarsi.
Ren chiuse gli occhi e sorrise commossa – quei passi li conosceva bene. Anche solo dal semplice fatto che fossero privi di scarpe – rimbombava il classico rumore che fanno i piedi scalzi quando percorrono una moquette – era un gridare al mondo “Amore, sono tornata”. E poi, perché conosceva bene il rumore lieve e dolcissimo che facevano i suoi piedi quando correva scalza e agitata; ed era orgogliosa, mentre la porta del bagno si apriva per la terza volta quella sera, di saperli riconoscere.
-          Adrienne?... – Una voce calda e allegramente accentata si acuì di sorpresa.
-          Lucy… ?
Reneé salì nuovamente sulla tavoletta, il tempo di vedere l’espressione di Luce variare dallo stupita all’incazzata.
-          Spiegami un attimo perché sei qui.
-          Oh, mi ha accompagnato Rob. Pensava sarebbe stato carino.
-          … Carino.
-          Carino.
-          Prima lui, poi Will, poi Hudson*, poi tu. Tutti venuti con la sua macchina. Non so, c’è da aspettarsi di veder spuntare Claire** dai cessi da un momento all’altro.
“Woh, woh, woh” pensò la più piccola. “Hudson? Hudson Leick?” Si alzò sulle punte e inarcò le sopracciglia. Lucy la vide. Sbiancò.
-          Uh? – Fece Adrienne, voltandosi verso la toilette in cui si nascondeva la bionda.
Ren si accovacciò fulminea, paonazza nel reprimere le risate.
-          Uh, niente. – Minimizzò Luce dopo un momento, distogliendo lo sguardo con naturalezza. – Dicevamo.
La clandestina si risistemò in posizione eretta, e mimò all’amante con le labbra: “Problemi con la gente che spunta dai cessi?”.
La mora si morse il labbro inferiore.
-          Dicevamo che la convention è di Xena, non tua. Perciò, possiamo venire a nostro piacimento.
-          Potevate fare uno squillo, tutti quanti – sospirò amareggiata – se l’avessi saputo, almeno non sarei venuta io.
-          Evviva la sincerità! – Sorrise falsamente l’altra, un finto scatto di gioia sul viso.
-          Ma almeno ditemi che vi avevano fatto di male Will e Huds.
-          Oh, nulla di che. Avevamo bisogno di qualcuno che ci accompagnasse, o la cosa sarebbe parsa sospetta. Will è molto ingenuo, sai, e Huds…
-          Non dirmi che Huds è ingenua, perché l’ultima volta che l’ho vista si stava allenando per una lap dance!
-          Infatti – rise la Wilkinson – qualcuno doveva pur intrattenere i fan.
-          Capisco – annuì lentamente Luce.
Adrienne sorrise divertita.
-          Oh, e a proposito. Dov’è la piccola O’Connor?
Lucy prese un respiro profondo.
-          La… la stavo appunto cercando.
-          Beh, qui non c’è. Cerca da un’altra parte.
Ren esibì una splendida smorfia.
-          Anche perché io dovrei andare al bagno, quindi… - e si diresse verso il nascondiglio della più piccola con uno scatto improvviso.
Lei imprecò e si accovacciò nuovamente.
-          EHI – Chiamò Lucy rapidamente, per ottenere la sua attenzione. – Eh… Uh… Mh…
-          … Cosa – ribattè stancamente Adrienne, girandosi l’ennesima volta.
-          Uh… quello… mi hanno detto che il primo ha un guasto… vai negli altri.
La Wilkinson la fissò per qualche secondo, scettica, poi si allontanò ed entrò nell’ultima toilette.

Ren sospirò di sollievo, e pianissimo si raddrizzò. Lucy si avvicinò e le aprì la portellina, la preoccupazione sul viso; e senza dire niente le offrì la mano. La bionda esitò un momento, poi posò la propria sulla sua, e delicatamente scese.
Si guardarono un attimo, poi Lucy l’attirò a sé e la strinse.
L’altra accoccolò la testa sotto il mento di lei, e chiuse gli occhi, abbracciandola a propria volta.
Respirarono piano.
Senza dire nulla.
Lucy le baciò i capelli. Reneé non si mosse.
Poi si voltarono piano verso lo specchio, in modo che la mora abbracciasse da dietro la bionda ed entrambe si potessero riflettere.
La più alta avvicinò le labbra all’orecchio dell’altra.
-          Sei una scema completa. – Mormorò.
Ren sorrise.
-          Lo so.
Luce sorrise e quell’increspatura sulle labbra di lei, per solo un attimo, le portò via il respiro. 
-          Ma odio quando… quando mi fai venire tutti questi dubbi, queste ansie. Mi sale l’angoscia.
-          Mi… mi spiace.
Gli occhi verdi di Reneé si illuminarono appena, velati. E studiando il riflesso di quell’abbraccio…


-          Lucy…
-          Ehi Ren. Dimmi.
-          S… s… Io…
-          E’ successo qualcosa?
-          Sono incinta.
-          O… oh. Congratulazioni. 
 
-          E’ bellissimo. Somiglia alla mamma.
-          Lucy… piantala.
-          Sul serio.
 
-          Per gli dèi, Lucy, i tuoi capelli sono un disastro.
-          Strano, non sento il pettine tirare.
-           Forse perché preferisco vederti in condizioni disastrose piuttosto che farti male.
 
-          Lucy? LUCY?
-          Gn, stavo dormendo… dimmi.
-          HO CHIESTO IL DIVORZIO A STEVE.
-          EH?
-          HO CHIESTO IL DIVORZIO A STEEEEEVE!
-          AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH 
 
-          E’… è bello.
-          Cosa?
-          Starsene abbracciate così. E’ semplicemente… semplicemente bello.
-          Già.
 
-          Ehi tu. Muovi le chiappe e torna. Mi manchi.
-          Anche tu mi manchi. Robert ieri ci ha provato con me…
-          E che gli hai detto?!
-          Che non avevo voglia!
-          Viva la sincerità! Lo prenderò a sprangate.
-          Meh, purtroppo avere rapporti con il proprio coniuge potrebbe essere vagamente normale.
-          Appunto, è il tuo coniuge. Grazie per avermelo ricordato, ora se ne becca il doppio.
 
-          Piccola O’Coooooonnoooooor dove ti sei nascosta?
-          Ghghgh.
-          Ti ho sentito, scema.
-          Allora vieni a fare tana!...
-          Sei ubriaca per caso?...
-          Nah, non particolarmente. Sai una cosa?
-          Cosa?
-          Gli unicorni sono belliiiiiiiiiiiiiiiiiiiiissimi.
 
-          RENEE’, DANNAZIONE
-          Diiiimmi?
-          PIANTALA
-          Ma mi piace farti il solletico…
-          GNAAAAAAA
 
-          Lucy?...
-          Mh?
-          Sei davvero bellissima.
 
-          Me lo fai un sorriso?
-          Non sono dell’umore…
-          Quando sorridi, risplendi. E’ una cosa magnifica.
-         
 
-          Grazie.
-          Di… ?
-          Ora che me lo chiedi, potrei risponderti in mille modi diversi; ma in questo momento… grazie di essere l’unica a farmi ridere quando ho solo voglia di ammazzare qualcuno. E per ammazzare intendo prendere sotto con un trattore. E per qualcuno, intendo Rob.
-          Happy to help.
 
-          Lucy?
-          Mh?
-          Sono… sono davvero felice.
-          Per?
-          Tutto. Tutto.
 
-          Uh… Luce… ?
-          Sì… ?
-          Da quanto sei sveglia?
-          Una decina di minuti…
-          E mi stai guardando da dieci minuti?
-          Sei un angelo quando dormi.
 
-          Sei così bella che al vederti Zeus s’inchinerebbe.
-          Davanti a te, allora?
 
Lucy le posò il naso sul collo.
-          Non ho mai… mai… mai, smesso di amarti. Nemmeno per un secondo.
Reneé abbandonò la testa sulla sua spalla, immergendosi nel suo profumo e fra i suoi capelli.
-          Mi spiace… dubitare di te.
L’altra sospirò e le posò un leggero bacetto sul collo, sfregando poi delicatamente per cancellare le tracce di rossetto.
-          Non è un qualcosa che puoi controllare. Devi solo capirlo, non ti abbandono.
-          E’ che… a volte… sembri felice fra le braccia di Robert… e…
-          Ren, sono un’attrice, che ti aspetti?
La bionda tacque.
-          Non lo so – sussurrò – non lo so. Forse… forse soltanto che lo lasci. E’ così tanto che aspetto…
Lucy respirò piano.
-          Andiamo. Da un’altra parte magari. Adrienne sta per uscire. – Aggiunse a voce bassa.
Ren annuì; esitò, poi si tolse le scarpe.
-          ADRIENNE. – Chiamò.
-          R… Reneé? – Si sentì incredulamente rispondere dalla toilette.
Chiuse piano gli occhi, si schiarì la voce, e poi – finalmente – lo disse. 
-          Vaffanculo, puttana lo dici a tua sorella.
E subito entrambe scattarono fuori, correndo scalze per i corridoi del teatro, ridacchiando divertite.
 





*Hudson: Hudson Leick, l'attrice che interpreta Callisto. 
** Claire: Clare Stansfield, Alti - altrimenti doppiato Antinea.  
  
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