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Autore: Lady Ghost    27/01/2013    1 recensioni
"In un qualche luogo che non conosco, che nessuno conosce, vive un uomo."
probabilmente la punteggiatura fa schifo, ho sempre avuto problemi con la punteggiatura, poi non so mai che genere mettere a ciò che scrivo, è un racconto che parla di tutti e nessuno in generale, quindi non saprei, ditemi voi...
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In un qualche luogo che non conosco, che nessuno conosce, vive un uomo.

Costui passa le giornate sulla soglia di casa, dove tira costantemente un forte vento che gli batte contro; lui è sempre lì, prende una manciata di foglie e le tira davanti a se.

Le foglie avanzano, s’insinuano tra i soffi d’aria e con essi tornano indietro, raggiungono l’uomo, gli finiscono addosso e poi vanno alle sue spalle, entrano in casa e si aggiungono alle foglie lanciate in precedenza.

Così l’uomo davanti a se ha di nuovo solo il vento, si rattrista, sospira e lancia altre foglie.

La casa dell’uomo è la sua unica sicurezza, alle sue spalle rappresenta l’unica cosa concreta che possiede, l’unica che non cambierà mai.

L’uomo lancia le foglie sperando che restino, che si solidifichino, che diventino fisse davanti a lui in quel vento che soffia sempre allo stesso modo.

Costui sulla soglia continua a lanciare le foglie, testardo, continua a sperare in cose che lui stesso sa impossibili, come che quelle foglie restino dove le getta.

Ci sono dei sassi sull’uscio di casa, in mezzo alle foglie, ma l’uomo li ignora, è troppo difficile sollevarli e lanciarli, pesano, restano li sull’uscio su cui sta in piedi l’uomo, lui non lo vede, è troppo preso dal suo disperato lanciare foglie contro il vento.

Ad un tratto il vento rallenta, spazza in dietro le ultime foglie, si ferma.

L’uomo allora sussulta, comincia ad urlare, si dispera, grida.

Ma si deve arrendere: non c’è più vento, non ne può reclamare ancora, quindi si volta piangendo e si sdraia sulle foglie che l’hanno raggiunto dove lì si trova e si addormenta con un sorriso.

Disperatamente felice.

Felicemente disperato.

 

Il vento non soffia più sul suo corpo, col suo freddo e col suo grido non lo fa più tremare.

 

Quel vento ignoto che odora di futuro.

 

La sua casa è sempre stata la sua unica certezza, l’unico suo possedimento eternamente affidabile.

 

Quella casa di certo e nostalgico passato.

 

Le foglie che ha lanciato fino a quel momento erano così leggere, esistenti e facili da portare avanti a se.

 

Quelle foglie fragili come sogni.

 

I sassi che non ha mai avuto la forza di sollevare erano così pesanti, avrebbero potuto sfidare il vento.

 

Quei sassi concreti come possibilità.

 

L’uscio che è stato sommerso di foglie lanciate e pieno di sassi abbandonati li, mai preso in considerazione.

 

Quell’uscio breve come il presente.

 

 

 

Ma ora è tutto quanto perduto, non resta che piangere a quell’uomo, piangere per un futuro che è passato, per un passato che non può più raggiungere, per quei sogni irrealizzati, per le possibilità ignorate, per un presente che non ha mai vissuto.

Eppure nella sua disperazione sorride, perché trova la sua felicità nel rimpianto, perché è più facile questo, è più facile rimpiangere che costruire qualcosa e poi sapere di doverlo perdere alla fine.

Quindi l’uomo si toglie il futuro, ignora il presente e si aggrappa al passato, perché per ogni uomo c’è poco futuro ma infinito passato ed egli desidera ciò che è infinito nella speranza di diventare infinito anch’egli.

L’uomo si sdraia

chiude gli occhi

sorride

diviene passato.

  
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