Film > The Avengers
Ricorda la storia  |       
Autore: Alley    27/01/2013    4 recensioni
#1. Bruce/Natasha ~ 'La rabbia lo soffocava. E sentì una pena straziante, intollerabile. Non è possibile che tutti siano per sempre condannati a quest'orrore.'
#2. Tony/Pepper ~ "Prima il dovere, poi il piacere. È così che dice il proverbio, signor Stark."
#3. Thor/Jane ~ Jane non aveva la benché minima idea di cosa fosse un Pentapalmo. Sapeva solo che trovava quegli esseri orrendi e Thor magnifico, anche con quel ridicolo maglione addosso.
#4. Clint/Coulson ~ L’assenza di Clint non sarebbe mai passata inosservata ai suoi occhi, nemmeno dopo secoli di astensionismo reiterato e infiniti sabotaggi.
#5. Alltogether ~ Soltanto una cosa riusciva a mettere d’accordo Tony Stark e Steve Rogers: l’inutilità e la ridicolaggine di San Valentino.
Raccolta di one shot in omaggio all'amore (canon e non) che pervade l'universo Marvel.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Admiring the stars (especially one)


La luna splendeva alta nella distesa di oscurità trapunta di stelle, dipingendo d’argento le strade e i grattacieli di New York.
Bruce rimase a lungo a contemplare quello spettacolo attraverso i vetri della finestra chiusa, disteso sul fianco, leggermente sollevato, con il gomito affondato nel cuscino e la mano a sorreggere il capo. La Stark Tower offriva una panoramica mozzafiato della Grande Mela e il dottor Banner, da sempre affascinato dall’incantevole richiamo della notte, sarebbe rimasto ad ammirarla fino all’alba, malgrado il sonno. Quando, qualche ora prima, s’era messo a letto, dopo aver trascorso un’interminabile giornata tra le affollatissime vie della città insieme a Tony e agli altri Vendicatori, era certo che sarebbe crollato all’istante, invece quel luminoso mantello nero aveva calamitato la sua attenzione. Eppure di energie, sia fisiche che mentali - soprattutto mentali, impiegate in larga parte per contrastare i tentativi di Tony di irritarlo e divertirsi così a vedere turisti e cittadini fuggire a gambe levate e gridare a squarciagola con Hulk alle calcagna - ne aveva impiegate quel giorno, eccome se ne aveva impiegate; più di quello in cui avevano scacciato i Chitauri da New York. Tony, resosi evidentemente conto d’ aver esagerato con le provocazioni, s’era offerto di ospitare tutti nella sua faraonica abitazione, malgrado l’idea che lui e Steve Rogers dormissero sotto lo stesso tetto non lo entusiasmasse affatto.
Alla fine Bruce staccò lo sguardo dall’orizzonte cobalto e affondò il capo nel cuscino fresco, sospirando pesantemente. Sentiva che non sarebbe riuscito a prender sonno e la previsione si rivelò presto esatta. Così scostò lenzuola e piumone, infilò i piedi nelle pantofole e con estrema discrezione lasciò la propria camera per raggiungere la cucina. Forse un bicchier d’acqua – sempre che fosse riuscito nell’impresa di trovare della semplice acqua naturale tra l’infinita scorta di superalcolici di Stark - l’avrebbe aiutato ad assopirsi.
Scese le scale in punta di piedi, suggestionato dal silenzio assoluto in cui la torre era immersa. Terminata la rampa si accorse, con stupore, che dalla porta socchiusa del salotto, che precedeva la cucina nel corridoio al piano terra, proveniva una debole luce. Evidentemente colui che per ultimo l’aveva lasciato - avevano trascorso la serata a giocare a carte, stipati sul divanetto e sulle poltrone distribuite attorno al tavolino di cristallo al centro della stanza - aveva dimenticato di spegnerla. Bruce si avvicinò alla porta e la spalancò con cautela quasi maniacale, temendo che cigolasse, e una sorpresa ancor più grande lo travolse quando vide distesa, su quello stesso divanetto su cui lui e gli altri s’erano adagiati poche ore prima, l’agente Romanoff, immersa nella lettura.
Indossava una lunga vestaglia verde smeraldo che l’avvolgeva fino alle caviglie ed imitava il colore dei suoi occhi; i capelli ramati ondeggiavano attorno al viso pallido e assorto, chino sulle pagine del libro che stringeva tra le mani. Pareva una rosa rossa fasciata dall’erba fresca e Bruce fu ammaliato da quella visione come dal cielo stellato che si stagliava oltre la finestra. Natasha era splendida, accidenti se lo era, ma in quel momento c’era qualcosa che rendeva la sua bellezza diversa e più luminosa, che le conferiva un’insolita e irresistibile dolcezza, rendendola mille e mille volte più attraente ed incantevole. Il velo di gelo che sempre la circondava s’era sciolto e adesso appariva delicata, serena, distesa. Dopo quella che gli parve un’eternità, Natasha staccò lo sguardo dal tomo e alzò gli occhi, incontrando quelli di Bruce che ancora la fissavano dalla soglia. Un lampo di irritato stupore balenò nelle iridi smeraldine e quello strato di risentimento e durezza che l’accompagnava come un’ombra tornò a ricoprirla; Bruce si rammaricò non poco per aver spezzato l’incanto.
"Come mai ancora sveglio, dottore?"
Natasha chiuse il libro e si sollevò, mettendosi a sedere. Il tono della voce rivelava che non aveva affatto gradito l’interruzione e ancor meno l’esser stata spiata chissà per quanto tempo. Bruce dovette ammettere che aveva delle ottime ragioni per essere infastidita.
"Volevo solo un bicchiere d’acqua" rispose, mentre lo sguardo di Natasha diveniva più sottile e tagliente.
"La cucina è quella accanto."
"Perdonami Natasha, non volevo essere indiscreto. Ho visto la luce accesa e credevo che non ci fosse nessuno, non immaginavo che-"
"Non importa" lo interruppe lei e non sembravano parole dette per pura cortesia.
Bruce tirò un sospiro di sollievo.
"Che cosa leggi?"
Continuare ad importunarla non era la mossa più brillante che potesse fare, soprattutto considerando che non stava parlando con un innocuo topo di biblioteca ma con la Vedova Nera - avrebbe potuto stenderlo in un nano secondo se solo l’avesse voluto e se non ci fosse stato il rischio che lui si trasformasse in un omaccione grosso, verde e pericoloso. Eppure, la curiosità lo spinse a domandare.                                                                     
"'La morte di Ivan Il'ič'." rispose lei, mostrandogli la copertina del libro, sulla quale campeggiava un titolo per Bruce incomprensibile.
"I tuoi connazionali sono insuperabili in fatto di scrittura" commentò, sorridendo. Quasi senza rendersene conto, chiuse la porta alle proprie spalle e prese ad avanzare verso il divanetto, da cui Natasha lo osservava con un misto curiosità e meraviglia. O almeno, questa era la sua impressione; decifrare il volto di Natasha Romanoff è un'impresa nella quale sentiva di non poter riuscire.
"Hai letto Tolstoj?"
"Qualcosa. 'Anna Karenina', 'I cosacchi', 'Il sogno'…Non sono psicologicamente pronto ad affrontare 'Guerra e pace', ma prima o poi leggerò anche quello. Ah, e 'La morta di Ivan Il'ič'." –
Natasha sgranò gli occhi in un’espressione di puro stupore, come se Bruce le avesse appena rivelato d’aver preso parte ad un’orgia insieme agli altri Vendicatori e a Fury. Era tanto traumatizzante scoprirlo un appassionato lettore di Tolstoj? Pareva una persona così poco acculturata?
"Davvero hai letto questo libro?" gli chiese, rannicchiandosi sul bordo del divano per fargli spazio. Bruce prese posto accanto a lei.
"L’ho letto la prima volta tanti anni fa, quando ero solo un ragazzo. Mi colpì moltissimo già all’epoca, ma ero troppo giovane per capirne a pieno il significato. A questo ci sono arrivato soltanto dopo parecchi anni, però."
Bruce prese a fissare la copertina del libro e le lettere dorate che recitavano il titolo in russo. Ben presto quell’immagine fu sostituita da fotogrammi del suo passato, ricordi dipinti a tinte forti e dolorose che riaffioravano nella sua mente nei momenti più bui, e un’ondata di fredda e profonda tristezza lo travolse.
"'La rabbia lo soffocava. E sentì una pena straziante, intollerabile…'” sussurrò, con voce fioca e spenta, la mente che ancora galoppava nel passato - un passato di cui, nel presente, continuava a sentire il peso.
"'…non è possibile che tutti siano per sempre condannati a quest'orrore'."
La voce di Natasha, anch’essa un debole mormorio, si unì alla sua.
Bruce annuì mestamente e sfiorò i lembi bordati d’oro della copertina.
"A volte le parole dei libri ti sembrano cucite addosso…" commentò. Un leggero fremito gli incrinava la voce e le dita, ancora poggiate sul libro, presero a tremargli impercettibilmente.
Un bagliore di struggente tenerezza illuminò gli splendidi occhi di Natasha e a Bruce parve di veder la mano di lei, piccola e affusolata, scattare nella sua direzione, ma si fermò tanto in fretta che si convinse di averlo solo immaginato.
"È uno dei motivi per cui amo tanto la lettura" esordì e, stranamente, una nota d’imbarazzo le macchiò la voce soave "Grazie ai libri mi sento una persona migliore, più vera. Non ho bisogno di maschere quando leggo."
Bruce ricordò quanto le fosse sembrata diversa e raggiante mentre i suoi occhi solcavano avidamente le pagine.
"Lo stesso vale per me. E sono anche il miglior rifugio che conosca."
Questa volta, fu Natasha ad annuire.
"Mi presteresti 'Anna Karenina'? Quello mi manca."
Il sorriso cheto e brillante che le inclinò le labbra cremisi era favoloso e Bruce pensò che non aveva nulla da invidiare alla più luminosa delle stelle.
"Molto volentieri."












Note
Dovrei passare ventitre ore e mezzo su ventiquattro china sui libri in vista del secondo esame e invece no (purtroppo per voi e per la mia media universitaria). A mia discolpa posso dire che questa raccolta non era in programma, è saltata fuori all'improvviso, quindi non c'è l'aggravante della premeditazione. Sarà una raccolta di one shot (se tutto va secondo i piani dovrebbero esse cinque), molto semplici e ricche d'ammmore, che probabilmente troverete banale e stucchevole, ma, aimè, a causa della sindrome da shipping compulsivo che m'ha assalita nell'ultimo periodo dovevo fare 'na cosa del genere. Ma passiamo a questa storia. Dunque, ci sono altiiiissime probabilità che risulti assurda e inverosimile, ma ci sono due elementi che m'hanno fulminata e hanno letteralmente soggiogato la mia mente, costringendomi a stare sveglia fino alle 2 per scriverla. Il primo, è l'idea che Natasha legga i grandi maestri della letteratura russa (anche Dostoevskij naturalmente, tra un calcio negli stinchi e un cazzotto al supercattivo di turno) e la seconda è la citazione di quel libro, che m'è sembrata scritta a posta per Hulk. Ammetto di non avrelo mai letto (m'impegno a farlo, promesso), ma da aforismi&citazioni dipendente quale sono, quando mi sono imbattuta in quella frase (realmente tratta da "La morte di Ivan Il'ič" di Tolstoj) non ho potuto fare a meno di associarla a Bruce.
La storia vuole (o almeno vorrebbe) anche un modesto ma sentito omaggio alla lettura e quanto essa possa arricchire l'animo degli uomini.
Il titolo della raccolta è tratto dal testo della canzone "
If I never knew you", che fa parte della colonna sonora del cartone animato Disney "Pocahontas".
Credo d'aver detto tutto (ma anche se così non fosse preferisco smetterla di tediarvi con le note a margine). Spero che possiate apprezzare questa piccola sciocchesssssuola *sparge cuoricini*
  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: Alley