Siamo
seduti sul letto con le gambe incrociate, uno di fronte
all’altra. Continuo a
fissarlo, ma lui evita i miei sguardi. Provo una certa soddisfazione a
vedere
che, almeno, si sente in colpa.
-Mi
dispiace.
-Non
mi importa.- dico. Avrà ripetuto quella frase per
chissà quante volte, che
ormai non mi fa più alcun effetto. –Dimmi solo il
perché.- continuo. –Non sono
abbastanza per te?
Non
mi sorprenderebbe se mi dicesse di sì, ma lui scuote la
testa, quasi sconvolto.
-No!-
esclama. –Non hai idea di quello che provo per te.
Vorrei
urlargli addosso e arrabbiarmi con lui, ma non ce la faccio. Aspetto
semplicemente che mi spieghi come ha potuto affermare di non avere
nessuno,
mentre c’ero io che lo amavo più di me stessa.
-Se
non fosse per te, io non saprei cosa fare.- dice poi. –Ho
detto quelle cose
perché…- esita. –Stavo pensando a mio
padre.- Il suo tono si è calmato e si
fissa le mani, piuttosto che guardarmi negli occhi. –Lui era
l’unica cosa più
vicina a una famiglia che avevo…
-Ma
avevi un branco. Avevi me.
Storce
la bocca, come sapendo che sta per dire qualcosa di sbagliato ma
è quasi
costretto a dirlo lo stesso. –Non è proprio la
stessa cosa.
Sì,
ha decisamente detto qualcosa di sbagliato. Ma in fondo, cosa ne posso
sapere
io di famiglia?
-Ti
manca.- osservo contrariata. Era un mostro, come può
mancargli suo padre dopo
quello che ha fatto? Ok, in parte sono stata io a convincerlo di
perdonarlo, ma
addirittura sentirne la mancanza mi sembra un esagerato.
Si
vergogna, ma sa che ho ragione.
-So
che non potrò mai prendere il suo posto, ma…
-Io
voglio che tu prenda il suo posto.- mi interrompe. –Voglio
dimenticarmelo, voglio...
voglio solo te.
Alza
lo sguardo e lo punta dritto nei miei occhi, lasciandomi senza fiato.
Una
parte di me, quella che aveva voluto abbracciarlo alla partita e che
non ha
chiesto troppe spiegazioni, sembra implorare quella più
stronza: ora posso
perdonarlo?
Credo
che abbia risposto di sì, perché mi avvicino e mi
lascio cadere tra le sue
braccia.
-Mi
dispiace.- ripete, per la millesima volta.
-Lo
so…
-No,
no non lo sai.- riprende.
Vederlo
così mi spezza il cuore, quindi cerco di farlo stare zitto,
occupandogli la
bocca per qualcos’altro. Lo bacio come se non lo vedessi da
anni, come se
avessi aspettato questo momento da chissà quanto tempo.
Il
mio istinto ha la meglio: gli tolgo la maglietta e lui sembra stupito.
Ma poi
si riprende e mi bacia più appassionatamente, passando le
mani sotto la mia
camicia e accarezzandomi dolcemente. Inizia a slacciarmi i bottoni e,
una volta
mezza nuda, mi lascio cadere sul letto, aspettando che mi raggiunga.
Non ci
mette molto, si sdraia sopra di me e continua a baciarmi. Ancora e
ancora…
Derek
e Peter non torneranno prima di due ore; abbiamo tutto il tempo che
vogliamo.
Merda!
Ho perso di nuovo l’anello di Laura!
Com’è possibile che mi scivoli dal dito
ogni santo giorno? Ma a differenza delle altre volte non è
nel mio letto, o
sotto, o sulla scrivania, nell’armadio, per terra…
Cerco anche in bagno, ma
proprio non riesco a trovarlo.
-È
tardi!- urla Isaac dal piano di sotto.
-Inizia
ad andare.- urlo di rimando.
Intanto
però è salito e mi vede tutta trafelata che
scompiglio la mia stanza.
-Cerchi
qualcosa?- ride sotto i baffi.
-Già.
E non c’è niente da ridere!- Poi aggiungo:
–L’anello di Laura… è sparito!
Se
non avessi fatto l’amore con Isaac ieri sera, probabilmente
non l’avrei perso! Ma
poi ci ripenso: non cambierei niente di quello che è
successo. Niente.
-L’anello?-
sembra sorpreso. –Ieri non avevi nessun anello.
Quindi
l’ho perso prima di tornare a casa.
-Senti,
tu vai a scuola.- gli dico. –Vado a cercarlo nella riserva.
Afferro
veloce il giubbino e scendo le scale. Non ho neanche fatto colazione!
Vabbè,
vorrà dire che starò a digiuno.
-Non
puoi aspettare oggi pomeriggio?- mi fa. Non capisce proprio quanto
quell’oggettino sia importante per me!
-No.-
ribatto. Detto ciò esco di casa e raggiungo a piedi la
vecchia casa Hale.
Il
sole sta splendendo e questo è un punto a mio favore.
L’impresa mi sembra comunque
impossibile: non sarà facile trovare un diamantino in mezzo
a tutte quelle
foglie. Ma mi faccio coraggio
Non
riesco neanche a cominciare, che già Isaac mi chiama.
-Che
c’è?- rispondo sbuffando.
-Trovato?
-Dammi
il tempo.- Inizio a camminare, seguendo la stessa strada che ho fatto
il giorno
prima.
-Non
dovresti essere in classe?- gli chiedo a un certo punto.
-Sì.
Ma ti voglio aspettare.
Adesso sono in mensa.
Rido.
–Dovresti andare a lezione, invece.
-Non
rompere.- risponde
sogghignando.
Arrivo
fino al portico, ma ancora niente.
-Isaac
non c’è!- mi lamento, come se la colpa fosse sua.
Lui
infatti trova la cosa divertente. –Dai
torna qui, lo cerchiamo più tardi. Derek ha anche detto di
non tornare più nel
bosco.
-Non
mi importa di quello che ha detto Derek!- sbotto. –Io devo
trovare
quell’anello!
Ricomincio
la ricerca, dopo una serie di sbuffi da parte del mio ragazzo.
Torno
al punto di partenza, senza aver trovato niente. Isaac è
sempre al telefono, ma
sento solo il crunch crunch delle
patatine che sta rumorosamente masticando. Non mi è affatto
d’aiuto.
-Lascio
perdere?- gli chiedo afflitta. Continuo comunque a guardare per terra e
a
scalciare qualche foglia, con la speranza di vederlo brillare da un
momento all’altro.
-Sì.-
mi
risponde con la bocca piena.
Sospiro.
Come ho fatto a perderlo?!
-Sto
arriv…- Non riesco neanche a finire la frase, che qualcuno
mi prende da dietro
e mi tiene la bocca chiusa. Provo a gridare comunque, perché
il telefono è
vicino e Isaac potrebbe sentirmi lo stesso.
-Martha!- lo sento esclamare. –Martha, che succede?
Mi
libero dalla presa, ma anche se il mio primo pensiero è
urlare chiedendo aiuto,
mi giro e mollo una gomitata al tizio che mi aveva bloccato.
È un ragazzo,
giovane e bello, forse di qualche anno più grande di me. Ma
questo non mi
ferma: cerco di colpirlo una seconda volta, ma è arrivato
aiuto. Qualcun altro
mi afferra per le braccia e mi spinge per terra; faccio per rialzarmi,
ma il
ragazzo di prima è già sopra di me che mi tiene
ferma. No, aspetta… Il ragazzo
di prima si sta avvicinando adesso, si tampona il sangue che gli esce
dal naso
con la manica della felpa; quello davanti a me è il suo
gemello!
Il
cellulare mi è caduto durante la lotta; solo ora mi accorgo
che è proprio lì
accanto a me. Ma la chiamata con Isaac è stata interrotta.
-Caspita.-
commenta il gemello che ho colpito. Il sangue non gli scende
già più. –Ci avevi
avvertito che era una tosta, ma non mi aspettavo così
tosta!
Non
so a chi si sia riferito, di preciso; ma sono contenta di avere questa
reputazione.
-Avrei
giurato che si sarebbe messa a urlare.- ride il secondo, quello che mi
tiene a
terra.
-Ragazzi,
dai!- esclama una terza voce, poco distante, ma comunque fuori dalla
mia vista.
–Dovevamo portarla dalla nostra parte, non mettercela contro.
È
un uomo, avrà sì e no l’età
di Peter. –Ethan alzati.
Subito
il ragazzo sopra di me si alza, con un sorrisino cattivo. Mi prende per
le
braccia e mi tiene stretta.
Adesso
che sono in piedi, lo vedo. È un bell’uomo, dai
capelli castani e gli occhi di
un azzurro profondo, più chiari di quelli di Isaac, e molto
più maligni.
-Martha.-
dice, come se non mi vedesse da tanto tempo e ora, finalmente, mi ha
rincontrata. Ma io non ho la più pallida idea di chi sia.
–L’ultima volta che
ti ho vista sapevi a malapena camminare.
Le
sue parole mi fanno rimanere di sasso; che vuol dire? Come fa a
conoscermi?
Sono
troppo sconvolta per proferire parola, e ho anche perso tutto il fiato
con il
tentativo di fuga di poco fa.
Lui
nota la mia confusione. –Ah, non te l’hanno detto.-
Sembra sorpreso, ma
qualcosa mi dice che aveva già calcolato tutto.
-Detto
cosa?- chiedo, adesso veramente fin troppo curiosa.
Sorride.
In quel momento il mio cellulare squilla, vibrando sul terreno pieno di
foglie.
Il tizio lo prende e legge: -Isaac. È il tuo ragazzo?
Involontariamente
mi dimeno, quasi volessi riprendermi il telefono e non fargli sapere
niente di
Isaac.
Riattacca
e lo butta per terra. Poi si avvicina.
-Sai,
mi dispiace davvero tanto.- dice. –Per la tua famiglia,
intendo.
Come
diavolo…?
-Ma
d’altronde sono i rischi del mestiere.- aggiunge.
Ho
smesso di muovermi, sono completamente pietrificata.
-Chi
sei?- domando a questo punto, con ormai i nervi a mille.
Non
risponde, semplicemente mi fissa afflitto; ma quel suo sguardo ha un
che di
spaventosamente falso.
Adesso
si sono avvicinate anche due ragazze bellissime, una delle quali ha
lineamenti
orientali, probabilmente indiani.
Sono
loro; gli Alpha.
-Se
tu dovessi morire…- riprende l’uomo.
-…ne sarei seriamente dispiaciuto.
Adesso
mi è molto vicino.
Capisco
un secondo più tardi cosa vuol fare, lo capisco quando ormai
l’ha già fatto.
Il
dolore parte dal morso sul fianco e si disperde in tutto il corpo come
un
veleno; le gambe non mi reggono più e cado a terra. Cerco di
urlare per
sfogarmi, ma non ho fiato, non ho neanche la forza di aprire la bocca.
I
cinque Alpha sono già spariti.
Non
pensavo che un morso potesse fare così male. Scott mi ha
raccontato che sì,
bruciava, ma era riuscito tranquillamente a tornare a casa e a curarsi.
E
allora perché a me fa questo effetto? Forse
perché sono solo metà licantropo…
Chissene
importa! Fa male, cazzo! Neanche lontanamente quanto un proiettile, o
l’aconito
con cui mi aveva avvelenato Gerard. Mille volte peggio.
Cerco
di strisciare verso il cellulare per chiamare qualcuno, ma non ce
n’è bisogno:
l’auto di Derek è appena arrivata.
Isaac
deve aver capito che qualcosa non andava e deve aver chiamato aiuto.
Lui,
Scott, Derek e Peter mi vengono incontro. Ed è in questo
momento che vedo
qualcosa brillare accanto al mio viso: afferro l’anello e lo
stringo forte, per
non perderlo mai più.