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Autore: Ignis Ferroque    27/01/2013    0 recensioni
27 gennaio, per non dimenticare.

-Leda... ti ricordi?-
-Cosa, Ava?-
Lei smette di guardarmi e increspa le labbra con disappunto.
-Ho fatto un sogno.- dice nonna -Era un posto che assomiglia a questo... non riesco davvero a rievocarlo...- tace con la linea delle sopracciglia canute aggrottata nello sforzo di ricordare.
-Era un bel sogno?-
Nonna si ferma e mi guarda delusa.
L'occhio sinistro è bianco-azzurro come quelli di un cieco.
L'occhio destro è scuro come una notte senza stelle.
-No, non lo era. Ma lo ricordo lo stesso. [...]
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Olocausto
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Pensavo sarebbe stato più difficile, invece passare da quel cancello di ferro battuto non ha scosso minimamente nonna.

Non ha degnato di uno sguardo le altre persone, nè la scritta ghiacciata sopra le nostre teste che svetta sul cielo coperto di nuvole bianche e compatte.

Arbeit macht frei.

Si è solo stretta per un istante nella pelliccia amaranto, affondando nel foulard dalle tinte pastello; la sua schiena arcuata dal peso degli anni si è piegata un poco come se la cancellata minacciasse di crollarle sulle spalle ricurve. Non m'illudo che riconosca questo posto, nè, in fondo, lo spero.

-Andiamo via?- le chiedo. Questa strada sembra schiacciarmi, sento centinaia di occhi che mi scrutano senza vedermi, urla che rimbombano senza un suono.

Le sue labbra pallide hanno avuto un guizzo, come se volesse dire qualcosa ma le richiude senza un sussurro. Forse voleva dire molte cose, forse nessuna.

Nonna sembra riscuotersi, nel suo sguardo velato scorgo un guizzo di risolutezza e si raddrizza senza lasciarmi la mano.

Andiamo ancora un po'.” sembra mormorare.

Con una mano grinzosa di morbide rughe, nonna si sistema la crocchia elegante di capelli nivei, ancora ben salda.

Accenna a muovere un passo e io la accompagno mentre lei cammina piano, indecisa nell'incedere dei passi.

Qualcuno la guarda e sussurra qualcosa, forse intuendo che quel terreno lei lo ha già calpestato una volta mentre avanza a testa alta. È una donna ormai anziana, i suoi anni “non si contano che su cento mani”, come ama dire lei, il suo viso morbido come una pesca avvizzita è segnato dalle rughe profonde che raccontano lei, il suo dolore. Il tempo che è passato.

I suoi occhi non sono più lucidi ma ora sono attenti e si spostano tutt'intorno a noi, abbracciano ogni muro di mattoni rossi, scivola senza fretta fra le baracche, osserva ogni cancellata nera, ogni filo spinato. Le sue labbra pallide hanno avuto un tremito. Forse per il freddo.

Ci sono poche persone ma nessuno parla, può darsi per rispetto o perché, comunque, nessuno ha qualcosa da dire.

C'è silenzio. Un silenzio carico di parole che però io non riesco a sentire. Nonna però sembra captare infiniti messaggi e discorsi persi fra quei sussurri intessuti fra aliti di vento glaciale. Sembra non riconoscerle ma è più lucida di come capita a volte.

Il suo sguardo è un po' confuso e allucinato, come se nella sua mente qualcosa avesse smesso di funzionare

 

Le suole degli scarponi gracchiano sulla neve sporca di terra rimasta dopo la scorsa nevicata e incidono il suolo ghiacciato lasciando una scia di impronte impresse nel ghiaccio accanto ad una fila di orme meno regolari, trascinate e accompagnate dal segno cilindrico di un bastone da passeggio. Nonna si stringe al mio braccio, preoccupata che se rilassasse per un attimo la presa, fosse certa di precipitare in un abisso d'orrore che io non vedo ma che è inciso a fuoco nella sua mente che inizia a ricordare.

Nonna non parla.

Ogni tanto si ferma e fa vagare lo sguardo e io con lei. Vede le stesse mie cose? Dietro alle finestrelle, vede solo il buio di stanze non illuminate o una fila di fantasmi dalle facce grige e smunte che ci seguono pacatamente con lo sguardo?

Nuvolette di condensa gelida aleggiano sopra di noi mentre nonna si sfrega l'avambraccio sinistro come se la fila ordinata di numeri marchiati sulla pelle rugosa bruciassero.

Nonna mi guarda con i suoi occhi velati e diversi, uno azzurro e uno color caffè, e forse nei miei vede un altro paio di occhi azzurri che le fanno morire le parole sulle labbra. Succede spesso.

-Leda?- chiama con un misto di sollievo e dolore. E mi guarda dolcemente accarezzandomi con lo sguardo.

Le sorriso e non ribatto, malgrado non sia il mio nome.

-Tutto bene, Ava?- le chiedo stringendole più forte la mano.

-Leda... ti ricordi?-

-Cosa, Ava?-

Lei smette di guardarmi e increspa le labbra con disappunto.

-Ho fatto un sogno.- dice nonna -Era un posto che assomiglia a questo... non riesco davvero a rievocarlo...- tace con la linea delle sopracciglia canute aggrottata nello sforzo di ricordare.

-Era un bel sogno?-

Nonna si ferma e mi guarda delusa.

L'occhio sinistro è bianco-azzurro come quelli di un cieco.

L'occhio destro è scuro come una notte senza stelle.

-No. Ma lo ricordo lo stesso. Siamo entrati e c'era la neve. L'uomo che ci aveva offerto le gallette nel viaggio, il gentiluomo con il bastone da passeggio laccato, piangeva perché sua moglie non si svegliava.

Degli uomini in uniforme inamidata, belli come angeli, ci dicevano dicevano qualcosa ma nessuno capiva, c'era troppo chiasso, le madri che gridavano, i bambini piangevano, qualcuno singhiozzava, altri gridavano e spingevano per scendere con i bagagli, con le borse e i soldati gridavano più forte per farsi sentire... Era così bianco e così freddo... così confuso...-

Nonna mi guarda e la sua voce trema.

-Andiamo via?- le chiedo ancora.

Nonna mi ignora. -Avanti a noi c'era una fila di brutte case, tutte piegate sotto il peso del gelo. Faceva così freddo che non sentivo la punta delle dita e non mangiavamo da giorni. Tu mi stringevi la mano così forte che pensavo me l'avresti staccata.

Mi sentivo osservata come un pezzo di carne mentre ci spingevano come bestiame lontano dal treno. Alcuni soldati ci guardavano, con il viso dipinto di una maschera di vuoto, di indifferenza.-

 

-“Zwillinge heraus.”- la voce di nonna è quasi un pigolio, nel suo tono insieme la sorpresa per delle parole, calcate dell'accento di Stoccarda che le escono così facili in una lingua che conosce ma che non da mai segno di capire. A stento la sento.

-Qualcuno ci spingeva avanti, a me e a te. Non me ne ero accorta ma eravamo abbracciate. Un soldato ci aveva preso, noi e altri bambini. Il resto spariva, il chiasso, le strida. Rimanevamo solo i nostri corpi schiacchiati insieme, il rumore sordo dei nostri cuori che battevano furiosamente, il fischio dei nostri respiri spezzati. Tutti ci osservavamo. Eravamo una ventina, tutti stretti a coppie. Stretti al proprio gemello come se fosse un ancora di salvezza.

Ci studiavamo in silenzio mentre venivamo allontanati dagli altri; dietro agli usci delle baracche vedevo delle sagome translucide che si spostavano inerti e ci lanciavano occhiate priva di vita, poi si rintanavano ancora nel buio della capanna.

“È un luogo dimenticato da Dio”, ti dicevo, “va tutto bene”, mi rispondevi.

E il prima perdeva importanza. Prima litigavamo sempre perché i tuoi capelli erano più chiari dei miei e i nostri occhi erano diversi. Avevo paura e tu anche. Se ci avessero diviso sarei impazzita ed era da tanto che non combattevamo insieme, forse era giusto che rimanessimo unite, almeno quell'ultima volta.-.

Nonna tace e sembra non aver fiato per un altra parola.

Il suo sguardo vaga lontano senza concentrarsi su nulla, perso ad inseguire un filo aggrovigliato di antichi ricordi.

-Leda.- chiama la nonna.

La guardo.

-Leda, ti ricordi?-

-Sì- rispondo ma nonna non risponde e chiude gli occhi, due occhi diversi -Lo ricordo.-.

Ava non sorride ma la fronte si rilassa sollevata.

-Brava, non dimenticarlo.-


 

***

Giorno della memoria, per non dimenticare.
Il 27 gennaio è solo un giorno all'anno, bisognerebbe sempre ricordare il passato, anche se terribile...
Grazie a tutti coloro che hanno letto, se volete lasciate una recensione. :)

A presto,
Ignis.

Ci sono parole per lasciare una persona cara, ci sono parole per rincuorare un amico... non avete nemmeno una parola da lasciare per una recensione? T_T

  
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