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Autore: Nymphna    28/01/2013    4 recensioni
[Disney]1-Jasmine~ “Voglio volare” bisbigliò. Il vecchio Joe scoppiò in una risata strana, sguaiata, che sembrava l’abbaiare di un cane.
2-Cindy~ Lui l’aveva riconosciuta. L’aveva cercata. Ma, soprattutto, l’aveva trovata.
3-Ariel~ Quel ragazzo meraviglioso con la risata contagiosa e il viso impertinente l’aveva appena baciata.
4-Belle~ E lei voleva un’avventura? Lei chiedeva di avere qualcosa in più? Proprio lei, che non aveva mai fatto niente.
5-Esmeralda~ Prese un Tennessee Wisky e ne ingollò due grandi sorsi. Poi ripensò a Febo e la preoccupazione prese il sopravvento.
6-Aurora~ “Perché sorridi?” domandò la mora. “Ora ti racconto” disse Aurora, i capelli sciolti che si muovevano al vento “Anch’io ho trovato l’amore”
7-Jane~ "Io non voglio perdere la libertà. Ma soprattutto non voglio perdere papà. E nemmeno te."
8-Meg~ "Sei veramente … fantastica. Una forza” “No. Sono tremendamente sola”
9-Blanche~ "Ma quella sera il baco si era aperto e ne era uscita una meravigliosa farfalla.
10-A Whole New World~ Fine.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 9, Blanche.
(da giovedì 22 a venerdì 30 luglio)

 

Blanche era sveglia da due giorni ed era profondamente amareggiata e triste. Si sentiva totalmente cambiata, non solo mentalmente ma anche fisicamente. Si toccava di continuo il ventre, molte volte senza rendersene conto, e in quei momenti capiva quanto anche il suo istinto fosse diverso. Non lo diceva a nessuno, ma a volte le scendeva una lacrima giù dalla guancia, delicata ma inesorabile, quando pensava a ciò che aveva detto l’infermiera, dopo la visita di controllo appena si era svegliata. ‘Non potrai più avere figli’. ‘Tua madre ha cercato di ucciderti’.
A quattordici anni d’età, Blanche non aveva mai pensato di avere dei figli nell’immediato futuro, ma ora si rendeva conto che ne desiderava uno così tanto da farla quasi impazzire. Sapeva che sette uomini l’avevano violentata e lacerata, rovinandole l’apparato riproduttivo. Era la cosa che le pesava di più, uscita da quel coma di ventotto giorni. Sapeva che tutte le sue lacune sarebbero state colmate. Sapeva che sarebbe riuscita a farsi di nuovo le trecce e a legarsi le scarpe, con un po’ d’allenamento, sapeva che avrebbe recuperato le capacità mentali e un giorno avrebbe potuto di nuovo correre in giardino. Ma ciò che le faceva più male, era la convinzione che non avrebbe mai avuto un figlio.
L’altra cosa che l’aveva ferita di più, la notizia che non avrebbe mai voluto ricevere, era quella che le aveva dato un avvocato, quella mattina. Le aveva detto che era ormai orfana, che la sua matrigna avrebbe finito la sua vita con un’iniezione letale dentro uno stanzino, che tutto ciò che era successo era colpa sua e che lei era solamente la vittima dell’ambizione di quella donna. Inizialmente non aveva voluto crederci. La sua matrigna, Grimilde, si era sempre comportata bene con lei. Le aveva sempre regalato giocattoli e l’aveva accompagnata a scuola. Le aveva fatto i complimenti per i bei voti e l’aveva aiutata a studiare. Aveva parlato con lei come una madre alla figlia dei ragazzini che le piacevano, avevano scherzato e riso ed erano andate tante volte a fare shopping oppure in vacanza un paio di giorni insieme. Ciò che poteva dimenticare di meno, era quel week end sul lago che avevano passato loro tre insieme, Blanche, suo padre Maximilian e la nuova moglie Grimilde. Avevano giocato sulle sponde del lago, a tirarsi la palla e a racchette, avevano nuotato insieme e mangiato sulla barca a vela del padre. Le era sembrato di avere una famiglia normale. E poi, gli eventi erano precipitati.
Non riusciva a credere alla malvagità della donna. Non riusciva proprio a comprendere come avesse potuto uccidere suo padre, dandogli qualche sostanza che gli faceva del male. Non poteva credere che le avesse presentato una prostituta incaricata di ucciderla alla festa di Aurora Reale, alla quale si era imbucata speranzosa, come ogni ragazzina della sua età, di vedere il ragazzo che le piaceva, Floriant. Non si rendeva ancora bene conto nemmeno di ciò che era successo. Sapeva bene che c’era della crudeltà al mondo, ma proprio non capiva come sette uomini avessero potuto approfittarsi di una ragazzina di quattordici anni, drogata, e stuprarla uno dopo l’altro fino a rovinarle la vita e a farla cadere in coma per ventotto giorni. Non riusciva nemmeno a pensarlo. Ma non tanto per se stessa, perché alla fine non ricordava quasi nulla, ma non le sembrava una cosa che potesse essere fatta. Non riusciva nemmeno a capacitarsi che fosse accaduto proprio a lei.
L’orologio digitale accanto al letto suonò le tre, e proprio in quel momento si rese conto che qualcuno stava discutendo con un’infermiera per poter entrare a parlarle, sostenendo che fosse importante. L’infermiera ribatteva che stava dormendo. Blanche lasciò scivolare le gambe giù dal letto e scostò la coperta. Sapeva ancora camminare per qualche metro, prima di sentirsi affaticata, così, lentamente ma con decisione, si avvicinò alla porta e l’aprì. Davanti a lei c’era la sua infermiera, una bionda che sembrava più una modella, e una ragazza, alta più di un metro e settanta, con lunghi capelli castano – rossi e magra a rasentare l’anoressia. Le due ragazze si guardarono, e gli occhi viola colpirono la ragazzina come un fulmine. Si sentì subito soggiogata e incantata dalla strana persona che le stava davanti.
“Signorina Woodson…!” protestò l’infermiera.
“Se mi deve dire qualcosa di importante, perché non può entrare?” domandò Blanche candidamente. L’infermiera si arrese subito ai suoi occhi da cerbiatto e raccomandò loro di essere discrete, perché se il capo l’avesse scoperta sarebbe finita nei guai. L’accompagnò di nuovo nel letto, sorreggendola con un braccio e se ne andò, lasciando le cortine della stanza chiuse per dar loro privacy. La rossa si sedette sulla sedia di plastica vicino alla finestra e rimase in silenzio per qualche lunghissimo secondo, scrutando Blanche sottecchi. Sembrava esaminarla e la ragazzina si sentiva a disagio sotto quello sguardo, ma non le diede fretta. Aveva capito che non era facile parlare con una persona che era stata ridotta come lei, un po’ per pena, un po’ per tenerezza e a volte per ribrezzo.
“Sono Meg” disse la ragazza alla fine, porgendole la mano con un sorriso tirato “La prima figlia di Grimilde” la ragazzina le strinse la mano stupita e confusa dall’affermazione della ragazza.
“Blanche” rispose meccanicamente “Ma non capisco come tu possa essere la figlia della mia matrigna, lei non ci ha mai parlato di te”
“Lo so” rispose Meg amareggiata “Non ama parlare di come ha rovinato la vita degli altri, sai. Comunque, ne parleremo un’altra volta. In realtà sono venuta a presentarmi, perché io sono la tua sorellastra e ho accettato i documenti per la tua tutela. Sono felice che tu ti sia svegliata” a Blanche non sembrava che stesse facendo i salti di gioia, però pensò che fosse perché anche lei era giovane. La guardò un momento e constatò che in effetti qualcosa di simile avevano. La forma del fiso, se fosse stata più piena, sarebbe stata identica a quella della madre, così come la forma degli occhi. Alcune espressioni del volto erano identiche, come le labbra arricciate quando si parlava di qualcosa di sgradevole. Si domandò cosa le avesse fatto Grimilde. In un certo senso, si sentì sollevata sentendosi dire che lei aveva accettato i documenti per la tutela, perché voleva dire che non era totalmente sola. Ma dall’altro canto si vide davanti un’altra difficoltà, perché avrebbe dovuto imparare a conoscere una persona che probabilmente aveva avuto tanti problemi quanti ne aveva avuti lei e che con ogni buona probabilità avrebbe dovuto rimettere a posto i cocci della sua vita.
“Anch’io” disse Blanche, senza sapere bene cos’altro aggiungere. Passò qualche momento di silenzio.
“Quando potrai uscire?” domandò ancora Meg.
“In realtà non lo so. Sto abbastanza bene, comunque. Credo che fra qualche giorno potrei già tornare a casa” la ragazza annuì.
“La riabilitazione?”
“Va bene. Riesco già a fare un sacco di cose, ho solo ancora un po’ di torcicollo” Meg assentì.
“Mi dispiace” disse poi, con un profondo sospiro “Mi dispiace che tu abbia dovuto subire tutto questo. Anche a me è successo tutto quando avevo quattordici anni, sai. Mia madre mi ha abbandonata a una specie di bordello di lusso” fece una faccia schifata “Comunque, per fortuna, è passata. Sono riuscita a uscirne, grazie a persone fantastiche che vorrei presentarti appena starai meglio. Alcune di loro stanno per partire e andarsene di qua per sempre.”
“Per colpa mia?” domandò titubante Blanche. Meg le sorrise dolcemente.
“No, affatto. Avevano anche loro dei progetti per le loro vite, e finalmente riescono a realizzarli.” Alzò le spalle “In ogni caso, oggi pomeriggio dovrebbe venire qualcuno. Sai, è successo un bel casino a quella festa. Abbiamo rischiato tutti grosso. Sono arrivata adesso dal tribunale, volevo venire a trovarti prima di tornare a casa.”
“Dal tribunale?” ripetè la ragazzina, che stava cominciando a rendersi conto della grandezza della situazione.
“Si, oggi c’è stato il secondo processo, ma io ho dovuto solamente testimoniare a favore di un’amica. Davvero non sai nulla di ciò che è successo quella sera?” Blanche scosse la testa, e Meg cominciò a raccontare. Partì dall’accusa di una sua amica di nome Esmeralda, molto simile a quella che credeva la sua amica Vanessa, ma che in realtà era una prostituta incaricata di ucciderla, proseguì col coma di Aurora Reale e suo, con la sua liberazione, con una ragazzina accompagnata da un selvaggio di nome Jane che aveva scoperto la verità su ciò che era accaduto. Le sembrava tutto così strano, così irreale, così fuori dal mondo … così come capiva benissimo che era tutta la verità. “Vogliono venire tutti a trovarti. Chi per chiederti scusa, chi per portarti solamente un po’ d’affetto” sorrise in un modo molto dolce che colpì molto la ragazzina “Sei fortunata che tutte queste persone si siano mosse intorno a te, per renderti la vita migliore, per darti giustizia e per far vincere il bene”, disse seriamente. E quelle parole sembrarono colmare il cuore di Blanche, che improvvisamente si sentì piena d’affetto e di riconoscenza per persone che non aveva mai conosciuto.


Più tardi, quel pomeriggio, quando Meg se ne fu andata, arrivarono a trovarla tre ragazzine strane e simpaticissime che le strapparono la prima vera risata della giornata. Le riconobbe tutte e tre, a scuola erano molto famose. La più bassa era mora e con i capelli molto lunghi, gli occhi grandi e a mandorla sprizzavano felicità e allegria, e al dito portava un anello. Quando entrò, stava sospirando esasperata, guardando male le altre due che si becchettavano. La più alta era Aurora Reale, Blanche la riconobbe subito: alta, bella, bionda e con lunghi capelli a boccoli, indossava una camicetta rosa molto elegante e quando si muoveva sembrava danzare. Stava discutendo su chissà cosa con l’ultima, quella a metà, che aveva una chioma di capelli rossi naturali che sembravano quasi tinti e le arrivavano a metà schiena. La mora fu la prima a interrompere la discussione tossendo sonoramente per far capire alle altre due che lei era sveglia e le stava ascoltando. Blanche scoppiò a ridere di gusto, quando vide le espressioni delle ragazzine. Si sedettero accanto a lei tutte e tre e per prima cosa Aurora domandò scusa per ciò che era successo alla festa, sostenendo che fosse colpa sua ciò che era successo, lei doveva fare più attenzione a chi entrava alla festa e agli invitati, ma ce n’erano così tanti che non era riuscita a tenere d’occhio tutto; si mostrava pronta a qualsiasi cosa e la capiva, perché anche lei era stata in coma per qualche giorno per una botta alla testa, aveva perso la memoria e… la rossa la interruppe, sostenendo che parlava troppo.
Si presentò dicendo di chiamarsi Ariel, che era stata lei a trovarla e a cercare di aiutarla per prima, con il suo ragazzo Eric.
“Mi hanno parlato di una ragazza che ha cercato di aiutarmi” disse Blanche “Ma non pensavo fossi tu”
“Vedi, non hai l’aria da gran salvatrice!” esclamò Aurora, incrociando le braccia.
“Pensa un po’ te, non hai nemmeno l’aria da ragazza normale” le rispose animatamente la rossa “Sembri più che altro la fotografia di un manichino su una rivista patinata!”.
“Non preoccuparti” disse Jasmine, la mora, notando l’aria preoccupata di Blanche “Fanno sempre così. Vuol dire che vanno d’amore e d’accordo. Più che altro, mi preoccuperò il giorno in cui le vedrò a braccetto. In realtà si vogliono molto bene” la ragazzina annuì divertita “Comunque, quando uscirai da qua, potremmo uscire insieme, qualche volta, che ne dici?”
“Volentieri!” esclamò Blanche, felice di avere finalmente delle amiche. Dal momento in cui era arrivata all’High School nessuno le si era rivolto amichevolmente se non per i suoi soldi. L’unica persona che le si era avvicinata era Vanessa… che in realtà si chiamava Ursula e l’aveva drogata. Per un momento si sentì tirare giù di morale dai ricordi, ma lanciando un'occhiata verso Aurora e Ariel che stavano ancora discutendo, sorrise e decise di accantonare i brutti pensieri. Quando le due ebbero finito di litigare, finalmente, le raccontarono che il giovedì sarebbero dovute andare a un processo per testimoniare di averla salvata, specialmente Ariel sarebbe stata nel banco dei testimoni. Aurora non era stata giudicata colpevole, anche se aveva dovuto restituire una somma consistente di denaro alla ragazzina. In ogni caso non l’aveva presa a male e le confidò che i suoi genitori in quegli ultimi tempi la stavano tenendo meno in casa e la stavano perdonando, dato che dimostrava una condotta ineccepibile. Ariel menzionò un’altra festa in preparazione, questa volta solo con persone che conoscevano e senza alcool. Blanche cominciò a capire che a causa sua si era formato un gruppo di persone che aveva cercato di trovare una soluzione ai suoi problemi e di vendicarla in base alla giustizia. Le parlarono anche loro di Jane ed Esmeralda, come aveva fatto Meg, ma aggiunsero anche una ragazza di nome Cindy e un’altra che si chiamava Belle e le promisero che le avrebbero fatto conoscere tutti, anche i loro fidanzati.
Ariel si interessò alla sua situazione amorosa e volle sapere se c’era qualcuno che le piaceva.
“In realtà” disse Blanche arrossendo violentemente “In realtà c’è un ragazzo che mi interessa…”
“Chi, chi?” domandò Ariel sporgendosi verso di lei, gli occhi azzurri carichi di curiosità.
“Puoi fidarti di noi” confermò Aurora.
“Magari lo conosciamo” affermò Jasmine.
“Si chiama Floriant Prince.” Mormorò Blanche. Le tre si guardarono l’un l’altra con mezzi sorrisi sulle labbra. “Lo conoscete? Oh, vi prego… non tenetemi così sulle spine!” scongiurò la ragazzina, che cominciava a sentirsi prossima al collasso.
“Si, lo conosciamo” disse Aurora dolcemente “E sappiamo che si è molto interessato alla storia… cioè, è venuto spesso da te, mentre eri addormentata” Blanche arrossì ancora di più e la guardò sorpresa.
“Si, è quel ragazzo con i capelli castani, no?” domandò ancora Ariel “Quello che fa equitazione”
“Proprio lui” confermò Aurora.
“Ma allora, l’ho visto qua intorno molte volte!” esclamò Jasmine, per poi girarsi maliziosa a guardare i fiori ormai secchi sul comodino vicino al letto “Non è che quelli li ha portati lui?” Blanche si sentì mancare.
“Non lo dire, ti prego!” le tre la guardarono stralunate, chiaramente non aspettandosi affatto una reazione del genere. Aurora rise dolcemente, capendo che la ragazzina era timidissima.
“Vorresti incontrarlo? Oppure preferisci di no?” la mora scosse la testa. Aurora le sorrise “Hai anche tu bisogno dei tuoi tempi, è normale”.
Le tre restarono un paio d’ore, raccontando dei loro rispettivi ragazzi. Ariel sembrava particolarmente felice e confidò che lei e il suo Eric erano una coppia parecchio avventurosa e che non si facevano frenare da nulla se decidevano di fare qualche cosa. Le disse che andavano spesso a fare esplorazioni in palazzi abbandonati e in quartieri semi sconosciuti insieme, era la loro occupazione preferita. Le promise che l’avrebbe portato, assicurandole che si sarebbero trovati bene insieme. Jasmine le raccontò che era scappata di casa per sposarsi con il suo Ali, che lavorava ormai nel suo ristorante come cameriere, le confidò che il padre era stato soggiogato dal caposala che voleva avere tutto per lui ma che erano riusciti ad averla vinta ed ora Jafar era stato licenziato e loro vivevano insieme felici e contenti. Aurora le parlò invece del suo Filippo. Sembrava quella più sognante fra le tre e qualche volta si perse nei suoi pensieri interrompendo il discorso nel bel mezzo di una frase. Blanche capì che erano tutte e tre molto innamorate ed era quasi invidiosa sapendo che erano ricambiate con altrettanta passione. Sperava di sentirsi come loro, un giorno, magari proprio con Floriant, con il quale non aveva mai parlato.
Mentre le tre ragazzine le raccontavano di come erano riuscite a mettersi con i rispettivi ragazzi, però, si accorse che tutte e tre avevano dimostrato coraggio e avevano rischiato, chi più chi meno, di perdere qualcosa. Pensò che forse era solo quello il modo di conquistare la persona amata, e decise che ci avrebbe pensato su riguardo a Floriant. Lui le piaceva davvero molto ma non sapeva se si sentiva pronta a rischiare chissà che con lui. Si trovò ancora una volta un pochino invidiosa, perché anche a lei sarebbe piaciuto avere il coraggio di rischiare, di provare con il ragazzo di cui era innamorata, e quando pensò che Jasmine addirittura era scappata di casa per potersi sposare, in modo da essere legata al suo Ali indissolubilmente davanti alla legge, capì che forse ne valeva veramente la pena.
Quando le tre ragazzine se ne andarono e lei si trovò nuovamente sola, si ritrovò con un sacco di cose a cui pensare. Per prima cosa aveva appena scoperto di avere una nuova famiglia composta da una ragazza di diciannove anni con il passato compromesso quanto se non più di lei. Non era preoccupata, ma si chiedeva come avrebbero potuto loro due, ragazze tristi e con un brutto trascorso, rimettere a posto le loro vite. Ma forse avere accanto qualcuno che sapeva cosa voleva dire essere traditi e abbandonati l’avrebbe aiutata più che qualcuno che non avrebbe potuto comprendere il suo stato d’animo. Pensò nuovamente a ciò che era successo con Grimilde. Ripensò che era stata tradita dalla sua stessa matrigna, da una componente della sua famiglia, l’unica che le era rimasta dopo la morte del padre, la persona con cui aveva pianto sopra la tomba di Maximilian. Le vennero le lacrime agli occhi, pensando che se il padre fosse stato ancora vivo, tutto ciò non sarebbe mai successo, che lei non sarebbe affatto andata a quella festa perché lui gliel’avrebbe proibito. Ma poi ripensò anche che era stato ucciso e sentì il cuore rompersi, mentre si chiedeva come poteva aver fatto quella donna cattiva a credere di passarla liscia non solo per l’assassinio del padre, ma anche il semi – assassinio suo. Cercò di farsi forza, pensando che comunque si era risvegliata dal coma, che si, non aveva più una famiglia, non avrebbe potuto avere figli, era troppo timida per parlare a Floriant ed era rimasta in quel letto per un mese senza aprire gli occhi, quasi uccisa da una prostituta assoldata da sua madre pur di avere i soldi di suo padre, ma che tutto poteva ancora avere un lieto fine, che le cose avrebbero ancora potuto mettersi a posto… ma non ci credeva molto in quel momento. Scoppiò in lacrime, e dopo ore che piangeva, sola, nella sua stanza, si addormentò profondamente.


Quando si svegliò il giorno dopo, la mattina molto presto, verso le quattro e mezzo, capì subito di non essere sola per il peso caldo sulle sue gambe. Aprì gli occhi e accese la piccola abat-jour accanto al lettino e vide che sulla sua gamba, appoggiata a un gomito e con gli occhi chiusi, il respiro leggero che scostava leggermente ciocche di capelli rossastri, c’era Meg. Si sentì molto commossa da quella visione. Quando si guardò intorno quasi si spaventò, perché dietro a Meg, appoggiato allo schienale della sedia, le mani intrecciate sugli addominali, c’era un ragazzo biondo e molto muscoloso che lei non aveva ancora mai visto, che dormiva a bocca aperta, russando leggermente. Ci mise qualche minuto a focalizzarlo e a rendersi conto che quel ragazzo era Herc, il più bello della scuola, quello che faceva boxe. Capì immediatamente che era il ragazzo a cui aveva accennato Meg il giorno prima e concluse che anche loro dovevano essere molto innamorati, per addormentarsi insieme in un ospedale. E soprattutto, dovevano tenere molto anche a lei. Si sentì commossa e quasi le scese qualche lacrima, ma in quel momento capì che Meg stava cercando in tutti i modi di riappropriarsi della propria vita, prendendosi cura della sorellastra come nessuno si era curato di lei. La osservò a lungo. Osservò i suoi tratti magri e quasi spigolosi, le ossa delle spalle che fuoriuscivano dalla maglietta viola, i piedi affusolati nelle zeppe di sughero e le gambe quasi troppo magre avvolte nei jeans. Guardò l’espressione malinconica che aveva nel sonno e ascoltò i suoi versetti tristi di tanto in tanto. Forse, pensò, vorrebbe tornare bambina. Quando i suoi occhi furono stanchi della luce li chiuse nuovamente e si riaddormentò.

Quando si svegliò erano le nove del mattino e Meg non c’era più. Sul comodino accanto a lei, però, c’erano dei fiori freschi e un’infermiera stava uscendo con quelli vecchi.
“Ehi!” chiamò. L’infermiera bionda si girò a guardarla con un’espressione gentile.
“Si, cara? Buongiorno” la salutò.
“Buongiorno… ascolti, chi ha portato quei fiori?” domandò.
“Un ragazzo… è venuto per tutta la tua permanenza. Ora se n’è già andato. È rimasto qua una mezz’oretta, ma quando ha visto che ti stavi svegliando se n’è andato di fretta. Ha lasciato questi fiori nuovi. Sono belli vero?”. Blanche si voltò per osservarli meglio, e notò che erano fiori d’acacia e di biancospino. Domandò all’infermiera di essere portata, dopo colazione, nella stanza dove c’era l’internet point e quando fu seduta davanti allo schermo di un computer cercò il significato di quei due fiori e quando lo lesse rimase quasi commossa nuovamente. L’acacia era simbolo di amore platonico e disinteressato, mentre il biancospino era simbolo di speranza. Erano entrambi bianchi e su internet quello era il colore particolarmente indicato per i due significati. Si domandò se fosse stato veramente Floriant, e presa da un’improvvisa euforia andò a cercare qualche notizia di lui su social network vari. Scoprì che sua madre componeva bouquet, e si sentì imbarazzata ma felice di questa scoperta. Forse, pensò, non tutto sarebbe andato a rotoli.


Tornò a casa all’inizio della settimana seguente e fu un’impresa. Saggiamente, Meg aveva ingaggiato Febo per il trasferimento e si rivelò un’ottima idea: un sacco di giornalisti e paparazzi stavano intorno alle ragazze per sapere tutti i dettagli dell’accaduto. Meg strinse la mano di Blanche con decisione e la ragazzina corse nella macchina della polizia mentre ancora il detective diceva a destra e a manca che non aveva intenzione di parlare con nessuno. Le raggiunse in macchina e sgommò via.
L’enorme proprietà le sembrava tutto tranne che casa sua, in quell’assolato mercoledì di fine luglio. Entrò dalla porta principale e in un primo momento si sentì terribilmente spersa, guardandosi intorno. Meg si espresse con un fischio.
“Che casa!” esclamò impressionata. Blanche le sorrise e le mostrò la camera che avrebbe occupato, mentre Febo portava le valige al piano di sopra. La ragazzina entrò in camera sua, bianca e rossa, di cui aveva scelto i mobili proprio insieme a Grimilde, per festeggiare il suo arrivo nei teenager, quando aveva compiuto tredici anni.
Le sembrò la camera di qualcun altro, perché era piena dei suoi ricordi, della sua vita prima della festa.
Erano arrivati da poco quando si sentì il telefono squillare. Blanche andò in corridoio, mentre Meg sporse la testa dalla stanza guardandosi intorno in cerca della cornetta. La mora, che sapeva esattamente dov’era, vi si diresse e rispose.
“Pronto?” domandò.
“Signorina Woodson?” domandò la voce di una donna dall’altra parte della conversazione.
“Si, sono io. Chi parla?”
“Mi chiamo Megan Johannson, una giornalista, volevo chiederle di fare una dichiarazione sugli uomini che l’hanno così brutalmente stuprata e le hanno rovinato la vita e…” Blanche impallidì. Meg, che aveva supervisionato il discorso, le strappò la cornetta di mano.
“Vai a diavolo!” urlò, per poi riporre il telefono “Cosa ti ha detto?”
“Niente. Mi ha chiesto di parlare di quello che…” cominciò, ma il telefono squillò di nuovo. La ragazza l’afferrò.
“Che c’è?”. Blanche capì che non era abituata a rispondere alle telefonate. Qualche secondo dopo arrossì di rabbia “Ma la volete smettere? Dio santo, è una ragazzina appena tornata dall’ospedale!” buttò giù l’apparecchio nuovamente, poi si rivolse a Febo, al piano di sotto, urlando attraverso le scale “C’è un modo di bloccare questa cavolo di linea telefonica?”
“Detto fatto, dolcezza!” esclamò il poliziotto “Ci vediamo più tardi con un esperto, ora devo andare in centrale, ma tornerò dopo pranzo!”. Uscì e Meg e Blanche rimasero da sole nell’enorme casa. La ragazzina si piazzò davanti alla televisione, stanca e un po’ scioccata per tutti quei giornalisti che continuavano a chiamare e a suonare alla porta, che lei non apriva. Sperava si stancassero, prima o poi. La sua nuova coinquilina fece un giro della casa per farsene un’idea, poi cominciò a preparare da mangiare e dopo pranzo si rinchiuse nell’ufficio che era stato di Maximilian: aveva deciso di ragionare sull’economia di quel posto per poterlo portare avanti finchè la ragazzina non fosse diventata maggiorenne, e per non lasciare l’azienda a qualcun altro che avrebbe potuto approfittarsene. Ormai non si fidava più di nessuno.
Blanche, dal canto suo, aspettò l’arrivo di Febo, lo fece entrare con l’uomo che staccò la rete telefonica della casa e offrì loro qualche dolce che era rimasto in dispensa, chiamò con il cellulare un negozio di consegne per farsi portare la spesa e la sistemò, dopodiché, per la prima volta dopo tanto tempo, si sedette davanti al computer con la pagina di un social network davanti. Si creò immediatamente un nuovo profilo e aggiunse solo chi conosceva. Decise anche di chiedere l’amicizia a Floriant, in fondo poteva essere una cosa normale cercare un contatto con un compagno di scuola… si mise poi d’accordo con Ariel, Aurora e Jasmine, che sarebbero andate a trovarla il giorno seguente, e passò la serata con Meg, guardando un film d’amore in tv che lasciò la rossa incantata fino alla fine, dopodiché andarono a dormire.


Il giorno dopo Meg le annunciò che aveva chiesto alla sua psicologa, che era anche la madre del suo ragazzo, di andare a far loro visita. I medici le avevano consigliato di sottoporla ad alcune cure psicologiche dopo il coma e i vari traumi, così Blanche accettò, fidandosi del giudizio della ragazza. In solo qualche giorno aveva capito la personalità della tutrice e si era resa conto che non avrebbe consegnato nessuna informazione nelle mani di alcuno, a meno che non fosse davvero degno di sapere. Così decise che la dottoressa Juno, così l’aveva chiamata, avrebbe potuto essere un aiuto anche per lei.
La dottoressa e il figlio, chiaramente impaziente di vedere la fidanzata, arrivarono verso le quattro del pomeriggio, portando dolci e pasticcini che mangiarono insieme. Meg ed Herc le lasciarono sole in salotto.
“Ciao Blanche” la salutò la dottoressa “Io sono la dottoressa Aileen Juno, dammi del tu, per favore”
“D’accordo” acconsentì la ragazzina un po’ turbata, nervosa a trovarsi davanti a una persona che sapeva potesse interpretare in maniera fin troppo esatta ogni suo atteggiamento. Si sentiva scombussolata e un po’ punta sul vivo, non aveva intenzione di farsi scoprire così da una donna adulta, anche se doveva ammettere che la psicologa era la quintessenza della cordialità e della fiducia. I lunghi boccoli biondi, i chiari occhi azzurri e il sorriso aperto la facevano sembrare una ragazzina e pareva che irradiasse raggi luminosi dal suo essere.
“Come stai?” le domandò, servendosi di un pasticcino alla panna.
“Non lo so … ogni tanto mi sento quasi contenta, a volte molto triste” ammise stringendosi nelle spalle.
“Capisco, penso sia perfettamente normale, povera cara… mi immagino tutto ciò che hai dovuto passare! Mi dispiace tanto. E fisicamente, come ti senti? Va meglio?”
“Molto. Riesco già a comporre i numeri sul cellulare da sola, anche su una tastiera piccola, e a legarmi i capelli” disse con voce piatta. La dottoressa le sorrise in un modo che la fece sentire comunque fiera di se stessa per il risultato.
“Ma è meraviglioso! Riesci già a fare tutto questo! Sono sicura che non manca molto anche al resto. Che brava!” Blanche arrossì imbarazzata “E dimmi, come ti trovi con Meg?”
“Bene, è un po’ strana ma è una brava ragazza. Mi ha detto che anche lei non ha avuto un bel passato”
“Si, hai ragione, è una bravissima persona” concordò Juno “E’ solo un po’ difficile da prendere, ma devi pensare che lei è fatta così: la sua vera essenza sta dentro un recinto, a volte la fa uscire per andare incontro agli altri perché è molto dolce, ma non fa avvicinare nessuno. Ha bisogno dei suoi spazi. Io non avrei mai detto che ti avrebbe fatto da tutrice, ma a quanto pare l’hai colpita proprio molto. Penso sarà un’ottima sorellona” la ragazzina sorrise, colpita dall’esempio banale eppure perfettamente coerente della psicologa. “E per il resto? I tuoi amici?”
“Io non avevo amici …” sospirò lei “Ma dopo il coma mi sono trovata intorno un sacco di persone, e Meg dice che ci sono anche altri che mi vogliono incontrare, e vuole organizzare una festicciola per il mio risveglio, per farmi conoscere tutti”
“Davvero?” esclamò la dottoressa “Ma è magnifico! Spero lo farà il prima possibile! Ora, Blanche, vorrei solo parlarti di un paio di cose, anche se non sono molto belle… e poi passiamo a qualcosa di più piacevole, ma sono cose che bisogna dire. Per prima cosa, non so se ti hanno detto che hanno trovato chi sono i sette uomini che…” si fermò con il viso preoccupato, sospirò profondamente e prese un altro pasticcino “Ecco, li hanno trovati tutti. Sono ragazzi piuttosto giovani in effetti, sono disoccupati da quando hanno finito la scuola, la loro età è compresa fra i venticinque e i diciannove anni. Sono stati messi in prigione e non ne usciranno per una ventina d’anni ciascuno.” Blanche si sentì un po’ indispettita perché avrebbe preferito che stessero lì dentro per sempre, invece si rese conto che dopo quella ventina d’anni avrebbero ricominciato a riapparire nei suoi incubi. Non avrebbe più potuto dimenticare quella sera. “E l’altra cosa… Grimilde adesso è imputata. Dopodomani ci sarà il processo contro Ursula e spunterà fuori anche lei. Ora è in prigione con gli altri.” Le appoggiò una mano su un ginocchio “Mi dispiace davvero che tutto ciò sia accaduto proprio a te, bambina. Mi spiace tanto. Se mi vorrai parlare, in qualsiasi momento, troverò il modo di venire subito da te.”
“Grazie” disse la ragazzina a bocca secca.
“Ed ora parliamo di cose più allegre. C’è qualcuno che ti piace, che ti interessa? Un ragazzino, forse?” le strizzò l’occhio e Blanche prese un pasticcino a sua volta, un bignè. Lo mangiò tutto imbarazzata al rispondere.
“Si, ce n’è uno” disse con una sicurezza che non capì bene da dove arrivava, pur arrossendo e sentendo il fiatone il suo tono di voce era deciso “Si, si chiama Floriant Prince e mi ha portato moltissimi fiori mentre ero all’ospedale.”
“Ma è bellissimo! Perché non lo inviti quando farete la festa?” domandò allegra la donna. La ragazzina scosse la testa.
“No, non gli ho mai parlato.” La conversazione cadde lì e la dottoressa se ne andò, mentre Meg ed Herc rimasero insieme, e poco dopo arrivarono Ariel, Aurora e Jasmine a farla ridere un po’. Sembravano sincere e Blanche ebbe la sensazione di aver finalmente trovato delle vere amiche.


Un paio di giorni dopo, Blanche era davanti alla finestra più grande della casa e guardava fuori, sognando Floriant. Ricordava la prima volta che si erano incontrati, o meglio, la prima volta che l’aveva visto. Era a scuola, e stava mettendo a posto i libri nel suo armadietto, quando, chiudendolo, aveva visto che due o tre sportelli più in là c’era il ragazzo più bello che lei avesse mai visto: capelli castani ed occhi castani, niente di particolare, ma con tratti del viso dolci e il nasino alla francese che lo facevano sembrare un ragazzino, nonostante i muscoli delle gambe e le mani dalle lunghe dita. Aveva una leggera peluria sotto il naso, che si continuava a strofinare, chiaramente a disagio. Indossava un paio di normalissimi blue jeans e una camicia blu scuro, sotto la giacca grigia della divisa e quando si era voltato, chiaramente sentendosi osservato, la ragazza aveva visto grandi occhi leggermente a mandorla sormontati da lunghe e dolci ciglia. Si era immediatamente innamorata.
E poi aveva saputo che era stato proprio lui a portarle i fiori quasi ogni giorno. Che scema a non aver guardato subito il significato dei fiori che lui le portava! Sorrise al pensiero degli ultimi due che aveva ricevuto. Acacia e biancospino. Amore platonico e speranza. E l’amore platonico era qualcosa di talmente forte e superiore alla materialità che solo il pensiero la faceva arrossire e capire che probabilmente era il ragazzo giusto per lei. Sapeva bene che se avesse avuto lui, non avrebbe mai più voluto nessun altro, perché per lei era già il massimo, e avrebbe fatto di tutto per tenerselo, qualsiasi cosa. Si domandò se fosse veramente questo l’amore.
Fu proprio allora che, distratta dalla sua domanda dal pensiero di Floriant che arrivava in camera dell’ospedale e le posava i fiori sul comodino, si chinava e le dava un dolce bacio, le suonò il cellulare. Era un numero sconosciuto. Per un momento le venne il timore che fosse qualche giornalista che per l’ennesima volta voleva torturarla parlando di ciò che era successo, ma poi pensò che i giornalisti non avevano il suo numero e che in caso avrebbe anche potuto cambiare scheda del telefono, così schiacciò il pulsante verde per accettare la chiamata.
“Pronto?” domandò con voce flebile, in attesa di una risposta.
“Ciao” le disse una voce che riconobbe subito, che la fece arrossire, ansimare e quasi svenire. Sentì il sangue andarle velocemente alla testa e per un momento vide tutto appannato e non capì bene ciò che stava succedendo. Ci mise qualche momento a capire ciò che le era stato detto (un semplice ‘ciao’, ma le sembrava qualcosa di estremamente complicato), assimilarlo e capire cosa doveva rispondere. Floriant.
“C – ciao…” disse infine, travolta dall’emozione.
“Come… come stai?” domandò lui, che pareva imbarazzato quanto la ragazzina.
“Bene… bene, e tu?” chiese lei, che provava l’impulso di alzarsi e mettersi a camminare per il corridoio per scaricare la tensione, ma si rendeva conto nello stesso momento che se si fosse messa in piedi le gambe non l’avrebbero retta.
“Bene, grazie… Aurora mi ha dato il tuo numero… sai, siamo amici… mi ha detto che sarebbe stato educato chiederti come stavi e quindi… quindi ho chiamato” Blanche si sentì cadere il mondo addosso con quelle parole. Pensò che probabilmente Floriant era innamorato di Aurora, ecco perché si era sentito in dovere di chiamarla quando lei gliel’aveva proposto. Si sentì tradita e triste e avvertì un brivido di freddo nonostante fosse ormai la fine di luglio, quando avvertì tutto il calore del sangue alla testa ridiscendere vertiginosamente.
“Ah” commentò “Beh… grazie per i fiori. Sei stato tu, vero?”
“Si… hai mica… visto il significato?” domandò titubante. Blanche si sentì illusa e presa in giro. Certo che aveva visto il significato, era ovvio! Ovvio che aveva visto cosa significavano ed ovvio che ci aveva creduto! Invece lui era come Grimilde, come Aurora… erano tutti dei bugiardi e nessuno in realtà teneva a lei.
“No, non ci ho proprio pensato. Avrei dovuto?” domandò con una punta d’acidità.
“Beh… volevo esprimere con i fiori ciò che volevo dire ma che non riuscivo e…”
“Oh, vai al diavolo!” esclamò, ripetendo le parole di Meg, sapendo che si sarebbe così fatta rispettare. Floriant non rispose, lei fece cadere il telefono a terra e si rannicchiò accanto a lui, mentre sentiva la voce dolce di Floriant che la chiamava. Dalla porta dell’ufficio spuntò il viso di Meg, sempre immersa nel suo studio.
“C’è qualcosa che non va?” domandò gentilmente. Blanche non la lasciò nemmeno finire, si alzò e corse giù dalle scale, dalla porta del retro uscì in giardino e corse fuori, nella città, incurante di Meg che la richiamava, dei giornalisti che tentarono di seguirla, delle raccomandazioni dei medici di non correre e di non farsi del male. Incespicando, cercò disperatamente un luogo in cui potesse stare da sola.


Si fermò al tramonto, nel parco, si sedette sotto un salice piangente e si appoggiò al tronco, sentendo il cuore battere aritmicamente troppo forte, le tempie pulsare e i polmoni dilatati. Ansimava e si sentiva terribilmente sudata dal caldo e dalla corsa. Si accorse di non avere portato proprio nulla con sé, aveva solo una maglietta a righe gialle e bianche, i jeans blu fino al ginocchio e delle scarpette gialle, delle ballerine, abbinate alla maglietta. Nient’altro. Sentì la pelle delle gambe e delle mani contro l’erba e si sentì quasi a posto. Guardando le scarpe, si rese conto che il fiocchetto su una delle due si era sciolto, piegò la gamba per raggiungere il piede e provò a legarlo, ma le mani non le rispondevano, non sapeva come andare avanti, non riusciva a legare agilmente e nemmeno lentamente. Dopo una decina di minuti esasperati lasciò perdere e si appoggiò al tronco dell’albero. Le veniva da piangere. Niente nella sua vita stava andando bene, dalla morte del padre. Tutto stava diventando una catastrofe e lei non sapeva come uscirne, che cosa fare, come reagire. Non riusciva nemmeno ad allacciare un fiocco sulle scarpe. Immerse la testa fra le braccia e le venne da piangere, cercò di trattenersi ma la fatica e la stanchezza non glielo permisero.
Venne distratta da un tocco caldo e gentile su una spalla. Alzò la testa e si trovò davanti Floriant. Arrossì violentemente e cercò di alzarsi ma lui si sedette accanto a lei.
“Speravo di farti piacere con quei fiori” affermò. Lei si morse un labbro, sentendo in gola il sapore amaro della delusione. Non lo guardò nemmeno, concentrandosi sulle foglie che si muovevano al vento.
“Mi hai chiamata solo per far piacere ad Aurora, vero? Sei innamorato di lei” lui la guardò con gli occhioni spalancati, senza capire.
“Di Aurora? Ma lei è solo una compagna di classe che mi è amica. Mi ha mandato lei il tuo numero perché ha detto che ti avrebbe fatto piacere dato che sa… ecco… sa che…” Blanche si girò a guardarlo un momento, sentendosi sopraffatta nuovamente dalle emozioni. Sentì anche il cuore battere sempre più forte e irregolare. “Che…” balbettò lui. Ma la ragazzina non sentì la fine del discorso. Svenne.


Si risvegliò in un lettino dell’ospedale, con l’abat-jour accesa e si rese subito conto di non essere sola. Sentiva passi che andavano e venivano sempre per lo stesso percorso davanti a lei e una voce bisbigliare qualcosa al telefono, freneticamente. Aprì gli occhi e vide Meg, la coda scompigliata, che parlava velocemente al telefono. Quando si girò e la vide salutò di fretta e chiuse il cellulare. Le si avvicinò.
“Come stai?” domandò ansiosamente.
“Bene” disse Blanche, sentendosi terribilmente in colpa per essere finita nuovamente all’ospedale.
“Perché ti sei messa a correre? Lo sai che hanno detto i medici che non devi. Non dovevi nemmeno uscire di casa. Per fortuna che ho raccolto il tuo telefono e che quel ragazzo è andato a cercarti, mi ha chiamata quando sei svenuta, e non sapeva che fare” la ragazzina si sentì ancora più in colpa.
“Mi dispiace” mormorò “Io pensavo che lui fosse innamorato di Aurora e quindi…” Meg incrociò le braccia ma non disse niente. Si diresse solo verso la porta.
“Vado a prendere qualcosa da mangiare” le disse poi “Stanno arrivando Febo ed Esmeralda”. Blanche si mise seduta e si rese conto di essere stata davvero stupida per ciò che aveva fatto. Che senso aveva scappare al parco per farsi del male, sapendo di non poterlo fare, svenire davanti al ragazzo di cui era innamorata, che le aveva confermato di non essere innamorato di Aurora? Che stupida era stata a pensarci, ma capiva che una ragazza come lei, bionda, alta, intelligente, simpatica e di buona famiglia piacesse molto più di lei. Si rese conto di aver rischiato in ogni caso la propria salute, di aver rischiato di comprometterla.
Si rese conto ancora una volta di quanto stava male. Capiva che la sua vita era totalmente rovinata, che non aveva più nemmeno una certezza e che quei giorni erano passati come un sogno. Non sapeva bene nemmeno lei come avesse fatto a sopravvivere quei giorni a casa sua, solo con Meg. Non si era aggrappata a nulla e ora si rendeva conto che doveva decidere se andare avanti e cadere nel baratro della tristezza oppure cominciare a contare su se stessa e tirarsi su.
Proprio mentre stava riflettendo su queste parole la porta della stanza d’ospedale si aprì ed entrò una ragazza che le mozzò il fiato: era bellissima. Capì immediatamente che era Esmeralda. Alta, la pelle olivastra, penetranti occhi verdi e una chioma leonina di capelli scuri. Indossava grossi orecchini a cerchio, un paio di jeans rossi e una maglietta bianca, così come le scarpe da tennis. Dietro di lei c’era il poliziotto che l’aveva accompagnata a casa il giorno che era uscita dall’ospedale ed entrambi sembravano un po’ preoccupati.
“Ciao” la salutò la ragazza “Io sono Esmeralda, l’amica di Meg. Mi ha chiesto di venire a conoscerti e di stare un po’ con te, oggi. Vi farò un po’ compagnia. Come mai sei scappata?” Blanche si rese subito conto di quanto fosse diretta quella ragazza e si sentì un po’ in soggezione. Le disse che voleva restare sola e la ragazza si chiuse in uno strano silenzio. Febo scherzò per sciogliere la tensione, ma senza grande successo. Poi tornò Meg e mangiarono insieme.
“Torniamo a casa fra non molto, devono solo farti dei controlli. E tu devi assicurare che non correrai più finchè non stai bene, e soprattutto che baderai a te stessa. Non puoi permetterti di fare cose stupide in questo momento.” le disse la rossa porgendole un panino “Ci sono i giornalisti che non vedono l’ora che tu esca di casa per aggredirti di domande, e possono essere davvero stressanti. I paparazzi non aspettano altro che beccarti in una situazione imbarazzante. E poi il processo non è ancora finito, non sappiamo se Grimilde e Ade hanno ancora contatti là fuori. Hai una casa che è una specie di piccola città, per un po’ di tempo sarà meglio che ti adatti a stare lì, poi quando la faccenda sarà scemata, cominceremo a uscire.”
“Va bene. Scusami. È solo che… avevo bisogno di stare sola” ripetè la ragazzina.
“Puoi stare sola in molti modi diversi, non solamente scappando di casa” commentò Esmeralda, guardandola in un modo che sembrò penetrarla “Credimi, io e Meg in questo siamo due specialiste. Devi abituarti a stare da sola con te stessa, non materialmente. Perché in un mondo di sette miliardi e mezzo di persone, credimi, non sarai mai sola.” Blanche memorizzò le sue parole e decise di farne tesoro, perché avevano un senso vero e grave.
Tre ore dopo, in seguito ai vari controlli di routine, i quattro uscirono dall’ospedale e si diressero verso la casa di Blanche. Arrivarono che i giornalisti sembravano moltiplicati, ma Meg, Febo ed Esmeralda si frapposero fra loro e la ragazzina e riuscirono ad entrare in casa senza particolari problemi. In quel momento, la mora si rese conto che stavano veramente facendo un lavoraccio per lei e che non poteva permettersi di correre ancora rischi così grandi. Appena arrivata si chiuse in bagno e si immerse nella vasca idromassaggio, sospirando e pensando. Ripensò a cosa le aveva raccontato Meg e alle sue nuove amiche, Jasmine, Aurora ed Ariel. Cercò di ricordarsi i nomi di tutte le persone coinvolte nella vicenda. Pensò ad Aurora, che aveva organizzato la festa per le sue amiche, senza sapere che sarebbe accaduta una catastrofe e che invece si era ritrovata in coma lei stessa e con un’altra ragazzina sulla coscienza. Pensò ad Ariel, che l’aveva trovata e aveva cercato di rianimarla, che le era stata accanto e si domandò cosa potesse aver provato vedendola priva di sensi, drogata e stuprata. Pensò a Jasmine, che in tutta la situazione era riuscita ad andarsene per inseguire i suoi sogni per poi tornare e proporsi sua amica, con grande coraggio. Pensò a Belle e Jane, le ragazze che avevano investigato sulla vicenda, scoprendo che la verità non era solo una festa andata male, ma che c’era ben altro dietro. Pensò ad Esmeralda che, innocente, era stata incolpata di crimini mostruosi, che aveva rischiato di finire all’ergastolo. Pensò a Cindy, la ragazza che lavorava con Esmeralda, l’unica che si era sempre schierata dalla sua parte, che non aveva mai abbandonato la parte della verità. Pensò a Meg, che per anni era stata illusa e presa in giro e che appena l’aveva scoperto, era stata così sensibile e buona da prendersi la responsabilità della sua vita, della sorellastra che le era stata nascosta per anni. Si sentì uno schifo. Erano tutte persone meravigliose, e lei era l’unica che non sapeva cosa fare, che non aveva combinato nulla per loro, che non aveva fatto proprio niente per aiutare nessuno, era stata lì, semplicemente ad essere salvata. Passiva. E non voleva più esserlo.
Uscita dalla vasca si asciugò e indossò un abitino rosso che le stava molto bene,un paio di ballerine in tinta e scese per la cena. E si stupì.
Il salotto era gremito di persone che parlavano freneticamente fra loro, c’era un grande tavolo con cibi di ogni sorta che mandavano odorini sfiziosi, palloncini colorati erano arenati sull’alto soffitto o erano attaccati a sedie e tavoli, tutti erano vestiti a festa.
“Che succede?” domandò, e in quel momento una ventina di visi sorridenti si girarono a sorriderle, esclamando insieme ‘Ben tornata’. Scese le scale come in un sogno e Meg le andò incontro e la abbracciò calorosamente, con un gran sorriso che le era quasi estraneo. Blanche la guardò. Era bellissima con i capelli sciolti sulle spalle, lunghi e ramati, l’abito viola a costine le fasciava il corpo pallido e sottile e gli occhi viola circondati di nero erano ancora più in risalto.
“Ti avevo promesso una festa” le bisbigliò “Questa sera pensa solo a divertirti, non voglio musi lunghi né nient’altro, okay? A problemi, ringraziamenti eccetera pensiamo domani” poi la lasciò e si fece avanti la coppia più bella che Blanche avesse mai visto. Non aveva mai incontrato Cindy Tremaine e Christopher Leroi insieme, ma sembravano usciti da un giornale patinato di vip. Lui era abbigliato con un elegante completo grigio fumo di Londra, lei, in abitino bianco di pizzo ricamato, con le maniche che le arrivavano fino al gomito e alte scarpe col tacco, in tinta con la borsetta color pelle. La guardò con dolcezza e la baciò sulle guance.
“Siamo così felici che tu ti sia risvegliata… sono stata in ansia per tutto il tempo, e abbiamo anche posticipato la partenza per il Canada quando ti sei risvegliata! Volevamo salutarti…” disse velocemente, come se troppe parole le stessero arrivando alle labbra “Però siamo così contenti di essere rimasta… ti auguriamo una vita piena di gioia e felicità, anche se il passato non è dei migliori… mi raccomando! Ci sentiremo, ti farò avere il mio numero, d’accordo?” la ragazzina frastornata da tanta sincera felicità e interesse annuì come in trance. Chris le fece l’occhiolino e lei arrossì: era pur sempre un ragazzo bellissimo. Notò Esmeralda che la salutava sorridente, appoggiata a un muro accanto al buffet, Febo che le cingeva un fianco e che parlava con Herc, che controllava ogni minuto dove fosse Meg. Poi fu soffocata da un fortissimo abbraccio.
“Oddio, ti sei svegliata, eravamo tutti così preoccupati! Sono venuta a trovarti mentre dormivi!” quando la persona si staccò, Blanche potè vedere che si trattava di una ragazzina dai capelli castani e bellissimi occhi fra il blu e il grigio. Dietro di lei, un ragazzo alto, con lunghi rasta ed espressione corrucciata li guardava dubbioso.
“Perché Jane urla e stringe?” domandò.
“Ma come perché, Tarzan!” esclamò Jane “Perché si è svegliata! E’ per lei che abbiamo fatto tutto quel lavoro! Sai, quando siamo andati al Bazar, alla polizia, all’ospedale…”
“Ah… capisco” disse lui, con intonazione strana, come se l’avesse copiato da qualcuno. Blanche scoppiò a ridere.
“E dai, Jane, lasciala respirare!” esclamò ridendo un’altra ragazza castana, che le porse timidamente la mano “Io sono Belle… ho aiutato Jane, anche se non moltissimo” le sorrise, indicandole il ragazzo dietro di lei, che sorrideva. Aveva una spaventosa cicatrice in viso, ma la ragazzina lo riconobbe immediatamente: c’era una sua foto molto grande in presidenza, era il ragazzo di cui tutta la scuola, a distanza di anni, parlava, il ragazzo più bello della scuola, quello con i voti migliori, che aveva vinto un sacco di borse di studio. Si sentì mancare.
“Piacere…” balbettò. Mentre si stringevano le mani spuntarono anche Jasmine, che trascinava per mano un ragazzo moro dalla pelle olivastra, che capì essere Ali, suo marito (che strano pensarlo, a quattordici anni), Ariel seguita a ruota da un altro ragazzo moro con gli occhi chiari e Aurora, poco distante, con un ragazzo per mano, castano e bellissimo.
“Ci siamo anche noi!” esclamò Ariel “E ti abbiamo portato una sorpresa. Non sopportavamo non farne nessuna, sai, alla fine è normale, ti sei appena svegliata e dovevamo festeggiare, così abbiamo pensato di…”
“Ariel, respira” la interruppe Jasmine. La rossa eseguì e Blanche scoppiò nuovamente a ridere. Non poteva credere che persone tanto simpatiche si fossero interessate a lei, e capì in quel momento che tutti loro si sarebbero sempre sentiti legati profondamente dal filo dell’amicizia.
“Insomma, abbiamo una sorpresa per te, ma te la vuole far vedere Aurora, perché, come al solito, vuole farsi vedere” concluse Ariel.
“Non cerco di farmi vedere!” esclamò Aurora poco dietro di lei.
“Invece si!”
“No, invece, sei tu la solita egocentrica!”
“Egocentrica io?!”
“Si, chi è che sta strillando per tutta la casa? Sei a una festa, non in un pollaio!”
“Mi stai forse dando della gallina?”
“Okay ragazze, è l’ora di smettere!” si intromise Jasmine, facendo scoppiare tutti a ridere.
Blanche passò una bellissima serata. C’erano proprio tutti. Scambiò il suo numero con tutti i presenti, parlò e rise e lasciò le preoccupazioni in un angolino indisturbato del cervello, come aveva detto Meg, perché voleva godersi il primo momento di felicità dopo essere uscita dal coma. Capì che tutti in quella stanza avevano un carattere ben definito che si andava ad intrecciare perfettamente con quello degli altri, che erano tutte persone per bene e che a causa sua qualcuno aveva avuto del filo da torcere. Pensò però che quella festa era bellissima. Non come la sua prima, in cui era finita in coma. Ora non c’era nessuno ad intaccare la sua serenità: ora non c’era Grimilde che tramava alle sue spalle, non c’era Vanessa – Ursula che si fingeva sua amica per poi drogarla, non c’erano uomini che volevano stuprarla. Poteva stare tranquilla e poteva godersi l’affetto che quelle nuove amiche le davano. Si sentiva felice e sentiva la sincerità nelle parole e negli sguardi delle altre.
La serata era quasi finita, quando Aurora le si avvicinò e la prese a braccetto, cominciando a passeggiare per il grande salotto.
“Mi hanno detto che hai avuto una terribile svista” le mormorò “E ieri sei scappata pensando che Floriant ti avesse chiamata perché gliel’avevo chiesto io, giusto?” Blanche arrossì violentemente. La bionda ridacchiò. “Non temere, non ti prenderò in giro. Volevo solo chiarire questo punto, dato che adesso siamo amiche. In realtà io ho scritto a Floriant il tuo numero perché sapevo che era venuto ogni giorno in ospedale a portarti i fiori, e vuoi dire che non mi sono accorta di quanto fosse innamorato di te? Lo conosco da anni, quasi tutti i corsi a scuola li facciamo insieme” fece una breve pausa “Proprio per questo pensavo di farti una bella sorpresa, facendoti chiamare da lui. Mi spiace che tu abbia frainteso.”
“Io… è solo che tu sei molto bella e intelligente e io…” balbettò la ragazzina, mentre Aurora rideva di gusto.
“Ma dai, smettila! Essere bionde, alte e ricche non vuol dire niente sai, almeno in quel campo” sospirò profondamente “Sai, prima che Filippo arrivasse qui per l’università, io ero innamorata di Eric, ci frequentavamo già da un po’ quando un giorno lui e Ariel si sono incontrati ed è nato l’amore. Inizialmente l’ho accettato, ma dopo essermi risvegliata dal coma non ricordavo nulla… è stato un momento terribile perché le mie migliori amiche non mi erano accanto, il ragazzo di cui ero innamorata si era preso una cotta colossale per la mia migliore amica e io mi sono resa conto che la festa era stata un disastro e che a una ragazzina, cioè tu, erano accadute cose terribili. Sono andata dritta da Ariel e l’ho insultata pesantemente, dopodiché mi sono sentita molto meglio.”
“Ma lei non se l’è presa?” domandò Blanche colpita dal racconto di Aurora. Non avrebbe mai pensato che fra quelle tre fossero successe tutte queste cose, tutti questi problemi. Sembravano così unite.
“Certo che no, in fondo se l’aspettava dal principio” disse la bionda ridendo “Abbiamo fatto pace pochi giorni dopo ed ora sono più che felice che la storia con Eric sia andata così, perché la mia migliore amica è felice, il suo ragazzo anche e io ho trovato qualcuno che mi merita ancora di più, perché non si distrae con le amiche” scherzò “In ogni caso, ti ho raccontato questo per farti capire che non importa di come sei esteriormente, perché le persone sono tutte diverse e come a Filippo o a Christopher piacciono le bionde, Eric preferisce le rosse, Adam ama gli occhi da cerbiatto e il detective Sungood preferisce il fascino zingaresco. È tutto soggettivo. Non è detto che dato che mi ha nominata, Floriant preferisca me.” Blanche arrossì ancora. “Anzi, ti consiglio di dare un’occhiata al cellulare” disse poi, staccandosi da lei e sorridendole “Io vado a vedere cosa combina il mio principe”, poi Aurora andò via, leggiadra e bellissima. Blanche rimase sola in mezzo alla sala, estrasse il cellulare da una tasca dell’abitino e vide che le era arrivato un sms un quarto d’ora prima. Il numero era sconosciuto e quando l’aprì e lesse le prime righe, non potè che rimanere senza fiato. L’aveva inviato Floriant, le scriveva che l’aspettava nel suo giardino, se avesse voluto, che voleva parlarle e spiegarsi. La ragazzina rispose precipitosamente di si, che si sarebbero visti subito, che stava uscendo di casa.
Disse a Meg che sarebbe uscita in giardino a prendere una boccata d’aria e si lasciò la festa alle spalle. Appena fuori si rese conto di essere stata una stupida: il suo giardino era gigantesco, molto più grande della casa, e sicuramente il ragazzo non l’avrebbe trovata. Tirò nuovamente fuori il cellulare, allontanandosi abbastanza dalla finestra per non farsi vedere dagli altri e quasi andò a sbattere contro qualcuno. Sobbalzò spaventata e si allontanò di un passo, ma quando la luce del telefonino le mostrò il viso di Floriant, si tranquillizzò. Notò che anche questa volta aveva in mano un fiore, che era in tinta col suo abito per uno strano gioco del destino. Glielo porse imbarazzato.
“Questo è per te. È solo un fiore, perché non ne servono molti” disse impacciato “Si perderebbe il significato” Blanche prese delicatamente lo stelo in una manina pallida, guardò il ragazzo rossa in viso e molle nelle ginocchia, ma gli sorrise e trovò il coraggio di parlare.
“E qual è il suo significato?” domandò in un sospiro.
“Questo è un tulipano rosso” le rispose il ragazzo, che parlando di fiori sembrava molto più sicuro di sé “E significa ‘dichiarazione d’amore eterno’.” La ragazzina sentì il cuore palpitare nel petto, caldo e dolce, qualcosa di nuovo le riempiva l’anima.
“Peccato che non ne abbia nel mio giardino” disse poi “Avrei potuto regalartene uno anche io”
Floriant le sorrise, e Blanche sentì il cuore librarsi fuori dal corpo, quasi in cielo. Lo guardò un momento, con dolcezza, e si capirono in un istante. Il ragazzo le appoggiò dolcemente la mano su un braccio e si avvicinò a lei per baciarla. Il tocco delle labbra fu leggero, sottile come il battito delle ali di una farfalla e a entrambi sembrò di finire in un altro mondo. Era qualcosa che andava oltre l’umano, molto oltre, qualcosa che riempì la ragazzina di una felicità nuova, e quando le labbra si staccarono, si trovò travolta dall’emozione e con le lacrime agli occhi. Non seppe frenarsi e scoppiò in lacrime, lasciandosi scivolare a terra, fra l’erba fresca.
“Che succede?” domandò Floriant preoccupato. Blanche non riuscì a trovare le parole per esprimere tutte le sue emozioni, riuscì solamente a dire:
“Sono felice”, e il ragazzo l’abbracciò.
Non si era mai sentita così ed era certa che non avrebbe provato mai più qualcosa del genere. Si rendeva conto che tutto il mondo in cui aveva vissuto aveva smesso di esistere nel momento in cui suo padre era morto. Le mancava molto, capiva che senza la sua guida tutto era andato a rotoli, la sua vita aveva preso una pessima piega e le peggiori disgrazie si erano abbattute su di lei. Poi tutto era cambiato, e si era accorta in quel preciso momento che aveva subito una metamorfosi, come una farfalla. Era stata un bruco, un bruco in mano alle bestie, in pericolo di vita ma protetto, non era stata colpita da nessun male, ma poi era arrivato il momento di cambiare, e la trasformazione era stata dolorosa. Ma quella sera il baco si era aperto e ne era uscita una meravigliosa farfalla. Capiva che poteva essere felice. Capiva che nonostante non avesse più un padre giusto e buono né una madre affettuosa, ora aveva una sorellastra magnifica che cercava di fare del suo meglio per starle accanto. Capiva che aveva l’affetto che desiderava, che aveva delle amiche, delle persone accanto, addirittura un ragazzo, e non un ragazzo qualsiasi, ma uno innamorato di lei. Capì che ormai il male era passato e che se aveva dovuto subire così tanto alla sua giovane età, il destino doveva starle intessendo una trama meravigliosa, libera da ogni difetto e bruttura e che finalmente poteva essere felice. Capiva che il bene aveva vinto sul male. Lei non era morta, la perfida Grimilde era in galera e non avrebbe più fatto del male a nessuno, la falsa Vanessa – Ursula era in prigione anch’essa, i ragazzi che l’avevano stuprata erano in carcere. Suo padre avrebbe voluto la sua felicità, e lei l’avrebbe soddisfatto. Sapeva che non avrebbe potuto avere figli, ma ciò non le impediva di provare, di tentare, di lottare con tutte le sue forze. C’era quel cinque per cento di possibilità e tanto bastava.
Floriant le asciugò le lacrime e lei si lasciò abbracciare dolcemente, poi si alzò in piedi.
“Stiamo facendo una festa, ti va di fare un giro?” lui annuì, i due ragazzi si presero per mano e rientrarono. Aurora le fece l’occhiolino, mentre quasi tutte le altre ragazze le andarono incontro per farle i complimenti e per sapere com’era andata.
La serata proseguì fantastica. Blanche si sentì finalmente felice.
E sapeva di avere un intero nuovo mondo davanti a sé.












Nymphna's Space: Ciao a tutti ^^ Eccomi finalmente con il penultimo capitolo di "A Whole New World". Che fatica! So che ci ho messo moltissimo a scriverlo, è stato un vero parto di capitolo, perchè dovevo parlare di tematiche abbastanza pesanti di cui fortunatamente non ho esperienza, sviluppare la storia e poi, soprattutto... questa è quasi la fine. Cavolo, non pensavo di riuscire ad arrivare fin qua, quando, nella ormai lontana estate 2012 progettavo questa storia. Eppure, è venuta fuori. E' nata ed è cresciuta bene, direi. Ho amato scrivere questo racconto. In principio la storia finiva qua. Poi ho deciso di aggiungere un altro capitolo. Abbiamo visto le avventure di tutte le nostre eroine, ma com'è andata a finire? Beh, ma questo lo vedremo quando avrò finito il prossimo, che sarà decisamente più complesso da scrivere, ma non temete, non vi abbandonerò!
Quando a Blanche. E' cresciuta. Si è dovuta rendere conto delle cose troppo presto, ma per fortuna ha accanto persone fantastiche (da diversi punti di vista). Beh, fatemi sapere se vi è piaciuto e che ne pensate della storia della piccola Blanche...
Ah già, volevo fare un appunto sul nome di Prince Charming. Ci sono diverse voci a riguardo. Alcune dicono Ferdinand, altre Floriant e molti altri nomi, ma pensando al personaggio, Floriant sa più di fiori, e quindi del tema della loro storia d'amore, perciò ecco qua il nome, anche se è solamente un'ipotesi.
Ringrazio moltissimo _BriciolaElisa_, petitecherie, Sissyl e Dora93 per i commenti, e anche Babykikokikka che non ha commentato lo scorso capitolo ma i primi tre si e quindi mi pare lecito ringraziarla ^^ Alla prossima :D
Nymphna <3

Ps: Vi lascio solo un link, quello della mia pagina Facebook, in caso foste interessati ^^ Se vi andasse di fare un giro mi farebbe piacere, ma questo è a vostra discrezione: http://www.facebook.com/NymphnaEfp?ref=ts&fref=ts
   
 
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